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Autore: blackjessamine    19/04/2022    10 recensioni
È una verità universalmente riconosciuta che i maghi non sappiano nulla di leggi economiche. Tuttavia, Gilderoy Allock una cosa la sa: in un mercato stagnante e chiuso come quello dell'editoria magica non c'è posto per due regine.
Per questo Queenie Royal, la misteriosa autrice capace di fare impazzire ogni strega con i suoi libri d'amore, rappresenta una minaccia pericolosissima per chiunque voglia indossare una corona d'inchiostro.
Una minaccia resa ancor più pericolosa dal suo essere invisibile, dal momento che nessuno, nemmeno gli editori più scaltri, sembrano aver mai posato lo sguardo su questa gallina dalle uova lilla.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gilderoy Allock, Kingsley Shacklebolt, Rita Skeeter, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come Scott e Zelda



 

Un ronzio monotono era tutto ciò che riempiva le orecchie di Gilderoy: Septimus parlava, parlava e parlava, sembrava nato per fare solo quello. Parlava così tanto da riempire ogni spazio, ogni anfratto del suo studio – non che rimanesse molto spazio da riempire, in quell'ufficio colmo di libri, pergamene ammonticchiate in ogni angolo, piume malandate e boccette d'inchiostro. 

Di solito, a Gilderoy non dispiaceva ascoltare Spetimus: certo, la voce del suo editore non possedeva la stessa musicalità di quella di Gilderoy, ma era sicuramente capace di catturare l'attenzione dell'ascoltatore e trasformare i discorsi in lucide visioni piene di dettagli interessanti. Di solito, i suoi discorsi del lunedì erano ciò di cui Gilderoy aveva bisogno per fare ordine fra le priorità, per darsi obiettivi precisi e per poter seguire un programma di lavoro produttivo.

Quel giorno, però, sembrava fatto solo per la distrazione.

Forse era merito del cielo color non-ti-scordar-di-me fuori dalla finestra – un chiaro invito a lasciar andare la mente in pigri peregrinaggi – o forse era solo la primavera a reclamare la distrazione di Gilderoy, il fatto era che l'uomo non riusciva proprio a trovare il lavoro più affascinante dei propri pensieri. 

 

"Gilderoy? Gilderoy, ma mi stai ascoltando?"

Gilderoy si riscosse, scuotendo via dai suoi boccoli la vergogna di essere stato colto con le mani nel sacco – o meglio, con la testa fra le nuvole.

"Ti sto ascoltando, sono solo…"

Non terminò nemmeno la frase. A Gilderoy piaceva essere sincero con Septimus, perché sapeva che il suo editore aveva a cuore il suo destino e ogni suo gesto era orientato al suo bene. Ma ciò che lo distraeva quel giorno era un'altra cosa: non aveva niente a che fare con il lavoro, e Gilderoy non riusciva proprio a decidersi a scrollare le spalle e mormorare un leggero scusa, Septimus, è che ieri ho trascorso un piacevolissimo pomeriggio in compagnia di un Auror molto interessante e ora tu parli e io sento solo la voce di Kingsley, perdonami tanto, non è niente di personale. 

Kingsley Shacklebolt, ecco il nome dell'Auror. Kingsley e basta, così si erano salutati quando il sole aveva cominciato ad abbassarsi su quell'orribile quartiere babbano. 

“Va bene, ora però potresti concentrarti? È una questione importante”.
Gilderoy annuì, armato di tutte le migliori intenzioni: Septimus poteva non essere un prosatore eccellente quanto Gilderoy, ma per lui le parole avevano un peso e un’importanza ben precisi, e non avrebbe mai definito una questione importante senza che questa lo fosse per davvero. 

“Dicevo, non possiamo più permetterci di vacillare. Tutto è finito per il meglio, ma se facciamo un rapido calcolo fra la percentuale dei titoli che hai pubblicato e la diffusione dei dati di vendita e lo confrontiamo con…”
Un leggero frullo d’ali attirò di nuovo l’attenzione di Gilderoy sul cielo azzurro fuori dalla finestra: anche Septimus non amava ritrovarsi lo studio sporcato da piume e spiacevoli ricordini lasciati cadere da pennuti incontinenti, e così aveva adibito un minuscolo stanzino della casa editrice a Guferia improvvisata, eliminando i vetri alle finestre  e lasciando alla povera Miss Prudence, la segretaria, il compito di recarsi a ogni ora in quel luogo freddo e maleodorante per rifocillare le bestie e appropriarsi della posta da smistare. 

