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Autore: rosy03    24/05/2022    4 recensioni
• || Storia Interattiva || Iscrizioni Chiuse || •
Tutto è determinato da forze sulle quali non abbiamo alcun controllo. Vale per l’insetto come per gli astri. Esseri umani, vegetali o polvere cosmica, tutti danziamo al ritmo di una musica misteriosa, suonata in lontananza da un pifferaio invisibile.
È questo il destino? Come vostro Umile Narratore non posso rispondere a una tale domanda.
Finora non ho mai visto nessuno abbandonare la pista, non ho mai incontrato qualcuno che fosse stato in grado di cambiare disco. Il destino è davvero già scritto?
Se sapeste la verità, penso proprio che mi odiereste.
Ma nonostante questo sono qui: a raccontarvi di questa mitica impresa. Sono qui a parlarvi di come la Bestia dagli Occhi di Luna ululerà, di come questo porterà il caos nel continente di Ishgar, di come seguirà un’infinita notte, di come le stelle smetteranno di brillare, di come la luna scurirà il suo colore... e magari anche di come sorgerà una nuova aurora. Chissà.
Il vostro Umile Narratore.
J.C.
|| • «Ho perso tutto. Ho perso la mia umanità, il mio tempo, la mia famiglia. Lei è l'unica cosa buona che mi sia rimasta...»
Genere: Azione, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ancient Aurora'
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CAPITOLO 05. Partenza


 
 
Dalla finestrella del suo studio, Ella osservava i maghi lasciare la gilda.
Era pensierosa perché lei non conosceva il piano di Killian e se c’era una cosa che la spaventava era proprio non riuscire a capirlo. Quel suo atteggiamento la mandava in bestia, alle volte.
Perché tutto quello che lei voleva era che se ne stesse al sicuro, che non accettasse missioni dalle quali tornava sempre con qualche livido di troppo.
Vorrei poter andare anch’io, pensò frustrata. Ma poi sbuffò, sapendo perfettamente il motivo per il quale non era stata presa inconsiderazione. Lei non avrebbe potuto fare niente se non prendere a picconate qualcuno.
Non era una maga. Non avrebbe potuto essere d’aiuto tanto quanto Nimue che, anche se non utilizzava spesso la sua magia, era comunque in grado di curarli o quanto Lily.
Sospirò tristemente. Quanto avrebbe voluto essere al fianco di Killian!
«Sei angosciata» sentenziò proprio Nimue, apparendo alle sue spalle.
Ella sussultò e per un attimo le sembrò che il cuore si fosse fermato, poi si voltò a guardarla sorridendo mesta. «Non è niente, davvero.»
«Mh-mh...»
Non era affatto convinta, la maggiore.
«Insomma, com’è andata la riunione? Hanno accettato tutti?» chiese allora la rossa, cambiando argomento.
L’ultima cosa che voleva era far preoccupare i suoi amici.
Di tutta risposta, Nimue inspirò ed espirò profondamente – cosa che lasciò alquanto basita la ragazza. Cos’era successo che lei non aveva sentito? Quasi si pentì di aver insonorizzato il suo studio.
Ma poi ripensò a quanto rumore facesse ogni volta che azionava alcuni suoi macchinari e al fatto che molti dei loro compagni non riuscissero a concentrarsi a causa di tutto quel fracasso.
«Hydra non ne era un granché convinto ma poi ha accettato anche lui» spiegò lentamente.
Ella continuò a domandare: «E come ti sono sembrati gli altri?»
«Sono maghi eccezionali, non c’è dubbio. Lo si capisce solo guardandoli. Prendi Nypha, per esempio...» disse, avvicinandosi alla finestra da cui era ancora possibile vederli andare via. «Sembra timida e insicura ma avessi visto com’è scattata quando Lily ha cominciato a insultare Hydra.»
Allora la rossa corrucciò le sopracciglia, voltandosi a guardarla. «Lily ha insultato Hydra? Perché?»
«Il solito. È riuscita a litigare anche con Diana» spiegò.
Ella assunse un’espressione sofferente e si spalmò una mano sulla faccia.
Dalla finestra adocchiò la figura della corvina camminare al fianco di un uomo di lunghi capelli fucsia legati in una coda e una ragazza con indosso un poncho color ocra. Ma anche vista da lontano, sembrava parecchio stizzita.
«Come ha fatto a litigare con lei? L’ha appena conosciuta!» esclamò.
Nimue fece un’alzatina di spalle. «È incredibilmente facile prendere in antipatia una persona solo perché ci assomiglia, lo sapevi?»
«Vuoi dire che Diana e Lily sono fatte della stessa pasta?»
«Più o meno. La nostra amica è una stronza il più delle volte ma sai anche tu com’è fatta. È irruenta, è la classica persona che pensa che attaccare per primi sia meglio che venire attaccati.»
Ella annuì.
Quando era entrata a far parte della gilda aveva solo otto anni mentre Lily ne aveva dieci. Si erano conosciute quando la rossa aveva appena perso la persona più importante della sua vita e Lily non sapeva affatto cosa fare per confortarla. Ma si era messa in testa di poterlo – e doverlo – fare perché odiava profondamente sentirla piangere e lamentarsi.
Le pettinava i capelli ogni giorno, le raccontava diverse storie, le insegnava i nomi delle costellazioni e le innumerevoli leggende che le riguardavano. Poi però, un giorno, Lily era scoppiata inspiegabilmente in lacrime.
«Ce la sta mettendo tutta» le aveva detto Killian, un giorno. «Non sapendo nulla di tua sorella e non conoscendo appieno nemmeno te, sta cercando di imitare suo padre per farti sentire meno sola.»
«Suo papà è- è morto?» aveva chiesto, a voce bassa.
Lui non aveva risposto subito. E quando lo fece, mostrò un sorriso triste: «Non è morto. È una storia complicata
Se lo ricordava perfettamente, quel giorno. Erano diventate amiche quando Ella le si era avvicinata e Lily aveva cercato di nascondere il viso rigato di lacrime contro il libro che faceva finta di leggere. Avevano stretto il loro primo, vero legame nel momento in cui Ella – presa la spazzola che l’altra aveva lasciato cadere a terra – aveva cominciato a pettinarle i capelli morbidi come seta.
Dopo quell’avvenimento, aveva cominciato a sorridere di più.
«Quand’eravamo piccole si infastidiva quando piangevo» disse.
Nimue annuì. «Perché rivedeva in te il suo stesso dolore. E sappiamo tutti quanto Lily sia orgogliosa. Non sopporta i suoi stessi difetti, figurati se ad averli è anche un’altra persona.»
La ragazza si ritrovò d’accordo con le sue parole.
Ma non voleva continuare a pensare al passato – perché altrimenti avrebbe trascorso tutto il giorno a deprimersi in un angolino della gilda. Diana, la ragazzina dai capelli raccolti in una coda bassa, era sparita alla vista così come il loro compagno di gilda, seguito a ruota da Nypha.
Quando Ella posò gli occhi nocciola sulla figura di Killian pensò a quanto fosse carino. Lo vide parlottare amichevolmente con un mago dai capelli scuri e sorrise. Gli angoli della bocca si piegavano sempre all’insù quando c’era Killian, era qualcosa che non riusciva a controllare.
«Sei tenera» asserì l’amica.
Allora la rossa s’imporporò per l’imbarazzo. «Ma-?! Nimue!! Ti prego!»
«Cosa? È la verità.»
Ella cominciò a mugugnare qualcosa di non facilmente comprensibile e solo dopo qualche secondo sembrò riprendersi dall’apparente shock. «Non posso farci niente, mi piace troppo!»
A quel punto Nimue sospirò.

