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Autore: Fiore di Giada    06/04/2022    2 recensioni
Ad un tratto, da una strada laterale , apparve un motociclista, in sella ad una Ducati rossa.
Genzo sbarrò gli occhi, sorpreso. Impallidì.
Poi, strinse le mani sul volante e premette il piede sul freno. No, doveva impedire una tragedia!
L’auto, tuttavia, non si fermò e investì la Ducati.
La moto cadde e il corpo del motociclista venne sbalzato a diversi metri di distanza.
L’energia dell’impatto piegò il metallo del paraurti e il parabrezza, con un forte scricchiolio, si infranse.
Il braccio destro del giovane si piegò in un angolo innaturale e l’osso squarciò la pelle.
Poco dopo, l’atleta nipponico si accasciò sul volante, quasi privo di conoscenza. Era dunque finita?
Sarebbero morti insieme?
La BMW, con un lungo, fastidioso stridio, si fermò, lasciando lunghi solchi sull'asfalto, simili a nere ferite.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Genzo Wakabayashi/Benji
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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La luce sanguigna della luna, a fatica, filtrava tra i rami secchi degli alberi, creando sul terreno effimeri e contorti disegni, simili a creature mostruose.
Di tanto in tanto, lugubri arpie si alzavano in volo, riempiendo l'aria di sinistri frullii.
Genzo avanzava, il cuore palpitante contro le costole e il volto umido di gelido sudore. Gli sembrava di camminare da tempo in quel bosco privo di vita e greve di spettri.
Cosa ne era stato dei suoi compagni? Perché non li vedeva più?
Come aveva potuto perdere il senso dell'orientamento?
Il respiro del giovane accelerò, mentre il cuore martellò le costole, quasi volesse romperle. Doveva trovare i suoi compagni.
Ma dove erano?
Ad un tratto, un raggio di luna, crudele, illuminò alcuni alberi.
Genzo, inorridito, arretrò e il suo volto si scolorò.
I corpi dei suoi compagni, appesi ai rami degli alberi, ondeggiavano, straziati da ampie ferite.
Mosse le labbra, ma da esse sgorgò un gemito sottile, simile al lamento di un animale impaurito.
I suoi amici erano morti.
E lui non riusciva a spiegarsene la ragione.

A passo lento, innaturalmente calmo, uscì una figura umana di alta statura.
Un raggio livido di luna la colpì, rivelando il volto di un giovane uomo, dilaniato da gravi lesioni.
Rade ciocche di capelli biondi, sporchi di terra, coprivano la sua testa e un ampio squarcio si apriva sulla sommità del cranio, scoprendo il biancore dell'osso.
L'occhio destro, scomparso, rivelava l'orbita vuota, mentre dal sinistro, d'un verde spento, sgorgavano lacrime vermiglie.
Le guance, prive di pelle, rivelavano il biancore dello scheletro e la sua bocca era contorta in un ghigno beffardo.
Gli abiti, ridotti a brandelli insanguinati, scoprivano il corpo magro, nero di ecchimosi.
Genzo ansimò. Quello era Andreas Schumann.
Quale forza l'aveva trasformato in un orrido simulacro di vita?
Quale legame c'era tra lui e i suoi compagni morti?

Con passo lento, barcollante, Andreas avanzò.
Genzo provò ad arretrare, ma le sue gambe rimasero bloccate, come fossero congelate.
− Li hai uccisi tu... Li hai uccisi tu... Li hai uccisi tu... − ripeté, la voce flebile.
Genzo ansimò, sempre più angosciato. Lui era l'assassino dei suoi amici...
Ne era sicuro, Andreas, come uno spirito vendicativo, aveva ucciso le persone a lui care.
Voleva restituirgli il dolore da lui patito.
Un conato di nausea colpì Genzo allo stomaco, come un forte pugno. Sul suo volto, sentiva le mani scheletriche di Andreas...
Quel tocco era nauseabondo, ma non riusciva a sottrarvisi.
Le mani, leggere, scesero sul collo del portiere, poi si insinuarono sul petto.
− Li hai uccisi tu... Ed è giunta ora di pagare... −
mormorò ancora Andreas.
Un dolore atroce, repentino, lacerò il petto di Genzo. Il sangue, d'impeto, schizzò.
Abbassò la testa e vide le mani scheletriche di Andreas immerse nel suo petto.
Senza alcun lamento, si piegò sulle ginocchia e le palpebre si abbassarono. Finalmente, era finita.
Il cerchio della sofferenza era chiuso.