E così, era facile guardare fuori dalla finestra dello studio di Septimus e vedere qualche uccello solcare i cieli. Più difficile era fare la stessa cosa dalla stanza che con il tempo era diventata l'ufficio di Gilderoy, poiché quella stanza si trovava al capo opposto dell’edificio – per fortuna, perché Gilderoy non avrebbe mai potuto concentrarsi se si fosse ritrovato ogni giorno davanti l’orribile spettacolo di quegli insopportabili animali. In ogni caso, pur non essendo granché esperto di pennuti, era abbastanza sicuro di saper distinguere il volo di un gufo da quello di un falco – di un gheppio  australiano di nome Gatsby, aveva presto imparato. Perché Gilderoy non era proprio riuscito a trattenersi dal domandare a Kingsley Shacklebolt per quale motivo lui avesse un animale così minaccioso e non uno stupido gufo come tutti i maghi normali. Kingsley, il viso ancora immerso nell’ombra della macchia di piante dove si erano nascosti per trasfigurare i vestiti di Gilderoy, era scoppiato in una risata genuina. Senza mai smettere di dare colpi di bacchetta per aggiustare il risultato finale della sua trasfigurazione – un risultato ragguardevole, camicia candida dal taglio perfettamente babbano e pantaloni eleganti ma non troppo vistosi: non quello che Gilderoy avrebbe autonomamente scelto per sé, ma pur sempre qualcosa con cui non si vergognava di farsi vedere – l’Auror aveva spiegato che in realtà Gatsby era molto meno aggressivo di alcune civette che venivano vendute senza alcun riguardo a undicenni pronti alla partenza per Hogwarts, e che del resto la sua famiglia studiava l’arte della falconeria magica da secoli, ormai, e che lui e Gatsby si conoscevano da quando Kingsley non aveva ancora preso i suoi G.U.F.O. e il rapace non si era ancora del tutto liberato dall’uovo, dunque era stato lui ad addestrarlo e sapeva per certo che l’animale era più fedele di un cane e più mansueto di una Puffola Pigmea. Gilderoy non si era mai interessata a queste cose, ma sapeva che la famiglia Shacklebolt era piuttosto famosa per possedere uno dei migliori allevamenti di rapaci di tutta l’Inghilterra: si diceva che i loro gufi da lettera non avessero mai sbagliato una consegna dai tempi di Riccardo I. Gilderoy allora avrebbe voluto domandare che cosa ci facesse l’erede di una famiglia con così tanta tradizione magica nelle vene da essere entrata in diversi libri di storia in giro di corsa in un quartiere babbano, perfettamente a suo agio. Tuttavia, per una conoscenza così superficiale quant'era la loro, gli era sembrato che quella domanda fosse fin troppo invadente, e così se l’era rimangiata senza tuttavia smettere di osservare con attenzione l’uomo, cercando di cogliere qualche indizio sulla sua misteriosa vita. 

 

“Gilderoy! Lo hai fatto di nuovo! Ti sei distratto… io davvero non ti capisco, ragazzo. Stiamo parlando di un passo fondamentale per il tuo futuro, per mettere un freno a quella scocciatrice della Royal, e tu…”
Questo sì che riuscì a riconquistare l’attenzione di Gilderoy. Perché per quanto il pomeriggio trascorso con Kingsley Shaklebolt fosse stato straordinariamente piacevole – chiacchiere rilassate, una passeggiata nel parco e poi un caffè in quel locale che, a ben pensarci, non era poi così malvagio, qualche consiglio effettivamente molto valido su come applicare Incantesimi Respingenti dal meccanismo sorprendente e poi quel suo atteggiamento che aveva fatto sentire Gilderoy completamente a suo agio, nella condizione di abbassare un po’ la guardia e lasciarsi andare… no, doveva tornare concentrato! Per quanto quel pomeriggio fosse stato estremamente piacevole e Gilderoy avesse voglia di passarlo in rassegna nella sua mente più e più volte, quel ricordo non poteva competere con l’idea di mettere un freno a quella scocciatrice della Royal. 

