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Autore: Lilium Noctis    19/05/2022    0 recensioni
Si narrava che i canti delle Masche risvegliavano le antiche leggende andare perdute.
Con la guerra di cinquant'anni prima, però, esse si sono dissolte e gli uomini ritengono che tutte le creature di Colle Salmastro siano solo delle storielle per i bambini. Tuttavia esistono città dove questi racconti sono ben radicati.
Il giovane Tommaso si stava abituando alle strane usanze di Borgovecchio, un paesino sperduto tra i monti della regione, quando il suo cuore decise di rincorre la bella Sofia.
Nel tentativo di raggiungere i loro desideri, Tommaso e Sofia si troveranno catapultati in un mondo che conoscevano solo tramite le fiabe.
Una storia ispirata in tutto e per tutto al folklore italiano!
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Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nulla illuminava il suo cammino all'interno della Cava delle Streghe, anche se si voltava Tommaso non riusciva a scorgere l'uscita.

Teneva una mano protesa in avanti e l'altra poggiava sulla ruvida parete di sinistra, proseguendo con lentezza per quel dritto, unico e tortuoso corridoio che andava sempre più scendendo, come se lo stesse conducendo nelle profondità più recondite della terra.

Era da quasi dieci minuti che stava camminando; non gli piaceva quel posto, odiava quella sensazione di oppressione e il freddo che gli pungeva la pelle, ma doveva andare avanti.

– Uhm...

Un brontolio poco distante lo fece scattare sull'attenti: si accucciò a terra e iniziò a tastare le rocce sino a toccare qualcosa di caldo coperto da un tessuto.

– Sofia, siete voi?

Non giunse alcuna risposta e così, con non poco imbarazzo, si sedette per tastare meglio quel corpo e capire se fosse realmente lei: ricordava perfettamente il suo abito turchese a mezza manica e aveva sin da subito riconosciuto la cinta in cuoio che le avvolgeva la vita.

Avvicinò il palmo al suo viso per assicurarsi che respirasse e sospirò di sollievo quando constatò che fosse solo priva di sensi. Continuò però a toccarla, cercando di capire se il sangue visto all'ingresso della grotta appartenesse a lei ma, da quel che intuiva, non era suo.

Decise comunque di provare a svegliarla dandole delle lievi pacche sul viso ma sembrava fosse caduta in un sonno profondo così, con estrema cautela, provò a farla sedere.

– Dai, ora usciamo da qui...

Brancolando nel buio, fece qualche tentativo di posizionamento prima di issare sulle proprie spalle la fanciulla; gli ci volle un po' per sistemarla al meglio affinché non cadesse ma, nel giro di pochi minuti, aveva già iniziato a muovere i primi lenti passi nella direzione dalla quale era venuto.

Mentre camminava una nota d'orgoglio e fierezza lo pervase: mai avrebbe immaginato di trovare il coraggio e la determinazione di compiere un'impresa simile. Nella propria vita si era spesso considerato un vigliacco ma ora poteva dire di essere una persona diversa da quella di un tempo.

Il sorriso di Tommaso si spense pochi istanti dopo, quando uno strano vociferare lo immobilizzò all'istante.

Il corpo di Sofia si fece sempre più pesante e fu costretto a inginocchiarsi sul pungente e dissestato pavimento per stenderla accanto a sé mentre quelle strane parole sussurrate si facevano sempre più vicine.

Non capiva cosa stava succedendo, il suo cuore batteva sempre più forte e un sonno non naturale lo pervase: tentò di restare il più lucido possibile, di reagire a quell'assopire in netto contrasto al terrore che lo stava assalendo. Ma fu tutto inutile.

La forza lo abbandonò e, per un attimo, gli parve di non essere più impaurito. Non vedeva nulla attorno a sé e, pensò, che chiudere gli occhi non fosse una cattiva idea.

 

⊶ ⨗ ⊷

 

Tommaso si svegliò di soprassalto: non sapeva dire per quanto tempo era rimasto svenuto ma di certo ciò che era accaduto non era normale; come avrebbe mai potuto addormentarsi di sua spontanea volontà in un momento simile e, soprattutto, chi aveva parlato poco prima?

Era tutto troppo confusionario e l'unica cosa importante era di uscire al più presto dalla Cava delle Streghe.

