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Autore: Lita_85    31/03/2022    2 recensioni
SEQUEL DI "OGNI PARTE DI TE"
Dario e Anita, ormai felicemente fidanzati, vivono il loro amore come in una favola. Tutto sembra andare per il meglio, fino a quando il passato di entrambi si ripresenta stravolgendo il presente, proprio durante i preparativi per il loro matrimonio. Gli equivoci divertenti e i malintesi dettati dalla gelosia saranno all'ordine del giorno, e metteranno a dura prova i futuri sposi. Riusciranno Dario e Anita a lasciarsi tutto alle spalle e arrivare indenni alla tanto attesa data delle nozze?
* Opera registrata su Patamù*
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Una cosa che amavo fare durante i pranzi domenicali dai miei, era preparare il caffè per tutti con la moka tradizionale. Fin da piccola mi affascinava tutto il procedimento che si nascondeva dietro a quella routine giornaliera, che se non seguita correttamente, portava alla degustazione di un caffè atipico e imbevibile. Nel corso degli anni avevo affinato la mia tecnica, diventando un portento nella sua preparazione. Proprio in virtù di questo, tutti avevano votato a favore di questa bella abitudine, eleggendomi barista di casa.

Abbassai il coperchio argentato non appena vidi zampillare il caffè durante la fase vulcanica e, dopo aver preparato con cura le tazzine in ceramica bianca, mi avvicinai alla porta che dava sul salotto soffermandomi a guardare Dario, Fabio e Riccardo che armeggiavano con il lego di Harry Potter.

Tutti e tre erano totalmente presi dalla costruzione della sala grande, da non accorgersi del mio sguardo fisso su di loro, ma soprattutto su Dario. Era seduto a tavola con Riccardo che stazionava sulle sue gambe cercando il modo giusto per incastrare i piccoli pezzi, mentre Fabio dava indicazioni con il libretto delle istruzioni in mano. Erano perfetti. Era perfetto.

« Se continui così ti cadrà la mascella! », esclamò Chiara entrando in cucina con i piatti sporchi tra le mani. Traspariva sicuramente la mia voglia immensa di baciarlo.

« Si vede così tanto? », replicai spostandomi verso il tavolo.

« Sei il quadro della felicità! Anche un cieco lo vedrebbe! », continuò lei mettendo i piatti in lavastoviglie.

« Oddio Chiara, è tutto troppo bello per essere vero! », affermai portandomi le mani in faccia in un goffo tentativo di nascondere il fuoco che stava divampando sulle mie guance.

« Invece è tutto vero! Dario è semplicemente perfetto! Ti renderà felice e madre… », sul suo viso apparve subito un sorriso malizioso accompagnato da uno sguardo di intesa.

« Oddio Chiara… »

« Sarà un padre meraviglioso… è adorabile con Riccardo! », continuò chiudendo lo sportello dell'elettrodomestico.
 
« Si, è davvero stupendo… appunto per questo ho paura… » 

« Paura? »

« Anche Edoardo era perfetto… e poi invece… »

« Ma Edoardo è uno stronzo! Lo sappiamo bene! »

« Però mi ha fatto credere di essere innamorato… mi ha ingannata… »

« Beh, Dario vuole sposarti e poi state provando ad avere un bambino! Direi che puoi dormire su un letto di piume oppure farci l'amore con quello strafigo del tuo ragazzo! »

« Chiara! » 

« Che c'è?! Rilassati, non dirò nulla a papà! », affermò tra le risate provocando anche le mie. « Comunque, per restare in tema Edoardo, ho saputo ieri da Clarissa che sta tornando a Milano! »

« Che? Come mai? »

« Ma non lo so, deve fare un lavoro per conto della sua azienda… una sorta di trasferta… »

« Guarda, può fare quello che vuole! Spero solo di non incontrarlo per strada! »

« Male che va, puoi metterlo sotto con la macchina! »

« Chiara! Sei tremenda! …. Però, non è una cattiva idea! », risi di gusto facendo finta di pensarci veramente.

« Mi sono perso qualcosa? », chiese Dario entrando in cucina. Mi voltai verso di lui con ancora il sorriso tra le labbra.

« Ma no caro! Anzi, vi lascio tranquilli! », affermò lei prendendo il vassoio con la moka e le tazzine dileguandosi.

