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Autore: Valentyna90    10/04/2022    4 recensioni
Alya Merope Black è la sorella gemella di Sirius. Ha vissuto con lui e con il fratellino Regulus gli anni dell'infanzia a Grimmauld Place, sotto la severa educazione impartita da Orion e Walburga Black, i loro inflessibili e orgogliosi genitori.
Sotto l'influenza dei rigidi dettami della sua famiglia, Alya Merope cresce come degna erede della Casata dei Black, fiera e vanitosa delle sue origini; tutto il contrario di suo fratello gemello Sirius, che le rigetta con disprezzo. Insieme, i due gemelli entreranno a Hogwarts, ma vivranno vite separate. Sirius sarà un Grifondoro, Alya Merope una Serpeverde. Un perenne velo di sdegno e indifferenza li separa.
Ma nella vita della giovane Black c'è dell'altro. Un potere arcano e sconosciuto, che nemmeno lei sa comprendere. La sua mente funziona diversamente rispetto a quella dei suoi coetanei. Soprattutto nei sogni. Qui, in questa parte sospesa dell'esistenza, dove tempo e spazio, realtà e finzione si confondono, la coscienza di Alya Merope viaggia, apprende, conosce. Ma sempre inconsapevole.
Quale sarà il destino della giovane maga?
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merope Gaunt, Nuovo personaggio, Orion Black, Regulus Black, Sirius Black
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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ESPIAZIONE – parte II

 

 

17 giugno 1979. Londra, Grimmauld Place.
 

Al Signore Oscuro

Regulus tornò in Grimmauld Place visibilmente costernato. L'esperienza appena vissuta dentro la biblioteca della tenuta di Arcturus Black lo aveva svuotato di ogni emozione, eccetto che per un acuto e divorante senso di colpa.

Una vocina dentro di sé seguitava ad accusarlo, additandolo come unico responsabile per la morte della sorella. Dopotutto, era stato lui a consegnare il ciondolo di Alya nelle mani del Signore Oscuro.

E, ora, Regulus sapeva perché Voldemort desiderasse tanto impossessarsene. Il ragazzo non era riuscito a comprendere tutti i dettagli, né in che modo Alya fosse stata in grado di acquisire certe capacità; ma, a quanto risultava, il ricordo dalle tonalità celesti che aveva nascosto nel suo medaglione d'argento equivaleva ad una premonizione.

Alya aveva visto il suo futuro.
Il loro futuro.

Ma la visione conteneva un altro elemento assai importante. Forse, il più rilevante. Qualcosa che avrebbe potuto portare ad una svolta fondamentale l'instabile situazione nella quale il mondo magico si trovava. Nelle portentose immagini oniriche che Alya era riuscita incredibilmente ad evocare si celava qualcosa che Voldemort desiderava ardentemente tenere segreto.

A lungo Regulus si chiese se la sorella fosse stata a conoscenza di ciò che la sua prodigiosa predizione nascondeva, se avesse avuto modo di accorgersi della presenza del medaglione di Salazar Serpeverde; e, soprattutto, delle condizioni in cui versava.

Tali quesiti erano destinati a restare senza risposte. Alya non c'era più. Tuttavia l'immagine del medaglione di Lord Voldemort, squarciato era rimasta intrappolata dentro quel ciondolo portafoto. Regulus l'aveva scoperta. E, con essa, anche la tragica realtà dietro la scomparsa della sua amata sorella.

Dopo aver visto il proprio prezioso cimelio di famiglia distrutto, il Signore Oscuro aveva impietosamente riversato su Alya ogni goccia della sua ira; aveva avvelenato il suo futuro, condannando ad un orribile e incontrovertibile destino ogni individuo presente nella visione.

Il giovane Black conosceva bene l'indole testarda, ma altrettanto protettiva della sorella. Non fu un'impresa difficile per lui intuire che Alya sarebbe arrivata al punto di sacrificare se stessa pur di impedire che i protagonisti della sua premonizione venissero coinvolti nelle brame di vendetta di Voldemort.

Regulus sapeva in cuor suo che questa era la verità, se la sentiva vibrare prepotente nell'animo. Non aveva bisogno di andare a caccia altre prove per accertarsene.

Rientrato in casa, il giovane Black andò subito a rinchiudersi in camera sua. In mano stringeva ancora il ciondolo d'argento della sorella. Dopo ciò che aveva visto, gli sembrava pesante come un macigno. O, forse, era l'opprimente rimorso che implacabile lo affliggeva a dargli quell'impressione.

Tuttavia, non fu soltanto la colpa ad essere divampata feroce in petto al ragazzo. Regulus bramava vendetta. Desiderava intensamente restituire a Voldemort la medesima agonia che egli aveva inflitto ad Alya. Doveva pagare per tutto il male che le aveva fatto.

Fu allora che la parola Horcrux baluginò fra i pensieri del ragazzo.
Una scarica di brividi gli attraversò il corpo, da capo a piedi. Regulus percepì la scintilla dell'intuizione crescere in lui, diventare sempre più intensa.
Horcrux... Aveva già incontrato quel termine... in un libro, naturalmente. Di magia oscura, senza dubbio. E la certezza che tale manoscritto si trovasse ancora lì, proprio tra le mura di quella stanza, gli piombò addosso come un fulmine.

Senza avere ancora bene in mente quale libro cercare con esattezza, il giovane Black si mise a rovistare frenetico fra le cose di camera sua. Fortunatamente non fu una lunga ricerca. In effetti, escludendo i manuali di scuola, Regulus non possedeva molti libri. La maggior parte delle sue letture - soprattutto quelle relative alle Arti Oscure - erano solitamente il frutto di prestiti momentanei.