“Hai tutta la mia attenzione, Septimus, davvero. Dimmi tutto, ti prometto che ascolterò ogni tua parola”.

E, per dimostrare la buona fede delle proprie parole, voltò la schiena alla finestra, posò i palmi delle mani sulla scrivania e si impose di fissare solo le fessure che erano gli occhi di Septimus, piccoli e scuri e brillanti di quella luce che li illuminava quando lui aveva un piano. 

“Dicevo, Queenie Royal è una minaccia troppo grande. Per ora abbiamo potuto non darle troppa attenzione perché le sue pubblicazioni sono sempre state molto poco costanti e diluite nel tempo, ma ormai il suo fenomeno ha assunto dimensioni ragguardevoli”.
Gilderoy storse il naso: non gli piaceva pensare ai successi di Queenie Royal, e men che meno gli piaceva sentirseli raccontare ad alta voce da Septimus, ma se l’alternativa era rimanere impassibile a voltare la testa dall’altra parte e fingendo che il problema non sussistesse, allora Gilderoy preferiva essere costretto ad affrontare la questione. 

“Non so per quale motivo fino ad ora Ebenezer abbia accettato tanta libertà da parte di Sua Maestà, ma nessuno di loro se lo può più permettere. Il fenomeno ha superato la soglia, va imbrigliato e sfruttato con canali e metodi precisi, e questo Ebenezer non può non saperlo”.

Gilderoy annuì: il suo modo di lavorare era sempre stato improntato al successo, frutto di programmi precisi e ritmi serrati, con obiettivi a breve e lungo termine che sia lui che Septimus avevano sempre avuto ben chiari in mente, ma sapeva comunque a che cosa si stesse riferendo Septimus. Quando qualcuno incontra il successo, esiste un breve periodo entro il quale suddetto successo può essere lasciato al caso. Un destino felice, la combinazione di elementi favorevoli, un certo grado di effettivo talento… elementi capaci di regalare vivaci slanci di notorietà. Ma, raggiunto un certo picco, la fama va coltivata. Diventa un vero e proprio mestiere: impossibile continuare a sperare nella fortuna, nel caso o nel talento. Servono strategie precise, strategie controllabili, e il silenzio e la mancanza di costanza non possono rientrare in questo tipo di strategie. Ebenezer Flintshire, benché Septimus detestasse ammetterlo, era tutt’altro che sciocco. Doveva sapere anche lui che, negli ultimi anni, Queenie Royal aveva afferrato la propria fortuna e l’aveva tesa al massimo, permettendosi strategie a dir poco insensate – come la folle cadenza con cui aveva pubblicato i suoi romanzi, tre nell’arco di pochi mesi e poi più nulla per secoli – affiancandole invece a mosse sagge e ben studiate,  come i gadget per una lettura più immersiva o il modo sorprendente in cui le sue interviste sapevano comparire sulle migliori riviste con un tempismo perfetto per pubblicizzare ogni nuovo romanzo. Sembrava quasi che, nella sua strategia per il successo, si fossero scontrati i modi di fare di due persone diverse. Il punto era, in ogni caso, che Queenie Royal non poteva più permettersi distrazioni. La serata della premiazione era stata per lei un successo, ma solo perché Flintshire aveva saputo manipolare le cose nel modo giusto, lasciando scivolare quel dettaglio sulla sua beneficenza nel momento più adatto. Non fosse stato per quello, il trionfo di Gilderoy sarebbe stato completo ed era paradossale pensare che lo stesso Gilderoy si era ritrovato, mutatis mutandis, nella medesima situazione. Se Flintshire voleva continuare a trarre qualcosa di buono dalla sua gallina dalle uova lilla, era arrivato il momento di lasciar perdere ogni indugio e di costruire con Queenie Royal qualcosa di solido, fatto di saldi piani editoriali, di calendari ben scanditi, di pubblicazioni regolari e calibrate eccezioni. Queenie Royal avrebbe dovuto cominciare a rilasciare interviste, seppur anonime, a firmare magari qualche rubrica su riviste di tiratura nazionale… oppure Flintshire e la TuMiStreghi avrebbero dovuto rinunciare al loro sogno in lilla e trovare un altro cavallo vincente su cui puntare, relegando i romanzi della Royal a una collana economica per i nostalgici. 

