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Autore: Lita_85    03/04/2022    3 recensioni
SEQUEL DI "OGNI PARTE DI TE"
Dario e Anita, ormai felicemente fidanzati, vivono il loro amore come in una favola. Tutto sembra andare per il meglio, fino a quando il passato di entrambi si ripresenta stravolgendo il presente, proprio durante i preparativi per il loro matrimonio. Gli equivoci divertenti e i malintesi dettati dalla gelosia saranno all'ordine del giorno, e metteranno a dura prova i futuri sposi. Riusciranno Dario e Anita a lasciarsi tutto alle spalle e arrivare indenni alla tanto attesa data delle nozze?
* Opera registrata su Patamù*
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Sebbene nessuno avesse aperto la bocca per tutto il tragitto, dentro la mia testa, sentivo ancora rimbombare il replay delle loro voci e della loro saccenza. Un copione visto e rivisto ma che faceva sempre lo stesso effetto: mi lacerava l'anima.

Cercai più volte lo sguardo di Anita, nella speranza di trovarci il suo solito bagliore, ma quello che vidi stavolta mi lasciò l'amaro in bocca. Stringeva il labbro inferiore nervosamente e la sua mano sinistra era umida, sintomo che era molto tesa. 
La strinsi ancora una volta sperando di darle sollievo, ma lei non mostrò nessun segno di consolazione. Mi sentii morto dentro.

Non volevo che quello accadesse, ma aimè si stava materializzando proprio davanti a me. Entrammo in sala, insieme ai miei genitori che si sedettero immediatamente ai loro soliti posti dandoci poca scelta. Nell'aria sentii Chopin con il suo Nocturne op.9. no2, sinfonia molto apprezzata dal Dottor Mancini Carlo. Mi avvicinai alla sedia di Anita e, spostandola di qualche centimetro, la feci accomodare vicino mio padre, per poi sedermi alla sua sinistra vicino a mia madre.

Odiavo quel tavolo da pranzo quadrato, da sempre poco comodo per nascondersi dai loro sguardi inquisitori.

Finalmente, dopo svariati minuti di silenzio collettivo, mia madre si decise a parlare e a deliziarci con la sua voce suadente. 

« Per il menù di stasera ho scelto di preparare l'arrosto di vitello. È un'antica ricetta della nonna di Dario, ma che ho fatta mia nel corso di questi anni… spero che sia di tuo gradimento cara, magari tu sei abituata a fare delle diete strane o vai dietro alla moda del momento… », affermò Laura facendo una smorfia finale alzando il coperchio della casseruola contenente la pietanza.

« No… io, io.. non faccio nessuna dieta particolare signora Mancini… in verità sono anche una buona forchetta! », disse Anita con tranquillità sistemandosi il tovagliolo sulle gambe. 

« Ma in realtà, mi era balenata l'idea che non seguissi alcuna dieta… ammiro però la tua sincerità! », rispose sprezzante guardandola ridendo.

« Mamma, Anita non ha bisogno di fare diete! E’ inutile che fai queste constatazioni del cazzo! », esclamai prendendo anche io il tovagliolo poggiandolo senza tatto sulle mie gambe.

« Dario, non c'è bisogno di dare spettacolo… stiamo solo conversando! Giusto Cara? », 

« Giusto… Dario, va tutto bene, davvero… », aggiunse Anita prendendo la mia mano nella sua. Era gelata.

« Ok.. », sibilai portando la sua mano alla mia bocca lasciandomi un bacio.

« Ma ditemi un po ', dove vi siete conosciuti voi due? », domandò mio padre prendendo tra le mani il piatto con i piselli. 

« Sono la cugina di Claudia, la moglie di Mirko… »

« Quindi vi siete conosciuti al matrimonio? », continuò mio padre super interessato. Di solito non era molto propenso al dialogo, ma si vedeva che la situazione lo intrigava parecchio.

« In un certo senso sì… », replicò Anita guardandomi complice. Di certo non poteva raccontare il nostro incontro al Rencontre.

« Io adoro Claudia! E’ una ragazza bella, delicata e molto educata! Però non vi somigliate molto…lei ha degli occhi splendidi… », la voce di mia madre, che sembrò aspettare quel momento da una vita, squillò facendoci girare nuovamente verso dalla sua parte. Che stronza.