Eppure, c'era un libro, nascosto all'interno della sua camera, che gli apparteneva. Regulus percepì il gelido colpo della malinconia squarciargli il cuore, quando rammentò che era stata proprio Alya a regalarglielo. I due fratelli Black lo avevano acquistato qualche anno prima da Borgin & Burkes, nello squallido e tetro quartiere di Knocturn Alley. Era pure costato una fortuna. Si trattava di un tomo molto antico, che illustrava argomenti proibiti; il genere di merce non esposto in vetrina, venduto di contrabbando, censurato dal Ministero della Magia.

Ora che i ricordi cominciavano ad affiorare più copiosi in superficie, Regulus ricordò anche che non era riuscito a leggerlo fino alla fine, benché si fosse mostrato più che entusiasta di averlo ricevuto in dono.
Il fatto era il linguaggio utilizzato all'interno del libro era troppo ingarbugliato e obsoleto, tanto che il ragazzo lo aveva trovato terribilmente ostico da comprendere. Perciò, seppur a malincuore, aveva interrotto a metà la lettura e abbandonato il manuale in fondo ad un cassetto della sua scrivania.

Folgorato dal ricordo, Regulus si avventò sul mobiletto in legno pregiato. Ed eccolo lì, il manoscritto che lui e Alya avevano acquistato da Borgin & Burkes. Vecchio e divorato dal tempo esattamente come lo rammentava.

Si sedette alla scrivania e iniziò a sfogliare febbrilmente le pagine porose del libro, finché non trovò un paragrafo che attirò la sua attenzione:

"L'Horcrux si annovera certamente tra le invenzioni magiche più malvagie, se non la più terrificante di tutta la Magia Oscura.

Si definisce Horcrux un oggetto nel quale uno stregone oscuro e, presumibilmente, molto potente ha nascosto un frammento della propria anima, in modo da assicurarsi una porzione di immortalità. Fintanto che parte dell'anima giace custodita all'interno dell'Horcrux, il mago detentore di tale oscuro artefatto sarà immune alla morte, anche nel caso in cui il suo corpo venisse distrutto.

In questo manuale non saranno fornite istruzioni circa il procedimento per la creazione di un Horcrux, in quanto si tratta di un'operazione orribile e aberrante, che viola le leggi della natura e della morale."

La descrizione riguardo gli Horcrux terminò in quel punto. Regulus provò a leggere i capitoli successivi, inutilmente. Il testo proseguiva, proponendo un breve accenno sul primo e solo stregone noto al mondo magico per aver creato un Horcrux, un certo Herpo il Folle, un mago dell'Antica Grecia. Per il resto, persino il manoscritto di Magia Nera si rifiutava di fornire ulteriori informazioni sull'argomento.

Regulus rilesse più volte quell'unico e breve paragrafo, quasi a sperare di carpire dettagli nascosti tra le poche frasi scritte. Mentre i suoi occhi rincorrevano avidi le parole che imbrattavano quella piccola porzione di pagina consunta, il ragazzo cominciava, tuttavia, a vederci più chiaro. Se Voldemort aveva davvero spaccato la sua anima in pezzi e ne aveva nascosto un frammento all'interno del suo prezioso medaglione d'oro, non c'era da meravigliarsi se si fosse tanto prodigato a nasconderlo e a premurarsi che nessuno ne venisse a conoscenza.

Nonostante ci fossero numerosi punti nebulosi, che Regulus faticava ancora a spiegarsi, era evidente che la premonizione di Alya rappresentasse un grosso pericolo per il Signore Oscuro. Il suo segreto rischiava di essere svelato e la salvaguardia della sua innaturale immortalità compromessa.

Una vampata di vittorioso orgoglio investì il giovane Black quando gli tornò in mente l'immagine del medaglione di Salazar Serpeverde dissanguato della putrida essenza che Lord Voldemort vi aveva instillato. Nel futuro che era apparso nella visione di Alya, l'Horcrux era stato distrutto e Voldemort sconfitto. Regulus finalmente capì perché quel maledetto gioiello si trovava tra gli scaffali del suo salotto... Era il trofeo che la sua famiglia si era guadagnata per aver annientato il mago oscuro più potente e pericoloso di tutti i tempi.

Tuttavia, l'orgoglio che aveva momentaneamente inebriato lo spirito del giovane Black svanì come fumo spazzato via dal vento. Al suo posto, un grave senso di oppressione prese a pesargli sul petto. Quel futuro non avrebbe mai più potuto avverarsi. Voldemort si era reso conto che il suo segreto era stato smascherato ed era corso ai ripari. Aveva infettato la prodigiosa visione di Alya, corrompendola con tutta la crudeltà di cui disponeva. E l'aveva fatta franca.
La giovane strega era morta, trascinando con sé la verità.

Calde lacrime fluirono incontrollabili dagli occhi del ragazzo, per poi cadere sulle vecchie pagine del manoscritto ancora aperto sulla scrivania; piccole macchie rotonde punteggiarono la carta lisa.

La morsa del rimorso tornò feroce ad attanagliargli l'animo, in modo così doloroso che Regulus quasi si stupì di non vedere ferite e sangue cosparsi sul suo corpo.

Era stata colpa sua... Lui aveva consegnato il ciondolo di Alya a Voldemort.

Regulus abbassò lo sguardo verso il suo avambraccio sinistro. Un senso di vergogna e di disgusto lo invase. Come aveva potuto scegliere di servire l'ignobile mago che aveva condotto sua sorella alla morte?

Il ragazzo si sentì come il più meschino dei traditori. Odiava se stesso. E odiava Voldemort.

