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Autore: Valentyna90    15/05/2022    6 recensioni
Alya Merope Black è la sorella gemella di Sirius. Ha vissuto con lui e con il fratellino Regulus gli anni dell'infanzia a Grimmauld Place, sotto la severa educazione impartita da Orion e Walburga Black, i loro inflessibili e orgogliosi genitori.
Sotto l'influenza dei rigidi dettami della sua famiglia, Alya Merope cresce come degna erede della Casata dei Black, fiera e vanitosa delle sue origini; tutto il contrario di suo fratello gemello Sirius, che le rigetta con disprezzo. Insieme, i due gemelli entreranno a Hogwarts, ma vivranno vite separate. Sirius sarà un Grifondoro, Alya Merope una Serpeverde. Un perenne velo di sdegno e indifferenza li separa.
Ma nella vita della giovane Black c'è dell'altro. Un potere arcano e sconosciuto, che nemmeno lei sa comprendere. La sua mente funziona diversamente rispetto a quella dei suoi coetanei. Soprattutto nei sogni. Qui, in questa parte sospesa dell'esistenza, dove tempo e spazio, realtà e finzione si confondono, la coscienza di Alya Merope viaggia, apprende, conosce. Ma sempre inconsapevole.
Quale sarà il destino della giovane maga?
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merope Gaunt, Nuovo personaggio, Orion Black, Regulus Black, Sirius Black
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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EPILOGO

 

Hèn to pân
"Nulla si crea e nulla si distrugge. Tutto si trasforma."
- Antoine-Laurent Lavoisier


 

[Questa parte è stata estrapolata direttamente dal Capitolo 1 di "Harry Potter e la Pietra Filosofale"]


 

IL BAMBINO CHE È SOPRAVVISSUTO

[...] Un uomo apparve all'angolo della strada che il gatto aveva tenuto d'occhio; ma apparve così all'improvviso e silenziosamente che si sarebbe detto fosse spuntato da sotto terra. La coda del gatto ebbe un guizzo e gli occhi divennero due fessure.

In Privet Drive non s'era mai visto niente di simile. Era alto, magro e molto vecchio, a giudicare dall'argento dei capelli e della barba, talmente lunghi che li teneva infilati nella cintura. Indossava abiti lunghi, un mantello color porpora che strusciava per terra e stivali dai tacchi alti con le fibbie. Dietro gli occhiali a mezzaluna aveva due occhi di un azzurro chiaro, luminosi e scintillanti, e il naso era molto lungo e ricurvo, come se fosse stato rotto almeno due volte. L'uomo si chiamava Albus Silente.

Albus Silente non sembrava rendersi conto di essere appena arrivato in una strada dove tutto, dal suo nome ai suoi stivali, risultava sgradito. Si dava un gran da fare a rovistare sotto il mantello, in cerca di qualcosa. Sembrò invece rendersi conto di essere osservato, perché all'improvviso guardò il gatto, che lo stava ancora fissando dall'estremità opposta della strada. Per qualche ignota ragione, la vista del gatto sembrò divertirlo. Ridacchiò tra sé borbottando: «Avrei dovuto immaginarlo».

Aveva trovato quel che stava cercando nella tasca interna del mantello. Sembrava un accendino d'argento. Lo aprì con uno scatto, lo tenne sollevato e lo accese. Il lampione più vicino si fulminò con un piccolo schiocco. L'uomo lo fece scattare di nuovo, e questa volta si fulminò il lampione appresso. Dodici volte fece scattare quel suo 'Spegnino', fino a che l'unica illuminazione rimasta in tutta la strada furono due capocchie di spillo in lontananza: gli occhi del gatto che lo fissavano. Se in quel momento qualcuno perfino quell'occhio di lince del signor Dursley avesse guardato fuori della finestra, non sarebbe riuscito a vedere niente di quel che accadeva in strada. Silente si fece scivolare di nuovo nella tasca del mantello il suo 'Spegnino' e si incamminò verso il numero 4 di Privet Drive, dove si mise a sedere sul muretto, accanto al gatto. Non lo guardò, ma dopo un attimo gli rivolse la parola.

«Che combinazione! Anche lei qui, professoressa McGonagall?»