« Si… lei assomiglia molto a sua madre… io invece ho preso dalla mia… », la voce di Anita si abbassò nuovamente sentendo in lei un certo imbarazzo. 

« E’ un vero peccato che tu non l'abbia ereditati… sembrano di cristallo… », asseri mettendo il boccone in bocca.

Iniziai a stringere i pugni. Non sapevo dove volesse arrivare, ma non mi piaceva per niente la piega che stava prendendo quella serata. Mi sentii come in trappola.

« E sei anche tu un insegnante? », rincarò mio padre sorridendo della situazione.

« No, io lavoro in un'agenzia pubblicitaria… »

« Agenzia pubblicitaria? », esclamò mia madre sorpresa. Qualsiasi cosa non fosse a tema prettamente medico, lei storceva il naso o chiedeva meravigliata.

« Si, ideiamo la pubblicità per conto dei nostri clienti- »

« Oh cara, so perfettamente cosa sia un'agenzia pubblicitaria! Ti ho chiesto perché mi ha stranito! Sei una stagista? », chiese spaccona guardandola con finto entusiasmo.

« No… sono una dei direttori creativi… »

« Oh complimenti! Quindi sei laureata? »

« Vorrei capire quando smetterai di fare la stronza! », sbottai poggiando rumorosamente le posate sul tavolo. 

« Non capisco cosa vuoi dire! Sto solo conversando! », si giustificò lei facendo la gnorri. Il suo pane quotidiano.

« Andiamo mamma! E’ da quando abbiamo messo piede qui dentro che stai facendo la stronza con le tue frecciatine! »

«Scusate, potrei usare il bagno? », esclamò Anita alzandosi bianca come un lenzuolo.

« Amore tutto bene? », domandai in apprensione. Non l'avevo mai vista in quello stato.

« Si, si… devo solo usare il bagno… »

« Ok, vuoi che ti accompagni? »

« No, devi solo dirmi dove si trova… », replicò lei quasi stanca.

« E’ in fondo a destra… », le indico con l'indice sperando che cambi idea.

« Ok.. », annuì velocemente senza aggiungere altro. 

La guardai allontanarsi con il cuore in gola. Non era da lei, e non era da lei essere così spenta.

« Spero che non le abbia fatto male qualcosa che ha mangiato, anche perché qui non ha quasi toccato cibo… », affermò recuperando il suo piatto e quello di mio padre portandoli con sé in cucina.

La seguii senza dire niente, per poi esplodere entrando con lei nella stanza.

« Che cazzo stai facendo? », chiesi fuori di me guardandola in cagnesco.

« Potrei farti la stessa domanda! », rispose poggiando i piatti sul tavolo della cucina.

« Che vuoi dire? »

« Ti presenti qui con questa ragazza sconosciuta e pretendi che io stia al tuo gioco? » 

« Gioco? Mamma, per me non è un gioco! Io la amo! »

« Tu, che ami? Non farmi ridere! Tu non ami nessuno! Tu vuoi solo portartela a letto altrimenti me ne avresti parlato! O almeno avresti accennato al fatto che ti frequentavi con questa ragazza…»

« Cosa?! Portarmela a letto? Io voglio sposarla! Per questo sono qui! »

« Tu credi di volerla sposare! Ma l'hai portata qui, proprio perché non è alla tua altezza! »

« Alla mia altezza?! Tu stai delirando!  »

« Dario, sei un dottore apprezzato e stimato! Tu meriti di più! », affermò lei quasi cambiando tono. Quasi amorevole.

« Merito di più? Hai passato la tua vita a denigrarmi e farmi sentire sbagliato e, adesso pretendi di avere voce in capitolo sulla mia vita sentimentale? Io la sposerò che ti piaccia o no! »

« Non ti lascerò sposare quella sciacquetta da quattro soldi! », gridò avvicinandosi a me risoluta.

All'improvviso la voce di Anita ruppe quel filo di parole sconnesse tra di loro. Ricordandoci che anche lei era in casa.

« Io… io devo andare… scusate! », singhiozzò Anita prima di sparire dal nostro raggio visivo.

Mi voltai verso mia madre in totale stato di shock. Era davvero successo, era successo l'irreparabile.

« Io ti avviso, se io perdo lei, tu perdi me per sempre! », le dissi indicandola prima di lanciarmi all'inseguimento di Anita.

Corsi per tutta la casa quando fui fermato da mio padre.