Nulla poteva riparare alle sue imperdonabili scelte, ma Regulus sentiva che era suo dovere vendicarla. Un vano tentativo di fare ammenda per quel suo errore atroce, irreparabile.

La mente del ragazzo cominciò a lavorare veloce, mentre il bagliore di un piano prendeva spazio fra i suoi pensieri.
Si trattava di un'idea sciocca forse, disperata persino. Eppure, agli occhi di Regulus equivaleva alla giusta resa dei conti.

D'altronde, era consapevole che non possedeva alcuna chance di uccidere il più potente mago oscuro della Gran Bretagna.
Ma, ora che conosceva il segreto di Lord Voldemort, aveva l'opportunità di indebolirlo... renderlo mortale... Offrire un vantaggio a coloro - o a colui - che ne avessero avuto le capacità, per sconfiggere Lord Voldemort una volta per tutte e liberare il mondo magico dalla sua putrida e spregevole malvagità.

Regulus si riempì di una nuova, dirompente e, al contempo, disperata determinazione. Sapeva cosa doveva fare. Doveva distruggere l'Horcrux. Avrebbe ucciso il frammento di anima che l'Oscuro Signore aveva nascosto nel prezioso cimelio di Salazar Serpeverde.

Era la giusta vendetta. Lord Voldemort aveva devastato la visione all'interno del medaglione di Alya; ora Regulus si apprestava a fare lo stesso, distruggendo l'Horcrux nel medaglione di Voldemort. Uno scambio equo.

Seduto alla scrivania, il giovane Black chiuse il libro e lo ripose malamente dentro al cassetto dal quale l'aveva estratto.

Dopodiché levò distrattamente gli occhi verso la finestra, allacciandoli alle striature color porpora che insanguinavano il cielo all'ora del crepuscolo. Presto il sole sarebbe stato inghiottito dalle fauci invisibili dell'orizzonte, cedendo la scena ad una notte buia e cupa.

Dalla finestra, Regulus fece scivolare lo sguardo sui perimetri della sua stanza. Sentì il cuore sussultare quando incontrò la mesta figura del libriccino babbano, riverso sul pavimento.

Spinto da un impeto di compassione, Regulus si alzò dalla scrivania e lo raccolse. Accarezzò la copertina con cura e dolcezza, per pulirlo dal sottile strato di polvere che vi si era depositato. Una malinconia opprimente lo investì, domandandosi quante volte Alya avesse sfogliato in segreto quelle pagine consunte.

Il ragazzo lasciò scorrere la carta fra le dita, fino a giungere all'intestazione.
Il suo sguardo si incollò di nuovo sul nome scarabocchiato da Potter in mezzo alla pagina.
 

Harry Potter
 

Regulus sentì il cuore stringersi in una morsa di tristezza. Quel nome era apparso anche nella premonizione di Alya, segno che tutto ciò che si era manifestato in quel suo sogno prodigioso avrebbe potuto avverarsi, se solo Regulus non avesse scelto di obbedire agli ordini di Voldemort, rubando il ciondolo della sorella.

La nostra famiglia sarebbe stata reale... sarebbe stata felice. E unita...

Un senso di colpa dilaniante esplose in petto al ragazzo, il quale si irrigidì, incapace di perdonarsi per l'orribile errore commesso.

Ti vendicherò, Alya. Farò in modo che il tuo sacrificio non sia stato vano. Ruberò quel maledetto medaglione e lo distruggerò. Anche a costo di morire.

Promise Regulus a sé stesso, invocando dentro di sé il ricordo di Alya.
Chiuse di scatto il libriccino babbano e se lo mise sottobraccio, uscì rapido dalla sua stanza e si diresse verso il salotto.

La scintilla del piano di vendetta che si era accesa poco prima nella sua mente, divampò dirompente, impossessandosi di ogni singolo pensiero del ragazzo. Regulus accolse tale fiamma risoluto e determinato, pronto ad agire il prima possibile, tentando di anticipare il senso di panico che inesorabilmente lo avrebbe travolto una volta presa coscienza di ciò che si accingeva a compiere.

Il giovane Black scese le scale di corsa, due gradini alla volta, tenendosi saldamente ancorato all'idea del piano che gli ribolliva in testa.
Varcata la soglia, una tetra e densa oscurità lo avvolse. Il buio della notte era penetrato nel salotto, donandogli un'atmosfera spettrale.

Regulus sfoderò con noncuranza la bacchetta e l'agitò all'indirizzo del camino. Fiamme scarlatte apparvero dal nulla, turbinando nell'aria, tra le sontuose fauci del mobile. Una luce soffusa si propagò nella stanza, rendendo la visuale un po' più chiara.

In quella penombra appena creata, Regulus diede un'ultima occhiata al libriccino babbano che si era portato appresso. Fissò con intensità il nome che campeggiava al centro della pagina d'intestazione, lasciandosi pervadere da un acuto e doloroso rimpianto.

In quel nome, scribacchiato in segreto dalla mano di James Potter, Alya aveva riposto tutte le sue più intime speranze riguardo il futuro della loro famiglia. Un futuro che non avrebbe mai più avuto occasione di avverarsi.

Per istinto, Regulus scaraventò il libro tra le fiamme danzanti, nel camino. Il fuoco si avviluppò vorace alle pagine, ancora spalancate nel punto in cui appariva, a chiare lettere, il nome di Harry Potter.

Il giovane Black tentò di ricomporsi, scrollandosi di dosso quella sgradevole sensazione che la vista del romanzetto babbano gli aveva scaturito.

Si obbligò a concentrarsi sulle intenzioni che lo avevano condotto in quella stanza. Si volse verso la credenza che fiancheggiava la parete accanto al camino e scrutò con perizia ogni singolo ninnolo e cimelio di famiglia contenuto dietro alla teca in vetro. Su uno degli scaffali più alti, Regulus scorse una vecchia collana di argento, dall'aspetto molto antico, appartenuta a chissà quale antenata di Walburga.

