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Autore: deborahdonato4    31/03/2022    1 recensioni
Leo Valdez, deluso dal suo primo amore Calypso, è tornato al Campo Mezzosangue con suo figlio James. Decide di dedicarsi completamente alla crescita del figlio.
Will Solace, rientrato al Campo dopo un anno passato a lavorare in un ospedale umano, ha una sola missione: confessare il suo amore verso Nico di Angelo. Mal'amore ha promesso per lui, e per Nico, un destino diverso.
Due ragazzi che diventano prima amici, poi qualcosa di più.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Calipso, Leo Valdez, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Will Solace
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Will era nel suo letto ad annoiarsi quando sentì il cellulare squillare per l'arrivo di un messaggio. La sua prima reazione fu quella di nascondersi sotto le coperte, con la speranza di non essere visto. Evitava Connor ormai da quattro giorni, da quella notte in infermeria con Leo. Vedere il suo ragazzo lo metteva a disagio, perché non faceva altro che pensare ai baci di Leo, al corpo di Leo contro il suo, i suoi gemiti. Vedere Connor gli avrebbe fatto capire quanto avesse sbagliato con Leo, e già si sentiva abbastanza una merda da solo, figuriamoci sotto lo sguardo dolce del figlio di Ermes.

Connor era un bravo ragazzo, tralasciando le sue rapine e i furti. Sembrava adorarlo, e Will ne era felice. Dopo tanto tempo passato da solo, avere qualcuno che ti rendeva felice e ti stava appresso come se sbavasse dalle sue labbra, era bello. Ed era certo che, con un po' di tempo, anche lui si sarebbe innamorato di Connor Stoll.

Se solo avesse smesso di pensare a Leo.

Gli arrivò un secondo messaggio e Will infilò la testa sotto il cuscino. Doveva comportarsi da uomo e affrontare i suoi problemi. Parlare con Connor, spiegargli cosa fosse successo, promettergli che non si sarebbe più ripetuto. E doveva parlare con Leo, dirgli che non avrebbe più fatto una cosa del genere. Non voleva ripetere quell'errore. Non voleva tradire un bravo ragazzo come Connor. Non poteva rovinare la sua vita futura con il figlio di Ermes.

Will uscì da sotto le coperte, fissando il soffitto con una strana sensazione di solitudine al petto. Se Connor lo avesse lasciato, chi lo avrebbe preso? Si sarebbe ritrovato solo di nuovo, per l'ennesima volta. Presto Leo si sarebbe sposato, lo avrebbe lasciato solo, e la loro notte di passione sarebbe stata solo un lontano ricordo, qualcosa di cui pentirsi nel corso degli anni. Uno sbaglio. Sì, il sesso era stato buono, ma non potevano andare avanti così.

Leo non si era fatto sentire in quei giorni, quindi quello che gli aveva detto Hazel era uno sbaglio. Lui non provava più nulla. Quel che era successo nel tunnel degli orrori era stato un semplice sbaglio, un errore, che poi si era ingigantito quando si erano visti in infermeria, da soli. Non avevano più ragionato con la loro testa, ma con tutt'altro. Era stata solo colpa del pene, come diceva Hazel. Del suo o di quello di Leo, non aveva importanza.

Will sospirò, mettendosi seduto. Il suono di altri messaggi in arrivo era insopportabile. Guardò la luce del sole illuminare il letto vuoto di Bryan e il biglietto che il fratello minore gli aveva lasciato sul cuscino. Si alzò, curioso di sapere dove fosse andato quel giorno, e abbozzò un sorriso. “Sono al corso di pittura – B.” Non molto dettagliato, ma almeno avrebbe saputo dove trovarlo.

Lasciò il biglietto sul cuscino e si stiracchiò, osservando la camera. La sera prima aveva obbligato Bryan a rimettere in ordine i suoi giocattoli e i vestiti, e forse era quello il motivo che aveva spinto il fratello minore a svegliarsi presto e a dirigersi alla lezione di pittura.

Will aprì la finestra, lanciando un'occhiata al vaso di giacinti che cresceva orgoglioso. Crescevano solo lì, nei dintorni della cabina 7, e Will li adorava, sebbene fossero nati a seguito di una storia triste. Pensò a suo padre e al suo amante, chiedendosi cosa avrebbe fatto Apollo nei suoi panni. Scacciò il pensiero dalla testa, prima che il divino dio delle arti si presentasse alla sua porta, dicendogli di spassarsela con entrambi, con un «La vita è breve, figliolo!» ripetuto a gran voce, magari infilato in un haiku.