« Che succede? Ho visto Anita andare via…  »

« Succede che siete due stronzi! », esclamai prima lasciarlo lì dov'era e, prendendo il cappotto, uscì fuori vedendo Anita che si dirigeva verso la mia auto. 

« Anita! », gridai a perdifiato mentre lei era quasi giunta alla macchina per poi raggiungerla correndo.

« Lasciami stare! », strillò mentre cercavo di fermarla. Aveva le chiavi dell'auto in mano e sembrava volesse andare via senza di me.

« Ti prego Anita! », gridai ancora una volta.

« Perché mi hai portata qui? Dimmi perché mi hai portata qui!! », i suoi occhi colmi di lacrime non riuscivano a capacitarsi di quello che avevano appena visto.

« L'ho fatto per te! L'ho fatto solo per te! »

« Per me?! Si vede che lo hai fatto per me! Tu mi hai portata qui, perché vuoi lasciarmi e non sapevi come fare! Mi hai fatta sentire una merda davanti a tua madre! E poi l'ha detto anche lei, io non sono alla tua altezza! »

« No, no, ti prego non è così! Ti giuro che non è così! Sono io ad non essere alla tua altezza! »

« Perché non le hai detto di me, di noi?! »

« Non volevo che lei mettesse bocca sulla nostra storia! Lei rovina tutto ciò che tocca come puoi ben vedere! Vuole separarci! »

« Davvero un bel alibi!! », gridò lei cercando di aprire la portiera.

« Anita ti prego, ti prego, avevi promesso… avevi promesso! », continuai con le lacrime che iniziarono a scendere giù prendendola per le braccia.

« Dario… io sono confusa… », abbassò lo sguardo iniziando a piangere. 

« Ti prego Anita non farmi questo… », l'abbracciai singhiozzando come un bambino  nella speranza di smuovere qualsiasi cattiva idea le passasse per la testa. Non avrei retto il suo abbandono. Mi sentii nuovamente morire.

« Dario, adesso voglio solo andare via da qui… », parlò piano con le labbra sulla mia camicia bianca.

« Ok… », sussurrai recuperando le chiavi dalle sue mani. Tremava come una foglia

La scortai fino al posto passeggero per poi sedermi sul lato guida. Lei si rannicchiò sul sedile e, mentre facevo retromarcia la sentii piangere silenziosamente, facendolo stesso effetto su di me. Continuai a piangere senza freni buttando gli occhiali nel vano portaoggetti. 

Si era avverato il mio peggior incubo. Ed ero stato proprio io ad innescare il tutto. 

Era stata colpa mia. 

Ad ogni traversa guardavo dalla sua direzione per vedere se avesse bisogno di me. Ma da lei non ebbi nessun segnale. 

Solo il pungente silenzio 

Arrivati sotto casa, la chiamai dolcemente cercando di capire se volesse parlarmi, capendo solo allora che si era addormentata. Tornai a piangere come un disperato uscendo di scatto dalla macchina. Mi appoggiai su di essa imprecando e stringendo le mani sul mio viso. 

Come potevo risolvere la situazione? Come potevo farle capire che l'amavo più della mia vita? Come potevo farle capire che era stata mia madre a creare tutto a hoc pur di dividerci? 

Mi asciugai gli occhi con i palmi delle mani e, cercando di riacquistare un po' di forza, mi diressi verso il suo lato trovandola addormentata in un sonno profondo. La presi tra le mie braccia cercando di non svegliarla tornando a piangere. 

Non capii più nulla.  

Per tutto il tragitto mi sentii in un'altra dimensione. Il mio corpo si muoveva, ma la mia mente era altrove. 
Se Anita mi avesse lasciato cosa avrei fatto? 
Come mi sarei comportato? Che cosa ne sarebbe stato di me e della mia insulsa vita?

Mi ritrovai in camera da letto senza sapere come e, poggiandola sul letto, le tolsi le scarpe e la coprii con il uno dei suoi plaid. Rimasi lì, davanti a lei, in ginocchio e a mani giunte come in una silenziosa preghiera. Sperai con tutto il cuore che quello che era appena successo fosse solo un brutto sogno. Un incubo. 

E come succede nei peggiori incubi, non mi svegliai e lei non mi guardò felice come sempre. 