Aprì la bacheca e, con un incantesimo di appello, fece sfrecciare il gioiello verso di sé, agguantandolo con una mano. Già da una prima occhiata, sembrava fare proprio al caso suo. Peso e fattezze erano abbastanza simili al medaglione di Salazar Serpeverde; sarebbero stati sufficienti pochi incantesimi trasfiguranti per cambiarne il colore, il materiale, in aggiunta a qualche altra fattura levigante, per renderlo pressoché identico all'originale.

Dopo essersi accomodato allo scrittoio, posto vicino al camino, Regulus si mise a fissare la collana con estrema attenzione.

Nel salotto permeava un silenzio assordante, interrotto soltanto dallo prepotente scoppiettio del fuoco, il quale ancora divorava il libriccino di Alya, con inesorabile lentezza.

Immersa in tale lugubre quiete, il giovane mago afferrò la sua bacchetta, stringendo forte l'impugnatura tra le dita, e la puntò contro la vecchia collana.

Regulus mormorò sottovoce le formule degli incantesimi trasfiguranti; i suoi sussurri si propagarono nell'aria come una litanie sommesse e incomprensibili, mentre la sua sapiente magia scolpiva e levigava il monile, secondo il suo preciso volere.

In meno di mezz'ora, la collana perse completamente il suo aspetto originario, per mostrarsi, infine, come la copia perfetta del prezioso medaglione di Salazar Serpeverde.

Regulus lo espose alla luce del fuoco, in modo da ammirare meglio l'egregio risultato ottenuto.
Vagamente soddisfatto, si concesse un profondo sospiro, abbandonando gli occhi stanchi, per lo sforzo prolungato, tra le fiamme scarlatte che vorticavano convulse dentro al camino.
Immancabilmente, lo sguardo andò a posarsi sui resti anneriti del libro babbano, ormai totalmente masticato dalla rovente ingordigia del fuoco.

Un unico lembo di carta persisteva fiero tra le braci. Il nome Harry Potter sembrava voler lottare per la propria sopravvivenza fino all'ultimo secondo.

Ancora una volta, una fitta dolorosa trafisse Regulus al cuore. Rimorso e rabbia si mescolarono insieme, intensificando il desiderio di redenzione e di vendetta, che albergava nell'animo del mago.
Aprì con uno scatto uno dei cassetti dello scrittoio; trafficò concitato tra gli oggetti, finché non afferrò un pezzetto di pergamena immacolato, una piuma d'oca e un piccolo calamaio pieno di inchiostro nero.
Dispose ordinatamente gli oggetti sulla lignea superficie del mobile, tentando nel frattempo di mettere ordine ai pensieri.

Entro poche ore tutto si sarebbe compiuto; a prescindere che l'impresa avesse avuto successo o meno, Regulus dubitava fortemente che ne sarebbe uscito illeso.

Tuttavia, desiderava che quel suo gesto, folle ed estremo, lasciasse il segno.
Regulus voleva che Voldemort sapesse.

Dopo aver preso un lungo respiro, afferrò la piuma, ne intinse la punta nel nero liquido dentro al calamaio e scrisse sul frammento di pergamena:
 

Al Signore Oscuro

So che avrò trovato la morte molto prima che tu legga queste parole ma voglio che tu sappia che sono stato io ad aver scoperto il tuo segreto.
Ho rubato il vero Horcrux e intendo distruggerlo appena possibile.
Affronto la morte nella speranza che, quando incontrerai il tuo degno rivale, sarai di nuovo mortale.

R. A. B.
 

Dopo aver tracciato le inconfondibili iniziali con cui era solito firmarsi al termine di ogni lettera, Regulus depose la piuma d'oca sullo scrittoio e restò fermo qualche istante ad osservare il breve messaggio da lui scritto, rivolto all'Oscuro Signore.

Un triste sorriso, privo di allegria, apparve sulle labbra del ragazzo, come suggello per quella tacita promessa di vendetta, giurata alla memoria della sorella.

Con una cura quasi maniacale, piegò il biglietto e lo inserì all'interno della collana, opportunamente trasfigurata nel medaglione portafoto di Salazar Serpeverde.

Nel frattempo, il crepitio del fuoco si era notevolmente affievolito, consumandosi lento nel silenzio della notte. Quando il giovane Black volse lo sguardo all'indirizzo del camino, vide che le fiamme si erano quasi del tutto estinte, il loro turbinio scarlatto ridotto ad una debole danza di luce fioca. Del libro babbano e del nome in esso contenuto non era rimasto altro che un mucchietto di cenere.

Con gli occhi allacciati al fuoco morente, Regulus si alzò in piedi, infilò nella tasca dei suoi neri pantaloni il medaglione e ne estrasse il ciondolo d'argento di Alya; con fiera solennità, lo indossò, legandoselo al collo.

Infine, impugnò di nuova la bacchetta e, con un leggero ed elegante movimento di polso, l'agitò contro le fauci del camino. Le fiamme, con un soffio, svanirono. La stanza piombò in una tetra e assoluta oscurità.

Il tempo di agire era giunto.
 

***
 

18 giugno 1979. In una caverna ignota, tra le coste della Gran Bretagna.
 

Scambio e sacrificio

Erano le due del mattino del 18 giugno 1979 quando Regulus irruppe risoluto nella buia cucina di casa sua.

«Kreacher.» chiamò, rompendo il denso silenzio che permeava nella stanza.