La vita è breve,

dunque

scopali entrambi.

Will si trattenne dallo scoppiare a ridere. Non era mai stato bravo nelle poesie, negli haiku, e qualsiasi altra cosa che potesse richiedere la sua vena artistica. Suonava la chitarra, certo, ma non si era mai spinto più in là. Preferiva la medicina, il tiro con l'arco. Sua madre lo aveva sempre sgridato per la sua mancanza di ispirazione artistica, e forse era proprio a causa della donna che vedeva il componimento come una nemica.

Will sospirò, scacciando i pensieri sulla madre. Con il genitore umano, non gli era andata così bene, ma non aveva subito traumi come Leo. A otto anni si era fatto portare al Campo Mezzosangue, e nel corso degli anni aveva visto raramente la madre. Sua sorella Wendy, però, era un'eccezione. La vedeva volentieri, soprattutto per via dei nipotini, Penny, Amber e Joshua. Lui e Hazel erano passati a trovarli, in quei due anni lontani dal Campo. I bambini somigliavano sempre di più alla madre.

Prese il cellulare, pensando che forse sua sorella poteva aiutarlo, con Leo e Connor. Oppure semplicemente poteva insultarlo, proprio come facevano i fratelli e le sorelle tra loro. Controllò i messaggi, alla ricerca della chat della sorella, e si bloccò alla vista dei tre contatti che gli avevano scritto negli ultimi venti minuti. Di uno non era sorpreso, mentre gli altri due... lo sorpresero parecchio.

Connor gli chiedeva come stesse, se gli andasse di vedersi più tardi, che aveva un lavoro da svolgere durante il weekend. Will visualizzò solo i messaggi, scoprendo che non gli dispiaceva così tanto se il figlio di Ermes si fosse allontanato dal Campo per qualche giorno. Lo avrebbe salutato però, quindi magari poteva scrivergli che gli andava bene se si vedevano prima di pranzo.

Poi visualizzò il messaggio di Leo. Non gli scriveva mai, pensava che avesse eliminato il suo numero dal cellulare. Il messaggio del figlio di Efesto non aveva bisogno di spiegazioni: “ci vediamo al bunker 9, dopo le tre”. Il cuore di Will cominciò a battere furiosamente e sollevò lo sguardo, sorridendo come un ebete. Allora forse, nonostante avessero litigato, Leo voleva dargli un'altra occasione. Oppure avrebbero ripreso a litigare. Ma almeno si sarebbero visti.

L'ultimo messaggio era di Mitchell, il suo ex, figlio di Afrodite. Gli aveva mandato diversi messaggi e Will si domandò se valesse la pena leggerli. Se gli avesse scritto per chiedergli di tornare insieme, probabilmente sarebbe andato da lui per prenderlo a testate. Con un sospiro, aprì la chat.

Ciao, Will. Non hai nulla di sbagliato, e mi dispiace davvero tanto sapere che tu pensi una cosa del genere di te stesso. Sei un uomo speciale, un ottimo medico, un fantastico amico. Le persone sono fortunate ad incontrarti, anche se solo per pochi minuti.

Non è che non volessi fare sul serio con te. Passando tutto il mio tempo con te, vedendoti così preso dal tuo lavoro, così assorto dai tuoi casi, mi hai fatto sentire inadeguato. Non ero adatto a te, ad una persona come te, così di buon cuore, così meravigliosa. Quando stavamo insieme, non avevo progetti, non avevo idee su cosa fare nel futuro. Ho provato a capire più volte cosa volessi fare. Ti ho lasciato perché era giusto così. Stando troppo con me, avresti finito per zoppicare anche tu, come quel vecchio detto.

Sei fantastico, Will. Non pensare mai più di avere qualcosa di sbagliato. Non ti accontentare di chi ti dice il contrario.

L'ultima volta che ci siamo incrociati, non eri messo benissimo. Spero potremmo vederci per un caffè. Ti voglio bene, Will.”

