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Autore: My Pride    25/04/2022    1 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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I was afraid that I might lose you Titolo: I was afraid that I might lose you
Autore: My Pride
Fandom: Batman
Tipologia: One-shot [ 1677 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Bruce Wayne, Jason Peter Todd

Rating: Giallo
Genere: Angst, Malinconico, Introspettivo

Avvertimenti: What if?, Hurt/Comfort, Narratore inaffidabile
Easter Calendar: 86. Per puro caso, X trova Y appeso per i polsi
Uovo di Pasqua: 
"Aspetta, aspetta" || "Stracci" || "Cristo..."


BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    Ormai erano ore che stava camminando all'interno di quel magazzino.
    Vagando a tentoni nella mezza oscurità, era difficile capire con esattezza dove si trovasse, quale svolta avesse già preso e se continuare in quella direzione lo avrebbe davvero portato da Crane come sperava.
    Batman sapeva di non dover abbassare la guardia. Era letteralmente nella tana del leone e lo Spaventapasseri avrebbe potuto giocargli brutti scherzi in qualunque momento, che indossasse o meno i filtri nasali per proteggersi dal suo gas della paura. Eppure, mentre sentiva le assi di legno scricchiolare sotto ai suoi piedi, Bruce stava cominciando a pensare che qualcosa non andava. L’atmosfera era tesa, l’aria pesante; tutto intorno a lui gli dava la sensazione di star respirando acqua e lo appesantiva, e non riusciva a capire come fosse possibile. Conosceva il modus operandi di Crane, sapeva che non era in quel modo che agiva il suo gas e, per quanto sapesse che aveva apportato delle modifiche, non poteva essere in grado di provocare sensazioni del genere. Cosa stava succedendo?
    «...c'è qualcuno?»
    Batman si fermò, un brivido corse dietro la sua schiena. Jason? Quella era la voce di Jason? Com’era possibile? Jason era… era morto, dannazione. No, quello doveva essere l’effetto del gas dello Spaventapasseri. In qualche modo, quel fantoccio doveva essere riuscito a potenziarlo a tal punto da insinuarsi persino nei suoi filtri nasali, e Bruce cercò di restare concentrato sulla realtà che aveva intorno, sulle ombre degli oggetti che lo circondavano e sul forte odore di muffa e polvere che sembrava aver impregnato le pareti di quel posto maledetto.
    «Batman? Sei tu?»
    Quella voce si fece nuovamente sentire nell’oscurità, e stavolta Bruce fu tentato di rispondere, fece persino per aprire bocca e replicare che, sì, era lui, era lì per salvarlo e non avrebbe dovuto temere nulla, ma una risata lo precedette e lui tacque, sbiancando.
    «Batman non verrà a salvarti, Jason», esordì pacatamente il Joker, e Bruce cominciò a guardarsi intorno freneticamente, cercando quelle presenze che sembravano essere lì in quella stanza insieme a lui. Ma, oltre il buio più totale, non c’era assolutamente niente.
    «Verrà».
    Jason deglutì, Bruce riuscì a sentirlo distintamente nonostante le risate che si innalzarono ancora una volta come un crudele battito d’ali.
    «Sono passati sei mesi, Jason. Credo sia arrivato il momento di guardare in faccia la realtà».
    «Fottiti!»
    «Questo è lo spirito giusto! Sei un vero e proprio pezzo da novanta del vecchio pipistrello. Non che questo ti serva a qualcosa».
    «Perché non mi uccidi e basta?»
    Bruce rantolò, allungando una mano davanti a lui quando gli parve di vedere il guizzo rosso della divisa di Jason, la sua espressione spenta e smarrita e le spalle cadenti, nella pallida imitazione di qualcuno che si era ormai arreso del tutto alle circostanze. Ma dov’era? Perché non riusciva a raggiungere il ragazzo nonostante avesse cominciato a correre nella direzione della sua voce?
    «Cosa? Oh, no, no, no, no, no. Non voglio ucciderti... non ancora, almeno. Sei la mia spalla, adesso».
    Batman sentì la bile risalire dal fondo della sua gola a quelle parole, correndo a perdifiato fra quei lunghi corridoi bui col mantello che sembrava sferzare l’aria come una frusta, facendo eco alle risate a cui Joker stava dando vita.