«Kreacher, svegliati!» ripeté il ragazzo perentorio, ponendosi davanti all'armadio dentro al quale l'elfo dormiva profondamente.

Si udì un grugnito sommesso, seguito dal fruscio di coperte scostate. L'anta del mobile si aprì con un cigolio prolungato, rivelando il grugno ancora assonnato e visibilmente confuso di Kreacher.

Prima ancora che l'elfo potesse porgere delle domande, Regulus lo anticipò:

«Devi condurmi alla caverna dove il Signore Oscuro ti ha portato.» comandò con una strana voce, svuotata di ogni emozione.

Allarmato, Kreacher si lasciò sfuggire un gemito di terrore, mentre il corpicino veniva squassato dai tremori. Era la prima volta che Regulus vedeva il proprio elfo domestico così reticente. Era evidente che l'idea di tornare in quella grotta lo terrorizzasse a morte.

«È un ordine, Kreacher. Devi portarmi in quella caverna.» mormorò ancora Regulus. Benché il ragazzo tentasse di mostrare un atteggiamento duro e irremovibile, nella sua voce non c'era ombra di rimprovero. Anzi, sembrava persino mortificato per la richiesta espressa.

Ad ogni modo, il comando così esplicitamente impartito fu sufficiente a rendere Kreacher ligio ai suoi doveri di elfo. La legge suprema imposta alla sua specie lo obbligava ad obbedire a qualsiasi ordine pronunciato dal proprio padrone, anche il più sgradito.

Perciò, seppur riluttante, Kreacher zampettò ubbidiente fuori dalla sua tana angusta e si rivolse a Regulus, profondendosi in un timido inchino.

«S-sì, padrone.» gemette costernato.

«Bene. Dobbiamo partire adesso. Non possiamo aspettare.» disse il giovane Black, con voce terribilmente seria.

Kreacher annuì docilmente, sebbene nella sua espressione contrita fosse racchiuso un recondito rifiuto.
Esitante, allungò il braccio all'indirizzo di Regulus e gli strinse saldo la mano.

Ci fu un pop e in un attimo elfo e mago scomparvero dalla lugubre cucina di Grimmauld Place.

Regulus avvertì la sgradevole sensazione di essere brutalmente risucchiato e compresso dentro a un tubo stretto e buio. Aveva sempre detestato la Smaterializzazione Congiunta.

Fortunatamente, il viaggio fu breve. In un baleno, il mondo riapparve ai suoi occhi e il ragazzo atterrò barcollante sul pavimento umido di una vasta caverna.

Sferzate d'aria gelida gli scompigliavano i capelli. Il fischio del vento rimbalzava sulle pareti rocciose della grotta, suonando come un agghiacciante urlo di dolore.

A giudicare dal fragore che proveniva dall'esterno, una violenta tempesta sembrava imperversare sulla scogliera, nella quale si nascondeva la caverna. Copiosa pioggia battente annegava il nero precipizio frastagliato, mentre i marosi si infrangevano aggressivi sugli scogli.

Regulus respirò a gran boccate l'aria salmastra che permeava attorno a lui; un intenso odore di alghe e salsedine gli si inerpicò su per le narici. Intirizzito dall'umidità e dal gelo, cominciò a battere i denti.

Ignorando i tremori che gli squassavano il corpo (non tutti causati dal freddo), Regulus si avvicinò alla parete rocciosa che si stagliava di fronte al suo sguardo indagatore. Si mise ad esaminarla con perizia, intuendo la presenza celata di un ingresso segreto.

«Quando il Signore Oscuro ha portato Kreacher davanti al muro, ha ordinato a Kreacher di pagare un pedaggio. Senza il pedaggio non è possibile entrare.» spiegò l'elfo, come se avesse percepito i dubbi che vorticavano nella testa del suo padrone.

«Che tipo di pedaggio?»

«Sangue.» squittì Kreacher, con voce tremula, mentre con una mano si sfregava febbrilmente il suo esile polso.

«Un pagamento in sangue... Avrei dovuto immaginarlo...» mormorò il ragazzo, sospirando rassegnato. «Be', presumo sia inutile tentare di raggirare gli incantesimi imposti da Lord Voldemort, perciò...»

E senza concludere la frase, Regulus si rimboccò la manica, sguainò la bacchetta e l'appoggiò delicatamente sulla pelle scoperta del suo avambraccio sinistro. Pronunciando a bassa voce una macabra formula, scorse la punta lungo l'epidermide, lacerandosi volontariamente la carne. Rivoli caldi e scuri fluirono dal taglio, gocciolando ai piedi del mago. Regulus raccolse il sangue che gli sgorgava dalla ferita con le dita, per poi offrirlo all'oscuro ingresso, disegnando una striscia scarlatta sulla parete.

I bianchi contorni di un arco apparvero luminosi sull'umida superficie; la roccia intrisa del sangue del giovane Black svanì, aprendo un passaggio su un'oscurità così densa da sembrare impenetrabile. A tale vista, Kreacher iniziò a piagnucolare, memore dei dolori e delle insidie racchiusi in quel luogo d'ombra.

«Fammi strada, Kreacher.» lo incalzò Regulus, mentre si tirava giù la manica sinistra, senza preoccuparsi di medicare il taglio che si era inflitto.

Seppur riluttante e impaurito, l'elfo obbedì all'ordine e, zampettando con fare incerto, attraversò il varco. Regulus, dietro di lui, accese solerte la bacchetta, in modo da illuminare il panorama circostante.
Davanti ai suoi occhi, la caverna si allargava in un ambiente sinistro, i cui contorni si disperdevano nel buio compatto che li avvolgeva.

