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Autore: MercuryGirl93    07/04/2022    3 recensioni
*LA STORIA VERRA' A BREVE ELIMINATA*
Federico, ragazzo introverso e apatico, subisce la sua vita con passività, insoddisfatto della famiglia e delle sue amicizie. Sarà l'incontro con Emma, vivace quanto misteriosa, a spronarlo a cambiare e ad accendere in lui la curiosità di guardare il mondo con occhi diversi.
Ma chi è Emma? Una favola vissuta da Federico ad occhi aperti o una persona vera, in carne ed ossa?
Mentre il mistero di questa figura quasi fiabesca vi accompagnerà tra le righe di questo racconto, l'amore sarà il garante di una crescita personale e di un introspezione sempre più profonda di un ragazzo smarrito.
Dalla storia:
"Emma sbuffò esasperata. –Mi baci o no?
Federico la osservò: aveva le guance tinte di rosso, anche se la cosa poteva passare inosservata dato il buio. La trovò irresistibile, quell’insistenza quasi infantile che aveva nel volerlo baciare era deliziosa e inaspettata. - No.
-E perché? - domandò indispettita, sfoggiando la sua migliore espressione contrariata: le labbra arricciate, gli occhi verdi taglienti.
-Perché il tuo chiederlo mi ha fatto passare la voglia –
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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XIII Fresia
 
Esiste una leggenda che parla di Antinea, nata dall’unione di esseri umani e creature del bosco e del suo compagno di giochi, il fauno Yhorus e di un viaggio alla scoperta del meraviglioso mondo delle foreste dei Fuochi di Giada.
Prima di partire in questo viaggio, Yhorus le regala una ghirlanda di fresie bianche, come simbolo della sua purezza d’animo e della forza della passione, augurandole di dissolvere, con la sua danza incantata, la tristezza e la malinconia di chi soffre.
Antinea partì, addentrandosi nella foresta del padre elfo, alla scoperta dei suoi poteri e le fresie rimasero per sempre un modo per ricordargli da dove veniva e rievocare sua madre. *
 
-Hai idea di quando vada via tuo padre? – chiese Annamaria, curiosando tra i fiori freschi e profumatissimi.
Ancora una volta, Federico era finito a fare da accompagnatore alla sua amica bionda in una delle sue gite al vivaio. Non che si lamentasse, al contrario: trascorrere del tempo con lei era diventato ancor più piacevole di prima da quando la loro fiducia reciproca si era rafforzata. Erano più complici, più confidenti.
Anna, a dispetto di quello che lui aveva immaginato, aveva dimostrato forza e reattività rispetto alla sua condizione, spogliandosi nel giro di poco tempo della tristezza che l’aveva attanagliata. La vedeva diversa, nonostante fosse passata solo una settimana dall’accaduto.
-Secondo me non lo ha neanche fatto il biglietto del ritorno – borbottò con aria fintamente annoiata, osservando i colori vivaci dei fiori. Riusciva a distinguerne diversi ormai, tulipani, ortensie, azalee.
La ragazza rise e nel farlo i lunghi capelli biondi presero ad ondeggiare, rilasciando un fresco profumo di albicocca.
-Meglio no? – rise, aggiustandosi le pieghe del vestito lilla. -Puoi passare più tempo con lui.
Federico annuì pensoso. -Di quello sono felice, quello che mi lascia perplesso è la storia con mia madre.
Anna si sistemò i capelli dietro le orecchie, facendo tintinnare i braccialetti colorati che portava sui polsi sottili. -Di che ti preoccupi?
Federico si scoprì ad indugiare su dettagli di lei che non aveva mai notato, ad esempio le clavicole sporgenti che risaltavano il collo sottile, sul quale indossava una collana d’argento. Annamaria era sempre stata bella, lo sapeva, ma lui non l’aveva mai osservata davvero con attenzione. Probabilmente, gli ultimi eventi lo avevano portato a rivalutarla a tal punto da iniziare a scorgere di lei qualcosa di luminoso, puro.