Se però Flintshire avesse deciso di fare tutto il necessario per rendere la Royal una vera Regina dell’editoria, per Gilderoy le cose si sarebbero fatte difficili. Perché già allo stato attuale la Royal era una minaccia: non poteva aspirare a vincere il premio per il maggior numero di copie vendute solo perché pubblicava poco, ma, facendo una proporzione, era evidente che un suo romanzo ben pubblicizzato e ben piazzato in un contesto di promozione capillare del suo nome avrebbe venduto più di un libro di Gilderoy. E Gilderoy questo lo doveva evitare a ogni costo. 

“Dobbiamo correre ai ripari, e lo dobbiamo fare in due modi”.

Septimus aveva cominciato  a tamburellare nervosamente con le dita contro il piano della scrivania, impaziente di dare forma al proprio piano.

"Innanzitutto", mormorò deciso, "non possiamo più limitarci ai memoir di viaggio. Devi aprirti a nuovi generi letterari, dobbiamo raggiungere nuovo pubblico senza perdere quello vecchio…"

Per un attimo, una scintilla parve accendersi nel petto di Gilderoy. Se di eccitazione o di paura non lo avrebbe saputo dire, ma l'idea che Septimus lo stesse spingendo di nuovo verso la narrativa, verso racconti e romanzi, verso la fantasia e le vicende squisitamente umane accelerava inevitabilmente il battito del suo cuore. Gilderoy aveva abbandonato le sue velleità da romanziere già durante il suo settimo anno a Hogwarts, quando Septimus aveva accettato di leggere i suoi lavori, aveva lodato la sua prosa e poi gli aveva illustrato nei più piccoli particolari il piano che aveva in mente per lui. Eppure, qualche volta un viso gli si impigliava nella mente,  Gilderoy cominciava a fantasticarci sopra. Trovava nomi, abbozzava trame, imbastiva caratterizzazioni dei personaggi… lo faceva la sera, soprattutto, quando faticava a prendere sonno. Non scriveva di loro, non lo faceva mai, perché tutte le sue energie letterarie dovevano restare rivolte al suo lavoro, e non poteva rischiare di sporcare la sua prosa tanto faticosamente costruita e limata per servire al meglio i suoi libri con le deviazioni che avrebbe potuto prendere ricominciando a scrivere racconti come quando aveva quindici anni. Ma scrivere talvolta è un atto che comincia ben prima di afferrare carta e penna che raramente si conclude con una pergamena fittamente inchiostrata, e quindi sì, nella sua mente Gilderoy non aveva mai smesso di comporre racconti, di arredare le vite dei suoi personaggi preferiti, di raccontarsi storie  che potessero tenergli compagnia durante il passaggio dalla veglia al sonno. Forse una parte di lui sperava di poter tornare a dare una forma più concreta a questi personaggi che gli si affollavano nella testa, ma aveva anche paura: e se costruire intrecci non gli fosse venuto altrettanto bene che descrivere avventure pericolose e sconfitte di mostri spaventosi? E se il suo pubblico, che in fondo quando comprava un suo libro voleva solo comprare un pezzettino di Gilderoy, non avesse apprezzato questa svolta? E se…

"...un manuale, magari, un piccolo compendio di incantesimi domestici utili a qualsiasi strega" la voce di Septimus lo riportò alla realtà, cancellando con un netto colpo di spugna paure e speranze.

"Ci sarebbero tue fotografie ad ogni pagina, natualmente, e dedicheremo una cura particolare all'impostazione grafica dei capitoli. Non sarà solo un oggetto utile, perché di manualetti di economia domestica per la perfetta strega di casa ce ne sono fin troppi, ma si tratterà di un oggetto bello, elegante, intrisecamente legato a te. Potremmo introdurre ogni argomento con un piccolo aneddoto personale, così da dare alle nostre lettrici molto più di un'istruzione su come de-gnomizzare un giardino, ma regalandole anche un po' del tuo passato e della tua vita…"

Sì, Gilderoy dovette ammettere che si trattava di un'ottima idea. Un'idea molto distante dal romanzo che per un istante gli era balenato davanti agli occhi, ma pur sempre un'ottima idea. 