Con un grido soffocato, Genzo sbarrò gli occhi e si alzò a sedere sul letto. Di nuovo, sogni dolorosi avevano popolato il suo sonno.
Eppure, erano trascorse due settimane da quel terribile processo.
La fine di quel procedimento legale non aveva portato alla cessazione delle malignità e delle infamie.
Tanti, troppi media descrivevano la sua figura con tinte fosche e crudeli.
Finirò per impazzire..., si disse, lo sguardo fisso nel vuoto.
Si alzò dal letto e, a grandi passi, attraversò la stanza. Presto, avrebbe potuto ritornare a giocare a calcio.
Forse, sul rettangolo verde, avrebbe recuperato la serenità perduta.
Sì, ne era sicuro, il calcio gli avrebbe dato la possibilità di rinascere.
Eppure, perché quel senso di amarezza non scompariva?

Si avvicinò alla libreria e, con attenzione, guardò i libri ordinatamente posti.
Prese Guerra e Pace e, per alcuni istanti, se lo rigirò tra le mani. Ne era sicuro, non avrebbe dormito.
Il sonno faceva riemergere i rimorsi, a stento contenuti dalla sua forza di volontà, durante la giornata.
Deboli singhiozzi sollevarono il suo petto e le lacrime tremarono sulle sue ciglia. Era giusta la sua sopravvivenza?
Andreas Schumann era d'animo nobile e si impegnava per diventare un medico, capace di curare le malattie infantili.
Eppure, una simile persona giaceva in una bara fredda, mentre lui, Genzo Wakabayashi, era vivo.
Presto, avrebbe ricominciato a giocare.
Con uno sforzo supremo, allontanò i pensieri, aprì il libro e cominciò a leggerlo. Doveva sforzarsi di non pensare.
E i libri, in parte, gli donavano quiete, seppur per poco.


Due mani, forti e decise, si posarono sulle sue spalle.
Genzo, sentendo quel tocco, sussultò e si irrigidì.
Le sue mani tremarono e il libro cadde sul pavimento con un tonfo.
Poi, il giovane si girò e i suoi occhi neri si rifletterono nelle iridi cerulee di Karl.
‒ Che cosa è successo? Ti ho svegliato? ‒ chiese il portiere nipponico.
Un mezzo sorriso sollevò le labbra del giocatore tedesco.
‒ E tu che volevi tornare a casa tua... No, almeno finché resti in Germania, è meglio che rimani qui. ‒ dichiarò, deciso.
Genzo rimase immobile e, per alcuni istanti, tacque.
‒ Ti ho disturbato? So che domani hai una partita importante e dovresti riposare. ‒ mormorò.
Il teutonico, a quelle parole, sbuffò.
‒ Genzo, non dire idiozie. Non mi sveglio certo perché tu hai acceso la luce per leggere. Sai che ho il sonno molto pesante. ‒ dichiarò.
Il portiere asiatico si girò e guardò fisso il compagno.
‒ E allora cosa è successo? Perché sei sveglio? ‒ chiese.
Karl, per alcuni istanti, esitò, indeciso.
‒ Mi dispiace per la famiglia Schumann. I media non li lasciano in pace, pur di vendere qualche copia in più. Vorrei potere fare qualcosa per loro, ma ho paura di essere visto come inopportuno, nel migliore dei casi. ‒ mormorò, quasi in tono di scuse.
Il calciatore orientale sollevò le labbra in un tenue sorriso e gli occhi si velarono di lacrime. Karl provava compassione per la sventurata famiglia di Andreas Schumann.
Però, tale encomiabile sentimento gli sembrava offensivo verso il loro legame.
‒ Se è per questo, stai tranquillo. Solo un cuore di pietra non proverebbe compassione per le loro sofferenze. E tu non lo sei di sicuro. ‒ lo rassicurò.
Karl scosse la testa, inquieto. Il suo compagno aveva cercato di rassicurarlo.
Ma il suo volto non era sereno e questo gli colpiva il cuore con fitte di dispiacere.
Tanta pena era ingiusta, perché Genzo non era colpevole della morte di quel giovane.
Come poteva aiutarlo a distrarsi, seppur per poco?

