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Autore: luvsam    09/04/2022    2 recensioni
Non era reale, bastava aprire gli occhi e l'orrore sarebbe scomparso.
In fondo era già successo nelle settimane precedenti e ogni volta, a parte il cuore a mille e la necessità impellente di fare una doccia per liberarsi del sudore, era tutto finito quando aveva riconosciuto intorno a sé le pareti color giallo paglierino del suo appartamento e gli scatti di una vita felice.
Niente fuoco, urla, o quella maledetta voce che lo accusava di essere un assassino, solo la sua normalità. Avrebbe sentito canticchiare Jessica sotto la doccia, l'odore del caffè e attraverso la finestra aperta, il solito brontolio della signora Cooman per i presunti schiamazzi notturni dei suoi vicini.
Facile come bere un bicchiere d’acqua, giusto?
Sam si aggrappò a quei pensieri tranquillizzanti e ancora con gli occhi chiusi inspirò profondamente alla ricerca della fragranza bruciacchiata dei toast che la sua ragazza era capace di carbonizzare ogni mattina, ma quello che gli riempì le narici fu solo la puzza di birra e cibo avanzato.
Evidentemente avevano fatto festa la sera precedente ed era per questo che aveva mal di testa e le idee confuse, ma nel profondo sentiva che c’era qualcosa che non andava.
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, John Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
Capitoli:
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Quella mattina il primo pensiero di Dean era stato che in qualche modo doveva interrompere quella pericolosa routine e lo doveva fare colpendo basso e colpendo duro, perché a tutto c'era un limite e adesso quel limite era stato abbondantemente superato.
Dalla sera della morte di Jessica, Sam aveva chiuso le porte al mondo dormendo praticamente sempre e non toccando cibo.
All'inizio il maggiore dei Winchester era stato comprensivo, lo aveva lasciato riposare e non aveva insistito più di tanto dinanzi al rifiuto di ingerire qualsiasi cosa anche perché sperava che, da un momento all'altro, papà sarebbe arrivato come la cavalleria lanciata in campo aperto e gli avrebbe dato una mano.
Con il passare delle ore e il perdurare del silenzio, però, aveva capito che era una questione che avrebbe dovuto affrontare da solo, così si era alzato, aveva fatto la doccia e si era vestito, poi, approfittando del fatto che Sam dormiva ancora, era andato al diner all’angolo e aveva preso la colazione per tutti e due.
Tornato alla base, aveva trovato il fratello avvolto nelle coperte e gli aveva fatto pensare ad un bruco che cerca riparo nel suo bozzolo, ma da quella situazione di merda non sarebbe venuta fuori nessuna farfalla. Aveva appoggiato le tazze del caffè e i pancake sul tavolo vicino alla finestra, poi si era avvicinato al letto di Sam e lo aveva scosso.
“Sammy, sveglia, sono le nove. Forza, sono andato a prendere la colazione”
Il suo richiamo era caduto nel vuoto e la stessa sorte avevano avuto quelli successivi, tanto che alla fine aveva rinunciato e si era messo a mangiare da solo tenendogli gli occhi addosso. Aveva lasciato che riposasse per le successive due ore, poi, spazientito, era passato all’attacco tirandogli via le coperte da dosso.
“Sammy, tirati su, devi uscire da questo letto"
“Dean”
“Non usare quel tono con me, non attacca”
“Ti prego”
“No, adesso basta. Siamo chiusi in questa stanza da due giorni e devi prendere un po’ d'aria. Hai bisogno di mangiare e di qualcosa da metterti addosso, quello che c'era nella sacca non è sufficiente”
“Non voglio niente”
Il giovane si girò nel letto dando le spalle al fratello sperando così di essere lasciato in pace, ma tempo tre secondi e un paio di forti mani lo ribaltarono e lo costrinsero a mettersi supino.