    «Immagina: tu ed io, sempre insieme a fare baruffe, a prendercela con i più deboli! Un vero dinamico duo. Proprio come Batman e quel suo nuovo moccioso».
    «No, lui non lo farebbe».
    «Tu credi? Quindi questo non è Batman? Oh, strano. Le orecchie a punta di solito non mentono».
    Batman non poteva sapere che cosa stesse succedendo, non aveva idea del perché tutto aveva cominciato improvvisamente a tacere e come mai aveva sentito Jason aspirare pesantemente come se avesse inghiottito aria e saliva, ma sentì ben presto una fitta di dolore al cuore, artigliando la divisa e strattonando il simbolo del pipistrello che aveva sul petto come se ciò potesse servire a qualcosa.
    «Non volevo mostrarti quella foto, davvero, no. Ma... era l'unico modo per farti chiudere con il passato».
    La voce di Joker sembrava rammaricata, ma Bruce riuscì comunque a sentire in essa una nota ironica. Di cosa stava parlando? Quale foto aveva mostrato a Jason?
    «Lo so che fa male. Ma, a volte, bisogna essere crudeli per essere gentili».
    Un tonfo, il sordo rumore di qualcosa che veniva colpito da una sbarra d’acciaio; tormentato dal pensiero che Joker avesse nuovamente Jason fra le sue mani, e ignorando ormai la parte razionale del suo cervello che gli gridava in ogni modo che quella poteva solo essere una trappola dello Spaventapasseri, Bruce vagò fra i corridoi e le stanze decadenti di quel posto, chiamando a perdifiato il nome di Jason. Non era così che agiva di solito, non si sarebbe mai esposto in quel modo in un posto che non conosceva, ma in quel momento stava ascoltando solo il suo cuore.
    Quando girò l'angolo e vide qualcuno appeso al soffitto per i polsi, sgranò gli occhi al di sotto del cappuccio e gli corse in contro, strappandogli di dosso il sudario che lo nascondeva alla vista. E sbiancò nel rendersi conto che quello era Jason. Era davvero Jason. Imbavagliato e sanguinante, aveva gli occhi chiusi e la testa reclinata contro la spalla sinistra, con i capelli ridotti ad un ammasso sporco e informe al centro del capo; respirava a malapena, con la guancia marchiata a fuoco da una lettera che sporgeva in parte dal bavaglio che gli teneva chiusa la bocca. Era letteralmente vestito di stracci, con l’uniforme da Robin sbrindellata in più punti come se Joker lo avesse lasciato in pasto alle sue iene, e cercava inutilmente di emettere bassi suoni e gemiti sconnessi.
    «Aspetta, aspetta… non sforzarti, Jason», gli sussurrò Batman con voce rotta, afferrando un batarang da una delle tasche della sua cintura; si allungò verso le corde e le recise con uno scatto secco, e Jason si accasciò a peso morto fra le sue braccia con un grugnito che morì contro le sue labbra imbavagliate.
    Bruce imprecò a denti stretti e adagiò con attenzione il corpo del ragazzo su quel pavimento sudicio, liberandolo dal bavaglio per permettergli di trarre lunghi sospiri, per quanto dolorosi sembrassero. E, adesso che non aveva più il bavaglio, Batman poteva benissimo vedere la lettera J marchiata a fuoco sulla sua pelle, con le vesciche che avevano cominciato a circondare la pelle arrossata. Cristo… cosa diavolo gli aveva fatto quel maledetto clown?
    «Jason», lo richiamò ancora sottovoce, carezzandogli l’altra guancia. «Sono qui, ragazzo. Sono qui per te».
    «Anch’io, vecchio».
    Bruce sollevò il capo al suono di quelle voce, sconcertato dal modo in cui sembrò carezzargli la pelle. Jason era lì, sdraiato ai suoi piedi, quindi com’era possibile che… no, doveva essere colpa del gas, aveva cominciato a dargli alla testa e i filtri erano ormai inutili, poiché altrimenti non si sarebbe mai ritrovato con Jason lì davanti e la sua voce che sembrava provenire dalle sue spalle. Eppure, nello stesso istante in cui si voltò per scrutare nell’oscurità, il peso che aveva sulle gambe sparì, lasciando Batman senza fiato.