-Hanno cose irrisolte e non credo che mia madre sia nella posizione di discuterne con chiarezza – borbottò, spingendo il carrello con i futuri acquisti dell’amica. Era stracolmo di sacchi di terriccio, attrezzi da giardinaggio, piante in vaso.
-Ma che ne sai – rise lei, leggendo le istruzioni di utilizzo di alcuni bulbi. -Sono adulti, dopotutto, se vogliono tornare insieme possono farlo senza che tu stia qui a giudicarli, no?
Federico rise a sua volta. -Non lo sai che tutto quello che accade in casa mia passa sotto il mio insindacabile giudizio?
-Pensavo che il tuo insindacabile giudizio si estendesse su tutto l’universo, non solo su casa tua – rispose lei, piccata.
-Da quando mi rifili queste risposte sarcastiche? – fece lui, fintamente sorpreso.
Annamaria gli fece una smorfia. -Da quando ho capito che hai bisogno di qualcuno che ti tenga testa per rimetterti in riga.
Federico sapeva che in qualche modo era vero, che aveva bisogno di qualcuno che lo fronteggiasse come aveva sempre fatto Emma. Annamaria, dolce e delicata, non aveva lo stesso fare malizioso e giocoso, ma accettava di buon grado quei timidi tentativi di presa in giro.
Neanche provandoci avrebbe potuto mai rimpiazzare Emma: il modo in cui lo faceva sentire era unico e speciale, così come lo era lei.
-Comunque credo si siano già parlati – riprese il discorso, aiutando Annamaria a mettere nel loro carrello altre piante in vaso. -Sono convinto che mio padre voglia tornare con lei ma che lei abbia delle riserve.
-Non puoi darlo per assodato, magari è una tua idea – fece spallucce lei, alzando un vaso contenente della menta profumatissima. Federico la aiutò ma lei si sporcò comunque le dita e il vestito di terra.
-Difficilmente mi sbaglio.
Annamaria tirò fuori dalla borsetta marrone delle salviette imbevute con le quali ripulirsi. -Dovresti essere solo contento, se tornano insieme.
Federico non riusciva però a lasciarsi andare come voleva su quella situazione. Era rimasto troppo scottato da tutta la storia dei suoi e, anche se stava allentando le redini della sua rabbia nei confronti della madre, ancora non era riuscito del tutto. Probabilmente ci voleva solo tempo, in quel caso.
Dopotutto, per lui era già un notevole passo in avanti avere la possibilità di confrontarsi quotidianamente con Giancarlo, vedere Alberta felice nello stare con il papà, vedere Simona meno apprensiva perché poteva smezzare le responsabilità genitoriali con l’ex-marito.
Nello spostare i restanti vasi, Federico sentì improvvisamente un odore fortissimo di gelsomino, anche se nelle vicinanze non ce n’era traccia. Quell’odore – così familiare, così casalingo per lui – ormai lo riportava all’immagine di Emma che raccoglieva fiorellini dal cespuglio di casa sua.
Quasi scioccamente si girò di scatto, immaginando di vedere Emma proprio lì, come era accaduto l’ultima volta. La vide fasciata da uno svolazzante vestitino rosa, i capelli in una delle sue buffe acconciature, le orecchie a sventola in mostra, le lentiggini esibite con orgoglio.
L’immagine nella sua testa fu così vivida che la vide quasi avvicinarsi a lui mentre stringeva in mano una violetta – lo stesso fiore che gli aveva lasciato sul letto – per poi porgergliela.
-Ti amo anche io – gli diceva nella sua fantasia, piegando le labbra color fragola in un sorriso ampissimo.
-Federico? – lo chiamò la voce di Annamaria, che gli stava schioccando le dita sotto il naso. -Tutto bene? – gli chiese, preoccupata, guardando nella stessa direzione in cui Federico si era distratto immaginando Emma. In realtà, davanti ai ragazzi c’era solo una parete di attrezzi da giardinaggio.
Federico si riscosse, massaggiandosi le palpebre. -Sì, stavo pensando.