“Apri gli occhi”
“Va’ via”
“Negativo. Non ti mollo fin quando non ti alzi e mangi qualcosa, non puoi continuare in questo modo”
“Tu non capisci, Jess era la mia vita! “
“Capisco che l’amavi, ma non puoi lasciarti andare”
“Dammi un solo motivo per non farlo”
“Forse potresti cominciare a notare che sono qui e tentare di rialzarti per me?”
“So che ci sei, ma non posso”
Dean guardò di nuovo il fratello, poi il display del cellulare alla disperata ricerca di un qualsiasi segnale da parte di suo padre, ma ancora una volta rimase deluso, anzi, a dirla tutta, era molto incazzato. Era abbastanza abituato al fatto che John fosse assente, ma non poteva credere che stesse ignorando le sue richieste di aiuto.
Come poteva far finta di nulla dopo tutto quello che gli aveva detto a proposito di Sam e dell'attacco del demone?
Per un momento un pensiero terribile gli attraversò il cervello: e se papà non rispondeva perché era morto?
Scosse istintivamente la testa rifiutando quella terribile ipotesi, poi la voce di suo fratello lo riportò alla realtà:
“Perché continui a guardare il telefono?”
“Ho chiamato papà e gli ho detto che cosa è successo, ma non mi ha risposto”
Alla citazione del genitore Sam si irrigidì e si morse nervosamente un labbro.
“Perché lo hai fatto?”
“Come potrei nascondergli una cosa del genere?”
“Credi che gli importi? Mi ha cacciato, ricordi?”
Dean incassò e replicò:
“È vero, ma sono sicuro che quello che è successo cambierà le carte in tavola"
“John Winchester non perdona “
“Sei suo figlio"
“Se n’è dimenticato negli ultimi quattro anni”
“Non è…"
“Lascia perdere, non importa"
Sam chiuse gli occhi sperando con quel gesto di far desistere suo fratello dal tentativo di farlo alzare, ma Dean non ne aveva la minima intenzione.
“Non ci provare, stavamo parlando”
“Ti prego, non ho la forza di litigare con te”
“Allora alzati e andiamo a comprare qualcosa"
“Lasciami stare"
“Non posso"
“Voglio stare da solo”
“Non esiste”
Sam abbassò lo sguardo e scosse la testa.
Dean sospirò e si sedette accanto a lui stringendogli forte un braccio.
“Ascolta, ero piccolo quando è morta la mamma, ma mi ricordo bene che anche papà è crollato e se non fosse stato per l'aiuto di alcuni suoi amici che hanno badato a noi, saremmo finiti nelle mani dei servizi sociali. Era completamente annientato dal dolore e anche se c’era fisicamente, la sua mente era altrove e si è trascurato per giorni. Ricordo che spariva per ore e ci lasciava con Milly, la moglie di un suo commilitone, e ogni volta avevo paura che non sarebbe più tornato e che saremmo rimasti soli. Quando rientrava, aveva l’aria stravolta e solo molti anni dopo ho saputo che andava sulla tomba della mamma, voleva sentirsi ancora vicino a lei.
Una notte mi sono svegliato perché hai cominciato a piangere e stavo già per raggiungerti quando papà è entrato nella stanza e ti ha preso in braccio. Ha cominciato a cullarti, poi ti ha dato il biberon e ha aspettato paziente che ti riaddormentassi. Quando lo hai fatto, si è avvicinato al mio letto e si è steso accanto a me dicendomi che non sarebbe più andato via e che ci avrebbe tenuti sempre con sé"
“Questo che cosa c’entra?”
“C’entra perché papà mi ha raccontato che noi due siamo stati la sua ancora di salvezza e che, anche se eravamo due bambini, gli abbiamo dato la forza per andare avanti. Lui si è aggrappato a te e a me per non perdersi e adesso io voglio fare lo stesso per te, perché è questo che fa una famiglia, protegge e sostiene tutti i suoi membri”
“So che vuoi aiutarmi, ci sei sempre stato per me, ma questo…"
“Hai ragione, tutto questo è una merda e purtroppo stai vivendo quello che la sorte ti aveva risparmiato anni fa, ma non ti permetterò di scivolare via, quindi, per come la vedo io, hai solo due opzioni: la prima è quella più pacifica e dignitosa che prevede che ti alzi da solo, ti lavi e mi segui, la seconda, e giuro che lo faccio, è che ti trascino fuori così come stai e metto comunque il tuo culo in macchina"
L'aver parlato senza filtri questa volta non fece sentire in colpa Dean, che aveva constatato nei due giorni precedenti che assecondare suo fratello non era una buona idea.
