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Autore: MercuryGirl93    28/04/2022    2 recensioni
*LA STORIA VERRA' A BREVE ELIMINATA*
Federico, ragazzo introverso e apatico, subisce la sua vita con passività, insoddisfatto della famiglia e delle sue amicizie. Sarà l'incontro con Emma, vivace quanto misteriosa, a spronarlo a cambiare e ad accendere in lui la curiosità di guardare il mondo con occhi diversi.
Ma chi è Emma? Una favola vissuta da Federico ad occhi aperti o una persona vera, in carne ed ossa?
Mentre il mistero di questa figura quasi fiabesca vi accompagnerà tra le righe di questo racconto, l'amore sarà il garante di una crescita personale e di un introspezione sempre più profonda di un ragazzo smarrito.
Dalla storia:
"Emma sbuffò esasperata. –Mi baci o no?
Federico la osservò: aveva le guance tinte di rosso, anche se la cosa poteva passare inosservata dato il buio. La trovò irresistibile, quell’insistenza quasi infantile che aveva nel volerlo baciare era deliziosa e inaspettata. - No.
-E perché? - domandò indispettita, sfoggiando la sua migliore espressione contrariata: le labbra arricciate, gli occhi verdi taglienti.
-Perché il tuo chiederlo mi ha fatto passare la voglia –
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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XVI Bocca di Leone
 
La forma dei fiori estremamente particolare ricorda una bocca leonina. Anche il suo nome scientifico, infatti, fa riferimento a questa caratteristica, letteralmente dal greco” simile ad un muso”.
È una pianta che appartiene al vissuto di tutti noi, soprattutto perché cresce spontanea abbarbicata ai muri, ai tetti delle case ed alle scarpate rocciose. Tra Maggio e Giugno può capitare di scorgere il fiore, ergersi fiero nei posti più impensati, quasi volesse insegnarci che proprio nulla è impossibile.
Possiede diverse proprietà terapeutiche. Gli antichi romani estraevano un olio dai semi, utilizzato per nutrire la pelle delle signore; oppure la pianta si applicava sul corpo per un effetto emolliente.
Nel Medioevo le fanciulle usavano ornarsi i capelli con questi fiori per comunicare ad ogni corteggiatore di aver scelto il proprio sposo. *
 
Annamaria rimase rigida per i primi secondi di contatto tra le loro labbra, poi si sciolse, e ricambiò timidamente. Chiuse gli occhi e lo strinse, così da annullare la distanza tra i loro corpi.
Sebbene fossero stati a letto insieme molte volte, non si erano mai baciati. Tra di loro c’era sempre stato un tacito accordo per il quale quel gesto così sentimentale dovesse essere escluso dai loro incontri.
Federico voleva bene ad Annamaria, ma si rese conto di non provare nulla durante quel contatto. Per un attimo, poco prima di tuffarsi su di lei, era stato convinto che la risoluzione di quell’enigma fosse proprio nella bionda. Pensava che Emma, dopotutto, fosse stata una guida che lo aveva condotto dalla vera persona a cui i suoi sentimenti dovevano essere dedicati, ovvero Annamaria. Niente di più sbagliato.
I fuochi d’artificio allo stomaco che aveva sempre provato nel baciare Emma non c’erano, non c’era trasporto. Al contrario, solo imbarazzo.
Scrutò nuovamente alle spalle della bionda e notò che l’immagina di Emma era nuovamente sparita, forse scacciata proprio dalla decisione che aveva preso. Se non altro, la sua iniziativa gli era stata utile a sbarazzarsi di quella nuova visione.
Annamaria si rese conto di quanto Federico fosse poco preso dal loro timido bacio e si scostò, sciogliendo l’abbraccio in cui lo aveva stretto.
Lei scosse la testa in maniera interrogativa, il viso lucido per il sudore.
Tuttavia, al posto di attendere una risposta, lo prese per mano e lo iniziò a guidare tra la matassa di corpi in cui erano incastrati, verso l’uscita del locale.
Appena varcarono la porta, l’aria fredda punse il viso di entrambi in maniera rigida ma deliziosa, un ristoro perfetto dal calore che c’era all’interno.
Federico respirò a pieni polmoni l’aria della sera e si sentì subito meglio.
-Perché? – chiese timidamente Annamaria, una volta raggiunto uno spazio un po’ più appartato, lontano dai fumatori e dalle coppiette intente alle effusioni. Gli lasciò andare la mano, come colta da un’improvvisa scossa.