Si voltò verso il soriano con un sorriso, ma quello era scomparso. Al suo posto, davanti a lui c'era una donna dall'aspetto piuttosto severo, che portava un paio di occhiali squadrati della forma identica ai segni che il gatto aveva intorno agli occhi. Anche lei indossava un mantello, ma color smeraldo. I capelli neri erano raccolti in uno chignon. Aveva l'aria decisamente scombussolata.

«Come faceva a sapere che ero io?» chiese.

«Ma, mia cara professoressa, non ho mai visto un gatto seduto in una posa così rigida».

«Anche lei sarebbe rigido se fosse rimasto seduto tutto il giorno su un muretto di mattoni» rimbeccò la professoressa McGonagall.

«Tutto il giorno? Quando invece avrebbe potuto festeggiare? Venendo qui mi sono imbattuto in una decina e più di feste e banchetti».

La professoressa McGonagall tirò su rabbiosamente col naso.

«Eh già, sono proprio tutti lì che festeggiano» disse con tono impaziente. «Ci si sarebbe potuti aspettare che fossero un po' più prudenti, macché... anche i Babbani hanno notato che sta succedendo qualcosa. Lo hanno detto ai loro telegiornali». E cosi dicendo si voltò verso la finestra buia del soggiorno dei Dursley. «L'ho sentito personalmente. Stormi di gufi... stelle cadenti... Be', non sono mica del tutto stupidi. Prima o poi dovevano notare qualcosa. Stelle cadenti nel Kent... Ci scommetto che è stato Dedalus Lux. È sempre stato un po' svitato».

«Non gli si può dar torto» disse Silente con dolcezza. «Per undici anni abbiamo avuto ben poco da festeggiare».

«Lo so, lo so» disse la professoressa McGonagall in tono irritato. «Ma non è una buona ragione per perdere la testa. Stanno commettendo una vera imprudenza, a girare per la strada in pieno giorno senza neanche vestirsi da Babbano. E scambiandosi indiscrezioni».

A quel punto, lanciò a Silente un'occhiata obliqua e penetrante, sperando che lui dicesse qualcosa; ma così non fu. Allora continuò: «Sarebbe un bel guaio se, proprio il giorno in cui sembra che Lei Sa Chi sia finalmente scomparso, i Babbani dovessero venire a sapere di noi. Ma siamo proprio sicuri che se n'è andato, Silente?»

«Sembra proprio di sì» rispose questi. «Dobbiamo essere molto grati. Le andrebbe una Frizlemon?»

«Una che

«Una Frizlemon. È una caramella dei Babbani: io ne vado matto».

«No grazie» rispose freddamente la professoressa McGonagall, come a voler dire che non era il momento delle caramelle. «Come dicevo, anche se Lei Sa Chi se ne è andato veramente...»

«Mia cara professoressa, una persona di buonsenso come lei potrebbe decidersi a chiamarlo anche per nome!! Tutte queste allusioni a 'Lei Sa Chi' sono una vera stupidaggine... Sono undici anni che cerco di convincere la gente a chiamarlo col suo vero nome: Voldemort».

La professoressa McGonagall trasalì, ma Silente, che stava scartando la Frizlemon, sembrò non farvi caso. «Crea tanta di quella confusione continuare a dire 'Lei Sa Chi'. Non ho mai capito per quale ragione bisognasse avere tanta paura di pronunciare il nome di Voldemort».

«Io lo so bene» disse la professoressa McGonagall, in tono a metà fra l'esasperato e l'ammirato. «Ma per lei è diverso. Lo sanno tutti che lei è il solo di cui Lei Sa... oh, d'accordo: Voldemort... aveva paura».

«Lei mi lusinga» disse Silente con calma. «Voldemort aveva poteri che io non avrò mai».

«Soltanto perché lei è troppo... troppo nobile per usarli».

«Meno male che è buio. Non arrossivo tanto da quella volta che Madame Pomfrey mi disse quanto le piacevano i miei nuovi paraorecchi».

La professoressa McGonagall scoccò a Silente un'occhiata penetrante, poi disse: «I gufi sono niente in confronto alle voci che sono state messe in giro. Sa che cosa dicono tutti? Sul perché è scomparso? Su quel che l'ha fermato una buona volta?»