-Stavi sognando, direi – lo corresse lei bonariamente.
Gli era già capitato di indugiare con i pensieri su di Emma, nei giorni precedenti. Non era la prima volta che lei non si facesse viva per un lasso di tempo lungo, ma l’idea che lei potesse non tornare lo faceva stare male. Si sentiva speranzoso di vederla in ogni singolo momento della sua giornata, nelle situazioni più improbabili. Inutile dire che, ad ogni modo, lei non si fosse palesata, disilludendo le sue speranze.
Sognarla ad occhi aperti, dopotutto, era la sola cosa che gli restava, per quanto malsano.
-Perché non provi a chiamarla? – propose alla fine Annamaria. Il desiderio di lui era così evidente che lei aveva avuto il tempo di processarlo senza che lui glielo comunicasse.
-Ci ho provato – mentì. Il suo orgoglio non gli consentiva di cercarla dopo che l’aveva scaricato, per quanto il desiderio di lei fosse forte.
-Bugiardo – lo pungolò la bionda.
Federico fece spallucce, come a difendersi: -Non mi risponderebbe anche se lo facessi – si giustificò. Sapeva per certo che, se Emma voleva sparire, non c’era niente che potesse fare per stanarla.
-Sai dove abita? – chiese Anna. -Vai a trovarla.
-Sono convinto che mi abbia mentito su dove abita realmente – rispose lui, pensoso. Tutte le volte in cui aveva provato ad andare a casa di Emma, si era trovato davanti un edificio fatiscente e dismesso, palesemente disabitato.
Vero era che la prima sera in cui si erano visti lei era entrata dal cancello della proprietà usando delle chiavi, ma da quella volta non l’aveva mai trovata in casa le volte in cui l’aveva cercata. Al contrario, si era trovato davanti estranei che avrebbero giurato che lì non ci abitava proprio nessuno.
Annamaria sembrava confusa. -Perché mentire su dove vive?
-Non ne ho idea, sinceramente.
La sua bionda amica sembrava essere motivatissima a fornire una spiegazione plausibile a quella situazione anomala. -Magari è povera!
Federico ridacchiò. -E quale sarebbe il problema?
-Magari lei non sapeva che per te non c’erano problemi se è una senzatetto! – insisté Anna. -Oppure, vive in una roulotte.
-Non credo plausibile nessuna di queste ipotesi – continuò a ridere lui, sinceramente divertito.
-Una spiegazione dovrai pur dartela.
Annamaria aveva già perso interesse per le sue spese da appassionata del giardinaggio. Trascinò il carrellino riempito fino alla cassa, pronta a pagare i suoi acquisti.
-Sai una cosa? Secondo me non ti dovresti arrendere così – riprese imperterrita, allungando i contanti al cassiere, curioso della conversazione dei due.
Federico non voleva arrendersi, ma si sentiva le mani legate. Emma aveva preso la decisione di lasciarlo, Emma non lo amava, Emma era sparita: aveva deciso tutto lei in quella faccenda, lasciando lui impotente, a subire le sue scelte. - Tu cosa faresti?
 
Un’ora dopo, i due amici erano in camera di Annamaria, davanti al computer.
La bionda sgranocchiava patatine pescandole da una ciotola stracolma, mentre pensosa si affaccendava a setacciare tutti i social network di cui disponeva: Facebook, Twitter, Instagram…
-Cosa speri di trovare? – rise Federico, allungando la mano verso una delle patatine.
-Ci sarà pure qualche traccia di lei, da qualche parte, non è mica un fantasma – sospirò, parlando con sé stessa più che con Federico.
-Non ci giurerei – ribatté lui. Emma era sicuramente una ragazza inusuale, fuori dal comune, le probabilità che si avvalesse dell’utilizzo dei social network erano molto più che remote. Inoltre, non era il tipo che metterebbe fotografie online per spiattellare la sua vita agli altri, al contrario era estremamente riservata a tal punto da non raccontare nulla neppure a lui, nonostante fossero intimi.