Avrebbe potuto accampare delle scuse, mentire per giustificare quel gesto stupido. Tuttavia, non voleva dire una bugia all’amica, non pensava se lo meritasse. Allo stesso tempo, però, non era neanche in grado di dirle la verità. Non poteva certo dirle di aver provato a scacciare via Emma baciandola, o che gli fosse balenata in testa l’idea che Annamaria fosse la persona a cui era destinato proprio alla luce degli eventi che si erano snodati dalla conoscenza di Emma in poi.
Niente sembrava adeguato, come risposta.
-Non lo so – disse alla fine, maledicendosi per quel gesto impulsivo e sconsiderato a cui si era lasciato andare.
La bionda, tuttavia, non pareva essere ferita o sconvolta, ma solo sinceramente curiosa di quello che era appena successo tra loro, e allo stesso tempo comprensiva per la confusione di lui.
Gli fece una carezza sul braccio. -Io credo di saperlo.
-Ah sì? – biascicò confusamente lui, asciugandosi la fronte sudata.
Annamaria annuì. -Io non sono la persona giusta per rimpiazzarla.
Federico si sentì punto in pieno viso da quella affermazione, ma non poté in alcun modo dissentire. -Non volevo farlo… - cercò di giustificarsi.
-Non importa questo – proseguì lei con lo stesso tono materno e comprensivo. -Anche se volevi farlo, io non credo sia il momento giusto. Tu sei cotto di Emma, lo sai anche tu.
Lo sapeva, ma aveva accantonato la questione, conscio di quanto fosse irrealistico qualunque cosa avesse vissuto con lei. Annamaria, tuttavia, si era convinta di tutt’altro e non poteva contraddirla.
-Mi ha lasciato – si difese Federico, non sapendo in quale altro modo sedare la questione.
-Sì, ma c’è qualcosa di irrisolto tra di voi – insisté la ragazza. -Dovresti parlarle.
Anche in quel caso, non poteva ammettere che quell’idea fosse fuori questione, dal momento che Emma non esisteva in nessun altro posto che non fossero i suoi pensieri. Parlare con lei non era qualcosa di risolutivo, al contrario non avrebbe fatto altro che alimentare sentimenti che voleva smettere di provare.
Non era più disposto ad andare dietro ad un sogno.
-Anche se non vuoi farlo – riprese l’amica. -Non voglio che mi tiri in mezzo alla questione: non sono la persona da usare per dimenticarti di lei, Federico.
Non c’era alcun tipo di severità nella voce di lei. Era il discorso di una persona matura che sapeva perfettamente che cosa desiderava e che cosa non voleva. La faccenda con Marco, probabilmente, aveva innescato in Annamaria un processo di crescita repentina; in poco, era diventata una persona nuova, più sicura di sé.
Federico non poté fare altro che darle ragione, in tutto e per tutto: -Scusa.
Annamaria rise. -Non ti scusare, non c’è bisogno. So che mi vuoi bene, me lo hai dimostrato, quello che è successo non cambierà nulla.
Lui annuì, la bocca dal sapore amaro. Non sapeva cos’altro aggiungere.
-Ora vado a casa – disse Anna con un sorriso sereno. -Ci vediamo domani?
-Sì – ebbe la forza di dire. -A domani!
Incapace di dire altro, la lasciò andare. Rimase imbambolato a fissare il nulla, incapace persino di riservarle la cortesia di offrirsi di riaccompagnarla.
-Quindi che fate, ora, coppia fissa? – sentì la voce di Marco alle sue spalle, poco dopo.
Annamaria ormai era abbastanza lontana da non sentirlo e Federico desiderava di essere altrettanto distante, pur di non vederlo o sentirlo parlare.
Il biondo, alle sue spalle, indossava sempre la sua maschera da mascalzone scanzonato, un sorrisetto ad incurvargli le labbra, il setto nasale deviato dal pugno che gli aveva mollato sulla faccia lui stesso.
Sebbene l’atteggiamento fosse spavaldo, tuttavia, il tono di voce utilizzato riservava dell’astio.
Federico lo squadrò brevemente, ma non aveva voglia di dirgli nulla, quindi fece per andarsene.
-Che fai, non mi saluti? – insisté il biondo, richiamando la sua attenzione.
-Direi proprio di no – lo liquidò.
-Per difendere la tua ragazza hai deciso di scaricarmi?
Non sentì alcun impulso violento, anche se la frase era volutamente provocatrice. Aveva già dato a Marco quello che si meritava e non aveva intenzione di perdere tempo con lui, non voleva riservargli un briciolo della sua attenzione.
-Ho deciso di scaricarti perché sei uno stronzo – commentò, gelido.
Marco non demorse. -Ma lo sai che quella puttana mi ha denunciato? I miei genitori mi stavano per fare a pezzi per questa cosa!
