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Autore: LawrenceTwosomeTime    18/05/2022    0 recensioni
Marla potrebbe essere morta, o stare morendo. Marla potrebbe avere un'ultima chance di riprendersi la sua vita. L'unica certezza, per Marla, è che niente è come sembra. In suo aiuto giunge Tara, che di vivere non ne vuole sapere. Un thriller metafisico incentrato su angosce sepolte, sentieri male illuminati e bizzarre amicizie.
Genere: Dark, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un delicato profumo di biscotti la strappò all’oscurità.
“Mamma… papà… lasciatemi dormire ancora un po’…”
Poi si rese conto che non riusciva a ricordare i volti di sua madre e di suo padre.
Ancor più strano, sapeva cosa fosse un biscotto ma non sapeva come lo sapeva.
Marla spalancò gli occhi.
Si trovava in uno stanzone ampio e coloratissimo dai soffitti molto alti.
Il pavimento era completamente fasciato da un rivestimento antiurto per bambini, abbellito con un pattern che ricalcava i pezzi di un puzzle. Paffuti pupazzi di peluche e giocattoli d’ogni sorta – trottole, bambolotti, rozzi strumenti musicali – giacevano sparpagliati in giro come soldati caduti.
Nonostante fosse seduta sul pavimento a gambe incrociate, si sentì vacillare.
Ma non era morta? Sì, insomma, più morta?
Una scarica di terrore, violenta e repentina, la scosse da capo a piedi. Passò in un lampo, come per magia, ma fu come se un dottore sadico le avesse infilato l’ago di una siringa nel piede.
La Stalker l’aveva afferrata. E quando era successo, lei aveva avvertito dolore, anzi, qualcosa di ancor più tremendo: si era sentita derubare della propria identità, della pelle, di organi e sensi, e di tutti i punti di riferimento che le consentivano di distinguere l’entusiasmo dalla depressione; aveva sofferto, era una verità innegabile. Ma aveva anche goduto.
Laddove il suo corpo gemeva e si contorceva nel tentativo di mantenere una forma fissa, la sua psiche fluttuava alla deriva, finalmente libera, in pace. Affrancata dalla carne.
Aveva provato gratitudine.
Scoprirsi di nuovo in possesso di un involucro, ed esserne lieta malgrado l’estasi che la sua mente aveva appena sperimentato, suonava come un tradimento.
Si sentiva sporca.
 
“Vedo che la balla ti è passata” trillò una vocina rasposa.
Marla scattò in piedi e si guardò intorno: una manona paffuta le faceva cenno di avvicinarsi dallo sportello di una guardiola. Portava un dozzinale brillante viola infilato all’anulare. Impossibile stabilire chi la spiasse dietro il vetro satinato, ma le parve d’intravedere una sagoma tozza che sferruzzava.
Marla scostò i balocchi e mosse, circospetta, nella sua direzione. Chissà poi perché quel posto appariva così grande? Era come se si fosse ristretta.
“Finalmente, cara! Cominciavo a pensare che non ti saresti più svegliata!”
La vecchina rise di gusto, col tono di chi non si stanca mai di ripetere la stessa battuta. Memoria selettiva o demenza senile? Difficile dirlo.
Giganteschi orecchini a losanga le pendevano dai lobi deformi, aveva i capelli cotonati e, a giudicare dal reticolo di rughe in cui s’intravedeva a malapena la faccia, un’età compresa tra i cento e i centotrent’anni. Se non altro, il tono con cui le si rivolgeva era cordiale.
Un lavoro a maglia straordinariamente lungo languiva sulla scrivania, accanto a una gigantesca bottiglia di whiskey (consumata per tre quarti). Poco vicino, un piattino di biscotti emanava un’invitante fragranza burrosa.
“Prego, prendine uno. Non sarai ossessionata dalla linea, voglio sperare?” la punzecchiò la signora.