Sembrava che la professoressa McGonagall avesse toccato il punto che più le premeva di discutere, la vera ragione per cui era rimasta in attesa tutto il giorno su quel muretto freddo e duro, perché mai né da gatto né da donna aveva fissato Silente con uno sguardo cosi penetrante. Era chiaro che qualsiasi cosa 'tutti' mormorassero, lei non l'avrebbe creduto sin quando Silente non le avesse detto che era vero. Ma lui era occupato con la sua Frizlemon, e non rispose.

«Quel che vanno dicendo» incalzò lei, «è che la notte scorsa Voldemort è spuntato fuori a Godric's Hollow. È andato a trovare i Potter. Corre voce che Lily e James Potter siano... siano... insomma, siano morti».

Silente chinò la testa. La professoressa McGonagall ebbe un piccolo singhiozzo.

«Lily e James... Non posso crederci... Non volevo crederci... Oh, Albus...»

Silente allungò la mano e le batté un colpetto sulla spalla. «Lo so... lo so...» disse gravemente.

La McGonagall prosegui con voce tremante: «E non è tutto. Dicono che ha anche cercato di uccidere il figlio dei Potter, Harry. Ma che... non c'è riuscito. Quel piccino, non è riuscito a ucciderlo. Nessuno sa perché né come, ma dicono che quando Voldemort non ce l'ha fatta a uccidere Harry Potter, in qualche modo il suo potere è venuto meno... ed è per questo che se n'è andato».

Silente annui malinconicamente.

«È... è vero?» balbettò la professoressa McGonagall. «Dopo tutto quel che ha fatto... dopo tutti quelli che ha ammazzato... non è riuscito a uccidere un bambino indifeso? È strabiliante... di tutte le cose che avrebbero potuto fermarlo... Ma in nome del cielo, come ha fatto Harry a sopravvivere?»

«Possiamo solo fare congetture» disse Silente. «Forse non lo sapremo mai».

La professoressa McGonagall tirò fuori un fazzoletto di trina e si asciugò gli occhi dietro gli occhiali. Con un profondo sospiro, Silente estrasse dalla tasca un orologio d'oro e lo esaminò. Era un orologio molto strano. Aveva dodici lancette, ma al posto dei numeri c'erano alcuni piccoli pianeti che si muovevano lungo il bordo del quadrante. Evidentemente Silente lo sapeva leggere, perché lo ripose di nuovo nella tasca e disse: «Hagrid è in ritardo. A proposito, suppongo sia stato lui a dirle che sarei venuto qui».

«Sì» rispose la McGonagall, «anche se non credo che lei mi dirà perché mai, di tanti posti, abbia scelto proprio questo».

«Sono venuto a portare Harry dai suoi zii. Sono gli unici parenti che gli rimangono».

«Non vorrà mica dire... Non saranno mica quei due che abitano lì!» esclamò la McGonagall balzando in piedi e indicando il numero 4. «Silente... non è possibile! È tutto il giorno che li osservo. Non avrebbe potuto trovare persone più diverse da noi. E poi quel ragazzino che hanno... l'ho visto prendere a calci sua madre per tutta la strada, urlando che voleva le caramelle! Harry Potter... venire ad abitare qui?».

«È il posto migliore per lui» disse Silente con fermezza. «La zia e lo zio potranno spiegargli tutto quando sarà più grande. Ho scritto loro una lettera».

«Una lettera?» gli fece eco la McGonagall con un filo di voce, tornando a sedersi sul muretto. «Ma davvero, Silente, crede di poter spiegare tutto questo per lettera? Questa gente non capirà mai Harry Potter. Lui diventerà famoso... leggendario! Non mi stupirebbe se in futuro la giornata di oggi venisse designata come la festa di Harry Potter. Su di lui si scriveranno volumi, tutti i bambini del mondo conosceranno il suo nome!»

«Proprio così» disse Silente fissandola tutto serio da sopra gli occhiali a mezzaluna. «Ce ne sarebbe abbastanza per far girare la testa a qualsiasi ragazzo. Famoso prima ancora di parlare e di camminare! Famoso per qualcosa di cui non avrà conservato neanche il ricordo! Non riesce a capire quanto starà meglio, se crescerà lontano da tutto questo fino al giorno in cui sarà pronto per reggerlo?»