 
 
§

 

Naevin era arrivato a Magnolia giusto quella mattina e non aveva avuto il tempo di fare nient’altro se non recarsi alla gilda di Ancient Aurora per capire come si sarebbero mossi. Non appena aveva ricevuto quella lettera era stato felicissimo.
Avrebbe non solo avuto occasione di andare a Damocles così come aveva progettato di fare, ma avrebbe anche guadagnato qualche soldo nel mentre – non che fosse la sua priorità, comunque. Il solo fatto di poter raggiungere il regno insieme a qualcuno e quindi, con tutt’altra sicurezza, era un altro punto a favore.
Aveva deciso in fretta. Più o meno.
Non gli faceva piacere lasciare la sua gente, chiaramente. Ma altrettanto chiaramente sentiva che era una cosa che avrebbe dovuto fare, una tradizione cui non poteva rinunciare. Ad ogni modo non si aspettava di ritrovarsi in mezzo a un gruppo di maghi tanto variegati.
E non si aspettava nemmeno le prime zuffe. Quelle ragazzine, Lily e Diana, quasi non erano arrivate alle mani. Non ci voleva un genio per capirlo: la corvina era una persona litigiosa come poche e l’altra aveva dimostrato di essere altrettanto permalosa.
Tutto era nato da un commento sprezzante nei confronti del marinaio con la benda sull’occhio. Al che la ragazza dai capelli d’argento si era sentita in dovere d’intervenire, adottando un tono che aveva lasciato parecchi di loro a bocca aperta. Nypha – così si chiamava – aveva zittito Lily in un istante ma senza risultare esageratamente dura.
Infatti poco dopo la corvina si era lasciata scappare un risolino. Forse, si era detto Naevin, aveva capito che la ragazza non era lì solo per fare numero ma che ci fosse qualcosa in lei che col tempo avrebbe imparato ad apprezzare. Poi però la situazione era degenerata.
Hydra le aveva fatto capire senza troppi complimenti che non gli importava assolutamente nulla di cosa pensasse di lui. Lily si era incazzata non tanto per quello, ma per come l’aveva chiamata: Lila. Dopodiché Diana aveva preso la parola suggerendole, assai poco carinamente, di smetterla perché a furia di stare a sentire la sua vocetta stridula, le era venuto un mal di testa allucinante.
C’era stato un breve botta e risposta tra le due, era volato qualche insulto e poi si erano lanciate l’una contro l’altra, determinate a darsele di santa ragione. A calmare le acque era stato Killian.
«Cercate di andare d’accordo, voi due. Altrimenti ne andrà di mezzo tutta la squadra» aveva spiegato, mentre bloccava il pugno di Diana con una mano e stringeva il polso di Lily con l’altra, tenendole distanziate. Era bastato uno sguardo e sua sorella aveva abbassato gli occhi con stizza ed era tornata a sedersi sul tavolo, a gambe incrociate.
In un attimo tutto era tornato tranquillo.
Anche in quel momento, una volta fuori dalla gilda, Naevin si ritrovò a pensare quanto Killian fosse stato bravo. Impedire stupidi litigi che avrebbero potuto mettere in pericolo la missione era forse la prima cosa che un buon leader dovrebbe saper fare. Mentre ci ripensava, visibilmente più rilassato, proprio Killian lo affiancò. «Non mi interessa cosa dirai ma sei invitato ufficialmente a passare la notte a casa mia e di Lily!»
Il moro non si aspettava di certo un’uscita del genere. D’altro canto, il mago dell’Aurora sembrava davvero determinato a non lasciarlo dormire per strada, tanto che alla fine cedette. «D’accordo. Alla fine dei conti si tratta di una notte soltanto.»
L’altro annuì. «Anche Eve e Rehagan staranno da noi fino alla partenza. In questo modo almeno cominceremo a conoscerci!»
Anche Naevin si trovò d’accordo e stava per dirglielo, ma Killian indicò con il mento sua sorella e gli altri due che si stavano già avviando, poco più avanti di loro. «Li ho mandati a fare un po’ di spese per il viaggio.»
In un primo momento il corvino non capì il motivo di quella spiegazione.
Fu Killian a parlare, stranamente serio: «Devo chiederti una cosa.»
 

