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Autore: My Pride    31/03/2022    1 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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I'm betting it Titolo: I'm betting it
Autore: My Pride
Fandom: Batman
Tipologia: One-shot [ 2252 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: 
Bruce Wayne, Damian Bruce Wayne, Jason Peter Todd, Richard John Grayson, Timothy Jackson Drake, Bat Famiglia
Rating: Verde
Genere: 
Generale, Slice of Life, Fluff
Avvertimenti: What if?, Accenni slash
Blossom By Blossom: Damian cerca di fare coming out in una famiglia di super-detective. Hilarity ensues


BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    Damian si passò una mano fra i capelli mentre, a gambe conserte, se ne stava seduto sul tappeto davanti al camino di camera sua.
    Tito aveva preso posto al suo fianco e sonnecchiava, godendosi tra un russare e l'altro i grattini dietro le orecchie che Damian gli faceva di tanto in tanto, e Alfred il gatto faceva loro compagnia da lontano, leccandosi sul letto. Era terapeutico starsene lì a carezzare il grosso alano, anche perché Damian non sapeva bene come affrontare l'argomento col resto della famiglia che sarebbe arrivata da lì a poco per l'annuale cena del Ringraziamento. Pennyworth aveva chiuso suo padre e Grayson fuori dalla cucina prima ancora che potessero pensare di aiutarlo come gli anni scorsi, permettendo soltanto a Kate di poter entrare per dare una mano. Così, per evitarli, Damian se l'era filata nella sua stanza e si era chiuso dentro con la scusa di avere dei compiti da fare, anche se suo padre l'aveva guardato con un sopracciglio inarcato come se non ci avesse creduto. Peccato, però, che Damian se la fosse svignata solo per non essere costretto ad aprire bocca anche solo per sbaglio prima di sentirsi davvero pronto.
    Dannazione. Lui era il figlio di Batman e Talia Al Ghul, l'erede del manto del pipistrello, colui che alla Lega degli Assassini avevano chiamato per anni Ibn al Xu'ffasch e bla bla bla... non poteva davvero trovare spaventosa una cosa del genere. Aveva affrontato prove durissime, assassini, mostri, viaggi spaziali da solo e in compagnia e persino la morte stessa, possibile che a quindici anni avesse paura di parlare semplicemente dei suoi sentimenti? Era facile. Bastava scendere, salutare tutti come al solito, mettersi a mangiare e poi, al fatidico momento dei ringraziamenti durante la cena, buttare lì due parole strappalacrime e dire di essere grato della famiglia che aveva e che lo aveva accettato così com'era, condendo il tutto col suo coming out e aspettando la reazione. Facile, appunto.
    Damian imprecò a denti stretti e affondò il viso nella calda pelliccia di Tito, lagnandosi a mezza bocca mentre il cane sbuffava un po'. No, forse preferiva affrontare un'invasione aliena piuttosto che dire a quel branco di impiccioni che gli piacevano i ragazzi. Era già stato difficile accettarlo da solo nonostante i trascorsi della sua stessa famiglia - aveva sempre saputo che sua madre, e forse persino suo nonno, aveva avuto degli harem con uomini e donne senza distinzioni, anche se forse la cosa non era comparabile -, perché inizialmente per lui era stato inconcepibile il pensiero di provare attrazione sessuale per qualcuno del suo stesso sesso. Di certo era stato imbarazzante avere un'erezione alla vista di Jon sotto una delle docce comuni e masturbarsi con le immagini di ragazzi aitanti, però alla fine aveva imparato ad accettarsi e in cuor suo voleva essere sicuro che lo accettasse anche il resto della famiglia. Oh, accidenti.
    Borbottando qualcosa tra sé e sé e scusandosi con Tito per averlo carezzato un po' troppo vigorosamente, Damian si rimise in piedi e sbuffò, traendo un lungo respiro per prepararsi un'ultima volta. Sì, poteva farcela. Se ci era riuscito Drake, poteva farcela anche lui. Non era inferiore a quell'idiota del fratello e avrebbe avuto almeno il sostegno di sua zia Kate, dichiaratamente lesbica e accasata con quell'agente di polizia che vedevano spesso in giro quando erano con Gordon. Renee Montoya, se Damian ricordava bene. Una gran donna, una che non si tirava mai indietro ed era sempre al centro della mischia, esattamente il tipo che... no, basta, stava tergiversando.