‒ Voglio vedere un film. Te la senti di farmi compagnia? ‒ chiese.
Genzo si scosse dai suoi pensieri e gli lanciò uno sguardo perplesso.
Poi, comprese e annuì.
‒ Puoi scegliere tu? Hai dei gusti migliori dei miei. ‒ chiese.
‒ Nessun problema. Però dammi un'indicazione generale. Così, trascorriamo un'ora e mezza piacevole, se non ci addormentiamo prima. ‒ affermò Karl.
Il portiere asiatico, per alcuni istanti, rifletté.
‒ Un film wester con Clint Eastwood. ‒ rispose.
‒ D'accordo. Vada per i western. Vieni in camera mia. Lì, ho quello che ci serve. ‒ acconsentì.
Genzo acconsentì e lo seguì.

Pochi minuti dopo, i due giovani si fermarono davanti alla porta della stanza di Karl.
Il giocatore europeo spalancò l'uscio, entrò e accese la luce.
‒ Entra, non stare sulla porta. ‒ gli disse.
Genzo, senza alcuna parola, obbedì.
L'ambiente, di forma rettangolare, era di dimensioni piuttosto ampie e le pareti erano tinte d'un blu intenso.
Il pavimento era ricoperto da un tappeto verde scuro e al soffitto era appesa una lampada, composta da cinque globi, grossi come palloni da calcio.
Alla parete di destra, era appoggiato un letto e, sopra questo, c'era una finestra di forma quadrata, coperta da tende, anche esse blu e, a poca distanza, era un porta dvd ligneo, colmo di CD.
Alla parete opposta, era appoggiata una scrivania e, a poca distanza, c'era un mobile porta tv, anche esso ligneo, su cui erano posati una televisione e un lettore DVD.
A destra della scrivania, era una libreria ricolma di volumi e, a sinistra del letto, era presente un armadio chiuso.
‒ Stenditi sul letto. C'è spazio per entrambi. ‒ disse il campione tedesco.
Sorpreso, il nipponico sbarrò gli occhi. Un po' di ritrosia stringeva il suo cuore...
Gli pareva strano un contatto così stretto.
Poi, scosse la testa. Di che cosa si preoccupava?
Cauto, quasi temesse di scottarsi, si distese sul letto e attese.

Karl gli sorrise, poi si avvicinò al porta dvd, lo aprì e controllò i DVD.
Prese un disco e, per alcuni istanti, si affaccendò attorno alla televisione e al lettore.
Qualche istante dopo, la stanza si riempì delle note di Ennio Morricone e, sullo schermo, apparvero i titoli di testa di Per qualche dollaro in più.
‒ Spero ti faccia piacere. Oggi, serata Sergio Leone. Per fortuna, sono doppiati. ‒ affermò Karl, un tenue sorriso sulle labbra.
‒ Va bene. Grazie. ‒ rispose il portiere asiatico.
Il tedesco gli si stese accanto e cominciarono a vedere il film.

P.S: in questo capitolo, vediamo gli incubi di cui soffre Genzo, ma ancora la situazione è calma.
Scopriamo inoltre che il Kaiser è cinefilo, oltre ad essere un appassionato lettore. (abbiamo visto che, mentre era dall'avvocato, per passare il tempo, si è messo a leggere Addio alle armi)
No, non c'è yaoi in questa scena. Ho pensato a due fratelli stesi sullo stesso letto a vedere un film. Anche se chi ama questa coppia può vederla come vuole.
Avevo pensato di mettere i due che si addormentavano insieme, ma ho cambiato idea, perché mi sembrava eccessivamente melensa. Che ne pensate?



   
 
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