 
§

 
 
Lei odiava fare shopping.
E odiava essere accompagnata da dei completi sconosciuti. Aveva avuto la possibilità di conoscere Eve la sera prima e si pentì davvero di averla definita una persona simpatica. Parlava un sacco e le stava troppo vicina.
Peggio di lei, solo il ragazzo: Rahegan.
Sembravano essere sulla stessa lunghezza d’onda.
Di sicuro Killian sarebbe contento di sapere che vanno così d’accordo, pensò. A dire il vero, si chiese come ci riuscissero. Eve le aveva detto senza mezzi termini che non si fidasse al cento per cento di loro, eppure riusciva a conversare tranquillamente con quel tizio. Di contro, Lily non conosceva affatto lui. Aveva soltanto capito quanto fosse loquace e quanto risultasse piacente agli occhi del gentil sesso. Lei non era cieca, non biasimava quelle ragazze per averlo squadrato dalla testa ai piedi.
Per quanto smilzo, Rehagan poteva vantare qualcosa di assolutamente più incisivo: il carisma.
È carino, sì, ma è troppo allegro per i miei gusti!
«Più ci penso e più non capisco una cosa» disse proprio lo scienziato, a un certo punto.
Incuriosita, Eve gli chiese a cosa si stesse riferendo.
Lui allora si rivolse alla corvina. «Io so chi sei. Lily, il Demone dell’Aurora...» Al che Lily grugnì infastidita. Lei odiava quegli assurdi nomignoli che di tanto in tanto le affibbiavano. «Ma per quanto ci pensi, non ho mai sentito parlare di tuo fratello. Non è una cosa normale.»
«E perché?» chiese lei, sprezzante.
Rehagan rispose subito, ignorando il tono della ragazza: «Perché non c’è persona che io non conosca in questo regno, in particolare quelle importanti. E se Killian è stato scelto dal re per guidare una spedizione del genere, allora dev’essere importante!»
«Non è il tipo da cercare la fama» disse semplicemente Lily.
Ma l’altro scosse la testa. «Non può trattarsi di una mera questione di fama. Possibile che non abbia stretto rapporti con nessuno in questo regno?»
«Questi discorsi mi annoiano. Cos’è che vuoi sapere?» domandò.
«Beh, innanzitutto, Killian è un mago?»
Eve inarcò profondamente un sopracciglio. In un primo momento si chiese perché fare una domanda del genere; poi capì.
«Certo che è un mago!» esclamò.
Rehagan parve stranito. «Sul serio?»
L’altra annuì con nonchalance. Dopodiché sospirò. «Ti aspettavi una risposta diversa?»
«Ad essere sincero, sì. Tuo fratello è pieno di misteri!» esclamò, entusiasta.
Lily fece appena in tempo a roteare gli occhi al cielo che la rossa le mollò un buffetto sulla spalla. «Ehi, ma quindi sa combattere?»
«Sì e no» rispose, scostandosi di qualche passo per evitare che la toccasse di nuovo senza il suo permesso. Nel farlo fece una smorfia che nessuno dei due comprese appieno. Al che si premurò di “spiegare” con un ghigno stampato in faccia: «Lo capirete quando ce l’avrete davanti.»
Gli altri due si scambiarono un’occhiata.
Allora Rehagan si affrettò a chiederle: «Non puoi dirmelo ora?»
«No» fece Lily.
«Eddai, che ti costa? Lo voglio sapere! Ti prego, ti prego, ti prego! Dimmelo, ti prego!» esclamò, chinando il capo e unendo le mani a mo’ di supplica.
Sta diventando troppo molesto per i miei gusti, pensò lei irritata. «Ho detto di no, non insistere!»
Anche perché ormai sta diventando una questione di principio!
Dinanzi a quella scena più che esilarante, Eve non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere. Le persone attorno a loro inizialmente li guardarono straniti, poi – abituati agli schiamazzi – tornarono alle loro faccende come se niente fosse.
«Non c’è niente da ridere, Eve Ikuko. Tu sei un altro mistero» affermò Rehagan, lasciando perdere – per il momento – la questione e arrestando il passo. Sentendolo, la rossa smise di ridere e arricciò le labbra, curiosa di sentire quello che ancora aveva da dire. «Da dove vieni?»
«Oh, non lo sai?» domandò, divertita. «Pensavo sapessi tutto, tu!»
L’altro incrociò le braccia al petto, non perdendo nemmeno per un istante il suo solito sorriso. «Sei straniera. Dal tuo accento e dai tuoi vestiti deduco che tu sia di... Bosco?»
«Indovinato» disse, annuendo.
«E poi... usi spesso il carboncino, vero?» domandò, facendola rimanere di sasso. Non che fosse un’informazione che avrebbe potuto svelare qualcosa di segretissimo, ma non si aspettava una cosa del genere.
Ghignò, imitando la sua posizione. «Indovinato ancora. Come hai fatto?»
«Puzzi di legna bruciata[1]» disse Lily a un certo punto. Al che la faccia di Eve divenne ancora più sconcertata.
Puzzo...?
«Io l’ho capito dalle mani» spiegò indicandola. Eve non si mosse, anche perché sapeva per certo quanto i suoi polpastrelli fossero macchiati e a quanto pareva il tipo davanti a lei non si era lasciato ingannare dallo smalto altrettanto nero. «Ah, e sei mancina.»
Ovviamente rimase stupita dalle sue capacità di osservazione ma non lo diede a vedere. Cos’altro sapeva? Killian le aveva assicurato di essere l’unico in squadra a conoscere il suo “segreto” – si chiese come avrebbe potuto reagire Rehagan una volta scoperto. Perché c’era anche la possibilità che lui riuscisse a fare due più due...
Qualcosa le suggeriva di stare attenta e di non attirare troppo la sua attenzione. Poi, improvvisamente, si ricordò delle sue parole: «Non c’è persona che io non conosca in questo regno
A quel punto, Eve si limitò a sorridergli criptica.
«Cosa sei, uno stalker?» domandò Lily, per niente entusiasta di quella conversazione. Il suo unico pensiero era quello di tornarsene a casa il prima possibile. «Muoviamoci che è meglio.»
Detto ciò, velocizzò il passo seguita dagli altri due che continuarono la loro chiacchierata su argomenti più frivoli dei precedenti.