Will rilesse i messaggi di Mitchell, sentendo un groppo in gola. Aveva pensato per anni di essere lui il problema, di essere lui che faceva passare la voglia agli altri di stare con lui. E invece Mitchell si sentiva inadeguato nello stare con lui. Gli dispiacque che il figlio di Afrodite non si fosse mai aperto così con lui, avrebbe apprezzato le sue parole, sentire pronunciare a voce alta una frase simile gli avrebbe fatto almeno un po' piacere.

Gli rispose in fretta, programmando l'uscita per il caffè e ringraziandolo per le belle parole, poi si soffermò sulla chat di Leo. Gli scrisse “okay”, senza dilungarsi più del dovuto. Avrebbero parlato più tardi, di persona, da soli.

 

 

L'idea di vedersi con Will nel bunker 9 gli era sorta spontanea, quel mattino appena sceso dal letto. Non era il posto ideale, forse, per incontrarsi proprio con lui, ma quale altra scelta aveva? Il campo di fragole era troppo visibile. L'infermeria e la fucina erano del tutto abolite. In mensa qualcuno rischiava di sentirli. E nelle cabine... Leo tremò al pensiero di cosa avrebbe pensato Calipso nel vederli sparire insieme nella stessa cabina. Be', nulla di terrificante, visto che quel che poteva capitare, era già successo...

Leo finì di riordinare la casa e si guardò attorno, in attesa che Calipso gli dicesse quanto fosse orgogliosa di lui. Ma la sua ninfa non era in casa, era al lavoro, e sarebbe rientrata per cena. Leo aveva tutta l'intenzione di essere già a casa, per le sei e mezza, quando Calipso fosse rientrata. Non voleva darle nessun sospetto di quello che accadeva fuori da quelle mura. Non voleva che lei scoprisse di Will.

Il figlio di Efesto si passò una mano tra i capelli, tornando in cucina. Aveva ripulito ogni centimetro del soggiorno e della cucina, perché Calipso si era lamentata del disordine dopo la festa di James. Con tutti i pensieri che aveva avuto in quei cinque giorni, Leo si era proprio dimenticato di averle promesso di ripulire la casa. Ora sperò che lo perdonasse, per quei giorni passati in standby dalla propria vita.

Si era divertito il giorno prima, con Jason. Avevano bevuto un po', camminando su e giù per la spiaggia, parlando della loro vita passata, dopo la sconfitta di Gea. Avevano discusso sul suo modo di fare quel giorno, su come avesse sacrificato la sua vita. Avevano parlato delle loro relazioni, chiacchierato di Calipso, Piper, Will. Jason era stato con Reyna, dopo essersi lasciato con Piper, durante il loro periodo di separazione. Parlarono di Frank, chiedendosi dove fosse finito, e del bene che auguravano entrambi ad Hazel, così perdutamente innamorata del figlio di Marte che aveva messo in pausa la sua vita.

Evitarono di parlare di Percy, Annabeth e Nico. Leo moriva dalla voglia di sapere di più, di conoscere più dettagli, ma una parte di lui, quella a cui dava ascolto, pensava che non fosse il caso di chiedere più informazioni. Quel triangolo amoroso lo intrigava e si domandò che fine avesse fatto Nico, visto che nessuno aveva più notizie di lui. Aveva deciso di chiederlo ad Hazel alla prima occasione: lei di sicuro doveva sapere dove si trovasse suo fratello.

Leo controllò di non avere altro da fare in cucina e uscì di casa, diretto al Bunker 9. Quel mattino James si era svegliato presto per dirigersi al corso di pittura con Bryan e Lily. Leo lo aveva lasciato andare, sorpreso dal fatto che il figlio avesse deciso di frequentare i corsi del Campo. Gli avevano sempre detto che poteva fare quello che più desiderava, e a quanto pareva, il corso di pittura era nei suoi desideri.

Si diresse al Bunker 9, pensando a tutte quelle giornate trascorse lì con Will Solace. Troppe, non riusciva a contarle. Sperò che il figlio di Apollo non fosse arrabbiato con lui, dopo quella specie di litigio in infermeria.

Leo si sentì attraversare da un brivido pensando alle mani di Will sulle sue. Ogni volta che tornava con la mente a quell'incontro veloce e passionale in infermeria, era felice che nessuno potesse leggergli nel pensiero.