Nonostante la fitta oscurità, Regulus riuscì a scorgere un vasto lago che si estendeva all'interno della grotta; al centro, il tremulo riverbero di una luce verdastra si rifletteva sul manto nero e immobile delle acque.

E mentre il giovane Black contemplava inquieto il tetro profilo della grotta, Kreacher si avviò lungo il sentiero che costeggiava il lago. Regulus si affrettò a seguirlo, la bacchetta accesa puntata davanti a lui, in modo da illuminare il cammino.
Un silenzio opprimente gravava sul mago e sull'elfo, interrotto soltanto dal rumore dei loro passi, che echeggiavano sull'orlo di roccia, il quale serpeggiava tra la parete scabra della caverna e la sconfinata distesa d'acqua nera.

Al contrario di Kreacher, che sembrava acquistare maggior agilità man mano che proseguiva, Regulus faticava a stargli dietro, procedendo a tentoni, rischiando in più occasioni di incespicare sui sassi disseminati lungo la sponda.

«Padron Regulus deve stare attento a dove mette i piedi. È pericoloso disturbare l'acqua.» lo avvertì Kreacher, allarmato.

Il ragazzo si sentì invadere da un'ondata di brividi, che nulla avevano a che vedere con la gelida umidità che aleggiava nella grotta.
Scrutò con apprensione la scura superficie del lago, nera e liscia come una lastra di ossidiana, rammentando il terribile racconto di Kreacher e delle misteriose mani che l'elfo aveva visto uscire dall'acqua... Mani bianche, morte...

Regulus avvertì un acido senso di nausea salirgli su per l'esofago. Più si addentrava in quel luogo lugubre e insidioso, più percepiva il coraggio scivolare via dal suo corpo, sbiadendo nelle ombre che lo accerchiavano.

Per istinto, afferrò con le dita il ciondolo d'argento che gli cingeva il collo. Ne accarezzò la fredda superficie con i polpastrelli e questo bastò per ricordargli lo scopo che lo aveva condotto lì, in quella maledetta caverna. La scintilla della determinazione affiorò di nuovo nello spirito turbato del mago, ritrovando la sicurezza nei suoi passi.

Kreacher e Regulus camminarono e camminarono, fendendo l'oscurità compatta coi loro corpi infreddoliti e tremanti, il respiro sempre più affannato.

Tutt'a un tratto, Kreacher si fermò e per poco Regulus non gli sbatté contro.

«Qui, il Signore Oscuro ha chiamato una barca.» esordì Kreacher, osservando un punto indefinito nel velluto nero oltre la riva.

«Una barca?» ripeté Regulus, confuso.

«Per attraversare il lago e arrivare all'isola. Lì si trova il medaglione.» soggiunse l'elfo, indicando col dito la luce verdastra al centro dell'acqua.

«Saresti in grado di evocarla?» domandò il mago all'elfo, sempre meno convinto riguardo il successo della missione.

Kreacher annuì timidamente.

«Kreacher ha visto i movimenti del Signore Oscuro. Kreacher può provare ad imitarli.» gracchiò, mentre allungava la mano bitorzoluta dinanzi a sé, al di sopra delle acque.

L'estremità di una catena comparve dal nulla, tra le dita dell'elfo, mentre l'altra restava immersa negli abissi del lago. Emanava una luce verdognola, spettrale, come il riflesso che riverberava al centro del lago.
Col fiato sospeso, Regulus osservò Kreacher tirare la fune di metallo fuori dall'acqua, diffondendo un gran clangore per tutta la caverna.

Il ragazzo puntò timoroso gli occhi contro la vellutata distesa nera oltre la sponda, cercando di carpire eventuali movimenti sospetti. Temeva che il fragore prodotto dalla catena potesse risvegliare le inquietanti creature che dimoravano gli abissi.
Fortunatamente, il lago rimase piatto e immobile.

Ad un certo punto, la prua di una barca infranse la superficie, verde quanto la catena che la trainava silenziosa verso la riva.

Kreacher fu il primo a salire a bordo, ligio al suo ruolo di guida. Regulus lo imitò, muovendosi con estrema cautela. Arrotolò la catena e la adagiò sul fondo della barca. Lo spazio si rivelò assai ristretto, il ragazzo e l'elfo dovettero stringersi l'uno contro l'altro.

«Mai toccare l'acqua.» rimarcò Kreacher, con un filo di voce, mentre salivano. Regulus trovò il suggerimento decisamente superfluo; non avrebbe immerso nemmeno un'unghia in quelle acque nere e inquietanti.

Una volta che i due avventori furono a bordo, la barca cominciò a muoversi da sola, scivolando leggera sulla lastra nera e vitrea verso il baluginio verde, al centro del lago.
Con spettrale lentezza, penetrò l'oscurità compatta della grotta, annullando nel giovane Black la reale percezione del tempo e dello spazio.

Dopo quella che a Regulus parve un'eternità, la prua andò a cozzare delicatamente contro un ammasso di roccia liscia e scura; il fruscio dell'acqua che si infrangeva contro le rive dell'isola annunciò al mago e al suo elfo domestico l'arrivo a destinazione.

Entrambi scesero cauti dalla barca, inerpicandosi sulla pietra piatta di cui era composta l'isola. Al centro, si ergeva un glabro piedistallo, sopra al quale era stato posto un bacile in pietra, della stessa grandezza di un Pensatoio, nonché la fonte di quella luce verdastra, il cui bagliore ora appariva molto più intenso e brillante.

Regulus si avvicinò lentamente al bacile e ne scrutò il contenuto; vide l'immagine del proprio viso, pallido e livido, riflettersi tremolante in un fosforescente liquido smeraldino.

«Deduco che si tratti della pozione che il Signore Oscuro ti ha costretto a bere, dico bene?» mormorò, rivolto all'elfo.