 
§

 
 
Le scale di pietra che dall’alto della scogliera portavano all’insenatura dov’era ormeggiata la nave, erano sprovviste di un qualsiasi corrimano. Si ritrovò a pensare che se si fosse distratta anche solo un attimo, sarebbe scivolata e si sarebbe schiantata sulla sabbia – o peggio, sulle rocce. Nypha rabbrividì a quell’idea e scosse la testa, imponendo a se stessa di non pensare a un’eventualità tanto orribile quanto impossibile.
Insomma, perché sarebbe dovuta scivolare? Cos’era? Una bambina di cinque anni?, pensò divertita. Durante il tragitto, poco più su della spiaggia, si imbatterono in una micro-casa che era stata costruita con un legno dal particolare colore nero. La ragazza pensò subito fosse quella l’abitazione di Hydra che, intanto, si limitò a guardarla tramite il suo unico occhio scoperto per poi parlare: «Puoi entrare a sistemarti. Io intanto preparo Felicia.»
Ma Nypha, che di starsene da sola in una casa che non era neanche la sua non ne aveva minimamente voglia, scosse la testa. «Preferisco aiutarti. Non ho un granché da fare comunque» spiegò, sorridendo.
Lui annuì e insieme proseguirono la discesa. La nave, Felicia, era ormeggiata in un’ampia grotta marina, al riparo dalle intemperie invernali e da occhi indiscreti. Nel vederla, Nypha si sentì pervadere da una forte emozione. Era passato del tempo dall’ultima volta che ci era salita e nel ricordare i momenti trascorsi lì dapprima sorrise, poi guance e orecchie si tinsero improvvisamente di rosso.
Nypha trattenne il respiro e sgranò gli occhi, attenta che il moro fosse troppo occupato a rimirare la sua compagna di viaggio per rendersi conto del suo cambio di espressione. Intanto, lei si diede della stupida almeno duecento milioni di volte perché no, proprio non poteva pensare a quelle cose! Posò la valigetta che si era portata dietro su una piccola roccia, inspirò ed espirò beandosi della sottile brezza che le accarezzava i capelli.
«Oltre alle provviste serviranno dei materassi per le cabine» disse Hydra, sovrastando per un attimo il rumore delle onde sulla battigia. Poi aggiunse sommessamente: «Fosse per me li appenderei all’albero maestro ma so già che Killian avrebbe da ridire. Non sopporto che la gente metta piede sulla mia nave, diamine.»
Nypha ridacchiò senza farsi vedere. «Serve altro?»
«Dovrò spostare alcune attrezzature così da fare più spazio. Una lucidata alla polena non sarebbe male. Anche il ponte ha bisogno di una sistemata.»
Nel fondo di quella grotta naturale c’era una specie di ripostiglio. Nypha aspettò che il ragazzo portasse fuori alcune casse ma proprio quando era in procinto di prenderne una, Hydra gliela tolse di mano.
Il fatto che non le avesse detto nulla confermò i suoi pensieri: era talmente concentrato che non si era nemmeno accorto di star trasportando tutto lui, una cassa dopo l’altra. Al che Nypha, arricciò le labbra. «Ma insomma!»
«Cosa?»
Con le mani sui fianchi e un sopracciglio inarcato, l’argentata si affrettò a parlare: «Ti ho detto che ho intenzione di aiutarti. Fa’ fare qualcosa anche a me, queste casse non sono poi così pesanti!»
E intanto fece per prenderne una ma l’unica cosa che riuscì a fare fu esibirsi in una figuraccia perché evidentemente quella che aveva provato a sollevare conteneva ben altro che delle semplici vele di riserva.
«Lì dentro c’è roba pesante» spiegò atono.
Nypha annuì, incrociando le braccia sul legno. «L’ho notato.»
Allora, il marinaio da un occhio solo sospirò. Insomma, vederla determinata ad aiutarlo gli riportò alla mente alcuni ricordi e non tutti necessariamente adatti a un pubblico di soli maggiorenni. Non lo diede a vedere ma per un attimo si perse a osservarla mentre si guardava attorno, alla ricerca di qualcosa di non troppo pesante da trasportare.
Alla fine, attirò la sua attenzione colpendo il legno di una cassa con le nocche. «La scatola degli attrezzi. È quella laggiù» disse, per poi fare dietrofront e salire sulla nave.
Nypha, felice come una pasqua, si affrettò ma scoprendo, al suo ritorno a terra, che le restanti casse erano già state trasportate. E la ragazza non ci mise molto a mostrare il suo disappunto, gonfiando le guance e incrociando le braccia. Perché diavolo si ostina a voler fare tutto da solo?!
Nel giro di un paio d’ore, Felicia era pronta per affrontare un lungo viaggio. Più o meno.
«Mancano le provviste, no?» sentenziò, a un certo punto l’argentata.
Hydra, che aveva appena finito di lucidare il ponte di prua, si sollevò. «Sì ma Killian ha insistito che ci avrebbe pensato lui. Già mi pento di avergli detto che andava bene.»
«E perché? Mi è sembrato un tipo responsabile.»
Le lanciò un’occhiata annoiata. «Il problema non è tanto lui ma sua sorella. Li... no, Layla
Nypha non era sicura di aver capito. «Intendi Lily?»
«Non è importante il nome. Sta di fatto che è problematica. A dirla tutta sembra lo siano tutti... la nanetta è una vera spina nel fianco, lo spilungone con la coda di cavallo mi infastidisce.»
«Davvero? Mi pare che Rehagan sia piuttosto solare. Come fa a non starti simpatico?» domandò, sinceramente incuriosita.
Hydra non lo avrebbe mai ammesso a voce alta ma il fatto che lo ritenesse simpatico e che lo stesse difendendo con così tanta innocenza gli provocò un silenzioso moto di stizza. Per questo, si limitò ad alzare l’occhio al cielo.
«Piuttosto, è quasi mezzogiorno» disse. «Bisogn-»
«Grande! Cucinerò io! Sai, per ringraziarti di ospitarmi per una notte. E vedrai, sarà così squisito che non potrai più farne a meno!» esclamò.
Illuminata da quei pochi raggi del sole che riuscivano a entrare nella grotta tramite dei fori nella pietra, Nypha sorrise genuinamente in attesa di un qualche responso. Se Lily – o Killian, o Royal – fossero stati lì avrebbero avuto la scusa per prendere in giro Hydra a vita perché l’espressione dubbiosa che aveva messo su era tutta un programma.
«Ne sei sicura?»
L’altra annuì, convintissima. «Ti dico che sono migliorata!»
Il moro si lasciò andare a un sospiro.
«E va bene...»
 