« Grifondoro o Serpeverde? », domandai prima di lasciarmi cullare dalle sue braccia intorno ai miei fianchi.

« Il cappello parlante non si è ancora pronunciato, ma ci sono buone possibilità che io sia Grifondoro! »

« Benissimo… ho un debole per i seguaci di Harry Potter… »

« E io ho un debole per le bariste della casa… », asserì avviandosi alle mie labbra, non prima di sorridermi malandrino. Quella fossetta sulla sua guancia era l'inizio della fine.

Fece scivolare la sua mano sulla mia guancia destra per poi impossessarsi delle mie labbra. Accettai di buon grado quel bacio di cui avevo fantasticato solo un'attimo prima facendo spazio alla sua lingua dentro la mia bocca. Mi aggrappai con entrambe le braccia al suo collo portandolo più vicino a me provocando in lui un gemito. La sua risposta fu immediata. Mi agguantò il sedere con veemenza facendomi ansimare sulle labbra. Ogni volta che lo baciavo entravo in una specie di trance.

Le nostre lingue, non ancora soddisfatte, si muovevano assaporandosi a vicenda, incuranti del posto in cui ci trovavamo. Con lui tutto diventava normalità, anche il pomiciare senza ritegno in cucina. 

All'improvviso un colpo di tosse possente, ci fece separare bruscamente. Le labbra di Dario, attaccate come una ventosa alle mie, ritardarono il loro distacco creando un effetto a rilascio lento. Le sopracciglia di mio padre la dicevano lunga essendo quasi attaccate tra di loro, facendoci capire che forse avevano esagerato.


« Io, io, credo che andrò di là a controllare Chiara e il caffè… », affermò Dario gesticolando con i pollici verso la porta. Sicuramente le sue mani strette sul mio sedere non erano passate inosservate. 

« Si, io penso che sia meglio… », gesticolai anche io prendendo uno canovaccio che si trovava a pochi centimetri da me e, pulendo qualcosa di inesistente sul tavolo cercai di evitare il suo sguardo. 

Lui, impassibile e silenzioso, attraversò tutta la cucina, per poi fermarsi davanti alla porta.

« Comunque, per la cronaca, mi piacerebbe diventare nonno per la seconda volta…. », il suo viso cambiò espressione diventando più dolce nei lineamenti. « Però, meno effusioni focose in casa, ok? », finì strizzando l'occhio sinistro prima di sparire dietro la porta che portava in salotto.

Sorrisi a quella domanda spinosa, ma che nascondeva una certa complicità avvicinandomi anch'io al salotto. Niente sarebbe andato storto, niente e nessuno mi avrebbe separato da lui.


Passammo tutto il pomeriggio dai miei, per poi tornare a casa infilandoci velocemente nella doccia tutti e due. Mi persi tra le sue braccia e tra i suoi baci estasiata.
Eravamo felici e innamorati, cosa volevo di più dalla vita?

Durante la vestizione però, qualcosa cambiò.
Il suo viso si incupì trascinandolo in un vortice di pensieri. Lo si poteva leggere benissimo attraverso il suo sguardo perso nel vuoto mentre chiudeva i bottoni delle maniche della camicia bianca. Sembrava in lotta con se stesso, come se dentro di lui ripassasse un copione da lui redatto. 

 « Amore, andrà bene…  », cercai di convincerlo prendendo il suo viso tra le mie mani. Sul suo volto apparve un leggero sorriso seguito da un bacio lasciato sul palmo della mia mano destra. Non ebbe la forza di dire altro, era paralizzato da quella paura.

Si allontanò da me prendendo il cappotto che aveva poggiato sul letto e, con un cenno del capo, mi fece capire che stava scendendo giù a prendere la macchina. Annuì senza dire una parola e, guardandomi allo specchio, diedi un'ultima occhiata a quella outfit formale che avevo scelto per la serata: Vestito nero con scollo a barchetta e maniche a tre quarti, piccola cintura rossa in vita, gonna ampia sopra il ginocchio e, scarpe con tacco deci rosse. Sul viso un leggero trucco con rossetto rosso e i capelli morbidi sulle spalle. 