    Dandosi dell'idiota per l'ennesima volta, Damian si batté entrambe le mani sul viso e uscì dalla propria stanza, gettando un'occhiata intorno come per accertarsi di avere via libera; i corridoi erano deserti e intravedeva le scale che portavano al piano di sotto, così si affrettò a raggiungerle come il ninja silenzioso che era stato addestrato ad essere, evitando accuratamente le assi scricchiolanti del pavimento e il terzo gradino partendo dall'alto che gracchiava ogni volta sotto il peso di qualcuno. Giunse nell'ampio atrio nella calma più totale e si avviò quatto verso il grande salone, ma non si accorse della presenza dietro di sé finché quest'ultima non gli poggiò una mano su una spalla e non lo fece urlare come un idiota.
    «Ehi, calmo, Little D, sono soltanto io», lo apostrofò Grayson, e Damian fu costretto a masticare e ad ingoiare un insulto. Aveva proprio i nervi a fior di pelle, eh? «Se cerchi B, è già dentro con gli altri. Sta facendo a Jason il solito discorsetto dell'evitare battute sui clown e i piedi di porco».
    Damian fu tentato di dire che non avrebbe voluto trovare nemmeno lui, ma buttò giù nella gola anche quella frase. «Sono già arrivati tutti?» chiese quindi, e gemette interiormente al cenno affermativo di Richard. Okay, era arrivata la cosiddetta Ora Zero.
    Facendo a sua volta un cenno col capo, seguì Grayson all'interno della sala e fu ben presto accolto dal chiacchiericcio di tutti i commensali, dalla voce squillante di Stephanie allo stesso Duke che, ridendo, stava scambiando qualche parola con Tim; Kate non aveva portato Montoya ma, come di consuetudine, si era già munita di un bicchiere di vino rosso, e di tanto in tanto ridacchiava mentre parlava con Barbara, seduta tra lei e Cassandra; suo padre era impegnato in una fitta conversazione con Jason, anche se quest'ultimo stava roteando gli occhi e imitando le sue parole a mezza bocca, ripetendogli che, no, non avrebbe ringraziato di essere stato riportato in vita da una pazza schizzata - Damian avrebbe voluto tossire e far notare la sua presenza per ricordare che la pazza in questione era pur sempre sua madre -, ma che sarebbe stato carino se lo avesse fatto Bruce stesso. Per farla breve, Todd si stava comportando come il solito Todd.
    Damian cercò ancora una volta di farsi coraggio e fece un breve passo avanti, sentendo Grayson dargli una pacca su una spalla e fargli l'occhiolino; lo guardò accigliato mentre si allontanava per primo, ma lasciò correre e prese posto, borbottando un saluto a tutti i presenti per cominciare a mangiare con loro quando Pennyworth portò le prime pietanze insieme a Grayson e quest'ultimo augurò a tutti buon appetito nonostante la breve indignazione del maggiordomo su quanto fosse inappropriato per il galateo, indignazione che aveva fatto sghignazzare un po' tutti, Damian compreso.
    La cena tutto sommato parve abbastanza tranquilla, persino suo padre era apparso rilassato e vederlo chiacchierare con Selina era stato stranamente terapeutico, forse perché raramente si concedeva espressioni simili quando fra le strade non c'era nessuno a proteggere Gotham. Ma fu quando arrivò il momento del tacchino che Damian perse tutta la fiducia che aveva avuto in sé stesso, lasciando che la cena procedesse come al solito senza interruzioni. Era un codardo. Un maledetto codardo che si era lasciato scappare un'occasione che sarebbe potuta essere propizia, e se ne pentì maggiormente quando la cena terminò e gran parte degli invitati se ne tornò alle proprie case. Erano rimasti solo suo padre e i suoi cosiddetti fratelli, quindi poteva dire addio al supporto di sua zia Kate e levarsi dalla testa il fatto che Drake non avrebbe colto l'occasione per rigirargli le pessime battute che lui stesso, nell'alto dei suoi stupidi e altezzosi tredici anni, gli aveva rivolto quando si era presentato con Bernard.