 
§

 
 
William Falkor aveva lasciato l’ospedale con un’espressione grave in volto. L’uomo che era riuscito a sopravvivere all’attacco della Bestia era appena morto. A detta del medico, il poveretto aveva cercato in tutti i modi di lottare contro la morte in tutti i modi possibili ma non ce l’aveva fatta.
Era stato portato d’urgenza in sala operatoria e vi aveva trascorso ben dodici ore; dopodiché era stato sistemato in una stanza singola. Una volta svegliatosi dall’anestesia aveva cominciato a urlare.
Il capitano era stato presente quando il dottor Hook, aiutato da altri quattro medici, era stato obbligato a sedarlo nuovamente. Le sue parole sconnesse, da insensate che potevano sembrare, avevano tuttavia convinto William a dare per certa la notizia che gli era giunta poco prima.
L’anziano non ci aveva voluto credere, all’inizio.
«Un traffico di bambini? Ma sei serio?» gli aveva chiesto, sull’orlo dell’esasperazione.
Bastian l’aveva guardato, altrettanto sconvolto. «Quei bambini sono stati fatti allontanare dai genitori e portati via con l’inganno. Mi duole ammetterlo ma oserei dire che... sì, insomma... che la Bestia li abbia in qualche modo salvati.»
«Non importa se fosse questo il suo obiettivo. Sta di fatto che ha massacrato in quel modo brutale tredici persone.»
William si era poi diretto verso l’orfanotrofio dove erano stati fatti sistemare quelle piccole creature spaventate in attesa di poterli finalmente riportare a casa. C’era chi si era già in qualche modo dimenticato dell’accaduto – volutamente o meno – ma c’era chi ancora sobbalzava a qualsiasi rumore troppo forte o voce troppo grossa. Ad ogni modo tutti, nessuno escluso, lamentava incubi terribili.
Giusto all’ingresso dell’orfanotrofio trovò un suo sottoposto che lui stesso aveva piazzato lì giorno e notte, ad assicurarsi che quei bambini fossero al sicuro. «Notizie dai Master delle gilde? Ho sentito che hanno fatto una riunione a proposito di quanto è successo.»
Roger scattò sull’attenti. «Capitano! Mi spiace, non ne so niente.»
«È stato Jace a organizzare tutto, non mi sorprende che non sia trapelato niente. Il re ha chiesto la collaborazione di tutti ed è nel nostro interesse condividere qualsiasi informazione. Chiama gli altri.»
«Subito, capitano!» esclamò, per poi allontanarsi.
William restò in silenzio per un istante, rimirando il cielo limpido e cercando di riordinare i pensieri. Avrebbe dovuto cooperare con alcuni dei pezzi grossi di Fiore e la cosa non gli sembrava per niente entusiasmante, nonostante c’era chi pensasse che avere vicino personalità del genere fosse davvero fico. Tolto uno di loro – Horace Neil, che era il più silenzioso – gli altri tre erano degli individui tutt’altro che semplici da gestire.
Eliza Barthock, unanimemente descritta dai suoi concittadini come la donna più bella di Dahlia – ma anche la più spaventosa. Fiery Cinder era un agglomerato di maghi uno più forte dell’altro, che veneravano la loro Master come fosse una divinità – per questo, difficile da avvicinare.
Vernon Calaway era, forse tra tutti, il più problematico. Lui era il classico omaccione nerboruto cui non era concesso fare pensieri troppo contorti, sempre pronto per una scazzottata tra amici. I maghi di Iron First non erano poi così diversi da lui.
Su Horace Neil non si sapeva quasi niente. La sua gilda era la più lontana rispetto alle altre, tutte più o meno vicine tra loro. Era senza alcun’ombra di dubbio il più tranquillo, quello simpatico su cui era facile fare affidamento perché la sua sola presenza era in un certo qual modo rasserenante.
Infine, c’era lui: Royal Vandom.
Il piccolo scavezzacollo è diventato un grande uomo, dovresti proprio vederlo, pensò. Ethan, amico mio, spero te la stia passando meglio di noi.
 