Mi alzai in piedi e mettendo le mani in tasca uscì silenziosamente. Arrivato davanti alla vetrina dei liquori, presi una bottiglia di vodka e un bicchiere nella speranza di annebbiare almeno per qualche ora il mio cervello fuso.

Constatai che erano appena passate le undici, e che avevo ancora davanti a me una bella notte insonne. Nonostante il freddo Milanese, mi sedetti al mio solito posto nella veranda e, aprendo la bottiglia immacolata di vodka, riempii il bicchiere quasi fino all'orlo. Recuperai il cellulare che premeva contro il mio sedere e la sedia in metallo, scorgendo un messaggio da parte di Saverio. Più che altro un video. Lo aprii bevendo un bel sorso di liquido trasparente, accorgendomi che era lui sul letto con Ginevra nell'intimità della loro camera.

« Ho voglia di fare un bel video stasera… », disse Saverio inquadrando lui a torso nudo con i pantaloni del pigiama e Ginevra con un pigiama a mezze maniche a vestitino azzurro. 

« Noi non faremo nessun video! », replicò decisa dando uno sguardo secco  verso l'inquadratura. 

« Ma non hai mai avuto problemi prima! », continuò lui sdraiandosi vicino a lei. 

« Adesso sono incinta idiota! », affermò lei dandogli uno scappellotto tra i capelli.

« Ah sì? Chissà chi è il responsabile… », disse Saverio avvicinandosi sensuale a lei baciandole il collo.

« È qualcuno idiota di mia conoscenza! », rispose lei ridendo tra suoi baci.

« Secondo me è un genio… », seguitò Saverio continuando a baciarla.

« Allora, idiota, spegni il cellulare e fammi vedere quanto sei genio… », ordinò Ginevra prendendolo per le guance. 

« Come vuole lei mia signora… », rispose Saverio facendo cadere il cellulare sul letto e interrompendo il video. 

Sorrisi amaramente guardando come il mio amico fosse felice, mentre io stavo sprofondando nel baratro della disperazione.
Sotto il video c'era una didascalia:

 " Ecco com'è andata la mia serata, sesso senza video! E la tua? Fammi sapere! "

Avrei voluto scrivere una vagonata di parole. 
Avrei voluto lasciargli un vocale di almeno dieci minuti, otto dei quali di parolacce.
Avrei voluto gridare fino a perdere l'uso delle corde vocali.
Avrei voluto cancellare quella serata dalla mia memoria e da quella di Anita, ma non feci nulla. Non potevo fare nulla. 

Spensi il cellulare e, mettendolo a faccia in giù, continuai a fumare e bere per un tempo indefinito, mentre la vita degli altri passava felice davanti ai miei occhi trafiggendomi come una lama affilata. 

Mi sentii vuoto e inutile.

Non ero riuscito a proteggerla.
Non ero riuscito a farle capire quando io la amassi.
Non ero riuscito a darle quel conforto dopo la tempesta.

Guardai la macchia di rossetto che aveva lasciato sulla mia camicia quando l'avevo abbracciata imprecando contro me stesso. Se c'era qualcuno non all'altezza della situazione, quello ero sicuramente io.

Soggiogato dalla nascita da quella strega cattiva che aveva creato una sorta di uomo di latta, ero cresciuto convinto di essere  sprovvisto di quell'organo pulsante. Aveva instillato in me, proprio l'idea di non essere in grado di amare, incapace di provare tale sentimento e quindi poterlo anche donare.

Si, grazie a lei mi ero da sempre sentito come l'uomo di latta, anche adesso, che avevo trovato la mia Dorothy.


Note: Capitolo Tredici. Buongiorno miei cari ❤️ e buona domenica ❤️ Di solito non pubblico la domenica, ma avendo già il capitolo pronto, ho pensato che potesse farvi piacere dato l'importanza del suddetto. Ed eccoci qui, la tempesta si è abbattuta su Dario e Anita 😭 La madre di Dario ha sferrato il suo attacco facendo credere ad Anita che Dario voglia lasciarla non avendo mai detto nulla ai suoi genitori. Dario sotto shock, cerca di spiegare tutto ad Anita, ricordandole anche la promessa che le aveva fatto prima di entrare in casa. Anita però è confusa, e preferisce tornare a casa senza dire altro. Come sarà il loro risveglio? Riusciranno a spiegarsi e riappacificarsi?  Vedremo

Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ♥️






   
 
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