    «Padre, posso parlarti un momento?» lo richiamò Damian prima che il genitore potesse sparire al piano superiore, cercando di riprendere tutto il suo coraggio. E Bruce, che aveva già poggiato il palmo della sinistra sul corrimano, si voltò curioso verso di lui.
    «Cosa c'è, Damian?»
    Mordendosi il labbro inferiore, Damian si massaggiò un braccio e cercò di evitare lo sguardo di suo padre. «Non qui», rimbeccò, facendogli lui stesso strada verso il soggiorno nonostante l'occhiata stranita che gli lanciò il genitore. Ciononostante, Bruce lo seguì senza dire una parola e fu lui stesso a socchiudere la grande porta di quercia, stranito dal modo in cui le spalle del giovane apparivano rigide.
    «Stai bene, ragazzo?» gli venne spontaneo chiedere, accigliandosi quando Damian parve sussultare. Da quando suo figlio sembrava così... insicuro?
    Damian si prese ancora un momento, chiudendo gli occhi e traendo un lungo respiro dal naso prima di voltarsi verso il padre. Lo stava osservando con un'attenzione che Bruce non aveva mai visto, anche se la tensione del suo corpo sembrava così palpabile da rendere elettrica l'aria nella stanza. «Sto benissimo», disse infine, anche se la cosa rincuorò Bruce solo in parte visto che Damian era ancora rigido. «Ma c'è una cosa che sento il bisogno che tu sappia. Una cosa di me».
    Stavolta fu Bruce ad irrigidirsi. Avrebbe dovuto preoccuparsi? Damian gli aveva nascosto qualcosa fino a quel momento? Oh, Dio. Sperava proprio di no. «Vai avanti», affermò, cercando di catalogare nella sua testa qualunque cosa stesse cercando di dirgli il figlio. Forse pregò persino che non avesse fatto qualcosa di stupido, perché altrimenti a quel punto lui non--
    «Non ho mai sentito il bisogno di compartimentare la mia sessualità, ma potrei aver cominciato a provare sentimenti verso coetanei del mio stesso sesso».
    Con tutti gli scenari possibili e immaginabili nella testa, alcuni persino catastrofici, Bruce ci mise un secondo di troppo per rendersi conto che Damian aveva parlato e, soprattutto, per capire che cosa avesse detto davvero. Un momento. Doveva riavvolgere il nastro, sentire di nuovo e soffermarsi sulle parole che il figlio aveva appena pronunciato. Sessualità. Sentimenti. Stesso sesso. Damian gli stava dicendo che era gay? Per poco Bruce non si lasciò scappare una risata isterica, e sarebbe stato davvero sconveniente visto che suo figlio si stava fidando a tal punto di lui da confessargli qualcosa di così importante.
    «Per un attimo mi hai spaventato davvero, Damian», ammise Bruce, catturando lo sguardo sconcertato del figlio. Aveva sgranato gli occhi e, alla luce del lampadario, sembravano di un verde ancora più luminoso del solito.
    «Cosa? Hai capito cosa ti ho appena detto, padre?»
    «Certo, ragazzo. E sono contento che tu me lo abbia detto».
    La faccia di Damian divenne ancor più confusa. «Non... non ti importa se sono gay?» domandò a mezza bocca, sforzandosi di mantenere una postura corretta nonostante stesse provando l'impulso di filarsela, ma vide suo padre sorridere. Un attimo, stava sorridendo davvero?
    «Mi importa solo che tu sia felice, Damian. E se devo essere sincero, sapevo già che...»
    «Okay, Rimpiazzo, mi devi venti verdoni».