Marla balbettò una parola di ringraziamento e prese distrattamente un biscotto. Era la prima cosa solida che assaggiava da quando era finita lì, ma il sospirato ricongiungersi tra il cibo e la sua bocca non fu l’epifania che si aspettava. L’impasto aveva un sapore familiare, solo sprovvisto di tutto ciò che lo rendeva gustoso: pareva di mangiare un concetto.
 
Mentre masticava, l’attenzione di Marla si focalizzò su una pesante console, d’aspetto datato e nera come l’ebano, che riempiva la porzione frontale della scrivania. Numerosi schermi a cinque e otto pollici sporgevano dal complesso centrale irregolare e frastagliato – una piccola catena montuosa –, in parte soffocati da un groviglio di cavi che potevano essere collegati indifferentemente a una cornetta telefonica o a un apparecchio per l’igiene dentale.
Proprio in quel momento, una spia rossa s’illuminò da qualche parte e la signora prese subito a frugare tra i fili. Estraendone, con gran sorpresa di Marla, un rudimentale controller.
“Vediamo subito… ecco qua. Perdonami cara, sarò subito da te” mugugnò la vecchina.
Ma Marla non l’ascoltava.
Poteva solo guardare, orripilata, mentre uno dei monitor si accendeva crepitando e, tra scariche statiche e fruscii, restituiva l’immagine in bianco e nero, di spalle, della Stalker.
La vecchia abbassò il pollice artritico sulla levetta direzionale del controller, e la Stalker, come assecondando quel movimento, iniziò a fluttuare in avanti. Lo scenario riprodotto sullo schermo appariva quasi privo di punti di riferimento, salvo alcuni abeti, qualche roccia sparsa, il nastro argentato di un fiume… era un bambino, quello che correva strillando in mezzo alle betulle?
Marla distolse lo sguardo. Fortunatamente la trasmissione era priva di audio.
Raccapriccio, indignazione, ilarità si mescolavano sul suo viso.
“Ma… che…”
“Cazzo, lo puoi ben dire. Col tempo ci si abitua,” replicò la signora “fidati, io ne so qualcosa.”
Marla incespicava, non trovava le parole.
“Dunque è così… è così che voi… che tu…”
“Catturo le anime del limbo? Già” disse la donnetta.
Si schiarì la gola con fare da maestra.
“Chiariamo bene una cosa: un metodo fisso non esiste. Perlomeno, non uno che la mente umana possa afferrare ed elaborare nella sua interezza. Quello che vedete si riplasma alla bisogna in modo da accomodare le esigenze della vostra psiche. A proposito, signorina: sei un tantino cresciutella per apprezzare i giochini elettronici, non ti pare? Anche se ormai non fa differenza.”
Marla cercò di ritrovare il contegno.
“Perciò io e Tara avevamo ragione… il primo livello consiste in uno spazio condiviso, mentre l’aldilà è subordinato ai processi mentali. Oddio. Oddio, sono morta. Perché non sto dando di matto? A questo punto dovrei dare di matto.”
La nonnetta le accarezzò dolcemente una mano, mentre con l’altra continuava a pilotare la Stalker. Marla rabbrividì.
“Prima di tutto, non stai dando di matto perché ti abbiamo offuscato la memoria. Ѐ la prima cosa che facciamo quando uno spirito si connette alla rete. Avrai notato che non ti capita di essere triste o spaventata troppo a lungo.”
Marla annuì. Era vero. Considerato che le mancava un’identità propriamente detta, avrebbe dovuto essere il contrario.
“Secondo,” proseguì la vecchina “tu non sei ancora morta. Ti abbiamo appena levato il secondo strato.”
Marla strabuzzò gli occhi. Deglutì.
“Il secondo strato? Come una cipolla?”
“Più o meno” assentì l’altra.
“La morte è un processo graduale. Strato dopo strato, vi spogliamo di tutte le sovrastrutture materiali sino a quando rimane solo la sostanza incorruttibile.
La signorina che ti ha dato la caccia, quella che hai affettuosamente soprannominato la Stalker, è uno strumento utile allo scopo.”
“E cioè? Farcela fare addosso?” rispose Marla.