La professoressa McGonagall aprì bocca per rispondere, poi cambiò idea, inghiottì e disse: «Sì... sì, lei ha ragione, naturalmente. Ma in che modo arriverà qui il ragazzo?»

D'un tratto guardò il mantello di Silente come se pensasse che Harry potesse esservi nascosto sotto.

«Lo porterà Hagrid».

«E a lei pare... saggio... affidare a Hagrid un compito tanto importante?»

«Affiderei a Hagrid la mia stessa vita» disse Silente.

«Non dico che non abbia cuore» dovette ammettere la McGonagall, «ma non verrà mica a dirmi che non è uno sventato. Tende a... Ma cosa è stato?»

Il silenzio che li circondava era stato lacerato da un rombo cupo. Mentre Silente e la McGonagall percorrevano con lo sguardo la stradina per vedere se si avvicinassero dei fari, il rumore si fece sempre più forte, fino a diventare un boato. Entrambi levarono lo sguardo al cielo e dall'aria piovve una gigantesca motocicletta che atterrò sull'asfalto proprio davanti a loro.

Pur colossale com'era, la moto sembrava niente a confronto con l'uomo che la inforcava. Era alto circa due volte un uomo normale e almeno cinque volte più grosso. Sembrava semplicemente troppo per essere vero, e aveva un aspetto terribilmente selvaggio: lunghe ciocche di ispidi capelli neri e una folta barba gli nascondevano gran parte del volto; ogni mano era grande come il coperchio di un bidone dei rifiuti e i piedi, che calzavano stivali di cuoio, sembravano due piccoli delfini. Tra le braccia immense e muscolose reggeva un involto di coperte.

«Hagrid!» esclamò Silente con tono di sollievo. «Finalmente! Ma dove hai preso quel veicolo?»

«Un prestito, professor Silente»; e così dicendo, il gigante scese con circospezione dalla motocicletta. «Del giovane Sirius Black. Lui ce l'ho qui, signore».

«Ci sono stati problemi?»

«No, signore; la casa era distrutta, diciamo, ma io sono riuscito a tirarlo fuori prima che il posto si riempisse di Babbani. Si è addormentato mentre volavamo su Bristol».

Silente e la McGonagall si chinarono sull'involto di coperte. Dentro, appena visibile, c'era un bambino profondamente addormentato. Sotto il ciuffo di capelli corvini che gli spuntava sulla fronte, scorsero un taglio dalla forma bizzarra, simile a una saetta.

«E qui che...» chiese in un bisbiglio la professoressa McGonagall.

«Sì» rispose Silente. «Questa cicatrice se la terrà per sempre».

«E lei non può farci niente. Silente?»

«Anche se potessi, non lo farei. Le cicatrici possono tornare utili. Anch'io ne ho una, sopra il ginocchio sinistro, che è una piantina perfetta della metropolitana di Londra. Bene... Dammelo qua, Hagrid; vediamo di concludere».

Silente prese Harry tra le braccia e si voltò verso la casa dei Dursley. «Posso... posso fargli un salutino, signore?» chiese Hagrid. Chinò la grossa e ispida testa su Harry e gli dette un bacio rasposo per via di tutto quel pelo. Poi, d'un tratto, emise un ululato come di cane ferito.

«Shhh!» sibilò la McGonagall. «Sveglierai i Babbani!»

«S-s-s-scusatemi...» singhiozzò Hagrid tirando fuori un immenso fazzoletto tutto chiazzato e tuffandoci il viso dentro, «ma proprio n-n-non ce la faccio... Lily e James morti... e il povero piccolo Harry che se ne va a vivere con i Babbani...».

«Sì, certo, è molto triste, ma vedi di controllarti, Hagrid, o ci scopriranno» sussurrò la McGonagall battendogli con cautela un colpetto sul braccio mentre Silente, scavalcando il basso muricciolo del giardino, si avviava verso la porta d'ingresso. Depose dolcemente Harry sul gradino, tirò fuori dal mantello una lettera, la ripose tra le coperte che avvolgevano Harry e tornò verso gli altri due. Per un lungo minuto i tre rimasero lì a guardare quel fagottino; Hagrid era scosso dai singhiozzi, la professoressa McGonagall non faceva che battere le palpebre, e lo scintillio che normalmente emanava dagli occhi di Silente sembrava svanito.