Septimus aveva gli occhi socchiusi e, mano a mano che parlavano e rendevano quell'idea grezza qualcosa di vicino a un progetto, prendeva frenetici appunti sul retro del menù di Florian Fortebraccio – come Septimus si fosse appropriato di quella lista di gelati rimase per Gilderoy un mistero. Alla fine, si bloccò di colpo, agitando una mano sporca d'inchiostro nell'aria come a voler cancellare tutto  ciò  che avevano appena detto.

"Naturalmente, è solo un'idea che ho avuto questa mattina facendo la doccia… non appena avrò stilato un progetto  concreto ne riparleremo".

Gilderoy annuì, la mente già in fermento: l'idea era buona davvero, e sapeva che, con un po' di fortuna, entro un paio di settimane Septimus si sarebbe sentito pronto a cominciare a lavorare concretamente al progetto. 

"La seconda cosa che dobbiamo fare, invece, è far innamorare di te Queenie Royal".

Per poco Gilderoy non cadde dalla sedia, stordito dall'assurdità di quell'affermazione.

"Come, prego?"

Septimus sorrise, massaggiandosi il mento soddisfatto: era chiaro che aveva ottenuto esattamente l'effetto in cui aveva sperato, e ora si preparava a godere dello spettacolo che lui stesso aveva organizzato.

"Lo so, lo so, sembra una follia, vero? Eppure ci risolverebbe così tanti problemi!" 

Septimus si alzò in piedi e cominciò a passeggiare per lo studio, chiaramente incapace di contenere l'eccitazione che una tale geniale proposta gli suscitava.

"Non sappiamo chi sia questa Royal, quindi ovviamente dobbiamo tenerci pronti ad affrontare più possibilità, ma io riesco a vedere solo vantaggi".

Gilderoy era atterrito, ma preferì restare  in silenzio ad ascoltare, senza nemmeno pensare.

"Mettiamo il caso che si tratti di una donna  non più particolarmente giovane, o comunque di qualcuno che sulla prima pagina di una rivista sfigurerebbe: tu potresti approcciarla in privato, potresti sedurla, riempirle la testa di così tante sciocchezze da averla completamente in tuo potere, e a quel punto l'amore sarebbe una fonte di distrazione tale che la sua scrittura ne risentirebbe in maniera fatale".

Gilderoy si era ripromesso di non intervenire, ma le parole gli sgorgarono di bocca prima ancora che lui potesse pensarle.

"Non funzionerà mai, Septimus".

"Sciocchezze, ragazzo, sciocchezze!".

Septimus gli diede una vigorosa pacca sulle spalle, una pacca quasi paterna, e quando riprese a parlare aveva sulle labbra un sorriso da camerata che diede i brividi a Gilderoy.

"Tu sottovaluti la situazione. Stiamo parlando di una vecchia, o di una ragazza che probabilmente vuole piangere ogni volta che si guarda allo specchio. Ma è comunque una donna, una donna che, i suoi libri lo confermano, farebbe di tutto pur di continuare a credere nell'amore. Ecco", Septimus tornò a sedere, gli occhi fiammeggianti di entusiasmo, "ora immagina questa sfortunata creatura corteggiata dall'uomo più bello e famoso d'Inghilterra. Dapprima un incontro apparentemente casuale, e poi il tuo interessamento che nasce piano piano, come in uno dei suoi libri. La Royal non capirà più niente, e tu potrai tenerla così tanto impegnata a vivere il suo sogno che lei non avrà più energie per raccontarlo, quel sogno".

Gilderoy non riusciva nemmeno a figurarsi una simile eventualità. E non solo perché temeva che una scrittrice, per quanto mediocre come la Royal, non si sarebbe fatta distrarre dalla sua scrittura tanto facilmente.

"Septimus, non può funzionare. Io… un conto è piacere a delle donne con cui al massimo passo il tempo di una foto e un autografo. Ma una relazione… io non posso".