“Sto aspettando, che cosa vuoi fare?”
“Perché non mi lasci in pace?”
“Risposta sbagliata, ma ti offro un'altra possibilità “
“Vattene, lasciami solo"
“Risposta sbagliata numero due"
Dean si avventò sul fratello, lo afferrò per le braccia e lo tirò verso di sé con un forte strattone.
“Toglimi le mani da dosso, non ti ho chiesto niente”
“Non lo hai fatto, ma in questo momento hai bisogno di chi si prenda cura di te"
Sam cercò di svincolarsi dalla presa di Dean, ma quest’ultimo tenne duro e lo scrollò.
“Basta, reagisci. Sei un ragazzo in gamba e so che puoi farcela. Non pretendo di capire quanto ti manca Jessica, ma, se tu hai perso lei, io non perderò te"
“Non sono forte, non ce la faccio"
“Appoggiati a me! Tu ed io contro il mondo, ricordi?”
“Dean"
“Non sei solo, sono qui e non ti mollo"
Sam abbassò la testa e mormorò:
“Che cosa devo fare?”
“Ti fidi di me?”
“Sì”
“E, allora, ascoltami e tirati su. Ti ho preso uno di quei frullati salutari e…”
“Non posso”
“Non pretendo che lo mangi tutto, solo qualche cucchiaio”
“Dean”
“Un passo alla volta, solo quello che riesci. Mandi giù qualcosa, poi ti fai una doccia e andiamo a fare spese”
Il ragazzo, dopo qualche esitazione, annuì e si rimise dritto sulle gambe.
“Non ti assicuro che riuscirò a mangiare, ma ci proverò”
“Mi accontento di questo. Ho preso anche dei pancake, vuoi che te li scaldi?”
“No, non fa niente. Vado prima in bagno”
“Come vuoi e chiama se hai bisogno”
“Okay”
Non appena Sam sparì dietro la porta, tirò via le lenzuola dal letto e le mise nella sacca per la lavanderia. In altri momenti lo avrebbe considerato un lusso, ma questa volta gli sembrava una coccola necessaria. E poi doveva fare il bucato da un po' e se non avesse provveduto quanto prima, avrebbe fatto concorrenza a suo fratello sul non avere nulla da mettere.
Si mise poi a sedere in attesa del ritorno di Sam e mentre si godeva il momento di pace, sentì vibrare il telefono. Lo cercò in tasca sperando che fosse il padre, ma, quando guardò cosa aveva pescato, si ritrovò con il cellulare di suo fratello tra le mani. Non aveva ancora avuto modo di restituirglielo e la regola del rispetto della privacy avrebbe voluto che lo appoggiasse sul tavolo senza aprirlo, ma i suoi buoni propositi se ne andarono a farsi benedire quando lesse che il mittente era un certo sergente Buttler. Aprì il messaggio e lesse che la polizia aveva chiuso il caso di Jessica classificandolo come un incidente domestico e che, di conseguenza, Sam poteva tornare all’appartamento se avesse voluto recuperare qualcosa.
Dean rabbrividì alla sola idea e stava per cancellare il messaggio quando ne arrivarono altri due: il primo era di un certo Brady, che si informava sulla salute di suo fratello e lo invitava a farsi vivo a nome di tutti i suoi amici di Stanford, il secondo era di una certa Johanna Moore.