Leo impiegò qualche minuto ad arrivare al Bunker 9. Negli ultimi anni aveva riempito il Campo di passaggi segreti per il Bunker 9, in modo da non dover sempre entrare dall'ingresso principale. Ce n'era uno poco distante dalla sua casa, che non usava più da anni, ricoperto da rami e fogli. Si mise di impegno per liberare il passaggio ed entrò nel bunker, chiedendosi in che stato lo avrebbe trovato.

Le luci si accesero non appena mise piede all'interno e Leo rimase per un po' a fissare il Bunker 9, con la sensazione di vedere Will uscire dal bagno o in piedi davanti alla caffettiera, intento a versarsi una tazza di caffè.

Non era cambiato quasi niente, di come se lo ricordava. La stanza era sempre al suo posto, come la cucina, il piccolo soggiorno con il tavolo da lavoro. Ma il letto era disfatto, c'erano vestiti sparpagliati per la camera e non si sentiva da nessuna parte il buon profumo di Will.

Leo sospirò. Quel bunker veniva ormai utilizzato dai suoi fratelli come alcova d'amore, da quando Leo aveva smesso di entrarci. E l'ultimo di loro che era stato lì, non si era nemmeno preoccupato di riordinare.

Trattenendo a stento il desiderio di dare fuoco a tutto, Leo cominciò a raccogliere i vestiti dal pavimento e tirò via le lenzuola e le coperte dal letto, senza indagare sul loro stato. Buttò tutto nella lavatrice, azionandola, sperando che fosse sufficiente un lavaggio per ripulirle. Girò il materasso, rifacendo il letto con delle lenzuola pulite, ed entrò in cucina, fissando il frigorifero con un po' di astio. Aveva paura di quello che poteva trovarci all'interno.

Per l'ora successiva, Leo si ritrovò a ripulire la cucina, il bagno, il corridoio. Quando il bunker ebbe di nuovo ottenuto l'aspetto di un tempo, Leo si concesse un sorriso. Sembrava che fosse passato Will a dare una ripulita. Si chiese se il biondo figlio di Apollo sarebbe rimasto sorpreso di quanto avesse fatto. Non che glielo avrebbe detto. Non voleva fargli sapere quanto tempo avesse impiegato a rendere quel posto di nuovo presentabile.

Leo si avvicinò ad una delle pareti, scoprendo il pannello e trovandosi di fronte i tasti di controllo del bunker. Cominciò a toccarli con il cacciavite, bloccando l'accesso a tutti i semidei del Campo Mezzosangue, a parte lui e Will. Tutti i passaggi segreti, ora, erano bloccati. Nessuno avrebbe messo piede lì dentro, a parte loro due.

Leo sentì un brivido lungo la schiena non appena ebbe fissato quei parametri. Ripensò a Will, al suo comportamento l'ultima volta che erano stati insieme in quel bunker, quel momento di pazzia che gli aveva perdonato. E se lo avesse ripetuto? Se Will avesse provato di nuovo ad essere violento con lui? Cosa avrebbe dovuto fare, a proposito?

Il figlio di Efesto si passò le dita tra i capelli, poi si guardò la mano, quella che Will aveva bendato pochi giorni prima. La osservò mentre prendeva fuoco, e sperò di non dover mai ricorrere a quel trucchetto.

 

Will baciò frettolosamente Connor e si alzò in piedi, sistemandosi la camicia, borbottando che doveva tornare in infermeria. Il figlio di Ermes lo guardò divertito.

«Ci vediamo tra un paio di giorni, allora.» disse Connor.

«Cerca di non farti male, eh.» disse Will, dandogli un buffetto sulla testa. «E non ti far sparare!»

«Devo solo uscire con i miei amici.» Connor afferrò il borsone e lo guardò sorridendo. «Tu non piangere dalla disperazione, se dovessi fare ritardo.»

«Non lo farò.» mormorò Will, sincero, pensando a Leo Valdez. Erano già le tre, ormai. Doveva incontrarsi con il figlio di Efesto.

Connor lo baciò un'ultima volta, poi insieme uscirono dalla cabina di Ermes. Avevano passato le ultime due ore insieme, a baciarsi e a coccolarsi, a parlare del lavoro di Connor. Non doveva rubare niente, doveva incontrarsi con gli amici umani per uno spettacolo. Connor aiutava con il balletto. Era bravo a ballare, Will non ci avrebbe puntato un dollaro, ma il ragazzo dai capelli castani aveva movimenti sinuosi, come quelli di un gatto.