 
§
 

 
No, non era affatto migliorata. Se possibile, Nypha era addirittura peggiorata nelle sue abilità di cuoca – sempre se di abilità si potesse parlare.
Era riuscita a far risultare immangiabile persino un uovo sodo, maledizione!
«Tutto okay?» domandò, preoccupata del fatto che il viso di Hydra aveva appena assunto diverse tonalità di colore, dal blu al verde.
Una volta ripresosi da quell’attentato – non sapeva come altro chiamarlo – il corvino la guardò in tralice con il suo unico occhio visibile. «Niente di tutto ciò è okay» sibilò, indicando con un gesto della mano la tavola imbandita di roba disgustosa. «Lo sgombro va pulito completamente dalle interiora prima di cuocerlo. Cos’è questo?» domandò, mentre con la forchetta pungolava qualcosa di scuro e molliccio.
Nypha si mordicchiò la guancia prima di rispondere: «La... pelle?»
Lui scosse la testa. «No, è un rene.»
«Oh...»
Seguirono pochi istanti di puro silenzio, rotto soltanto dal rumore delle onde. L’abitazione del ragazzo era davvero piccola ma altrettanto funzionale e abbellita con alcuni trofei di pesca che aveva scelto di appendere a mo’ di quadri. Primo fra tutti un pescespada posto al di sopra di un caminetto.
«Dai, vieni qui» disse a un certo punto Hydra, alzandosi e avvicinandosi ai fornelli. Se qualcuno della gilda l’avesse sentito in quel momento, avrebbe avuto dei seri dubbi al riguardo. «Innanzitutto ti spiegherò come si pulisce, poi passeremo alla cottura.»
E no, non ammetteva repliche. Ormai l’aveva annoverata tra le missioni da portare a termine a costo di metterci una vita.
D’altro canto, Nypha annuì, incoraggiata a dare il massimo. Seguì passo passo ogni suo movimento e ascoltò i suoi suggerimenti su come sventrare il pesce in poche e semplici mosse.
E proprio mentre la ragazza si avvicinò al frigo per poter prende alcuni ingredienti per la cottura, con la coda dell’occhio intravide qualcosa. Lì – accanto al cestino, in bella vista – c’erano un paio di bustine di plastica dall’aspetto familiare. Quando capì cosa fossero, Nypha singhiozzò dalla sorpresa.
«Che hai?» domandò lui, avendo sentito quello strano suono.
L’argentata agguantò rapidamente le prime cose che le capitarono a tiro – un barattolo di sottaceti e una bottiglia di salsa piccante – per poi voltarsi nella sua direzione, come colta nel sacco. «Niente. Assolutamente niente.»
Hydra si fece preoccupato. «Hai intenzione di usare i sottaceti?»
«E-Eh? Io... non saprei... hanno un sapore simpatico, no?»
Il corvino scosse la testa e la pregò di rimettere a posto quella roba.
Lei obbedì ma da quel momento la sua mente cominciò ad andare da una parte all’altra senza mai fermarsi, ignorando tutti gli avvertimenti di Hydra e finendo per mettere lo zucchero al posto del sale. Come se non bastasse, bruciò tutto.
«Oggi hai la testa da tutt’altra parte, eh?»
Nypha ridacchiò nervosamente, cosa che a lui di certo non sfuggì.
«Che hai?»
Lei sospirò, andandosi a sedere sul divano. Nonostante lo sconforto, la sua postura rimaneva dritta ed elegantemente controllata. Le spalle portate indietro, le gambe piegate leggermente di lato e le mani in grembo tradivano una certa educazione. Hydra non poteva dire di conoscerne il significato, anche perché la ragazza aveva sempre cercato di sviare l’argomento in un modo o nell’altro fino a che non gliel’aveva detto chiaro e tondo con un mesto sorriso: «Non voglio coinvolgerti in questo, scusa.»
«Sono preoccupata... per domani. Tutta quella gente nuova» disse, non volendo parlare del perché ci fossero dei preservativi nella sua cucina – non erano neanche affari suoi, non era mica la sua fidanzata! «Scommetto che qualcuno di loro mi conosce già per via del mio lavoro. Anzi, sono sicura che Killian lo sappia già altrimenti perché mi avrebbe fatto recapitare quella lettera?»
«E allora?» fece lui. «Lui non è il tipo da farsi frenare da cose del genere. È forse l’unica persona normale in quella gilda di secchioni.»
Andò poi a stravaccarsi sulla poltrona.
Nypha lo guardò, ancora non del tutto convinta. «Sì, ma-»
«E poi è il Master, sa come farsi rispettare.»
Lei fece per rispondere ma poi si accorse di un qualcosa che non andava. «Aspetta, cosa? In che senso? Il Master dell’Aurora è Royal Vandom.»
«Chi? Ah, lui. No, non credo. È un tale idiota.»
A quel punto Nypha scoppiò a ridere. Si portò la mano alla bocca e rise di gusto fino a quasi farsi uscire le lacrime agli occhi. «Non ci posso credere. Eri davvero convinto che fosse Killian? Ma se lo conoscono tutti! Il vero Master, intendo!»
Il corvino inarcò un sopracciglio, facendosi improvvisamente serio. «Quando sono entrato nella gilda ho parlato con Killian e con nessun altro» spiegò. «Quindi ho subito pensato fosse lui a capo della baracca.»
Nypha dovette tenersi la pancia a un certo punto. Si morse il labbro e per un attimo, quando lo guardò tra le risate, le sembrò per un attimo di intravedere uno strano luccichio nel suo unico occhio scoperto.
Che bel colore, è come fissare il mare, pensò a un certo punto.
Poi decise di alzarsi e fare qualcosa per tenere la mente occupata.
 
 
§
 

 
Che sua sorella non fosse abituata ad avere gente attorno lo sapeva fin troppo bene. Circondata da facce nuove si sentiva un pesce fuor d’acqua e l’unica cosa che riusciva a fare era assumere un atteggiamento irriverente.
Killian aveva sempre cercato di correggere quel suo modo di fare ma lei continuava a mostrarsi scontrosa e particolarmente irascibile. Ma quella sera pensò di stare assistendo a un miracolo.
Avevano deciso di grigliare della carne che Lily e gli altri avevano comprato proprio quel pomeriggio – naturalmente la corvina si era detta entusiasta all’idea. Era in assoluto il suo cibo preferito e grazie a quest’elemento in comune, riuscì persino a scambiare qualche parola con Naevin.
Lui, tra tutti, sembrò legare abbastanza velocemente con la ragazza. E poi, sentirla ridere ai racconti del nomade era musica per le orecchie di Killian. Certo, era un po’ presto perché si aprisse completamente ma pensò che per il momento andava bene così.
«Aspetta, ma quindi tu e la tua gente fate parte della tribù dei Lakad?» chiese allora Reha, entusiasta. «E dove sono i tatuaggi?»
Naevin rise, certamente felice di tanto interessamento. Di solito era estremamente difficile trovare delle persone ben disposte nei loro confronti. Ragion per cui fu con un certo orgoglio che scostò la manica della camicia per lasciar intravedere gli anelli d'inchiostro che gli decoravano l’avambraccio sinistro: i primi due in prossimità del gomito e gli altri due accanto al polso.
«Wow» esclamò Lily, addentando uno spiedino.
«Lo sai, quando ti ho visto alla gilda mi hai quasi fatto paura» cominciò a dire Eve, ridacchiando. «Insomma, così grande e grosso, e poi con quello sguardo truce... sembravi un malintenzionato!»
Naevin non si offese per quella constatazione e anzi se la rise. «In realtà stavo solo pensando. Non avevo e non ho nulla contro di voi, mi siete simpatici. Anche tu, marmocchia irascibile.»
Diversamente da quello che i più avrebbero potuto immaginare, Lily quasi si strozzò a causa delle risate. «“Marmocchia irascibile” non me l’aveva ancora detto nessuno!»
«È un gran bel soprannome. Penso che comincerò a chiamarti così invece che “pazza isterica”» esclamò Killian.
Ecco, lì la corvina fece l’offesa ma Eve le diede una gomitata giocosa, attirando la sua attenzione. «Su, su, non arrabbiarti adesso!»
«Sei uno stronzo, sappilo» sibilò invece la corvina, in direzione del fratello che, di tutta risposta e in maniera molto poco matura, la scimmiottò.
«Non potreste essere più diversi, voi due» asserì a un certo punto Reha, poggiando il piatto ormai vuoto sulla pila che si era creata tra lui e il nomade. «Ma siete davvero fratelli?» domandò, ironico.
I due chiamati in causa si guardarono per un attimo, in silenzio. Killian ridacchiò, allentando di poco la cravatta bolo e dopodiché parlò: «In effetti, non abbiamo alcun legame di sangue.»
I tre maghi spalancarono gli occhi, presi alla sprovvista. Di certo non si aspettavano una tale ammissione con così tanta leggerezza – e soprattutto non si aspettavano la non reazione di Lily, che solitamente era sempre la prima a farsi conoscere. Infatti, Naevin le lanciò un’occhiata solo per vederla concentrata a togliere un pezzetto di carne incastrata tra i denti.
«Sei serio?» chiese Eve.
«Sì, perché?»
A quel punto Lily sbuffò. «Non è poi una cosa tanto straordinaria, se ci pensate.»
Già, in effetti è così, pensò proprio la rossa con un sorriso.
«Beh, l’ho praticamente adottata!» esclamò Killian. Ripensare a quel giorno faceva male, non v’erano dubbi – entrambi avevano lasciato andare persone importanti; la loro vita era stata completamente stravolta.
Eppure, la loro era stata una gioia nel dolore. Poter stare insieme, potersi sostenere a vicenda: era ciò di cui avevano avuto bisogno – si erano trovati e avevano deciso di procedere l’uno accanto all’altra per poter raggiungere i loro obiettivi. Che fossero diversi poco importava.
Lui gliel’aveva giurato. L’avrebbe sostenuta sempre.
«Questione di sangue o meno, si vede lontano un miglio che siete molto legati» asserì Rehagan.
Sentendo ciò, Lily sembrò quasi imbarazzarsi.
«Oh, ma che carina!» esclamò la rossa, ridendo.
«‘Fanculo, Eve!»
Killian corrucciò la fronte. «Linguaggio!»