La donna aveva lo stesso cognome di Jessica e il cacciatore pensò che potesse essere la madre della ragazza. Ne ebbe conferma quando lesse le parole affettuose nei confronti di Sam, poi il resto del messaggio fu una doccia fredda: la donna gli comunicava la data e l’orario del funerale della figlia dicendogli che avrebbe voluto che partecipasse alla cerimonia.
Proprio in quel momento il rumore dell’acqua si interruppe e Dean sentì lo stomaco che si stringeva.
Che cosa avrebbe dovuto fare? L’istinto protettivo gli urlava di cancellare i messaggi e di non farne parola con Sam, ma d’altro canto poteva arrogarsi il diritto di non fargli dire addio?
Il cacciatore chiuse per un attimo gli occhi, poi, sentendo scattare la porta del bagno, li riaprì convinto che suo fratello dovesse sapere. Aspettò che si sedesse, poi gli allungò il cellulare.
“Ti sono arrivati tre messaggi”
“E chi era?”
“Come fai a sapere che li ho letti e soprattutto come mai non ti incazzi?”
“Tu e la privacy non siete mai andati d’accordo. Allora, chi era?”
“Te lo dico mentre mangi”
“Non…”
“Hai detto che avresti provato”
“Okay”
Sam strappò un pezzetto di pancake e se lo infilò in bocca chiedendo con lo sguardo a Dean di rispondere alla sua domanda.
“Il primo era della polizia, hanno archiviato il caso come un incidente domestico e ti danno libero accesso all’appartamento, mentre il secondo era di un certo Brady. Ti ha scritto a nome dei tuoi compagni dell’università, volevano salutarti e dirti che ti sono vicini. Vorrebbero che li chiamassi, appena te la senti”
Il ragazzo annuì senza proferir parola, poi davanti al silenzio del fratello chiese:
“E il terzo?”
“I pancake sono ancora lì”
“Era papà?”
Dean rimase spiazzato dalla domanda e basandosi sul tono di voce di Sam avrebbe scommesso che stava desiderando che John avesse deciso di sotterrare l’ascia di guerra e stava arrivando per lui. Ne ebbe la conferma quando, dinanzi alla sua risposta negativa, suo fratello abbassò gli occhi per nascondere la profonda delusione.
Merda, come poteva dirgli che l’ultimo messaggio era da parte della madre della sua defunta ragazza?
Inaspettatamente fu Sam a toglierlo dall’imbarazzo prendendo il telefono e in un attimo il suo viso cambiò espressione. Lesse ciò che c’era scritto sul display, poi rimise il cellulare sul tavolo e si mise in piedi.
“Dove vai?”
“Devo stare da solo”
“Sammy”
Il giovane non si fermò davanti al richiamo di suo fratello e si avviò alla porta. La aprì e uscì sotto una pioggia divenuta nel frattempo battente.
Dean istintivamente lo seguì e lo vide allontanarsi attraverso il parcheggio del motel in direzione di un boschetto. Si mise alle sue costole, ma si mantenne comunque a debita distanza per concedere a Sam di vivere, come meglio credeva, quell’uragano di emozioni e si forzò a non avvicinarsi fin quando non lo vide crollare sulle ginocchia in preda ad una nuova crisi di pianto.  A quel punto uscì allo scoperto e si precipitò da suo fratello. Lo abbracciò, ma non tentò nemmeno di fermare le sue lacrime e il risultato di quell’escursione fu quello di bagnarsi dalla testa ai piedi e di dover rimandare ad un momento migliore lo shopping.
Tornati nella stanza, infatti, Sam si comportò come un automa e dopo aver ubbidito a Dean e essersi cambiato, si sedette sul letto e la sua mente andò lontana.
Stordito dal dolore, non aveva pensato che la famiglia avrebbe organizzato un funerale per Jessica e la prospettiva di andarci gli faceva molto male.
Come avrebbe fatto a sopportare la vista di una bara e gli sguardi compassionevoli di tutti quelli che lo conoscevano?
Quasi come se gli avesse letto nel pensiero, Dean si sedette accanto a lui e gli disse:
“Non devi andarci per forza”
“Lo so, ma…”
“Se vuoi andare a dirle addio, io verrò con te, sarò sempre al tuo fianco”
“Davvero?”