Septimus si concesse solo un sospiro teatrale e uno sguardo pieno di compassione, prima di continuare:

"Funzionerà, se ti ci metti d'impegno. Capisco che l'idea di corteggiare una vecchia o una racchia non sia particolarmente allettante, ma…"

"Sai benissimo che non è quello il punto", lo interruppe Gilderoy, stizzito.

Si scambiarono un lungo sguardo: irritato, quello di Gilderoy, e particolarmente severo e improvvisamente privo di qualsiasi luce divertita quello di Septimus. 

"Lo so, e tu sai ancora meglio di me che questo momento sarebbe arrivato e che tu avresti dovuto fare la tua parte".

Gilderoy si morse le labbra, soffocando una risposta sgarbata. Perché sì, era vero, ne avevano già parlato. Gilderoy era ancora fresco del suo diploma a Hogwarts quando Septimus gli aveva concesso un po' di libertà in campo sentimentale: Gilderoy doveva piacere alle streghe, ma le streghe potevano non piacere a lui, finché avesse tenuto le sue preferenze ben lontane dai giornali. Del resto, il personaggio  che stavano costruendo era quello di un principe azzurro della porta accanto, e un principe azzurro non può essere un donnaiolo incallito, dunque l'assenza di qualsiasi pettegolezzo legato a qualche gonnella era stato un fattore positivo, all'inizio della sua carriera. Si erano sempre detti che con il tempo le cose forse avrebbero potuto cambiare, e col passare degli anni probabilmente avrebbero dovuto inscenare flirt e, perché no, forse al momento giusto e con il personaggio giusto anche un fidanzamento ufficiale di copertura, così da non destare alcun sospetto, e Gilderoy era d'accordo. D'accordo e molto bendisposto ad aggiungere un tassello alla propria interpretazione, perché poteva solo immaginare quanto successo avrebbe potuto fare se avesse curato una rubrica dedicata all'organizzazione del proprio matrimonio.

Ma Gilderoy aveva sempre dato per scontato che la futura signora Allock sarebbe stata ben consapevole del suo ruolo di figurante, e che lontano dagli obiettivi delle macchine fotografiche non si sarebbe aspettata alcun tipo di attenzione da parte di Gilderoy.

"Ascoltami bene, Gilderoy: se la Royal fosse una vecchia racchia, dovresti solo esserne felice", proseguì Septimus, spazientito. 

"Le farai perdere la testa per il tempo necessario a minare i suoi progetti, e poi le spezzerai il cuore in così tanti pezzettini che lei sarà troppo impegnata a cercare di metterli a posto da dimenticarsi per sempre della scrittura, e fine dei giochi. Ma se la Royal dovesse rivelarsi un altro tipo di donna”, e qui Septimus fece una pausa e il suo tono parve addolcirsi, come se in fondo anche lui provasse un po’ di compassione per il tormento di Gilderoy, “se fosse una donna giovane e attraente, o magari anche già famosa – no, non fare quella faccia, dobbiamo considerare ogni possibilità, e Queenie Royal per quanto ne sappiamo potrebbe essere anche Minerva McGrannitt in persona, o Celestina Warbeck, o anche la moglie del Ministro!”
A Gilderoy ora veniva per davvero da ridere: nessuna delle donne nominate da Septimus era particolarmente giovane, né la bellezza era la prima qualità a cui lui pensava sentendo il loro nome – per quanto indubbiamente la professoressa MgGrannitt doveva essere stata una strega dotata di un certo fascino, trent’anni prima.

“Insomma, se saltasse fuori che la Royal è Gwenog Jones o la bassista delle Sorelle Stravagarie il nostro approccio dovrebbe essere completamente diverso. Sarebbe un’occasione troppo ghiotta per lasciarla andare, capisci? Dovresti comunque farla innamorare, e se l’amore non fosse sufficiente per distrarla dalla scrittura, allora dovreste imparare a fare squadra”.

Gilderoy sbuffò: non aveva alcuna intenzione di fare squadra con una tizia come Gwenog Jones e le sue braccia muscolose come prosciutti o con qualsivoglia membro di quell’orrendo gruppo rock: nessuna delle Sorelle Stravagarie  aveva anche solo il minimo senso estetico, con quei capelli tinti di colori improbabili. E poi, bastava aver ascoltato per sbaglio uno dei loro testi, così insulsi e privi di qualsiasi amore per la scelta delle parole per capire che nessuna di loro poteva essere Queenie Royal. 