 
 
§
 

 
Da quanto tempo la osservava? Volente o nolente, era stato costretto a starle accanto e ad assistere a ognuna delle sue sceneggiate senza poter intervenire come avrebbe voluto. Ovvero: dandole una botta in testa.
Lily era fondamentalmente un disastro.
E lui la detestava.
L’aveva vista struggersi per mille motivi diversi e per la maggior parte di questi non valeva la pena piangere lacrime amare quando c’erano ben altri problemi da risolvere. Lui, ad esempio. Doveva liberarlo da quel supplizio e lasciarlo libero di tornarsene a casa sua, tra i morti, dove avrebbe vissuto in santa pace e senza una ragazzina petulante a confondergli la testa.
A volte faceva fatica a capirla, davvero. Il tizio di cui eri perdutamente innamora ti tradisce? Tagliagli le palle e via, avanti il prossimo. Molti di quelli che lei chiamava “problemi” si sarebbero risolti in un niente.
Ma no. Lily era una tale melodrammatica.
«La smetti?»
Lui neanche si scomodò. Non la guardò. Continuò a bearsi di quel leggero dondolio – l’amaca su cui era sdraiato avrebbe dovuto essere considerata l’ottava meraviglia del mondo, a suo dire – e della brezza che gli solleticava la pelle. Di fare cosa?
«Di darmi della melodrammatica. Tu lo sei molto più di me. Ti devo ricordare quando hai fatto una scenata perché volevi a tutti i costi farmi provare quei funghi allucinogeni?»
Lui poteva anche esserselo dimenticato ma Lily ricordava ancora i lamenti strazianti che l’avevano portata all’esasperazione. Tutto perché l’Idiota voleva vedere se in qualche modo lo sballo sarebbe arrivato fino a lui, che praticamente viveva nella sua testa.
Sei un’egoista. Avresti potuto assaggiarli e forse io avrei toccato il cielo con un dito.
«E tu potresti smetterla di condividere i tuoi pensieri sempre e solo quando hai qualcosa da ridire su di me? Sei uno stronzo.»
Il fatto che a dirlo fosse proprio lei, aveva del comico.
Con i tuoi insulti mi ci lavo le palle. E Orias non era mai stato la personificazione della finezza. Proprio no.
«Io ti odio, sul serio» disse lei.
Ma va’.
Lo ignorò. Era l’unica cosa che avrebbe potuto fare.
Dopotutto, la loro era una vera e propria convivenza. A un certo punto aveva persino smesso di arrabbiarsi. Più o meno. Perché, anche se le costava immensamente ammetterlo, Lily cedeva spesso sotto il peso di alcune sue parole.
Orias era il più delle volte sarcastico, pungente. Riusciva perfettamente a cogliere e premere sul punto più doloroso, specie quando si trattava di lei.
E lo faceva – girava il coltello nella piaga più spesso di quanto lei desiderasse. Così facendo, distruggeva qualsiasi sua certezza e la ricostruiva da zero, quasi a volerla spingere a pensare come lui.
Quasi a volerla rendere più forte.
Questa è la più grande cazzata che io abbia mai sentito!
Per tutta risposta, Lily gli lanciò addosso la sabbia che fino a quel momento stava facendo scivolare tra le dita, assorta nei suoi pensieri. La reazione del ragazzo fu scontata.
Ma che- cazzo-! Si alzò dall’amaca come una molla e cominciò a scrollarsi di dosso tutta la sabbia. La mora lo guardò dal basso, seduta a gambe incrociate, e trattenne a stento un risolino.
Lo ascoltò mentre imprecava prima contro di lei e poi contro gli Dei che lo avevano costretto a una morte tanto miserabile – e cioè in sua compagnia.
Dopodiché, Lily si concentrò sul paesaggio. Non sognava una spiaggia del genere da parecchio tempo e ciò le diede da pensare. La sabbia era fredda, quasi gelata, e nera. Una spiaggia del genere l’aveva vista e toccata realmente solo quand’era bambina e capire di poterla rivivere in sogno era stato a dir poco emozionante.
Il mare era calmo, una tavola, e aveva in sé dei riflessi rossastri per via del sole che era in procinto di tramontare oltre la linea dell’orizzonte. La luna era appena visibile e non c’erano nuvole.
Mi è entrata la sabbia nelle mutande!
Ecco come rovinare un’atmosfera paradisiaca, si ritrovò a pensare.
Orias immerse le mani tra i capelli e cominciò a scuoterli, leggermente piegato in avanti; subito dopo alle sue imprecazioni si sostituirono quelle di Lily. «Eddai!»
Lui rise, mostrando ben quattro paia di zanne; due su ogni arcata dentale.
Di che ti lamenti? Hai cominciato tu!
A conti fatti, Orias era soltanto un bambino troppo cresciuto.

