Rarity resistette ancora un paio di
mesi, poi cedette.
Non poteva più continuare a stare
con Applejack, ad ingannarla come se la sua amicizia decennale non fosse mai
valsa nulla per lei.
Era completamente inutile affidarsi
al Veleno Eterno, Applejack non l’avrebbe mai amata per davvero, ed alla minima
dimenticanza avrebbe rischiato di farsi terra bruciata attorno, proprio come
Pinkie.
Così, a metà di ottobre, decise di
parlarle a viso aperto, di lasciarla,
anche se l’effetto della pozione sarebbe svanito solo due settimane più tardi.
Era disperata, ma determinata:
avrebbe chiuso la Carousel Boutique e si sarebbe trasferita a Rockville, vicino
a Pinkie, l’amica che più sentiva vicina per peccati e scelte di vita.
Aspettò che Applejack rientrasse dal
suo solito giro di vendite al mercato di Ponyville, con le luci spente, e lei
china tristemente sopra uno sgabello, a cucire un morbido scialle per la
vecchia Granny Smith. Il suo regalo d’addio.
“Ciao tesoro, sono a casa!” le disse
la giumenta di terra, appendendo il suo cappello all’appendi cappotti situato
all’ingresso.
Aj era allegra, fischiettava, e
rimase sorpresa nel vedere la sarta rannicchiata cupamente sopra uno sgabello a
cucire.
“Che succede? Stai male?”
“Applejack… C’è una cosa che ti devo
dire…”
La compagna andò a prendere una
sedia in cucina e si sedette di fianco a lei.
“Ti ascolto.”
Rarity boccheggiò; anche se aveva
ben chiare le parole che avrebbe detto, l’inizio era tremendamente complicato.
Stava per distruggere qualcosa di
abusivo, che non sarebbe mai dovuto essere, che partiva da una sua fantasia
degenere.
Ciononostante, avrebbe devastato
anche la genuina amicizia che aveva provato per lei nel corso degli anni…
“Genuina? Se fosse stata veramente
amica tua non l’avresti ingannata in quel modo…” le sussurrò una vocina
malevola nella mente.
Fu quel senso di colpa a farla
scattare:
“… Mi sono innamorata di un mio cliente.”
Una bugia, o meglio, una mezza verità.
In quei mesi di lontananza si era
resa conto di pensare parecchio a Pinkie; non sapeva se per senso di comunione,
rimorso o un sentimento più profondo.
Gli occhi smeraldini di Applejack si
allargarono, facendo stringere il cuore di Rarity per reazione.
“Lo conosco?”
L’unicorno scosse la testa.
Non era vero, ma in fin dei conti
aveva importanza, in quel castello di carte che si era creata da sola, dal nulla?
Applejack era ammutolita, ferita,
disorientata.
A Rarity faceva male vederla così,
anche se dentro di lei stava maturando una consapevolezza nuova, come un raggio
di luce che pian piano si fa strada tra le acque annerite dalla notte: non era più innamorata di Applejack:
dopo lo shock del mancato matrimonio di Pinkie il suo amore per la giumenta
bionda le era parso fioco, opaco, senza contenuto.
“Possiamo darci del tempo per
ripensarci e-”
“No, Applejack, credimi, è meglio
così.”
Se ne andò quella sera stessa, dopo
aver mestamente raccolto le sue cose, ad una ad una, un’ora dopo l’altra. Non
volò una mosca per tutta la fattoria, mentre fuori infuriava il vento
autunnale.
Spingendo i
suoi trolley grazie alla magia, Rarity salutò il Giardino Dolci Mele, dove per
poco era stata felice. Con le lacrime che già iniziavano a scendere, gli mandò
un bacio e se ne andò.
Si trasferì a Rockville, in una
modesta casupola poco distante dalla fattoria dei Pie, e fece in modo di
decorarla a suo gusto.
Comprò delle belle vernici, in tutte
le sfumature dal bianco al viola, si procurò della lavanda per profumare gli
ambienti e distribuì in giro dei volantini per sponsorizzare il suo nuovo
laboratorio di sartoria. Sperava di avere una buona clientela anche lì, essendo
Rockville un posto piuttosto ostile, bruciato dal sole d’estate e tremendamente
freddo d’inverno. Rarity avrebbe avuto una vasta scelta di capi da cucire, dai
maglioni ai graziosi costumini da bagno.