“Sì. Egoisticamente vorrei evitarti questo strazio, ma ti sosterrò qualsiasi sia la tua decisione”
Sam guardò Dean e chiese:
“Tu che cosa faresti?”
“Non ne sono sicuro, ma credo che vorrei esser presente al funerale. Non c’ero a quello della mamma, non ricordo come è andata, ma mi è sempre rimasto il magone per non averle potuto dire addio”
“Vuoi rispondere alla madre di Jessica da parte mia?”
“Cosa vuoi che le scriva?”
“La verità, che non sono sicuro di farcela”
“Okay”
Dean prese il cellulare e digitò un messaggio in cui per prima cosa si presentava e le faceva le condoglianze, poi aggiunse quello che gli aveva detto Sam.
La risposta della donna non si fece attendere e il maggiore dei fratelli Winchester ne lesse il contenuto rimanendo sbalordito. La signora Moore, infatti, si mostrava molto comprensiva e si diceva felice di sapere che Sam non era da solo.
“Deve essere una brava donna”
“Lo è, sono una famiglia perbene e non vorrei far loro un torto non presentandomi, ma…”
“Ascolta, il funerale è domani pomeriggio, non devi decidere per forza adesso”
“Verresti davvero con me?”
“Ci puoi giurare”
“Dean?”
“Sì?”
“Grazie”
“Non dirlo nemmeno, spina nel fianco!”
Il resto della giornata scivolò via senza che Sam prendesse una decisione su cosa fare l’indomani e quando i due fratelli si ritrovarono davanti alla cena, Dean non sapeva come muoversi.
“Non ne mangi più?”- chiese indicando il petto di pollo nel piatto di fronte al suo.
“Credo di no”
“Non ne hai mandato giù molto, ma direi che oggi hai fatto gli straordinari e posso accontentarmi”
“Devo andare?”
Eccolo lì, il caro, vecchio Sam, diretto e senza fronzoli.
“La vera domanda è se vuoi”
“Una parte di me sì, ma l’altra mi dice di restare lontano. Che cosa dovrei rispondere a chi, a cominciare dalla famiglia di Jessica, mi chiederà come è morta?”
“Che eri partito con me per il weekend e quando siamo tornati, la casa è andata in fiamme, in pratica quello che è successo”
Sam non ribatté e per il resto della serata rispose a monosillabi alle domande del fratello, poi andò a letto e il mattino seguente, dopo una notte praticamente insonne, comunicò a Dean che aveva deciso di andare alla funzione.
“Ne sei sicuro?”
“No, ma ci andrò lo stesso se tu mi starai sempre incollato”
“Lo farò”
Il tempo passò troppo velocemente per Dean, che vide ora dopo ora crescere l’angoscia sul volto di Sam tanto che ad un certo punto avrebbe scommesso che aveva cambiato idea, ma alla fine i due Winchester uscirono dalla stanza del motel. Non appena si ritrovarono all’aperto il minore dei fratelli inspirò profondamente quasi volesse trovare la forza per coprire la distanza tra lui e l’Impala, poi si mosse in direzione dell’auto. Vi entrò e quando anche Dean chiuse lo sportello, si sentì stranamente a disagio.
Quella macchina era stata per anni casa sua e tra le sue lamiere aveva guardato ammirato suo padre, aveva riso con il suo fratellone e pianto quando avevano lasciato indietro il suo orsacchiotto in una rocambolesca fuga. L’Impala lo aveva cullato durante i suoi sogni ed aveva sempre rappresentato un porto sicuro, un rifugio in cui richiudersi quando era arrabbiato, o triste, eppure in quel momento provava una sensazione molto spiacevole. Era sciocco, ma si sentiva quasi prigioniero ed evidentemente la sua agitazione era talmente chiara che suo fratello gli chiese se stava bene.