Connor si diresse verso l'uscita del Campo e Will lo seguì con lo sguardo, per assicurarsi che se ne andasse davvero. Ma rimase fermo e immobile nello stesso punto anche quando il ragazzo se ne fu andato.

Com'era diventato? Mentre stava con Connor, non aveva fatto altro che pensare a Leo. Aveva tradito il suo ragazzo con il suo ex. E ora stava aspettando di rifarlo. O almeno, di parlarne e discutere. Se Leo gli avesse detto che intendeva lasciare Calipso per lui, non avrebbe esitato a mollare Connor, dicendogli tutta la verità. Ma se Leo non voleva lasciare la futura moglie, cosa avrebbe fatto lui?

Will si passò una mano tra i capelli, cercando di non sembrare troppo disperato, poi si diresse nel bosco. Non aveva turni in infermeria quel pomeriggio, solo il turno di notte, sperando che Leo non lo facesse tardare. Non voleva che i fratelli si insospettissero, o che gli facessero domande. Temeva che le risposte le avrebbero lette direttamente sul suo viso.

Camminando nel bosco, diretto ad una delle entrate del Bunker, Will si fermò. Non aveva bisogno della sua coscienza per sapere che non stava facendo la cosa giusta. Non solo per via di Connor, ma anche per se stesso. Presentarsi a Leo in quelle condizioni, con il cuore in alto mare, non gli avrebbe fatto male? Certo, sapere che Leo voleva vederlo gli accendeva la speranza del petto, ma c'era anche la possibilità che Leo desiderasse solo esprimere il suo disappunto per quanto avessero fatto. E non era certo che avrebbe retto quelle parole. Se Leo avesse ribadito il suo amore per Calipso, nonostante tra loro nulla fosse finito... non l'avrebbe retto.

Ma d'altra parte...

Will deglutì, scacciando tutti i suoi pensieri, scacciando la paura e la speranza annidate nel suo cuore. Non poteva continuare a pensare. Aveva già pensato e riflettuto abbastanza negli ultimi mesi. Ora doveva affrontare Leo, affrontare qualsiasi cosa a testa alta.

 

Leo si stava torcendo le dita seduto ai piedi del letto, lanciando occhiate continue all'orologio. Le tre erano ormai passate da un po', e si chiedeva se Will avesse deciso di non presentarsi. Se così fosse stato, cosa avrebbe dovuto fare? Non poteva chiedergli di incontrarlo in pubblico... ma forse, il fatto che Will non si fosse presentato nonostante gli avesse risposto, era già per sé una risposta. Forse...

O forse Will non ricordava più la strada per il Bunker, e si era perso nel bosco. Forse doveva andare a controllare...

Le luci del corridoio si accesero all'improvviso e Leo sollevò lo sguardo. Si accendevano solo in presenza di qualcuno. Erano spente da più di venti minuti, ovvero da quando si era seduto dopo aver camminato su e giù per tutto il bunker. Il cuore cominciò a battergli all'impazzata quando udì dei pazzi e riuscì a captare quel profumo di Will che per mesi aveva allietato il suo sonno.

«Oh, ciao.» salutò Will, fermandosi di fronte alla porta della camera, spostando lo sguardo su di lui. «Non è cambiato niente, eh?»

Leo lo fissò, osservando i suoi capelli biondi e lunghi, i suoi occhi luminosi e tristi, le sue labbra gonfie di baci che non aveva dato a lui.

«A parte noi, intendi?» mormorò Leo, non sapendo se alzarsi o rimanere seduto.

Will si appoggiò con la spalla allo stipite della porta, mettendosi a braccia conserte. «Già, a parte noi...»

Il figlio di Efesto continuò a guardare il figlio di Apollo, sentendosi quasi come se si trovasse al cospetto di uno sconosciuto. Se si sforzava, riusciva a ricordare ogni più piccolo dettaglio di quel corpo meraviglioso che si trovava di fronte. Ma era l'altra parte, quella che non poteva vedere, che era cambiata. I suoi sentimenti, i suoi pensieri, i suoi desideri... poteva dire di conoscerli?

Non gli chiese di sedersi vicino a lui, e Will lo apprezzò. Rifiutarsi di fare una cosa così semplice poteva segnare l'inizio di quella conversazione.