Fece leva sulle braccia per alzarsi da terra, avvertendo solo in quel momento delle scariche di dolore perforargli l'intero corpo: si sentiva come quando l'anno prima era caduto dalla slitta ed era scivolato per centinaia di metri nel bosco innevato, non si sentiva più le gambe e la schiena ma, a differenza di allora, aveva delle fitte lancinanti persino ai denti e alle orecchie.

Si ristese prono posando la braccia sulla fronte, ignorando che fossero più morbide di quanto ricordasse perché concentrato sul respiro fin troppo frettoloso, tossendo ciò che intuì essere sangue. Attese in quella posizione per degli interminabili minuti, cercando di calmarsi e di attendere che il dolore passasse un minimo prima di fare qualsiasi altra cosa.

Si mise a sedere poco dopo e si passò le mani sugli occhi stanchi: stranamente la vista si era un minimo abituata al buio e, anche se non riusciva a distinguere nettamente le figure, poteva chiaramente intuire i contorni di dell'oscuro corridoio. Adocchiò la figura di Sofia, ancora stesa dove l'aveva lasciata, e questo bastò per convincerlo ad andarsene di lì il prima possibile.

Gemette nell'alzarsi in piedi, al punto che dovette sorreggersi alla parete con entrambe le mani e mordersi le labbra dal male alle ossa che sentiva, per non contare la nausea che l'aveva appena assalito. Fu in quel momento che si accorse di essere scalzo, coi pantaloni strappati da sotto al ginocchio e con addosso solo il lungo panciotto.

– No, devo uscire di qui... – Sussurrò tra sé, convinto che se sarebbe rimasto lì ancora per un po' ne sarebbe uscito matto.

Fece un grande respiro prima di avvicinarsi zoppicante alla ragazza sdraiata a terra, chinandosi per riuscire a mettersela sulle spalle con non poca difficoltà. Pareva che le braccia diSofia fossero unite all'abito che indossava e, non capendo come fosse collegatoil tessuto ad esse, decise di lasciarle le braccia a penzoloni sopra le propriespalle e di rinforzare la ferrea presa che le allacciava le gambe al corpo.

Si accorse che il percorso era molto più lungo rispetto a quello che fece all'andata, inciampando e fermandosi a riposare di tanto in tanto; era sì la prima volta che portava in braccio qualcuno per così tanto tempo ma non riusciva a capire perché le gambe gli dolessero in tal modo.

Cercò di pensare a qualcos'altro, di concentrarsi su quello che lo circondava, e fu in quel frangente che si rese conto di un paio di dettagli che all'inizio non aveva notato: il suo udito era molto più fine del solito, al punto che riusciva a udire ogni sassolino che spostava al suo passaggio, e gli pareva che Sofia fosse più leggera rispetto a quando la prese in braccio la prima volta.

Non seppe come giustificare questi fatti, pensò si trattasse di una possibile botta in testa ricevuta mentre era caduto in quello strano sonno, e decise che gli sarebbe andata bene così, che per il momento non si sarebbe posto ulteriori domande.

Tommaso proseguì per poche altre decine di metri prima di scorgere una luce. Non erano i raggi della luna quelli che vedeva ma erano i fuochi delle fiaccole accese e delle lanterne, come se qualcuno li avesse avvisati di cosa fosse successo e li stesse aspettando.

Fu colto da un'improvvisa euforia che lo convinse a velocizzare i propri passi, ignorando il dolore e ampliando il sorriso spontaneo sul volto.

Quando uscì dalla Cava delle Streghe, però, non vi era alcun tipo di festeggiamento per il suo gesto eroico o preoccupazione nei confronti suoi o di Sofia. Ad attenderli c'erano le guardie di Borgovecchio armate di lance e spade che subito puntarono verso l'ingresso della grotta con orrore in volto.

– State indietro, streghe!

Era stato il Cavaliere Roncisvalle a parlare e la sua dura espressione, alimentata dalle rughe che gli circondavano gli occhi scuri e la bocca sottile, non premetteva nulla di buono.

– Come...?

Parla la nostra lingua! – Urlò un uomo mentre alcune donne, protette dai loro mariti, corsero verso le case.

Uccideteli! – Incitò qualcun altro mentre s'innalzava una fiaccola.