Sam si voltò a guardarlo e quasi rise della domanda, ma poi si limitò ad annuire e il familiare rumore del motore gli riempì le orecchie.
Quando l’auto si mosse, la sensazione di claustrofobia aumentò e cercò di migliorare le cose aprendo il finestrino nonostante il fatto che fosse una giornata decisamente fredda.
“Sammy, mi devo fermare? Vuoi che torniamo indietro?”
Il ragazzo scosse la testa, poi tornò a girare il volto verso l’aria che lo schiaffeggiava tentando così di rimanere lucido e in parte funzionò, almeno fino a quando l’Impala rallentò fino a fermarsi.
“Siamo sempre in tempo ad andare via, non devi per forza…”
Il giovane per tutta risposta aprì lo sportello dell’auto e si mise in piedi fissando la scena davanti a sé.
Tanta gente affollava l’ingresso della Stanford Memorial Church e c’erano decine di mazzi di fiori lasciati da persone, che in qualche modo volevano salutare la sfortunata ragazza.
Sam riconobbe tra la folla Brady e Helena, che piangeva disperata tra le sue braccia, e accanto a loro tutti gli amici comuni. Cercavano di farsi coraggio, ma, come sempre accade quando muore una persona molto giovane, era evidente che non riuscivano a darsi pace per la fine così assurda di Jessica.
Il giovane Winchester rimase fermo a guardarli anche mentre, poco dopo, richiamati dal suono delle campane, entrarono in chiesa. Gli sembrava tutto così surreale, come se stesse vivendo un sogno ad occhi aperti, ma sapeva che non lo era e ne ebbe la conferma quando Dean lo prese per un braccio e gli disse:
“Se ne sei ancora convinto, dobbiamo muoverci”
Che cosa accadde da quel momento a quando si ritrovò seduto in chiesa accanto a suo fratello, Sam non avrebbe saputo dirlo. Sentiva che in molti lo stavano guardando, ma lui non riusciva ad alzare gli occhi dal pavimento, non voleva farlo perché questo avrebbe significato vedere la bara di Jess e non era pronto a farlo.
In quella chiesa la sua ragazza aveva sognato di sposarsi perché adorava le sue vetrate, anzi avevano anche scherzato sul fatto che avrebbero fatto la luna di miele in Italia per andare ad ammirarle in loco, ma Sam non era riuscito a farle sul serio la proposta. Le aveva preso l’anello, ma voleva essere sicuro dell’ammissione alla scuola di legge prima di chiederle di diventare la signora Winchester.
Il giovane prese a tremare mentre la voce dell’officiante gli arrivava ovattata e altrettanto incomprensibile gli sembrò quello che Dean gli stava dicendo. Ad un certo punto alzò gli occhi verso l’altare e quando vide con i suoi occhi la realtà, non resse più e crollò. Si chinò su se stesso e iniziò a singhiozzare mentre suo fratello gli avvolgeva le spalle con un braccio tentando di confortarlo.
“Ehi, non fare così”
Ad un certo punto la sensazione di mancanza d’aria tornò e il fiato gli divenne sempre più corto fino a quando non si sentì tirare in piedi e trascinare fuori dalla chiesa. Si ritrovò seduto sulle scale laterali e per fortuna, a cerimonia finita, nessuno ebbe la bella idea di avvicinarsi a fargli le condoglianze, probabilmente per gli sguardi assassini che Dean aveva lanciato in direzione di chiunque aveva fatto un passo nella loro direzione.
Sam sentiva che il fratello gli parlava, ma tutto era maledettamente confuso e rimase quasi senza fiato quando qualcuno si sedette accanto a lui.
Che diavolo stava facendo Dean? Aveva promesso che non lo avrebbe lasciato solo un attimo e invece adesso un paio di mani femminili lo stavano aiutando a reggere una bottiglina d’acqua e lo stavano incitando a bere.
“Coraggio, tesoro, Jess non verrebbe vederti in questo stato”
Sam riconobbe la voce, era la signora Moore e alzò gli occhi verso di lei.