Leo sospirò, posando le mani sul letto e guardando un punto imprecisato di fronte a sé. «Ti ho chiesto di venire qui per parlare.» disse, con la voce più bassa di quella che si aspettava. La presenza dell'altro lo intimoriva così tanto?

«Sono qui proprio per questo.» annuì Will, guardando il ragazzo sul letto. «Quindi... ti ascolto.»

«Perché dovrei iniziare io?»

«Perché tu mi hai chiesto di venire qui. E, tra i due, la tua relazione è quella più in pericolo.»

Leo aggrottò la fronte. «Che significa? Che la tua non è importante?»

«Non ho detto questo.»

Leo si passò una mano tra i capelli. «A me sembra proprio di aver capito questo...»

«Leo, non voglio sminuire la mia relazione con Connor.» sbuffò Will. «Ma in questo caso, sei tu a perdere di più.»

«Non voglio lasciare Calipso.» disse Leo.

«Allora questa conversazione è già finita.»

Will si voltò, pronto ad andarsene, ma Leo scattò in piedi, con la paura di vederlo allontanarsi.

«Aspetta!» esclamò, frustrato. «Io... io non voglio lasciare nemmeno te.»

Will fissò la porta, cercando di non cedere a quelle parole. Una parte di lui, voleva gettare le braccia al collo del moro e accettare il ruolo che gli stava proponendo – quello di amante, l'emarginato, colui che si struggeva per amore e non poteva mostrare a nessuno questo dolore. L'altra parte, invece, quella che si amava e si voleva bene, si irrigidì, disgustata al solo pensiero di dover sentire quel discorso.

«Non vuoi lasciare Calipso.» ripeté Will, sforzandosi di non girarsi. «E non vuoi lasciare nemmeno me.»

«Esatto.» annuì Leo alle sue spalle, sorpreso che il biondo avesse capito. «Io...»

«Tu vuoi sposarti, avere una moglie, e magari altri figli, mentre io cosa posso avere?» chiese Will, voltandosi a guardarlo. Leo fece un passo indietro, incrociando il suo sguardo azzurro, piuttosto furioso. «Cosa avrò, Leo? Un paio di sere alla settimana? Un bacio fugace quando non c'è nessuno nei paraggi? È possibile che tu abbia davvero così poca considerazione di me?»

«Will, cerca di capirmi. Sono innamorato di te, quanto di Calipso.» mormorò Leo. «E sul momento non riesco a pensare di lasciare te o lei.»

«Hai avuto diversi giorni per pensarci.» gli fece notare Will, mettendosi a braccia conserte. Sentire quelle quattro parole gli avevano fatto tremare le gambe. «E non è una scelta così difficile. Chi ami di più?»

Leo si passò una mano tra i capelli. «Non riesco a capirlo.» ammise. «Per me siete stati entrambi una storia importante, e non riesco... a capire... non riesco ad immaginarmi senza lei, o senza di te.»

Il figlio di Apollo rimase in silenzio a guardare l'altro, aspettando che proseguisse. L'inizio di quel discorso non gli piaceva per niente, ma forse Leo avrebbe tirato fuori qualcosa di interessante. Forse.

«Lo so, sono pessimo nei discorsi.» disse Leo, muovendo le dita come se avesse con sé il suo cacciavite. «Però è così. Amo Calipso, è importante per me, è la prima donna di cui mi sono innamorato. Ho un figlio con lei, e fino a qualche mese fa pensavo di poter avere un futuro con lei. Ma da quando sei tornato al Campo... penso anche a te. Alla nostra storia. A quanto sia stata importante per me, mi hai fatto tornare a vivere, in un certo senso. Rivederti, pensare a come è finita, vederti con un altro... mi ha fatto tornare indietro, a quei momenti in cui ti consideravo davvero l'uomo più importante per me.»

Leo deglutì, cercando di ignorare il leggero tremolio nella propria voce. Non aveva preparato quel discorso, le parole gli uscivano quasi naturali, sebbene sembrassero un po' forzate, un po' stupide alle sue orecchie.