Durante tutto il tragitto le nostre bocche rimasero sigillate, aprendosi soltanto per fare uscire quell'aria dettata dall'ansia che ci attanagliava. Lasciammo il caos del centro di Milano e, ci addentrammo nella zona periferica sud- ovest chiamata San Gimignano, dove un viale alberato ci diede il benvenuto.  Guardavo attraverso il finestrino meravigliata. Non mi ero mai spinta così in periferia e quei luoghi mi sembrarono subito magici con la loro atmosfera fiabesca.  

L'auto si fermò di fronte ad un cancello bianco che dava su una villa ottocentesca. Rimasi a guardarla con gli occhi pieni di meraviglia. Il "castello" era davvero bellissimo. Disposto su due piani e dal colore paglierino, si faceva notare per le sue finiture in stile inglese e per le imposte di un bianco candido. Il giardino ben curato e gli oleandri alle due estremità del portone enorme bianco facevano risaltare ancora di più quel luogo che mi sembrò incantevole.


« Quindi sto per sposare un riccone?! », chiesi sorpresa guardando verso di lui. Mi aveva raccontato della villa dove vivevano i suoi, ma non immaginavo che mi sarei trovata davanti la reggia di Versailles. 

« Non farti ingannare, non è tutto oro quello che luccica… », mi riprese lui con un sorriso amaro, per poi tornare alla guida dell'auto attraverso il sentiero di sanpietrini che portavano verso un piccolo parcheggio comprensivo si tettoia bianca. 

« Eccoci qua… », disse lui spegnendo la macchina per poi guardarmi come un cucciolo spaurito.

« Amore… »

« Spero solo che tutto questo non mi si ritorca contro… »

« Cosa dici?... »

« Promettimi che non ti farai scalfire dalle loro parole… »

« Dario ma che- »

« Promettimelo Anita! »

« Lo prometto… », sibiliai accarezzandogli la mano che tremava sul suo ginocchio destro. 

« Ok… allora andiamo… prima inizia questa serata del cazzo e prima finisce… », disse con tono fermo uscendo di colpo dalla macchina lasciandomi lì ad osservarlo. 

Iniziai ad avere uno strano sentore. Forse avevo preso il discorso un po' sotto gamba. Scrollai le spalle per farmi scivolare di dosso quella strana sensazione e, prendendo la borsetta, uscì anch'io fuori dalla macchina. 

Non era mica l'inferno.


Ci avvicinammo insieme al portone d'entrata e, stringendogli la mano più forte che potevo, aspettammo pazientemente che qualcuno ci accogliesse. Subito dopo, e senza alcun preavviso, la porta si aprì di fronte a noi mostrandoci un uomo alto brizzolato e con gli stessi occhi azzurri di Dario. Ebbi la salivazione azzerata in un attimo. 

« Dario… »

« Papà… »

« Sono felice di vederti… è passato un po' di tempo dall'ultima volta… »

« Io direi che è passato più tempo di quanto pensi... », rincarò Dario nervoso.

« Tu devi essere la ragazza di mio figlio…», disse ignorando la frecciatina di Dario  allungando la mano verso di me.

Sorrisi a malapena mentre lui portava la mia mano davanti alla sua bocca. Il suo fascino mi lasciò a bocca aperta. Indossava una camicia bianca, abbinata ad un gilet a doppio petto grigio topo e ad un pantalone dello stesso colore, ma senza cravatta. 

« Incantato…  », pronunciò quelle parole guardandomi intensamente con i suoi occhi azzurri. Sorrisi nuovamente imbarazzata spostando una ciocca di capelli che si era piazzata davanti al mio occhio sinistro. Non riuscì ad aprire bocca.

« Hai finto di fare il provolone? Questa veste non ti si addice per nulla! », la voce di Dario sempre più distaccata mi fece guardare dalla sua direzione facendomi sentire un po' a disagio. 

« Cara, scusa tanto mio figlio, a volte dimentica proprio le buone maniere… ma venite, accomodatevi, non mi sembra il caso di conversare di fronte alla porta di casa… », il tono di voce del padre di Dario invece, rimase accomodante e gentile dandomi la giusta spinta per cercare la mano di Dario e stringerla nella mia. « Prego, da questa parte…  », continuò Carlo indicandoci la strada con la mano destra. Davanti a noi, un mega salotto in stile classico  contemporaneo, brillava con i suoi colori tenui ed eleganti. I divani grandi e in stoffa panna, davano all'ambiente un senso di tranquillità e luminosità; e il mobilio in legno massello con intarsi di foglie varie, mi riportavano indietro nel tempo, quando a scuola ne studiai gli autori.  