«Be'» disse infine Silente, «ecco fatto. Non c'è più ragione di restare qui. Tanto vale che andiamo a prender parte ai festeggiamenti».

«Già» disse Hagrid con voce soffocata «allora io riporto la moto a Sirius. 'Notte, professoressa McGonagall. Professor Silente, i miei rispetti». Asciugandosi gli occhi inondati di lacrime con la manica della giacca, Hagrid si rimise a cavalcioni della motocicletta e accese il motore; si sollevò in aria con un rombo e spari nella notte.

«Penso che ci rivedremo presto, professoressa McGonagall.» disse Silente facendole un cenno col capo. Per tutta risposta, lei si soffiò il naso. Silente si voltò e si avviò lungo la strada. Giunto all'angolo, si fermò ed estrasse il suo spegnino d'argento. Uno scatto, e dodici sfere luminose si riaccesero di colpo nei lampioni, illuminando Privet Drive di un bagliore aranciato. A quel chiarore scorse un gatto soriano che se la svignava dietro l'angolo all'altro capo della strada. Da quella distanza vedeva appena il mucchietto di coperte sul gradino del numero 4.

«Buona fortuna, Harry» mormorò. Poi girò sui tacchi e, con un fruscio del mantello, sparì.

Una lieve brezza scompigliava le siepi ben potate di Privet Drive, che riposava, ordinata e silenziosa, sotto il cielo nero come l'inchiostro. L'ultimo posto dove ci si sarebbe aspettati di veder accadere cose stupefacenti. Sotto le sue coperte, Harry Potter si girò dall'altra parte senza svegliarsi. Una manina si richiuse sulla lettera che aveva accanto e lui continuò a dormire, senza sapere che era speciale, senza sapere che era famoso, senza sapere che di lì a qualche ora sarebbe stato svegliato dall'urlo della signora Dursley che apriva la porta di casa per mettere fuori le bottiglie del latte, né che le settimane successive le avrebbe trascorse a farsi riempire di spintoni e pizzicotti dal cugino Dudley...

Non poteva sapere che, in quello stesso istante, da un capo all'altro del paese, c'era gente che si riuniva in segreto e levava i calici per brindare «a Harry Potter, il bambino che è sopravvissuto.»

 

Nota finale dell'autrice:

E qui si conclude il nostro lungo viaggio insieme.

Come anticipato, l'epilogo in realtà non è farina del mio sacco. Altro non è che il primo capitolo di "Harry Potter e la Pietra Filosofale" di J. K. Rowling.

Mi è sembrato carino utilizzarlo come epilogo, in modo da suggerire un'idea di continuità con la storia originale.

Ma non voglio dilungarmi troppo, perciò passo subito al sodo.

La storia è giunta al termine.

Voglio dedicare un grazie speciale a tutti voi che avete seguito e letto "L'Albero dei Black". Questa è stata la mia prima storia/fanfiction in assoluto. Non avevo mai scritto nulla fino ad ora.
Ci ho messo davvero tutta me stessa e tanto tanto impegno per portarla a compimento, perciò spero che vi sia piaciuta ❤.

Concludo con un'unica e ultima richiesta: ora che siamo arrivati alla fine, mi farebbe tanto piacere sapere che cosa ne pensate della storia.
Quindi, se vi va, non esitate a lasciarmi anche solo un piccolo commento, per comunicarmi le vostre impressioni.
Ci terrei molto 🥰

Altro non aggiungo se non un'infinita gratitudine per il vostro sostegno. (Inserisco qui una piccola precisazione. Ho pubblicato due capitoli a pochi minuti di distanza l'uno dall'altro. Prima dell'Epilogo c'è anche "L'Ultimo sogno di James Potter". Lo dico perché, a giudicare dal numero delle visualizzazioni, mi è venuto il dubbio che il penultimo capitolo pubblicato non sia stato notato.)

Grazie grazie grazie ❤

Un abbraccio.
Valentina



 

   
 
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