-Io cerco comunque – insisté Annamaria, continuando a seminare briciole tra i tasti del suo computer portatile. -Come hai detto che si chiama di cognome?
-Non l’ho detto.
-Quindi?
-Non lo so – disse divertito, strofinandosi la nuca.
La bionda a quel punto gli scoccò un’occhiataccia. -Non commento – borbottò, riprendendo la sua ricerca.
La vide setacciare tutti i profili di amici in comune utilizzando il nome “Emma” come filtro. Guardò tutti i profili taggati nelle vicinanze, nei locali della zona, nei posti che loro stessi frequentavano.
-Ti vedo molto motivata – scherzò Federico, dopo un po’, annoiato dall’impresa che l’amica aveva deciso di intraprendere.
-Dovresti esserlo anche tu.
-Anna, io non credo che tu abbia possibilità di trovarla in questo modo.
Ma Annamaria pareva aver già realizzato quella verità e aveva l’aria di chi si stava già organizzando mentalmente con un piano B.
-Ti voglio aiutare a trovarla – disse lei, strofinandosi il mento. -Ti meriti di avere un’altra chance, con lei.
-Ma che ne sai? – rise lui, lusingato.
-Ho visto quanto ci tieni e lei deve saperlo.
-Credo che lo sappia.
Annamaria gli diede un buffetto sulla spalla. -Non credo proprio, se così fosse non ti avrebbe scaricato.
Federico non se la sentì di contraddirla, anche se avrebbe avuto più di una puntualizzazione da fare. La sua bionda amica non poteva di certo sapere come stessero davvero le cose tra di loro, né aveva idea di che tipo di persona fosse Emma.
-Sai una cosa? – si motivò alla fine. -Andiamo a casa sua – propose, alzandosi dalla sedia di botto.
Gli sembrava l’unica pista plausibile da cui partire: se lei l’aveva indicata come sua dimora, un motivo doveva esserci per forza. A dispetto di quel che credeva lui, magari era davvero casa sua, o comunque poteva esserci una pista su Emma.
Annamaria lo guardò inizialmente con un’aria confusa, per poi animarsi anche lei.
-Prendo la borsa – disse, con frizzante allegria.

Quindici minuti dopo erano esattamente davanti al cancello arrugginito che circoscriveva la casa di Emma.
Federico era stato più volte in prossimità di quella proprietà, trovandola sempre apparentemente disabitata. Proprio per questo motivo, fu sorpreso di vedere il cancello spalancato, quasi ad accogliere chiunque volesse entrare, ed un gruppetto di operai che trafficava all’interno, spostando mobili e chissà cos’altro.
-Sembra tutt’altro che disabitata – commentò Annamaria, incuriosita.
Federico non le rispose e si addentrò all’interno del giardino, seguito a ruota dall’amica. Nessuno degli indaffarati presenti sembrò in disaccordo al loro ingresso, probabilmente erano troppo occupati per curarsene.
Come aveva sempre visto anche dall’esterno, c’era un’aria di disuso e abbandono ovunque: il prato era spoglio, moltissime piante ormai secche, nessun mobile a decorare. Gli unici fiori che avevano preservato un po’ del loro colore in quell’arido scenario erano proprio di fianco alla porta di ingresso.
-Sono fresie – fece Annamaria dopo aver intuito che l’attenzione dell’amico era proprio proiettata su quel dettaglio.
Neanche a quella frase si sentì di rispondere, era troppo preda della confusione circostante e troppo vittima della smaniosa curiosità di chiedere di Emma. Sembrava quasi provvidenziale il fatto che, dopo averla cercata già altre volte in casa, proprio quel giorno ci fosse qualcuno a cui rivolgersi.
Non appena un operaio brontolone gli passò di fianco, colse subito l’occasione di fargli una domanda: -Dove posso trovare il proprietario della casa? – domandò, volendo preservare un po’ di discrezione nella sua ricerca.
L’uomo, grassottello e sulla quarantina, gli indicò annoiato l’interno della casa, asciugandosi un rivolo di sudore dalla fronte. Non si sentì neanche in dovere di rispondere: andò via subito, trascinandosi dietro uno scatolone.