Il fatto che l’ex-amico continuasse a riferirsi ad Annamaria usando simili appellativi fece intendere a Federico che non aveva imparato un bel nulla da quella storia, nessuna lezione.
-Peccato che tu sia ancora qui.
Marco non si scompose. -Quindi la difendi. Credevo non ti piacesse neanche.
Federico finse di ponderarci su, picchiettandosi il mento con un dito. -Credo che fossi tu quello a non piacermi.
-Che stronzo.
-Dico la verità – proseguì. -Sei spregevole, una persona orrenda, non voglio più avere niente a che fare con uno come te. Sono meglio di così.
Anche dopo averlo attaccato verbalmente con tanta severità, Marco non reagì, soppesando con attenzione quanto affermato dall’amico. Federico non sperava di aver innescato un processo di autocritica o di redenzione, ma per una volta era fiero di essere stato in grado di dire quello che veramente pensava sul biondo.
Se ne andò con fierezza, lasciandosi alle spalle l’amicizia più malsana che la vita gli aveva riservato, senza alcun tipo di pentimento neanche per essere stato violento con lui, verbalmente e fisicamente.
Nella strada verso casa, non si sentiva neanche sé stesso. Era come osservare la sua vita vissuta da qualcun altro mentre lui stava lì, spettatore di scelte che non gli appartenevano. Le cose erano così diverse di recente, la famiglia, l’amicizia, l’amore… Tutto aveva assunto un significato nuovo e differente. La situazione non era peggio di prima, anzi, ma non si sentiva per nulla felice.
Quasi come se avesse evocato il motivo della sua infelicità, Emma gli si parò di fianco improvvisamente, come se fino a quel momento lo avesse seguito.
Federico trasalì e si sentì di nuovo il cuore perdere un battito. Emma era sempre dolorosamente bella ai suoi occhi, con le sue lentiggini e i suoi occhi verdi, buffa nelle sue acconciature strampalate e con i suoi vestiti ampi. Bella e irreale.
Si fermarono entrambi sul posto, l’uno di fronte all’altra.
-Hai niente da dirmi? – borbottò lei, spostando nuovamente l’attenzione su di sé. Aveva un’espressione che non le aveva mai visto e che non le si addiceva, con le folte sopracciglia aggrottate e le labbra rosse arricciate. Sembrava infastidita. 
Federico si passò le mani sul viso stancamente. -Credevo di averti detto che volevo mi lasciassi in pace.  
Emma inclinò la testa di lato per cercare il suo sguardo e sorrise, ma senza allegria. -Me lo hai detto con la fronte che scottava per la febbre, credevi che la cosa finisse lì?
-Credevo che per una volta mi ascoltassi.
-Ma davvero ti va bene lasciare la situazione così com’è? – insisté lei, gli occhi enormi e scintillanti sotto le luci della sera. Fece qualche passo verso di lui.
-Ma che situazione? – rise tra sé e sé, sopraffatto e amareggiato. Non c’era niente di concreto tra di loro, niente di cui discutere, semplicemente perché lei non era reale come lui.
-Fai pure il sarcastico? – borbottò lei affranta. -Mi punisci perché ho dato di matto?
Lui capì che si riferiva a quello che era successo tra di loro quando le aveva detto di amarla. Sembravano passati secoli da quel momento così intimo, nel quale si era sentito pronto ad aprirsi in maniera limpida con lei.
Emma non vedendolo reagire proseguì: -Te l’ho detto, avevo bisogno di spazio per pensare. È che… non pensavo di arrivare fino a questo punto con te.
Lo prese per mano e Federico si sentì di nuovo morire dentro a quel contatto.
-Io provo qualcosa per te – disse lei, carezzandogli la guancia spinosa per la barba.
Per un attimo si dimenticò di avere a che fare con uno spettro. -Ed io ti amo – le ripeté come l’ultima volta, in un bisbiglio. Non aveva la stessa convinzione, la stessa sicurezza. Tutto era crollato come un fragile castello di carte.
-Allora perché hai baciato Annamaria, poco fa? – sussurrò lei di rimando, dopo avergli studiato il volto per qualche istante.
Emma non covava alcun tipo di rabbia o risentimento, voleva semplicemente capire il motivo che lo avesse spinto a farlo.
-Non so perché l’ho fatto – disse sinceramente. Emma non pareva soddisfatta della risposta, allora proseguì: -Io non voglio giustificarmi di questo con te.
Lei smise di accarezzargli il viso, ma non gli lasciò andare la mano. -Non voglio che ti giustifichi, voglio capire perché dici di amarmi e poi ti butti tra le braccia di un’altra al primo problema che affrontiamo.