Tommaso rafforzò la già salda presa sulla ragazza mentre, confuso, faceva un paio di passi indietro. – Ho solo tratto in salvo... – Le parole gli morirono in gola quando i soldati si affrettarono a circondarlo senza mai smettere di rivolgergli le fredde lame contro.

Nel tentativo di cercare una via di fuga si voltò più e più volte sentendo le orecchie andare a sbattere contro qualcosa. Issò meglio la fanciulla e si portò una mano al capo, fremendo di paura quando si rese conto che le proprie orecchie si erano allungate.

Sgranò gli occhi mentre la mano continuava a tastare quell'inquietante e morbido orecchio e non si trattenne dall'urlare quando, abbassando il capo, vide che anche le proprie gambe erano mutate: la pelle non era più rosea ma presentava un sottile strato di peluria che variava dal beige al marrone e il tallone si era allungato, come se fosse stato sostituito con un altro osso. Quelle non erano più gambe, erano zampe.

Spaventato come non mai prima di allora continuò a guardarsi attorno, tremando come una foglia e senza trovare un senso a quella situazione.

– Vi prego aiutatemi! – Supplicò svelto con le lacrime agli occhi. – Io volevo solo salvare Sofia!

Il Cavaliere tese una mano in segno di attesa per i suoi uomini. – Chi avete detto di essere?

Se prima le grida della folla e il clangore delle armature animavano il bosco, ora era calato un silenzio interrotto solo dal proprio respiro affannato.

– Mi chiamo Tommaso Indus, Signore, sono giunto qui da pochi mesi da Vetta Gela.

Detta tale frase si inginocchiò al suo cospetto nel tentativo che egli gli credesse, osservandolo avvicinarsi mentre l'anziano Padre Simone prendeva il suo posto per richiudere il cerchio. Deglutì nervoso quando si fermò a un passo da lui e tremò quando avverti peso sulla schiena alleggerire di colpo.

Si voltò di scatto e, appena vide l'uomo tenere i biondi capelli di Sofia stretti in una ferrea presa, non capì più nulla.

Anche l'aspetto della ragazza era cambiato, la sua pelle era a chiazze tra il fucsia e il viola, aveva uno stano naso e rivoli di sangue le scendevano dalle palpebre chiuse. Non erano questo, però, ad averlo sconvolto: a stupirlo erano le ali che, sviluppandosi dalle esili, lunghe e affilate dita, si estendevano sino a congiungersi sul busto, poco sopra al seno, lasciato in mostra a causa dell'abito strappato.

Reagì d'istinto e, con un coraggio che non aveva mai dimostrato in vita propria, diede un calcio al petto del Cavaliere afferrando al volo Sofia, tenendola stretta fra le proprie braccia per proteggerla dalla caduta.

Urla e schiamazzi partirono della folla radunata mentre le guardie scattarono in avanti, pronti a intervenire.

Fu in quel momento che il ragazzo vide un giovane uomo dalla pelle ambrata, dai capelli neri raccolti in una precaria coda, frapporsi fra lui e le lance. – Fermatevi subito!

I soldati si arrestarono all'istante a tale ordine.

– Cosa pretendi di fare, Fannio?

– Padre, vi prego di non ucciderli! – Il ragazzo protese le mani avanti continuando a parlare.

Tommaso però non ascoltava le loro parole o soffriva per la gamba ancor più dolente, aveva tutte le attenzioni incentrate sulla fanciulla che teneva stretta fra le braccia: non aveva la minima idea di cosa fosse loro accaduto e ne era terrorizzato ma, qualunque cosa sarebbe successa, giurò in quell'istante che l'avrebbe protetta.

Fu in quel momento che un gelido vento lo fece rabbrividire.

Sebbene avesse trascorso solo la fine dell'inverno in quella regione, non aveva mai sentito dell'aria tanto fredda a Borgovecchio e, man mano che il vento continuava a soffiare, si rese conto che era anche più ghiacciato rispetto a quello di Vetta Gela.

Ben presto le urla degli uomini si acquietarono e fu allora che sentì, in lontananza, il latrato di alcuni cani. Ogni secondo che passava sempre più voci si spensero e i volti colmi di rabbia si mutarono in espressioni di pura paura.

Quando si udì anche il rumore dei cavalli al galoppo il Cavaliere Roncisvalle puntò la spada verso la direzione in cui proveniva il vento. L'ennesima folata d'aria fredda unito ai nitriti imbizzarriti e all'abbaiare feroce gli fece cadere la lama dalle mani. – La Caccia Selvaggia...