«Ero innamorato di te due anni fa, e penso di non aver mai smesso di amarti, in questi anni.» continuò Leo. «Tra noi è finita male, e se potessi tornare indietro, cambierei le cose. Quel momento di gelosia ora lo capisco, e soffro al pensiero che tu possa aver potuto pensare che ti avessi tradito. E capisco anche quel tuo momento di follia. Ti ho perdonato, e ti perdono di nuovo ora. E ti chiedo scusa per essere stato un fidanzato terribile.»

«Non sei stato terribile.» mormorò Will, puntando lo sguardo poco più sopra della spalla del moro. «Io sono stato terribile, dopo quello che ho fatto e detto. Avrei dovuto fidarmi di più di te.»

«Avrei dovuto farti capire che potevi fidarti di più.» ribatté Leo. «Forse avrei potuto chiederti di venire con me, in quell'incontro con Calipso. Forse avrei fatto meglio un sacco di cose, ma purtroppo non ho la possibilità di tornare indietro nel tempo.»

Will spostò lo sguardo sul viso dell'altro, sentendo un nodo alla gola. «Cosa vuoi da me, Leo?»

«Voglio te.» rispose il figlio di Efesto, semplicemente. «Rivoglio te, il rapporto che avevamo una volta, voglio svegliarmi tra le tue braccia e non pensare a niente.»

Il figlio di Apollo chiuse gli occhi, mentre la parte più cosciente di lui gli diceva di ignorare quelle parole. Era debole, cosa poteva farci?

«E... E lei?» sussurrò Will, sentendosi non sono debole, ma piccolo sotto quelle parole.

«Con il tempo non la vorrò più.» mormorò piano Leo, avvicinandosi al biondo.

«Ma...»

Leo gli posò un dito davanti alle labbra, socchiudendo gli occhi nel sentire il suo profumo, così forte, dolce e buono, lo stesso profumo che gli era mancato molto negli ultimi anni.

Quello che aveva detto a Will era vero. Lo rivoleva con lui. Era la cosa giusta per sé, e per l'altro, lo capiva dal modo in cui il suo cuore batteva. Riusciva a sentirlo, solo sfiorandogli il petto con il braccio.

Will chiuse gli occhi, sentendo la testa girare. Forse non era la cosa migliore per sé stesso, forse poteva insistere e ottenere qualcosa di concreto, non solo parole. Ma la sua debolezza era di nuovo uscita fuori, era lì, così vicina da poterla toccare. E la toccò, la strinse tra le braccia, lasciando che fosse l'altro a passargli le braccia attorno al collo. Cercò le sue labbra e le trovò, pronte ad accoglierlo nel più dolce dei baci.

Rimasero lì, stretti l'uno all'altro, per minuti interi, prima di spostarsi con lentezza sul letto. All'inizio si limitarono solamente a baciarsi, a godersi il tocco caldo dell'altro, a gemere piano contro le loro labbra. Con la stessa calma si spogliarono, esplorando il corpo del partner come se fosse la prima volta, con le labbra, la bocca, la lingua...

 

 

Quando si ritrovarono stesi l'uno accanto all'altro, con il respiro affannoso ormai calmato, si voltarono per potersi guardare in viso. Will notò subito quanto fossero luminosi gli occhi scuri di Leo, e sapere che fosse merito suo, gli scaldò il petto di quell'amore che credeva fosse ormai un lontano ricordo.

«Va bene così.» disse Will, e lo sguardo di Leo si fece un po' confuso.

«Cosa?» chiese, chiedendosi se non avesse parlato ad alta voce. Il suo corpo non rispondeva più ai suoi comandi, continuava a rabbrividire di piacere. Non lo avrebbe sorpreso più di tanto sapere che anche la sua voce fosse fuori controllo.

«La nostra relazione. Va bene così.»

Leo lo osservò. Gli occhi azzurri, le lentiggini, la pelle abbronzata, le labbra rosee... era tutto come se lo ricordava. Di diverso c'era solo una luce negli occhi, una luce profonda, che gli faceva capire che ne aveva vissute tante nella sua vita.

«Per ora va bene così.» lo corresse Leo, allungandosi verso di lui e baciandolo sulla fronte. «Ma cambierà, te lo prometto.»

Will sorrise, chiudendo gli occhi, sentendosi al sicuro nell'udire quelle parole. Leo lo strinse a sé, passandogli le dita tra i capelli. Una parte di lui, quella non distratta dal profumo del figlio di Apollo, si domandò se fosse in grado di mantenere una promessa simile.

   
 
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