Con il passare delle settimane,
Rarity si ambientò, ed ebbe anche modo di incontrare Pinkie.
Si stupì parecchio, nel trovarla con
una pancia di quasi sette mesi:
“Lui lo sa?” non aveva potuto
esimersi dal chiederle.
Pinkie aveva scosso la testa
tristemente.
“Non hai intenzione di informarlo?”
La pony ricciuta si accarezzò il
ventre.
“No… A cosa servirebbe? Mia figlia
crescerebbe in una famiglia falsa, con un padre scontento e una madre piena di
sensi di colpa.”
“Sai già che è una femmina?”
Pinkie sorrise.
“Me lo sento.”
“Però, Pinkie… Io credo che tu
faccia male a non avvisare Shining… Sarà arrabbiato con te ma non credo
rifiuterebbe sua figlia… Flurry sarebbe contenta di avere una sorellina!”
Gli occhi della pasticcera si
riempirono di lacrime.
“Ti prego… Dillo almeno a Twilight…”
La ragazza si pulì gli occhi.
“No, Rare… E’ troppo tardi…”
Rarity non
seppe cos’altro dire, ma da quel giorno si fece in quattro per Pinkie: la
aiutava nelle faccende domestiche, cucinava anche per i suoi genitori e le sue
sorelle, le faceva compagnia, parlava con la pancia. Sentiva dentro di sé un
calore nuovo, che non aveva mai provato neppure con Applejack, ma non osava
dire niente all’amica. Non voleva rovinare la loro bella amicizia, e in quel
momento la priorità spettava alla nuova vita.
Giunse il mese di aprile dell’anno
2025, e con esso, la data del parto di Pinkie.
Rarity era lì, accanto a lei, mentre
la pony rosa sudava e spingeva, coadiuvata dal dottor Lumpy, il medico che
aveva sempre seguito la famiglia Pie.
La madre di Pinkie aveva sempre
partorito in casa, ed anche la figlia aveva preso quella strada.
Rarity le stringeva lo zoccolo e
sudava anche lei, percependo la sofferenza e la tristezza della sua amata,
colei a cui aveva donato tutto il proprio affetto platonico, ed era stata una
sensazione purissima, scevra di ogni malizia.
Avrebbe dovuto esserci Shining Armor
al suo posto… Ma lui era lontano, forse rabbioso, forse indifferente. Di sicuro
ignaro.
“Il battito si fa debole.”
“Huh? Il battito di Pinkie? O del
piccolo?” chiese Rarity.
Il dottor Lumpy non ebbe modo di
risponderle, perché in quel momento, venne alla luce la figlia di Pinkie.
Aveva avuto ragione, era una
puledrina. Era un unicorno bianco come il padre, con gli occhioni color del
cielo e qualche ciuffo riccio sulla testina. I capelli viravano dal fucsia di
Pinkie alle due tonalità di blu di Shining Armor.
Quando il dottore l’ebbe pulita,
Rarity la prese in braccio e si mise a piangere.
“Pinkie… E’ bellissima. Sei stata
bravissima.”
La pony rosa se l’avvicinò al cuore,
dandole piccoli baci sulla fronte.
“E’ perfetta, ed è così che la chiamerò:
Parfait.”
Pinkie ansimava, aveva il fiato
orrendamente corto, ed il dottore era ancora agitato. Rarity nel mentre aveva
ripreso la piccola e la stava facendo conoscere ai nonni e alle zie.
Dopo qualche minuto, Parfait venne
posta nella culla, e a Pinkie fu chiesto di riposare. Il parto era stato
complicato, aveva perso molto sangue.
“Rarity… Vieni qui…”
La sarta non riusciva a staccarsi
dalla piccola, era come se fosse figlia sua.
“Rarity… Grazie per essermi stata
vicina… Io… Avrei voluto…”
Una fitta al basso ventre la
costrinse a prendere fiato.