Le urla di panico parvero essere mute nel bosco rispetto al preannuncio di quella tempesta di spettri. Anche a Vetta Gela erano giunti i racconti della Caccia Selvaggia, di quegli spiriti a cavallo preceduti dai cani da caccia che vagavano nella notte a reclamare le vite dei malcapitati che incontravano.

Il vento continuava a sferzare, gelido, verso di lui.

Tremando di paura strinse Sofia fra le braccia e iniziò a correre nel bosco, fuggendo il più veloce possibile, mordendosi a sangue le labbra e piangendo dal dolore. Nessuno era sopravvissuto alla Caccia e, di certo, Tommaso avrebbe ignorato cosa gli fosse appena accaduto e tutto il dolore del mondo pur di non farsi prendere.

 

⊶ ⨗ ⊷

 

Era arrivata troppo tardi: sebbene lei e il suo fido destriero d'ombra fossero i più veloci di tutta la Caccia, se n'erano andati tutti.

Anastasia scese dal cavallo di pece e gli diede una lieve pacca sul collo prima che sparisse come fumo dissolto nell'aria. La bassa ragazza dalla pelle grigia si passò una mano tra i corti capelli composti da fiamme nere prima di coprirsi viso, chiudendo gli occhi completamente bianchi per sospirare esausta.

Le avevano detto che sarebbe accaduto qualcosa a Borgovecchio ma, di certo, si sarebbe aspettata di tutto tranne che di assistere all'apparizione di due Coga dinanzi all'intera popolazione.

Lo scalpitare di altri zoccoli la fece voltare verso l'altro Cacciatore. – Gli umani sono scappati al borgo, i Coga sono andati verso sud.

Alessandro scese dal destriero e le si avvicinò dubbioso, più alto di lei di pochi centimetri. – Coga? Se sono superstiti perché non sono rimasti ad attenderci?

– Quei due oggi erano umani, saranno spaventati e non penso che raggiungerli di corsa sia una saggia idea.

– Erano umani?

Anastasia annuì infilando due orecchini a forma di stella per mutare d'aspetto, apparendo come una fanciulla dai corti capelli biondo fragola vestita da un grazioso abito verde. – Il ragazzo, Tommaso... oggi ci siamo scontrati per sbaglio, mentre la ragazza è la dama da compagnia della figlia del Cavaliere.

– Se ciò che dici è vero il Selvaggio deve essere subito avvisato. – Il Cacciatore le si allontanò per montare sul cavallo d'ombra.

– Pensaci tu, io attenderò che i due si calmino e baderò a loro sin quando non manderai qualcuno da Altacqua.

Con un muto cenno d'assenso Alessandro diede un piccolo colpo di briglie e il destriero si voltò per dirigersi al trotto da dov'era apparso poco prima.

Rimasta sola, Anastasia sospirò ancora, rimanendo immobile per qualche istante prima richiamare con un fischio uno dei suoi segugi: gli occhi umani non riuscivano a vedere il cane fatto di puro vento seduto al suo fianco, così estrasse una collanina e attese di percepire dell'aria fredda fra le braccia prima di richiuderla. Un bracco dal manto rosso e bianco le era seduto accanto, scodinzolante e con la lingua a penzoloni, in attesa di ricevere ordini.

– Su, Atalanta, aiutiamoli...

 

 

Spazio curiosità

In nord Italia, soprattutto nell'area alpina della lombardia, la Caccia Selvaggia viene associata a lontane luci, scalpitio di zoccoli, abbaiare di cani, urla demoniache, e un forte sibilare del vento. Essa è l'incarnazione dei ricordi di guerra, dei morti che viaggiano ancora sulla terra e degli eroi che risorgono per sbaragliare un nemico straniero.
Ci sono testimonianze della Caccia Selvaggia sia nell'inferno dantesco che nella novella "Nastagio degli Onesti" all'interno del Decameron di Boccaccio.
A oggi non ci sono basi o risvolti su tale leggenda ma è pieno di riferimenti alla Caccia Selvaggia in vari libri e videogiochi.

 

Si ringrazia Lisa Saporito per aver dato vita ad Anastasia!

 

   
 
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