Kreacher annuì, con gli occhi sgranati dal terrore.

«Il medaglione si trova sul fondo del bacile...» soggiunse il ragazzo, questa volta parlando più a sé stesso che al suo fedele servo.

Gli occhi grigi indugiarono a lungo sulla placida superficie del liquido verde e abbacinante; nel frattempo, la mente di Regulus lavorava veloce, ponderando ogni possibile opzione che potesse consentirgli di recuperare il cimelio di Salazar Serpeverde, senza dover ingerire quel granguignolesco intruglio.

Ma più fissava il bacile più si convinceva che non esistesse altra via di reperire il medaglione se non quella di ingurgitare fino all'ultimo sorso la pozione velenosa. Dopotutto, se c'era una cosa che Regulus aveva imparato su Lord Voldemort era che gli piaceva a torturare coloro che osavano sfidarlo e che non ammetteva sconti, né scorciatoie.

Il ragazzo emise un profondo sospiro affranto, affondando al contempo una mano nella tasca. Afferrò il medaglione da lui stesso trasfigurato e lo porse a Kreacher.

«Tieni. Ed ora esigo che tu ora mi ascolti con la massima attenzione. Dovrai eseguire ogni mio ordine, senza ribattere.» proruppe Regulus, guardando l'elfo con intensità. Ogni parola pronunciata era intrisa di intransigenza.
«Quella che ti ho affidato è una copia del medaglione che il Signore Oscuro ha nascosto in questa caverna. Quando avrò bevuto tutta la pozione che lo protegge, dovrai prendere il medaglione originale e sostituirlo con la copia che hai in mano adesso. Hai capito bene, Kreacher?»

L'elfo scosse febbrilmente la testa, in segno di assenso.

«Bene... Una volta effettuato lo scambio, tornerai a casa. Non importa cosa mi capiterà, è tuo compito fare immediato ritorno in Grimmauld Place, senza di me... Non dirai nulla di ciò che ho fatto a mia madre, dovrai mantenere il segreto... Poi, quando sarai al sicuro a casa nostra, ti assicurerai di distruggere il medaglione del Signore Oscuro. Una volta per tutte.»

«S-sì, p-padrone.» gemette Kreacher, stringendo fra le dita bitorzolute il falso medaglione.
Due grosse lacrime scivolarono ai lati del grugno. Regulus si sentì stringere il cuore nel vedere l'elfo in quello stato. Gli si avvicinò e si accovacciò a terra, in modo da porsi alla stessa altezza della creatura.

«Mi fido di te, Kreacher.» mormorò dolcemente. «Qualsiasi cosa succederà, non soccorrermi, per nessun motivo. Costringimi a bere tutta la pozione. Aspetta che il bacile sia vuoto, effettua lo scambio e torna a casa.» ripeté, assicurandosi che i suoi comandi fossero chiari.

Dopodiché, Regulus si alzò di nuovo in piedi, volgendo la sua totale attenzione al bacile e alla luce verdognola al suo interno. Impugnò la bacchetta e l'agitò, tracciando un disegno invisibile nell'aria, evocando così un calice. Il ragazzo lo agguantò e lo immerse nella pozione, riempiendolo fino all'orlo.

Quando si portò il calice alle labbra, Regulus percepì il terrore invaderlo totalmente. Nonostante il gelo che imperava nella grotta, sentiva la fronte madida di sudore. La mano libera si avviluppò prontamente attorno al ciondolo d'argento che il mago aveva al collo. Tale gesto inconscio gli infuse un po' di coraggio, corroborandogli lo spirito.

Alya, bevo per te. Per noi. Per la nostra famiglia.

Pensò Regulus con intensità, prima di bere tutto d'un fiato il liquido dentro al calice.

L'effetto del veleno fu immediato. Non appena ebbe inghiottito la pozione, il giovane Black avvertì un bruciore acuto esplodergli in gola e nello stomaco. L'ombra calò pesante su di lui, annebbiandogli i sensi e i pensieri. Stordito dal dolore, Regulus si lasciò risucchiare inerme in un vortice oscuro e melmoso, intriso soltanto della più cupa agonia.

Non riusciva né a vedere né a udire nulla. Era stato imprigionato in un vuoto opprimente, snervante, in balia di tutte quelle viscide emozioni che fino a quel momento aveva cercato di tenere a tacere. Rimorso e disgusto dilagarono dal suo petto come un fiume in piena, straripando fuori dal suo corpo.

Dall'oscurità affiorarono scene agghiaccianti, intinte di sangue e di morte... Regulus vide se stesso derubare Alya del suo ciondolo... Una vocina dentro di lui, sibilante come il verso di un serpente, lo accusava di essere la causa della morte della sorella... Il ragazzo implorò la voce di tacere, ma quella continuava imperterrita a rimbombargli nella testa, come un disco rotto.

Intanto, percepì la presenza di qualcuno accanto a lui. Il ragazzo non poteva vederlo, ma intuì che si trattava di Kreacher, accorso ad eseguire ciò che gli era stato ordinato. L'elfo sorresse il suo padrone e gli fece bere un altro calice di pozione.

Il dolore si acuì, penetrando nella carne del mago come la gelida lama di una spada. Altre immagini emersero dall'ombra e questa volta Regulus fu obbligato ad osservare tutti gli orribili omicidi che Lord Voldemort lo avrebbe indotto a compiere. Vide le proprie mani macchiarsi di putrido sangue viscoso, indelebile.

Assassino. Assassino. Assassino.

Seguitava a sussurrare la vocina, prima di disperdersi in un'acuta risata crudele.