A quel punto fu lui ad interrompere il contatto. Non voleva affrontare discorsi da coppia con una persona irreale.
La rabbia iniziò a ribollirgli dentro, mista alla confusione, all’esasperazione. Aveva sopportato troppo e per troppi giorni, senza la possibilità di sfogarsi con nessuno. A chi avrebbe mai potuto dire che era innamorato di un fantasma?
-Emma perché mi tormenti?
Lei parve sorpresa di sentirselo dire: -Ti tormento? Perché continui a dirlo?
-Sì, mi tormenti! Ti sei infilata nella mia testa, appari quando ti fa più comodo per poi sparire per giorni, mi fai innamorare di te senza rendere chiaro chi sei veramente! Lasciami in pace, ti prego, torna da dove sei venuta, smettila di tormentarmi! – gli uscì rabbiosamente. -Sto diventando pazzo!
Si accorse di stare piangendo solo quando lei, coraggiosamente, gli sfiorò di nuovo il viso per raccogliere le lacrime ai lati delle guance, mentre con l’altro braccio gli cingeva i fianchi in un timido abbraccio.
-Mi fai paura Federico, che ti prende? – gli sussurrò dolcemente, baciandogli una guancia. Aveva un tono rassicurante, voleva solo calmarlo.
-Sto diventando pazzo – ripeté lui, sconsolato.
-Perché dici questo?
-Perché io ti amo… ma tu sei morta.
A quel punto Emma si irrigidì. -Io sono cosa?
Lei si scostò da lui per potergli studiare il viso con maggiore attenzione. Federico era sconvolto, si sentiva il corpo pesante, ma anche Emma non sembrava essere in sé: aveva di nuovo le sopracciglia aggrottate e lo sguardo torvo carico di confusione.
-Credi che io sia morta?
Federico si sentiva stupido, ma rispose: -Lo so per certo.
-Come sei arrivato a questa conclusione? – lo incalzò lei. Sembrava curiosa. -Con chi stai parlando se sono morta, con un fantasma?
Lui non rispose, amareggiato come non mai dalla situazione creatasi.
Emma, a quel punto, fece l’ultima cosa che si aspettava: gli buttò le braccia al collo e lo baciò. Fu da subito un contatto intimo, la lingua di lei ad insinuarsi nella bocca di lui, mentre Federico la stringeva a sé beandosi del calore che emanava.
Gli prese il viso tra le mani, poi gli carezzò il collo, le spalle, le braccia, affondando le dita nella pelle di lui con più bramosia del solito. Gli morse il labbro inferiore con così tanta foga che Federico si sentì il sapore ferroso del sangue in bocca, ma questo non bastò a farlo staccare da lei.
-Se non fossi vera, un fantasma, potrei mai baciarti così? – ansimò Emma sulla bocca di lui, le guance rosse per il bacio. Si scostò quel tanto che bastava per dirglielo e lo baciò ancora, più dolcemente, più lentamente.
Federico la abbracciò con maggiore tenerezza, come se non volesse più lasciarla andare.
Nuovamente non si accorse quando le lacrime iniziarono a sgorgare, ma in un attimo si ritrovò con le guance umide e il sapore salato del suo pianto nella bocca di lei.
Emma gli prese il viso tra le mani e lo guardò.
-Guardami bene – gli disse dolcemente, come se stesse parlando ad un bambino spaventato. -Sono reale, Federico. Chi ti ha messo in testa un’idea simile?
Lui la baciò un’ultima volta sulle labbra bollenti, per poi scostarsi quel tanto che gli bastava per guardarle il viso, ma non troppo da non sentire il calore della sua pelle.
-Siamo sempre soli quando ci vediamo…- borbottò lui titubante, mettendo davanti tutti gli indizi che avevano alimentato quella sua ipotesi.
-È una coincidenza – rispose Emma, carezzandogli il viso.
-Nessuno a parte me ti ha mai vista.
-Tua sorella?
-Non si ricorda.
Emma sorrise. -È piccola, Federico, magari le sarò sfuggita dalla mente.
Federico continuava a non essere convinto, nonostante tutto: -Appari e sparisci in un soffio.
-L’abitudine – ridacchiò lei, vaga.
-L’abitudine a cosa?
-È complicato.
Trovò le spiegazioni alle sue domande del tutto insoddisfacenti. Emma sembrava volerlo rassicurare, ma allo stesso tempo non voleva esporsi più di quanto non avesse già fatto, ovvero molto poco, dopotutto.
