HORROR
Una singola, intorpidita goccia continuava a cadere, facendo quel peculiare rumore di “plick”. Rimbombava come un tuono nel corridoio deserto e si ripeteva a cadenza regolare, scandendo i secondi e i battiti del mio cuore. I corridoi così silenziosi non li avevo mai sentiti, anche a notte fonda Hagwarts aveva i suoi sospiri e gli scricchiolii. Ogni mattone sussurrava costantemente. Tranne quella notte. Mi sentivo un idiota ad essere uscito da solo, l’idea di andare a cercare il pietrifica-babbani mi aveva colto come la più geniale delle idee, certo di essere protetto dal mio sangue puro e desideroso di essere al centro dell’attenzione per una volta.
Ma in quel momento, bagnato dalla luce soffusa della luna e stordito dall’eco di quella maledetta goccia, iniziavo a pentirmi della mia scelta.
In quel lato del castello e all’ora di cena non avrebbe dovuto esserci nessuno, infatti era esattamente quella l’impressione, eppure, allo stesso tempo, mi sentivo osservato. Mi guardai intorno, ma non riuscivo a vedere molto, così continuai a camminare, incalzato dalla gocciolina impietosa e dal suo plick...plick…plick…
plick…
plick…
plick…
Arrivai nei pressi di uno svincolo, illuminato da una finestra abbastanza ampia da permettermi di vedere dove mettevo i piedi. Avrei potuto usare la bacchetta per un lumos, ma avevo paura che avrebbe solo rivelato la mia presenza a quella cosa che mi osservava. Ormai ero certo che ci fosse, come una sensazione sottopelle, sbagliata. Carta vetrata sui miei nervi già provati.
Poggiai una mano alla finestra per ritrovare stabilità e la tolsi con uno scatto. Scossi velocemente il braccio, cercando di fare il meno rumore possibile, e facendo cadere i ragni che si erano aggrappati alle mie dita. Passato il momento di panico mi avvicinai: una fila di piccoli ragnetti zampettava in fretta per uscire fuori dalla finestra.
Ripresi a camminare, sentendo il rumore della goccia così forte che mi chiesi se non fosse un allarme nella testa che mi diceva di fuggire. Bastò fare due passi nel corridoio di destra per farmi pentire di essermi allontanato dalla Sala Grande. Il pavimento era una pozza d’acqua, le luci soffuse delle torce tremolavano, rivelando una parete bianca, macchiata da lettere scarlatte che formavano la frase “La camera dei”. Sotto, quella che mi pareva una creatura minuscola, totalmente nascosta da una cascata di capelli, con i piedi nudi e un piccolo dito che tracciava altre lettere, macchiando il muro. Mi pietrificai, senza riuscire a muovermi o ad urlare per il puro terrore di quella scena. Mi concentrai sul dito macchiato di rosso e vidi quella singola goccia che cadeva e cadeva e cadeva. Una goccia di sangue che sporcava lo specchio d’acqua ai piedi della creatura. Probabilmente feci un respiro troppo rumoroso e quella si bloccò. L’immobilità che aveva mi sembrava innaturale, quando iniziò lentamente a voltarsi verso di me tornai lucido e corsi via, più veloce di quanto avessi mai corso in vita mia.
Poco dopo, tornando ala Sala Comune, avremmo trovato l’intera scritta, la minaccia ai nati-babbani. Eppure nei mei incubi era me che perseguitava quella creatura insanguinata.