Kreacher versò altra pozione nella bocca del ragazzo, gemendo di fronte alla disperazione del suo padrone il quale, singhiozzando, lo supplicava di risparmiarlo.

Ma l'elfo sapeva bene quale fosse il suo dovere, nonostante la sofferenza che gli infliggeva. Fedele ai comandi ricevuti, continuò a raccogliere la pozione nel bacile con il calice, per poi vuotarlo nella gola di Regulus.

Tale straziante azione si ripeté ancora e ancora. La caverna si riempì delle urla angoscianti del giovane Black, ormai totalmente annientato dall'esercito dei suoi reconditi rimorsi.

Dopo aver ingoiato l'ultimo sorso di veleno, Regulus avvertì la morsa oscura attorno al suo corpo dipanarsi.
Un dolore atroce, lancinante ancora gli squassava il corpo. Tuttavia, sentiva che stava riacquistando gradualmente il controllo dei propri sensi.
I contorni della grotta riapparvero alla sua vista, i suoni tornarono ad essere nitidi.

Impiegò una manciata di lunghi secondi prima di rendersi conto di essersi rannicchiato, come un bambino impaurito, con le braccia avvolte strette alle ginocchia, ai piedi del supporto che sosteneva il bacile.
Si sentiva terribilmente esausto; testa, gola e stomaco ribollivano di dolore, come se avesse fatto a pugni con un Troll.

Solo in un secondo momento, si accorse che Kreacher si trovava accanto a lui, ansante e altrettanto scosso dai brividi. In mano stringeva ancora la copia del medaglione che Regulus aveva trasfigurato.

«I-il... m-medaglione...» balbettò rantolando, incapace di pronunciare altre parole.

Aveva la bocca arsa, prosciugata; sentiva le pareti della gola e del palato bruciare, come grattate da migliaia di minuscole lame appuntite.

Regulus percepì la mente annebbiarsi ancora, il controllo venir meno; ogni pensiero converse inesorabilmente sulla smaniosa sete che la pozione gli aveva provocato, e sul disperato bisogno di placarla.

Dopo aver gettato una rapida occhiata a Kreacher, in modo da assicurarsi che avesse effettivamente scambiato i due medaglioni, Regulus strisciò, ansimando e boccheggiando, verso la sponda. Voleva bere acqua... non desiderava altro che dissetarsi...

Affondò una mano nel lago, per raccogliere nel palmo un poco di quell'acqua nera.

Tuttavia, non fece nemmeno in tempo a portarsi il freddo liquido alle labbra, che un braccio pallido, gelido come la morte, gli afferrò il polso.
In quell'istante, Regulus vide la superficie del lago, prima piatta e immobile come una lastra di ghiaccio, ribollire come lava pronta a esplodere da un vulcano.

Altre mani, pallide e scivolose, uscirono dall'acqua in fermento; tastavano la roccia della riva, fino ad arpionarsi al corpo esanime di Regulus, il quale non ebbe la forza, né la prontezza di reagire.

«Padrone!» strillò Kreacher terrorizzato.

Regulus vide che tra le mani stringeva un ciondolo dorato, con una fulgida S smeraldina incastonata al centro. Il vero medaglione di Salazar Serpeverde.

«Scappa, Kreacher!» gridò Regulus, mentre altre mani morte lo artigliavano, lo stringevano, tentando di trascinarlo verso l'acqua.

Un esercito di cadaveri si accingeva a riversarsi sull'isola, pronto a difendere il medaglione di Lord Voldemort da coloro che stavano tentando il furto.

«Vattene! Torna a Grimmauld Place! Adesso!» lo supplicò ancora.

Braccia sottili e raggrinzite si avvolsero strette, come tentacoli, attorno alle gambe. Regulus si sentì trasportare lentamente, ma in modo inesorabile nel lago. Il terrore gli esplose in petto, quando avvertì il gelido tocco dell'acqua sulla pelle.

Non c'era più tempo.

«Vattene! È un ordine!» urlò disperato.

Kreacher gemette, ma obbedì al comando.
Si udì un pop, il quale riecheggiò potente nella caverna.

Regulus riuscì a scorgere Kreacher Smaterializzarsi giusto un attimo prima di sprofondare nelle gelide acque morte del lago.

Orde di corpi morti gli vorticavano attorno, in una lenta e silenziosa danza letale, la quale lo trascinava sempre più giù, negli oscuri abissi.

Regulus comprese di non avere scampo, sapeva che sarebbe annegato, imprigionato nella morsa di quelle mani bianche e viscide.
Non si oppose, né provò a divincolarsi.
Si arrese alla morte, sperando che sopraggiungesse nel modo più rapido e indolore possibile.

Presto, i polmoni si riempirono dell'acqua fredda e putrida del lago; il giovane Black li sentì gorgogliare, cedere piano alla brama di un respiro oramai non più concesso.

Regulus chiuse gli occhi e cercò di rievocare nella mente il ricordo di Alya, affinché lo accompagnasse in quegli atroci istanti finali.
Il ragazzo vide un'ultima volta le radiose immagini di quella famiglia felice, unita che sua sorella aveva predetto. Permise all'affetto racchiuso in quella visione di penetrargli in petto, ora dilaniato dagli spasmi dell'annegamento.

Toujours uni...

Fu questa l'ultima frase che il ragazzo udì, prima che ogni cosa, intorno a lui, fosse inghiottita dall'oscurità.

Regulus si aggrappò al dolce suono di quelle parole famigliari, frammenti di quel nobile motto che la famiglia Black tramandava nei secoli, di generazione in generazione.

Regulus le ripeté disperatamente dentro di sé, facendole risuonare in ogni parte del suo animo.

Poi, il mondo svanì e tutto si fece buio.



 

   
 
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