    «Jason?» chiamò, non riuscendo a vedere nient’altro ad un palmo del proprio naso. «Jason!» esclamò, rimettendosi in piedi sulle gambe malferme. Il mantello gli si impigliò sotto i piedi e per poco non inciampò mentre si muoveva a tentoni, toccando vecchie poltrone di velluto e logore e dall’imbottitura che sembrava fuoriuscire da esse. Un momento… era in un teatro? No… c’era odore di mais scoppiato, hot dog e caramello, quindi era… un cinema? Come era riuscito ad arrivarci? La luce improvvisa dello schermo lo accecò e si coprì gli occhi con una mano, indietreggiando mentre la musica cominciava a rimbombare a tutto volume nella sala. Conosceva quella colonna sonora, era quella di Zorro.
    Il cuore di Bruce si strinse in una morsa. Gli mancò il fiato, provò a gridare ancora il nome di Jason mentre la musica e i dialoghi scoppiavano tutti intorno a lui, inciampando all’indietro con gli occhi spalancati fuori dalle orbite; cadde, e non fece in tempo ad afferrare il rampino che si sentì precipitare nel vuoto. Quindi sarebbe finita così. Sarebbe morto schiantandosi al suolo, senza sapere che cosa fosse successo davvero. Chiuse allora le palpebre, abbandonandosi a quella sensazione di gelo che aveva cominciato ad avvolgerlo.
    «Ti ho preso, Bruce».
    Ancora quella voce. Ancora un soffio che sembrò sfiorargli l’orecchio come una dolce carezza, cullando quella sua caduta. Però, quando riaprì gli occhi, ciò che vide fu solo il soffitto della sua camera da letto. Ma cosa…? Bruce si drizzò a sedere Con un’imprecazione nel sentire una fitta allo stomaco e si vide cadere in grembo un panno bagnato che ignorò, cercando di guardarsi intorno nonostante il dolore che avvertiva al collo.
    «Vedi di non fare sforzi inutili, vecchio».
    Bruce si specchiò negli occhi chiari e profondi di Jason, allargando le palpebre. Era il solito Jason, con quel ciuffo bianco tra i capelli e nessun marchio a sfregiargli la pelle, tanto che Bruce allungò subito una mano verso il suo viso per carezzargli una guancia sotto lo sguardo sconcertato di Jason.
    «…ehm, okay? La febbre non si è ancora abbassata, eh, Bruce?» domandò a quel punto con un sopracciglio inarcato, allontanandogli la mano per spingerlo contro i cuscini senza che Bruce, troppo stanco, opponesse in qualche modo resistenza. «Dormi», ordinò, piazzandogli nuovamente quella pezza bagnata sulla fronte.
    Bruce provò a dire qualcosa, a replicare che aveva bisogno di spiegazioni e soprattutto di sapere perché la gola gli faceva così male, ma Jason si limitò a dirgli di non sforzarsi ancora più del dovuto e di chiudere gli occhi, soprattutto se non voleva sentire Alfred lamentarsi di quanto poco stesse ad ascoltare qualcuno. Ma fu solo nel guardare Jason con quella sigaretta spenta fra le labbra che Bruce si rilassò davvero.
    Era stato un incubo. Suo figlio era lì, stava bene, era a casa. E lui voleva solo dimenticare ciò che aveva vissuto
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Dopo un po' sono tornata con un altro ovetto di Pasqua (la festa è finita, le uova sono state rotte e io mi sono ricordata di postare sta roba solo adesso) con una storia scritta per l'iniziativa #EasterAdventCalendar indetta sul gruppo facebook Hurt/comfort Italia.
Le citazioni dei dialoghi iniziali sono tratte dal videogioco "Batman: Arkham Knight", e anche l'immagine di Jason appeso per i polsi viene prevalentemente da una parte del gioco. Motivo per cui alla fine ho scelto quel prompt: avrei potuto giostrarmi la cosa senza nessun problema, anche se sono scivolata inesorabilmente nel narratore inaffidabile per cercare di dare una spiegazione ad una cosa che una spiegazione non l'aveva, ah ah
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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