Federico si sentì sciocco ad aver fatto quella scenata, quasi si vergognò, ma prima ancora di lasciarsi andare a quelle emozioni si aggrappò all’unica evidenza che lo aveva portato a realizzare che lei fosse morta, ipotesi poi alimentata da tutti gli altri indizi.
-Tua zia ha detto che sei morta.
-Chi? – borbottò Emma, come se non avesse registrato correttamente l’informazione.
-Tua zia – ripeté lui. -Sono stato a casa tua.
A quel punto l’umore, il tono e l’espressione di Emma subirono un brusco cambiamento: -Cosa hai fatto? – chiese retoricamente, quasi in un ringhio. Non l’aveva mai vista arrabbiata.
Federico, più volenteroso di risposte che di giustificarsi, la incalzò: -Perché dice che sei morta?
-Perché sei stato a casa mia? Perché hai parlato con lei? – borbottò lei di rimando. Le guance le si tinsero nuovamente di rosso, ma per il fastidio e non per l’ardore di qualche attimo prima, quando lo aveva baciato.
-Sparisci sempre! Che cosa avrei dovuto fare?!
-Lasciarmi il mio spazio! – alzò la voce, risultando quasi stridula alle orecchie di lui. -Non dovevi ficcanasare, dovevi lasciarmi il mio tempo!
-Se lo avessi fatto non ci saremmo più visti! – insisté lui. Non riteneva di essere nel torto, tutto quello che aveva fatto era cercarla, desiderarla, mentre lei sembrava fatta di fumo, difficilmente afferrabile, sfuggente.
Emma strinse i pugni ai lati dei fianchi. -Sono io che ti ho cercato adesso! Cosa credi, che non mi importi nulla?
Federico non lo pensava, in realtà, ma nel bel mezzo della discussione non riuscì a processare i fatti e i sentimenti con la giusta oggettività. Era arrabbiato anche lui, così come lo era lei.
-Mi hai sempre tagliato fuori da tutto quello che ti riguarda, perché dovrei pensare che ti importi?
Lei gli scoccò un’occhiataccia. -Me ne vado!
-Te ne vai? – ripeté lui, scontrosamente. -Ma certo, che cosa mi aspettavo, che per una volta potessi dire le cose con chiarezza?
-Non dovevi ficcanasare! – urlò lei di nuovo, già a qualche passo di distanza.
Federico la guardò allontanarsi furente. -Ma certo, scappa pure dalle conversazioni che ritieni sconvenienti!
Emma non fece neanche un passo indietro e non gli rispose: marciò orgogliosamente verso una meta non definita, sparendo nel buio della sera.
Ancora incendiato dalla rabbia, Federico decise di rincasare, ricominciando a percorrere il vialetto contornato da bocche di leone che lo avrebbe riportato fino a casa sua.
Passò davanti ad una villetta ben illuminata dove un anziano con il bastone sembrava infastidito ed in attesa proprio del suo passaggio.
-La prossima volta che tu e la tua ragazza litigate, fatelo lontano da casa mia! – sbraitò l’uomo, anche lui furente. Agitò all’aria il suo bastone di legno, come il direttore di un’immaginaria orchestra, per poi chiudere la porta di casa con un tonfo esageratamente forte.
Federico rimase impietrito per qualche istante.
Se non altro da quella serata aveva appreso una verità non trascurabile: Emma era tutt’altro che morta.
 
Il nome scientifico della Bocca di Leone, Antirrhinum deriva dalle due parole greche anti, traducibile con “simile” e rhin la cui traduzione è “muso”. Il significato di questo fiore è quindi “Simile a un muso”. Questo forse in relazione al fatto che il fiore, specialmente se pressato alla base, ricorda la bocca di un leone o, come vogliono gli anglofoni, di un drago. La Bocca di Leone simboleggia il disinteresse, l’indifferenza e il capriccio, per via del fatto che le ragazze nel medioevo usavano adornarsene il capo per rifiutare corteggiatori insistenti.
La tradizione lo considera da sempre il fiore del capriccio; nel medioevo, infatti, le ragazze erano solite ornarsi i capelli con questi fiori per rifiutare i corteggiatori non desiderati. Per questo la valenza generalmente riconosciuta alla bocca di leone è l'indifferenza ed il disinteresse.
[www.giardinaggio.it]
 
*Fonte: www.amicofiore.it

Buonasera a tutt*! Oggi ho poche parole da spendere se non quelle per rinnovare i ringraziamenti. 
La storia l'ho conclusa circa una settimana fa e ora mi sto dedicando alla revisione dei capitoli non ancora pubblicati. 
Spero che restiate fino alla fine!
A giovedì! 

 
   
 
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