“Pensa, Gilderoy: se riuscissi a convincerla a calare la maschera, potreste diventare la coppia del secolo. Belli, pieni di talento, all’apice del successo, se faceste squadra sareste inarrestabili! Il mondo della letteratura magica sarebbe vostro, fareste sognare chiunque… potreste essere i nuovi Costance Lloyd e Oscar Wilde, i nuovi Ted Huges e Sylvia Plath, i nuovi Scott e Zelda!”
Gilderoy alzò gli occhi al cielo: la famiglia Thesaurus appartaneva al mondo magico da intere generazioni, ma Septimus riteneva che nel campo delle arti i babbani non avessero niente da invidiare ai maghi e amava con passione ardente e sincera la letteratura babbana. Gilderoy avrebbe voluto far notare che la più felice di quelle unioni era terminata prima ancora che nascesse il loro primo figlio, e le altre due, oltre alla fama, comprendevano alcolismo, follia, dolore e depressione: non il miglior augurio per una carriera prospera e felice. 

“Io non credo che la tua sia una buona idea”.
Era la prima volta che Gilderoy pronunciava una simile frase nei confronti di Septimus: le idee del suo editore gli erano sempre sembrate buone, anzi, ottime. E non lo erano solo sembrate: guardandosi indietro, Gilderoy non si pentiva di niente. La sua carriera non avrebbe potuto essere migliore di così, e i consigli di Septimus si erano sempre rivelati vincenti, in qualche caso persino decisivi. 

Ma non questa volta. 

“Perché no? Pensaci! Pensaci con la testa, e non con qualche altro organo. Sei un ragazzo intelligente, Gilderoy, e sai benissimo che questo ci toglierebbe da tantissimi impacci. Hai letto gli appunti della Skeeter: la gente comincia a farsi domande, vuole sapere qualcosa della tua vita privata, e se non daremo mai alla gente qualche pettegolezzo, un flirt, una foto rubata di un momento intimo, la gente continuerà a scavare, e nessuno di noi vuole che la gente scavi fino a trovarti nel letto di qualcuno che ha qualcosa di troppo in mezzo alle gambe, siamo d’accordo, sì?”
Se erano d’accordo? Come se essere d’accordo avesse importanza. Le cose stavano semplicemente così: il Gilderoy Allock che tutti amavano e apprezzavano era stato costruito e studiato per piacere alle streghe, e quelle streghe volevano continuare a cullare il sogno che forse, un giorno, con un pizzico di fortuna, Gilderoy Allock avrebbe potuto notarle e innamorarsi di loro. Nessuna di loro credeva davvero che avrebbe potuto averlo, ma togliere dallo scacchiere anche solo l’ipotesi che questo potesse teoricamente parlando accadere era un suicidio pubblico. Forse il mondo magico sarebbe stato presto pronto per accettare di ammirare sulla copertina di ogni rivista l’immagine di un omosessuale, o forse no – perché Gilderoy le orecchie le aveva, e aveva pure occhi che oltre a essere belli funzionavano perfettamente, e si accorgeva benissimo di come venivano trattate quelle persone che decidevano di vivere la prorpia sessualità sotto la luce del sole – ma di certo non era pronto ad accettare l’omosessualità di Gilderoy Allock. 

Per un breve istante, il sorriso di Kingsley Shacklebolt tornò a stagliarsi nella mente di Gilderoy. Quel sorriso, e il modo in cui avevano chiacchierato, e la naturalezza con cui avevano condiviso il pomeriggio anche quando il motivo ufficiale che li aveva fatti incontrare si era esaurito, e il modo in cui si erano salutati dicendosi che forse, magari, se non fossero stati troppo presi dal lavoro, perché no, si sarebbero potuti rivedere, magari una sera, magari sempre in un quartiere babbano per evitare i giornalisti, sì, sarebbe stato bello.

Era stranamente doloroso pensare a come quella sera Gilderoy avrebbe aspettato di rivedere Gatsby e la grafia sottile di Kingsley mentre ora fissava Septimus e accettava di rinnegare tutto ciò che era e ciò che avrebbe potuto essere.