« Posso aiutarti con questo cappotto…  », chiese Carlo cercando di capire il mio nome.

« Anita, Anita Velletri… signor Mancini…  »

« È un bellissimo nome…  », affermò sfilandolo delicatamente dalle mia braccia facendomi segno di accomodarmi. Sorrisi nuovamente cercando di mantenere una calma che piano piano stava abbandonando il mio corpo. Poi, con una tranquillità disarmante, si avvicinò anche a Dario che l'aveva già sfilato porgendoglielo in malo modo. Il padre si allontanò un attimo portandoli all'ingresso dove era posizionato un portabiti in legno.

Guardai Dario in quel lasso di tempo e, cercando di rassicurarlo e rassicurarmi, strinsi ancora una volta la sua mano nella mia. I suoi occhi mi accarezzarono  annuendo, quasi aggrappandosi. Potevamo farcela.

Carlo riapparve in salotto sedendosi in una delle due poltrone di fronte al divano e, accavallando le gambe, tornò ad osservarci con un ghigno divertito.  

« Sai, il cognome Velletri non mi è nuovo, avevo una compagna del liceo che si chiamava così! Una certa Amanda… magari siete parenti… »

« In realtà, siamo davvero in tanti a portare questo cognome… può essere una parente lontana che non conosco, o magari una cugina di mio padre- »

« Pensi che prima o poi mia madre si palessera tra di noi dandoci il piacere della sua presenza?! », chiese Dario sbottando senza farmi finire la frase. 

« Non pensavo di essere desiderata così da te, ma sicuramente non c'è bisogno di comportarsi così da cafone… dico bene cara? », chiese all'improvviso la madre di Dario riferendosi a me. La sua voce dolce e tranquilla cozzava con quello che aveva appena detto e con tutto il resto. 

Ci alzammo di scatto di fronte a quella entrata inaspettata cercando di essere il più naturale possibile, quando caddi rovinosamente dentro i suoi occhi inquisitori.
I suoi occhi di un nocciola intenso, mi fissavano come se fossi il suo peggior nemico, un erbaccia da estirpare, un qualcosa di imperfetto in quella situazione perfetta.
 
Mi sentii per la prima volta in vita mia piccola, indifesa e con qualcosa di sbagliato adesso. Capii in quell'istante, come si era sentito Dario per tutto quel tempo. Tutto quel tempo a lottare contro quella madre che adesso mi incuteva lo stesso terrore. Sentii subito un groppo in gola che non mi diede la forza per replicare a quella domanda retorica alla quale sicuramente lei non si aspettava risposta. 

Lei sorrise di fronte al mio mutismo. Un sorriso di circostanza, ma che aveva dato più di mille risposte. 

Della serie: sciocca ragazzina.

Mi morsi il labbro inferiore cercando di non fare trasparire la mia agitazione, mentre il suo corpo sinuoso si muoveva verso la sala da pranzo che si trovava dall'altra parte della casa, mostrandoci, alzando il braccio, il suo vestito porpora alla quale aveva affiancato una stola nera e un paio di perle dello stesso colore. 

Dario, con la mia stessa voglia di parlare, serrò la mascella stringendo più forte la mia mano prima di iniziare quel cammino silenzioso verso la sala da pranzo.

No, non era l'inferno, ma sicuramente la sua anticamera.


Note: Capitolo Dodici. Buon pomeriggio a tutti ❤️ ed eccoci qui in questo capitolo che ci fa conoscere finalmente i Mancini. Come avete potuto notare fin da subito,  i due coniugi sono l'opposto di Elena e Fabrizio. Ma siamo solo all'inizio! Nel prossimo capitolo daranno il meglio di sé aprendo questa anticamera… 🤐🤐🤐 Chissà cosa succederà a tavola. Non vi anticipo nulla, ma preparatevi al peggio! 🤐❤️🤣

 PS. Che ci fa Edoardo a Milano? 🤐🤣❤️

Grazie sempre a chi mi segue e alla prossima ♥️♥️♥️
   
 
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