“L’emorragia… E’ stata grave… Più
grave del previsto…”
Le sue parole erano sussurri
disperati, sentori di morte, e Rarity vide la sua amata in una bara, sepolta
sotto metri di terra.
Il pensiero le era intollerabile e
dovette lottare per non cedere al panico.
“Pinkie, non dire così! Devi vivere!
Parfait ha bisogno di te!”
Ora, negli occhi della ragazza rosa,
oltre alla paura, c’era anche la speranza.
“Parfait avrà la mamma migliore del
mondo. Promettimi che ti occuperai di lei, Rari, promettimelo. Io non posso più
darti il mio amore, ma posso…”
Si assopì dolcemente, ed il sonno
scivolò in un decesso senza pietà.
Pinkamena
Diane Pie, quantomeno, era sorridente.
All’inizio di maggio, Twilight
Sparkle salì a bordo del dirigibile “Parasprite” per inaugurarlo; al seguito,
la sua famiglia e due amiche: Applejack e Starlight.
La cowgirl, svaniti i fumi della
pozione, si era sentita sospesa, come dopo essere caduta da una bolla di sapone
scoppiata all’improvviso. Aveva iniziato a capire che qualcosa non andava
quando tutti le facevano domande su come si sentisse, o commenti sulla fuga
improvvisa di Rarity. Non aveva mai provato sentimenti romantici per la sarta,
perché tutti le trattavano come se fossero quasi sposate?
La risposta le era giunta un giorno
da Starlight, dopo il termine delle consuete lezioni alla Scuola dell’Amicizia.
La preside della Scuola conosceva i
sintomi di Aj, aveva vissuto in prima persona quella situazione con Pinkie Pie,
perciò provò a teorizzare quello che sospettava, ossia un avvelenamento da
Veleno Eterno.
“Quindi,
Pinkie e Rarity erano in combutta?” le
aveva chiesto Applejack.
“Temo
di sì.” le aveva risposto Starlight.
Neanche a farlo apposta, poco dopo
la pony arancione aveva trovato nella sua borsa un barattolino di brillantini
dimenticato dalla sarta, e con rabbia l’aveva scagliato contro il muro. Questo
si era aperto e i glitter avevano ammantato il pavimento di bagliori argentei.
“Wow,
Aj… Piano con la rabbia…”
La giumenta si era lasciata cadere
per terra, sgonfiata, svuotata.
Starlight le aveva accarezzato la
schiena con fare sollecito.
“Come
ho potuto farmi ingannare così…”
“Ci
siamo cascati tutti, Twilight compresa. Mai avremmo immaginato un comportamento
simile.”
“Adesso
lei dov’è?”
“Nessuno
lo sa.”
“Beh, poco importa. Spero di non incontrarla
più.”
Starlight non poteva biasimare la
sua amica, d’altronde Rarity si era comportata in maniera imperdonabile, anche
se le spiaceva, in fondo anche lei non era stata proprio una santa in passato,
eppure aveva avuto una seconda opportunità.
Sperò quindi che col passare del
tempo le cose potessero migliorare.
Per risollevarla un po’, dunque, la
preside aveva invitato Applejack all’inaugurazione del dirigibile, e quella
festa aerea stava sortendo i risultati sperati.
La giornata, quindi, trascorse
tranquilla, con Twilight ancora ignara della sorte di Pinkie e della nascita di
sua nipote.
Twilight Velvet e Night Light non
parlavano di ciò che era accaduto a loro figlio, addolorati e costernati per
l’inganno che avevano subito, e si sforzavano di sorridere come al loro solito.
Ad un certo punto del pomeriggio,
Applejack uscì fuori dalla cabina principale del dirigibile per andare a
comprare qualche gelato.
Quando la sua coda bionda sparì dalla
visuale, Lightning Dust dette di gomito a Starlight.
“Dì la verità: Applejack ti piace.”
L’unicorno rosa la guardò senza
capire, così la pegaso alzò gli occhi al cielo.
“Oh, andiamo, si vede benissimo che
ci tieni molto a lei. Anch’io ci sono passata con Twilight, ed è stato
difficile ammettere di essere innamorata, ma non me ne sono mai pentita!” le
disse, facendole l’occhiolino alla fine della frase.