Federico, per nulla colpito dalla mancanza di garbo, si addentrò all’interno della casa.
-Ragazzino, questa è proprietà privata! – si sentì rimproverare una volta nell’ingresso da un’imperiosa voce femminile.
Non riuscì ad inquadrare subito la proprietaria della voce, distratto com’era dall’ampio salone pieno di mobili antichi, tappeti polverosi e cianfrusaglie di ogni epoca.
-Credo parli con te – bisbigliò Annamaria, sempre al suo fianco, afferrandogli un braccio.
Fu a quel punto che Federico posò il suo sguardo sulla donna ostile in cima alle scale che lo stava fulminando con lo sguardo: aveva un austero completo nero, capelli sale e pepe, un viso giovane ma così truccato da farla apparire più vecchia.
-Dico a te, ragazzino- lo riprese nuovamente, infastidita, percorrendo i gradini. Aveva un modo sgradevole di enfatizzare ogni singola parola, scandendo in maniera esagerata le lettere.
-Ho sentito- rispose Federico, impassibile ma pacifico. -Mi scusi, ero curioso.
-La curiosità non ti autorizza ad introdurti in case altrui senza permesso – rispose la donna. Una volta che gli fu di fronte lo squadrò da capo a piedi con aria severa, per poi fare lo stesso anche con Annamaria.
Dal modo in cui la donna si atteggiava, Federico fu certo si trattasse della proprietaria di casa. Come si aspettava, Emma aveva mentito: né il nonno né lei abitavano lì.
-Certo, ha ragione – proseguì, diplomatico ma freddo. Tentò di elaborare in fretta una strategia con la quale sgusciare via da quella situazione: se Emma non abitava lì, non aveva tempo da perdere.
-Sbaglio o ti conosco, ragazzino? – proseguì la donna, intanto, studiandolo con maggiore severità. Teneva le sopracciglia perennemente aggrottate, mettendo in evidenza profonde rughe sulla fronte e ai lati degli occhi.
-Ma sì – borbottò la donna, arricciando le labbra tinte di rosso. -Sei il figlio dei Visconti.
Federico annuì con distacco. In qualunque direzione stava andando quella direzione, non era di suo interesse. -Sì.
La donna schioccò le dita smaltate di rosso. -Mio padre era molto amico di tuo nonno Enea, vennero ad abitare in questa zona nello stesso periodo, ed io e tuo padre giocavamo sempre insieme da piccoli – dichiarò la donna senza sorridere. Nonostante il sapore nostalgico di quei ricordi, non sembrava affatto avere trasporto per essi. -Vive ancora da queste parti Giancarlo?
-Sempre nella stessa casa – la liquidò Federico, un po’ seccato. Non gli interessava nessuna di quelle informazioni, ma visto che era entrato in ballo suo padre non voleva essere scortese con quella donna insopportabile.
La donna schioccò nuovamente le dita con fare drammatico. -Che sciocca, è vero, me lo aveva detto qualche mese fa, quando è venuto al funerale di mio padre – borbottò. -È stato molto gentile con lui quando si è ammalato.
-Ammalato di cosa? – intervenne Annamaria con fare apprensivo.
-Alzheimer – sibilò la donna per nulla toccata. Squadrò Anna con fare critico, come a farle capire che non avesse gradito la sua intrusione nella conversazione.
A quel punto, un dubbio stuzzicò la testa di Federico: pensò che l’anziano padre di quella donna poteva essere il nonno che Emma citava sempre. Lei non gli aveva mai detto che fosse defunto, ma a quel punto era ragionevole pensarlo: Emma aveva sempre avuto un fare solitario, come se non avesse nessuno a cui affidarsi se non sé stessa.
E, dopotutto, la prima sera che si erano conosciuti, lei aveva blaterato anche di una zia insopportabile e ingrata, la cui identità poteva corrispondere alla donna fastidiosa che aveva davanti.