Temette di aver esagerato con quella provocazione. Sto diventando come Tara, si disse. Chissà che ne è stato di lei?
La nonnetta ridacchiò.
“Serve a velocizzare le procedure di trapasso. Vi aiuta a fare i conti coi vostri attaccamenti terreni, favorisce una serena accettazione del dopo.”
Marla vide con la coda dell’occhio che la Stalker aveva agguantato il bambino. Lo teneva sollevato da terra. La signora premette un pulsante.
“Insomma, lei fa il lavoro sporco,” chiosò Marla “e tu invece sei…”
La nonnetta esplose in una gran risata.
“Oh no, cara! Non sono la Grande Mietitrice, né Dio, il Demonio o il Karma, che il cielo me ne scampi… svolgo solo il mio compito, come tutti.”
Marla ghignò con un accenno di isteria (ma solo un accenno, di più non era concesso).
“Vorresti dirmi che spii le tribolazioni dell’intera umanità da quei quattro monitor? Non è fisicamente possibile.”
“Tesoro,” replicò la vecchia “qui dentro c’è ben poco di fisico, e il tempo non esiste. Che fortuna, dico bene?”
La ragazza percepì una nota di sarcasmo nelle sue parole.
“Presumendo che centinaia di migliaia di persone finiscano qui ogni giorno, ciò significa che, anche se non riesco a vederle, in questo momento stai parlando anche con loro?” speculò.
“Ma che bimba perspicace!” chiocciò la nonnina.
“Come in un multiplayer asincrono” borbottò Marla, affascinata.
Scosse la testa, rimproverandosi per quelle trivialità.
“Ma se non sono ancora morta, dove mi trovo?”
La signora batté le mani.
“Proprio qui ti volevo! Diciamo che sei scesa di un gradino nella scala. E più si scende, si sa, più è difficile risalire.”
“Cioè?” l’incalzò lei.
“Bè, diciamo che qui ti viene concessa una scelta. Niente di che, a essere onesta: opzione A, prendi la porta a destra e ti getti nel Lago del Tutto.”
“Il Lago del Tutto?”
“Sì, sai, quella cosa di cui cianciano le religioni organizzate quando sostengono che c’è vita dopo la morte. Non posso assicurarti che ne rimarrai soddisfatta, ma effettivamente qualcosa c’è. Si tratta del capolinea. L’ultima destinazione, la fine, the end. Di te rimarrà solo la parte migliore, e con tutta probabilità quella parte saprà apprezzare ciò che le offriamo.”
“Quando ero nella foresta, ho conosciuto un uomo…” iniziò Marla.
“Luis è già stato processato” affermò la vecchina con schiettezza.
“Nel Lago?” domandò Marla.
“Lavorato, trattato, raffinato e smaltito” confermò l’altra.
“Aveva un’aria tutto fuorché serena, quando la Staker l’ha preso.”
La vecchia prese un biscotto e lo smangiucchiò con stizza.
“Bisogna sempre soffrire un po’, prima di vedere la luce. Altrimenti che luce sarebbe?”
Marla le afferrò il polso.
“E Tara? Sai dirmi dov’è Tara?”
La signora la scrutò. Emise un sospiro.
“Potrei anche farlo, ma preferirei non influenzare la tua decisione.”
“Dimmi dov’è e basta” supplicò la giovane.
“Lei ha…” principiò la signora “avuto una seconda occasione. Ma se sceglierà di sfruttarla o meno, non è in mio potere stabilirlo. A titolo personale, mi sembra poco probabile.”
Marla aveva un’espressione tanto risoluta che perfino la nonnina ne rimase colpita.
“E l’opzione B?”
La vecchia lasciò ricadere gli occhiali sul seno avvizzito e si massaggiò il setto nasale con aria stanca.
“Opzione B: imbocchi la porta a sinistra, verso il Grande Nulla. A quel punto, almeno per un po’, non sarai più di mia competenza.”
“Ho l’impressione che tu mi stia mettendo in guardia” notò Marla.