“Dai, solo qualche sorso”- insisté la donna.
Il ragazzo bevve, poi tentò di chiederle perdono per non aver salvato la figlia, ma le parole non gli uscirono. Non riuscì nemmeno ad opporsi quando la donna lo abbracciò e prese ad accarezzargli la nuca.
“Ascoltami bene, Sam. Mia figlia ti amava tanto e il tempo che ha trascorso con te è stato il più bello della sua vita. Mi chiamava tutti i giorni e mi raccontava di quanto eravate innamorati ed ero sicura che, se Dio non l’avesse chiamata a sé, è con te che avrebbe passato la sua vita”
Dean, che era in piedi davanti ai due, sussultò sentendo parlare di Dio perché il bastardo che aveva dato fuoco a Jessica non aveva niente a che fare con i piani alti, ma questo non l’avrebbe mai detto a quella madre in lutto. Restò zitto guardando la signora Moore che continuava a stringere suo fratello e a rivolgergli parole affettuose e le fu molto grata quando gli disse che non doveva sentirsi in colpa per non averla salvata.
Glielo aveva detto anche lui, ma forse ascoltarlo dalla madre della sua ragazza avrebbe avuto un altro peso. Pensò anche di allontanarsi per lasciarli un po' da soli, poi rimase dov’era perché vide avvicinarsi un’altra figura. Questa volta era un uomo e il maggiore dei fratelli Winchester ipotizzò che fosse il padre di Jessica dai tratti somatici e dal modo in cui si rivolse alla signora Moore invitandola a seguirlo al cimitero.
La donna annuì e dopo aver fatto un’altra carezza a Sam, si alzò chiedendo a Dean di prendersi cura di lui e di chiamarli se avessero avuto bisogno di qualsiasi cosa.
“Grazie, signora Moore. Sono davvero dispiaciuto per Jessica”
I coniugi Moore si allontanarono e il giovane riprese il suo posto accanto al fratello, che aveva smesso di piangere, ma sembrava incapace di fare qualsiasi cosa.
Il corteo funebre partì e poco alla volta la gente si allontanò liberando la zona antistante la chiesa.
Il silenzio prese il posto del brusio e in quel momento Dean avvertì la spiacevole sensazione di essere osservato. Si guardò intorno, ma non vide nessuno, eppure era sicuro che non fossero soli. Entrò in modalità cacciatore e mise la mano destra sulla pistola. Continuò ad ispezionare la zona temendo che il demone fosse venuto a godere del male che aveva fatto, ma rimase scioccato quando,da dietro un albero lontano qualche decina di metri, vide spuntare non un paio di occhi gialli ma suo padre.
Sentì il cuore andargli a mille sollevato dalla constatazione che fosse vivo e vegeto, ma c’era qualcosa nel suo atteggiamento che lo lasciava perplesso. Nell’aspetto era decisamente John Winchester e chiunque si sarebbe aspettato che si sarebbe avvicinato per dare conforto a Sam e invece se ne stava a distanza con lo sguardo su suo figlio minore.
Dean strinse più forte la pistola e tolse la sicura. Dopotutto quello poteva non essere papà, ma un mutaforma del cazzo con uno strano senso dell’umorismo... Si alzò e si mise in modo protettivo davanti a suo fratello, che ignaro di tutto continuava a tenere lo sguardo basso.
Non appena gli fu impedito di guardare ancora Sam, l’uomo sorrise e gli fece cenno di tacere prima di sparire di nuovo dietro l’albero.
Istintivamente Dean lo avrebbe rincorso, ma avrebbe lasciato suo fratello in una situazione di grave pericolo se qualche schifosa creatura stava gironzolando lì intorno, così non si mosse e decise che in ogni caso dovevano guadagnare una posizione meno vulnerabile. Si voltò verso Sam e senza troppi complimenti lo tirò su e lo costrinse a seguirlo all’Impala. Lo fece entrare senza che quest’ultimo reagisse in qualche maniera e partì a razzo in direzione del motel.
   
 
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