Starlight si sedette e si dondolò
sulla sedia.
“Lei mi piace da quando mi ha fatto
fare un tour della sua fattoria, ed anche la sua famiglia è deliziosa. Non le
ho mai detto niente perché non mi sentivo… degna
di lei.”
Lightning Dust l’osservò con
empatia: capiva perfettamente il suo stato d’animo.
“Nemmeno io mi sentivo all’altezza
di Twilight, ma una cosa è certa: i nostri errori li abbiamo affrontati, li
abbiamo pagati. Rarity invece che ha fatto? E’ scappata, senza il coraggio di
affrontare la relazione malata che lei stessa aveva creato. Elemento della
Generosità dei miei zoccoli!”
Starlight si sentì un poco
rincuorata, e sorrise timidamente.
“Secondo te sono una buona amica per
lei?”
“Beh, è grazie a te se si sta
riprendendo dall’abbandono. Continua così!”
“Grazie…”
Il discorso venne interrotto
dall’arrivo di Thunderquake, la quale teneva tra gli zoccoli la piccola Dusk
Glow.
“Mamma… Dusky soffre il mal d’aria…”
disse, mentre la puledrina di due anni si lamentava.
“Ora andiamo un po’ in camera, così
la faccio sdraiare. Ci vediamo più tardi, Starlight.”
Dopo aver preso in braccio la
piccola ed aver parlato con la moglie, Lightning Dust si diresse nella sua
cabina, lasciando Starlight ed Applejack sole a gustarsi il gelato.
Rarity era
sempre più lontana.
Alla fine del mese, dopo aver
radunato gli amici nel suo cottage, Fluttershy dette loro una lieta novella:
aspettava un puledrino, che sarebbe nato alla fine di gennaio 2026.
Lei e Thunderlane erano al settimo
cielo, e si stavano godendo quella piccola festicciola con le creature a loro
più care.
Era buffo vedere Rumble conversare
con Zephyr Breeze, soprattutto perché quest’ultimo cercava di impressionare il
pony più giovane.
I due futuri genitori ridacchiarono,
quando d’improvviso si spalancò la porta di casa, rivelando la figura, ormai
piuttosto alta, di Spike; era accompagnato da Sweetie Belle.
“Siamo in ritardo?” aveva domandato
il drago, prima di allungare il regalo a Fluttershy.
“C’è qualcosa che non va?” chiese
loro la pegaso dai capelli rosa, notando l’espressione tesa di Sweetie Belle e
la faccia buia di Spike.
“Abbiamo visto Rarity.”
Si levò un ‘oh’ generale di
sorpresa.
“Dov’era?” domandò Starlight, vedendo
l’espressione di Applejack farsi glaciale.
“Era vicina alla sua ex boutique. A
quanto pare oggi doveva incontrare il nuovo acquirente.” borbottò Spike, prima
di sedersi.
Silenzio, nessuno osava fiatare.
Tutti sapevano cosa aveva combinato assieme a Pinkie.
“Il solo pensiero di essere stato
innamorato di una come lei, di aver desiderato di passarci la vita insieme…
Ach…”
Si passò la zampa tra i solchi della
cresta, rabbioso e addolorato.
“Non esagerare, Spike! Considera che
Sweetie Belle è sua sorella!” gli consigliò Rainbow Dash, mentre il piccolo
Hurricane le passava una ciotola di patatine.
“Bella sorella! E’ andata via senza
neppure passare a salutare me e i nostri genitori! E’ una vigliacca!”
A quel punto, l’unicorno dai
riccioli pastello si mise a piangere, subito confortata da Spike. Ormai erano
una coppia, e il drago non avvertiva alcun rimpianto per Rarity, al contrario…
Giunti a quel punto, la sarta gli procurava disgusto, e forse anche pena.
Comunque, dopo aver consolato
Sweetie ed aver rasserenato Spike, la festicciola proseguì senza ulteriori
intoppi.
Rarity stava veramente diventando un
fantasma del passato, e lei non aveva detto nulla riguardo alla morte di
Pinkie, né alla nascita di Parfait.
Gli Elementi dell’Armonia si erano
ufficialmente divisi.