“Oh, non sarà affatto piacevole. E potrebbero capitarti cose molto brutte. Cose fuori dal mio controllo.”
“Cose ancora più brutte di quelle che ho affrontato?”
“Dovrai fare i conti con la persona che eri: non c’è trauma peggiore per un’anima in trapasso. Immagina di calarti negli abissi oceanici e poi, bruscamente, invertire la rotta risalendo a rotta di collo. Anche se riuscissi nell’impresa e sfruttassi quel canale per tornare all’ospedale…”
“Il Grande Nulla mi riporterà da Tara?” esclamò Marla.
“E come faccio a riavere il secondo strato? Non dirmi che è come riattaccare un frenulo,” proseguì, implacabile “tecnicamente si può, ma pochi ne sentono la mancanza.”
Se ci riuscissi,” ricominciò la vecchina, severa “vorrà dire che ti sarai lasciata alle spalle le Creature dell’Altra Parte; che sarai sopravvissuta a un incontro con le Creature dell’Altra Parte. Un’eventualità piuttosto inverosimile, dico io.”
Marla strinse le labbra.
“Non sembrano bestioline amichevoli.”
La nonnetta snudò i denti storti in una parodia di sorriso.
“Sono gli spazzini dell’oltremondo, le spatole con cui si scrostano i cirripedi più ostinati. Una volta che ti prendono, ti divorano. E di te non rimane niente.”
Marla arricciò il naso.
“Sì, certo, come no. Finirò in un buco doppiamente profondo e una nonnetta doppiamente decrepita mi racconterà storie doppiamente spaventose per dissuadermi dal tentare la fortuna. Di nuovo.”
“No, cara, hai capito male” disse la signora.
“Sparirai davvero. Diventerai puro vuoto. Sarà come se non fossi mai esistita, il tuo nome verrà cancellato per sempre dal registro dell’apocatastasi.”
Marla smise di sorridere. Non suonava bene. Non suonava affatto bene.
“Questa, ad ogni modo, è la buona notizia” precisò la vecchina.
“La cattiva notizia è che se la tua anima risulta troppo coriacea da dilaniare, troppo tenace persino per le loro zanne, ad attenderti ci sarà un destino infinitamente peggiore.”
“Un destino peggiore?” sbottò Marla.
“Cosa può esserci di peggio che smettere di esistere?”
“Oh, non ti aspetterai che mi sbottoni fino all’ultimissima asola!” sghignazzò la signora mandando giù una sorsata di whisky.
“In fin dei conti, sono già stata abbastanza disponibile con te, non credi? Tieni” aggiunse porgendole un foglio.
“Mentre ci rifletti, saresti così gentile da compilare un piccolo questionario di gradimento? Uno significa per niente soddisfatta, mentre cinque corrisponde a immensamente soddisfatta! Ora, non ho certo la pretesa di essere la migliore nel mio campo, ma ti chiedo di considerare la variabile umana…”
Che cosa direbbe Tara? Che cosa farebbe Tara? si domandò febbrilmente Marla mentre l’altra blaterava di incentivi al personale e comunicazione orizzontale.
“Mi prendi per il culo, vecchia troia!?”
Le era uscito di getto e se ne pentì subito.
La nonnina non si scompose, limitandosi a mettere via il questionario.
“Mi chiedo perché reagiscano tutti allo stesso modo,” borbottò tra sé e sé “forse, se apparissi nella forma di un capro alato con una corona fiammeggiante…”
Marla iniziò, esitante: “Mi scusi… è l'uscita alla mia sinistra o l'uscita che si trova a sinistra fronteggiando la portineria?”
“L'uscita a sinistra,” brontolò l’altra con una mano sulla fronte “non importa quale. Se vuoi suicidarti per la terza volta, sarà la porta a trovare te. Stanne pur certa.”
Marla finse di non aver udito l’ultima parte.
 
Poi imboccò la porta a sinistra, librandosi nell’abbraccio del buio come un piccolo aquilone.
“Aspettami, Tara. Sto arrivando.”
  
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