Se la sua ipotesi si fosse dimostrata corretta, Emma non aveva affatto mentito su dove abitava e magari era lì, da qualche parte, intenta anche lei a spostare qualche scatolone.
Non volendosi esporre con quell’estranea da cui diffidava, tuttavia, Federico non si sbilanciò a chiedere direttamente di Emma, ma incalzò la conversazione.
-Sì, mio padre mi ha raccontato – mentì. -Mi dispiace molto per la vostra perdita.
-Già – annuì la donna, sempre fredda e distaccata. -È il ciclo della vita però, si nasce e si muore.
Un tonfo sordo spostò l’attenzione della signora verso il piano superiore.
-Che incompetenti – iniziò a borbottare tra sé e sé, per poi rivolgersi a Federico e Annamaria. -Scusate ragazzi, ma devo occuparmi di alcune cose – disse, già pronta ad incamminarsi per le scale.
-Certamente – disse Annamaria gentilmente, già pronta a congedarsi.
Federico, tuttavia, tentò il tutto per tutto per ottenere le risposte che desiderava: -Sua nipote non la sta aiutando con il trasloco?
Vide la donna irrigidire le spalle immediatamente a quella frase. -Chi? – sibilò, riducendo a due fessure gli occhi già piccoli.
-Sua nipote – rintuzzò, con aria fintamente distratta. -Mi pare che mio padre mi abbia detto che si chiama Emma, o sbaglio?
Sentì Annamaria, al suo fianco, trattenere il respiro. Probabilmente lei non aveva minimante fatto nessuno dei collegamenti a cui era arrivato lui durante quel breve lasso di tempo, per cui la domanda doveva averla sorpresa.
La donna, leggermente contrariata, arricciò le labbra. -Mia nipote? – ripeté, scuotendo la testa. -Tuo padre non ti ha detto che è morta? – sibilò nuovamente. Esattamente come quando aveva parlato del defunto padre, non dimostrò nessuna tristezza nella voce.
-Eh? – riuscì a grugnire Federico, senza fiato.
Ma la donna scacciò qualsiasi altra curiosità con un gesto della mano e sparì al piano di sopra, ponendo fine alla conversazione.
Nei minuti che seguirono Federico non ebbe più percezione della realtà che lo circondava. Disconnesso dal mondo, gli occhi ancora spalancati, si lasciò guidare da Annamaria fino all’esterno della casa. Lei lo teneva per mano, come un bambino che aveva perduto i genitori, in cerca di una guida a cui affidarsi.
Una volta fuori dalla proprietà guardò Anna in viso e colse il dispiacere dell’amica.
-Federico – sussurrò lei, stringendogli la presa delle mani.
Lui si voltò nuovamente verso la casa, ancora confuso, frastornato, ed ebbe la visione di Emma proprio sulla porta, con i corti capelli sospinti dal vento ed uno svolazzante vestito giallo. Lo salutava con un bel sorriso stampato in volto.
Federico la salutò di rimando con un imbarazzato gesto della mano mentre tutto attorno a lui si faceva improvvisamente sfocato.
Svenne.
 
La Fresia, nel corso dei secoli, è sempre stato un fiore abbastanza trascurato, probabilmente per questo motivo è diventato il simbolo del mistero e dell'arcano.
[www.ohga.it]
 
*Fonte: www.creativesinasce.forumcommunity.net
 
Buonagiorno a tutt*! Questa settimana sono stata parecchio lontana da EFP, purtroppo indaffarata come non mai. Ci tengo sempre a rispettare il mio impegno con la pubblicazione quindi ecco qui il capitolo; anche giovedì prossimo uscirà, come sempre. 
Se avete congetture/teorie/ipotesi sulla successiva evoluzione, non esitate a condividerle con me, mi fanno molto piacere! 
La storia dovrebbe essere composta complessivamente da 20 capitoli: il finale è già stato designato da molto, ma credo che azzarderò anche la stesura di un finale alternativo da pubblicare come What-if... Ci penserò su!
Nel frattempo, vi auguro una buona giornata! 
   
 
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