“Va bene. Lo farò, ci proverò. Sarò la splendida metà della tua splendida coppia, sperando di non essere io quello a finire con la testa infilata in un forno. Anche perché, ci scommetto quello che vuoi, i capelli di Queenie Royal non possono essere belli quanto i miei, quindi sarebbe davvero un peccato”.

Per una volta, aveva pronunciato quella battuta scherzosa sentendosi in bocca il sapore della cenere. 

“Però, credo ci sia un aspetto che non hai considerato: nessuno ha idea di chi sia Queenie Royal, quindi non so come tu possa aspettarti che io la seduca”.
Ma sul viso di Septimus era già comparso un sorriso così entusiasta e soddisfatto che Gilderoy capì di aver finalmente posto l’unica domanda a cui il suo editore sperava di poter rispondere da quando quella penosa conversazione era cominciata. 

“Non essere sciocco, Gilderoy, è ovvio che questo aspetto io l’ho considerato. Noi faremo delle indagini e scopriremo chi si nasconde dietro lo pseudonimo di Queenie Royal, naturalmente”.

“Noi?”
Gilderoy era titubante. Non riusciva proprio a immaginare lui e Septimus nascosti in un vicolo cupo di Notturne Alley, intenti a spiare una donna misteriosa avvolta in un mantello scuro, le braccia strette attorno al prezioso manoscritto del nuovo romanzo della Royal…

“Noi, con l’aiuto di un’esperta del settore. Vedi, Gilderoy, abbiamo appena firmato un contratto: concederai un’intervista in esclusiva a Fattucchiera 2000 una volta al mese, e quando finalmente metteremo le mani su Queenie Royal concederai scoop in esclusiva sulla vostra relazione alla donna che ci avrà aiutato a scovare la nostra Regina”.

Un brusco bussare alla porta d’ingresso dello studio fermò Gilderoy appena in tempo dal mostrare diffidenza per una tale concessione ai giornalisti: Septimus aveva sempre diffidato della categoria, pur cercando di sfruttarli al meglio, e aveva sempre ammonito Gilderoy affinché non si legasse troppo a un solo giornale e una sola piuma. Questo brusco cambio di rotta aveva tutta l’aria di un rischio che non era sicuro di voler correre. 

Septimus però gettò uno sguardo all’orologio appeso al muro, sorridendo felice. 

“Una puntualità che spacca il secondo! Questa donna sta rivelando qualità che non avrei mai nemmeno sospettato… Avanti, mia cara, avanti!”
La porta si aprì, rivelando una donna alta strizzata in completo di un violento color ciclamino. Le dita dai lunghi artigli dipinti di verde andarono ad aggiustare la posizione di un paio di occhiali bordati di strass, mentre lo sguardo avido di Rita Skeeter si posava su Gilderoy.

“Thesaurus e il suo tesoro più prezioso! Bene, bene… ci divertiremo un mondo, noi tre, ne sono sicura!”

Quelle parole, alle orecchie di un frastornato Gilderoy, suonarono come una sentenza. 





 

 


 

Note:

Sento già i fautori dello show don't tell affilare le lame per il modo ignobile in cui ho raccontato del pomeriggio di Kingsley e Gilderoy senza aver mostrato nulla. Lo so, lo so, sono stata pessima, ma giuro che ci saranno altre occasioni per farli interagire e avranno il loro spazio.

Ora, mi sembra inutile ribadirlo per l'ennesima volta, ma qui non si sa mai: per quanto sia affezionata a Septimus e a Gilderoy, la loro morale è decisamente discutibile  e non coincide con la mia, quindi quando leggete dei loro piani ricordatevi che non tutto quello che esce dalla loro bocca corrisponde alla mia sensibilità.

Infine, la questione dell'omosessualità di Gilderoy  e della reazione del mondo magico: qui siamo in un contesto leggero, parliamo di una storia in fondo piuttosto frivola e sciocca, quindi l'argomento non ha lo spazio che merita. Mi sono espressa ampiamente sulla questione nella mia storia "La memoria del cigno": il concetto che sostiene tutto resta il medesimo in entrambi i racconti, a cambiare è solo il registro.

Grazie per aver letto fino a qui!

   
 
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