    La voce di Jason interruppe la replica di Bruce e, nel voltarsi entrambi verso la porta, notarono che tutti, nessuno escluso, erano rimasti lì ad ascoltare per tutto il tempo e loro non se n'erano nemmeno accorti. Tim stava borbottando qualcosa mentre infilava le mani nelle tasche dei jeans per tirare fuori il suo portafogli, esattamente come stavano facendo Dick e Cass. Ma cosa...?
    Il volto di Damian passò dal suo solito colorito scuro ad un rosso acceso, tanto che persino le orecchie parvero andare in fiamme. «Voi idioti avevate scommesso che fossi gay?»
    «Oh, no, quello lo sapevamo tutti. Persino Bruce». Jason rise senza ritegno all'espressione sconcertata di Damian, e soprattutto al modo in cui si era voltato a fissare il padre ad occhi sgranati. «E ognuno di noi ha scommesso su quando lo avresti detto».
    «Come... come diavolo facevate a saperlo?» domandò Damian in tono nervoso, dovendo umettarsi più e più volte le labbra che aveva cominciato a sentire secche. Era normale sentirsi come se stesse mangiando cotone?
    Tim, che aveva appena consegnato una banconota da venti dollari a Jason, sbuffò ilare. «...per essere un ragazzino che si vanta di avere un quoziente intellettivo pari a 180, a volte sei davvero stupido».
    «Non accetto critiche da te, Drake! Ti taglio la ling--»
    «Quello che Timbo sta cercando di dire», si intromise Dick, sedando gli animi prima che potesse farlo Bruce, avendolo visto aprire la bocca per ribattere, «è che siamo una famiglia di detective, Little D. Era statisticamente improbabile che non ci rendessimo conto della cosa».
    «Soprattutto se sbavi ogni tre per due su Spruzzetto di sole».
    «Io faccio cosa?!» Se avesse potuto, il volto di Damian sarebbe diventato letteralmente viola. Non aveva mai pensato al fatto che i suoi atteggiamenti sarebbero potuti essere visibili, perché si era sempre vantato di saper nascondere ciò che provava e bla bla bla e... maledizione a quegli impiccioni.
    «Non che fosse così difficile notarlo...» replicò Cassandra nel richiamare su di sé l'attenzione di Damian, sorridendo accondiscendente. «Lo abbiamo visto entrare un paio di volte dalla tua finestra».
    «È il mio partner, è ovvio che lo faccia», volle aver ragione, ma riuscì solo a provocare l'ilarità di Tim.
    «Alle due di notte?»
    «Va' a farti fottere, Drake».
    «Damian, barattolo».
    «Cosa?! Ma... padre!»
    «Non vorrai contestare tuo padre, vero pulce?» lo schernì Jason nello scompigliargli i capelli quando si avvicinò. «Piuttosto sgancia quei dieci dollari che hai scommesso, vecchio», affermò, e per quanto Bruce ebbe la decenza di guardare altrove, non fuggì dallo sguardo sconcertato del figlio.
    «Anche tu, padre?!»
    Per quanto quel botta e risposta fosse stato imbarazzante, Damian aveva sentito il peso nel suo petto alleggerirsi un po'. Il fatto di essere stato accettato dalla sua famiglia contava più di quanto volesse ammettere, e non avrebbe cambiato quegli idioti per nessun altro... anche se forse avrebbe detto a Jon di smetterla di sgattaiolare in camera sua passando dalla finestra.





_Note inconcludenti dell'autrice
Altra storia per l'inziativa #blossombyblossom
indetta dal gruppo Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom  
Torniamo con la saga dei cliché e delle scemenze, perché sono tutti un gruppo di capere che inciuciano. Sì. Titolo gentilmente offerto da Shun Di Andromeda. Quando ho visto il prompt mi sono subito fiondata a scrivere una robaccia del genere, quindi eccoci qua senza tanti premboli: Damian vuole fare coming out (molto diverso da quello che succede nel capitolo Father knows best?) con la famiglia, ma si blocca un po' per diversi motivi... alla fine ci riesce e che accade? Ecco cosa! Ha una famiglia fata di idioti, ma almeno sono idioti che gli vogliono bene (anche se scommettono su di lui)
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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