 
 
§
 

 
Avrebbero dovuto partire alle prime luci dell’alba ma Killian era stato difficile da svegliare. Con pochi minuti di ritardo il gruppo raggiunse la spiaggia e a pochi metri da questa, ormeggiata al molo che Hydra aveva personalmente costruito anni orsono, c’era Felicia.
I membri dell’Ancient Aurora non ne furono molto sorpresi perché l’avevano già vista, ma dovevano ammettere quanto risultasse imponente vista da vicino. Si trattava di una goletta né troppo piccola né troppo grande a vele auriche; ma a differenza della Mezzana e della Maestra, l’albero di trinchetto, montato a proravia di quest’ultima, aveva un sartiame in vele quadre[2], sulla cui più grande era impresso il simbolo della gilda.
All’estremità prodiera dello scafo v’era la polena: una statua lignea dai colori del bronzo che raffigurava una giovane donna dai lunghi e ondulati capelli, e con le mani giunte in preghiera.
«Per la miseria, è bellissima!» esclamò Rehagan, al settimo cielo.
Seduto su uno scoglio abbastanza alto c’era il proprietario della nave che li fissava con sguardo truce. Non si scomodò a scendere, né a dar loro il buongiorno – figurarsi – ma invece aggrottò maggiormente le sopracciglia e parlò con tono grave: «Il primo che tocca qualcosa, qualsiasi cosa sulla mia nave finirà a far compagnia ai pesci. Sono stato chiaro?»
«Pensavo che ci avresti fatto la predica per il ritardo» disse invece Killian, per niente toccato dalla minaccia.
In quel momento, dal parapetto si affacciò Nypha che un po’ impacciatamente li salutò.
Fu sempre Killian a parlare, a nome di tutti. «Oh, buongiorno anche a te!»
Lily le lanciò un’occhiata dubbiosa. Dov’è finita la tizia che soltanto ieri mi ha risposto a tono? Se l’è mangiata? «Sì, tutto magnifico. Buongiorno, buongiorno a tutti. Manca ancora qualcuno?» domandò.
«Non direi» sentenziò Nimue, palesando la sua presenza accanto all’argentata. Il vento le scompigliava i capelli ma a lei non sembrava dare fastidio. «Diana è stata l’unica ad arrivare puntuale» disse.
La maga con il kimono non aggiunse altro, in piedi all’ombra della scogliera. Non era stata nemmeno notata dal gruppo dei ritardatari.
«Perfetto!» esclamò Killian. «Possiamo partire, no?»
Rehagan fu il primo a salire a bordo, osservando con minuzia gli intarsi dorati che spiccavano sul legno color pece. Lui, che in genere si intendeva di qualsiasi argomento, aveva capito subito la qualità del materiale che Hydra aveva scelto per costruirla. Certo, non riusciva a immaginare come ne fosse entrato in possesso ma per il momento mise da parte la cosa per concentrarsi su altro. O meglio, su Diana. Lei, avvertendo i suoi pensieri, gli rivolse un’occhiata a dir poco scocciata.
«Non mi aspettavo una nave così grande. La governi tutto da solo?» domandò Naevin, ammaliato dal contrasto delle vele bianche con l’azzurro del cielo, ancora rosato per via dell’aurora.
«Sì» rispose atono, il marinaio.
«Wow, dev’essere faticoso» si limitò poi a dire.
Poco distante da loro, Eve si accostò a Nimue e Nypha, per salutarle allegramente. «Pronte per quest’avventura?»
«Abbastanza» disse l’argentea, abbassando gli occhi sulle proprie scarpe – come se a un certo punto fossero diventate la cosa più interessante del mondo. Con non poco sforzo, Nypha ingollò il magone d’ansia che le faceva palpitare il cuore e chiese: «Avete mai viaggiato? Per mare, intendo.»
Eve scosse la testa, tristemente. «No, purtroppo no. Wilbourn è praticamente dall’altra parte del paese rispetto al mare! Ed è così bello!»
L’ultima frase era stata praticamente urlata.
Per lei, che aveva visto quell’immensa distesa d’acqua soltanto una volta, quello poteva annoverarsi tra i giorni più felici della sua vita.
«Ti piace il mare, eh? Anch’io lo adoro!» esclamò Killian, in procinto di salire a bordo. Hydra stava aspettando che attraversasse la rampa così da levare l’ancora, ma una voce attirò l’attenzione dei maghi. Lily si chiese il motivo della sua presenza lì ma riuscì a immaginarne il motivo non appena adocchiò cosa stringesse tra le mani – contemporaneamente maledì suo fratello per non avergliene fatto parola, di nuovo.
«Aspettate!» gridò ancora, scendendo gli ultimi scalini di pietra e atterrando finalmente sulla sabbia morbida, incurante della brezza che per un attimo le sollevò la gonna. «Eccomi! Le ho portate!»
Ella si fermò sul molo, giusto a pochi passi dalla rampa. Si piegò per recuperare fiato e per non mostrare quello spettacolo pietoso – viso arrossato dalla corsa e un’espressione sfiancata – proprio alla sua cotta.
Una volta ripresasi, anche se non del tutto, tornò dritta e sorrise fieramente ai maghi che la fissavano da sopra la nave. Quando però i suoi occhi caddero sulla figura di Killian il suo cuore mancò un battito.
Oddio. Oddio. Oddio!
«E-Ecco, io- io le ho... ehm... le ho portate» disse, quasi in un sussurro.
Dall’alto, si udì la voce curiosa di Rehagan: «Portato cosa?»
Killian le sorrise e si avvicinò quel tanto per ricevere il cofanetto di legno che Ella gli stava porgendo. «Grazie mille! Sei stata fantastica!»
La rossa si mordicchiò le guance, profondamente in imbarazzo.
«N-Non c’è di c-che.»
«Per un attimo ho temuto che dovesse salire anche lei» sentenziò Hydra, memore del fatto che la ragazzina soffrisse il mal di mare.
Lily fece scioccare la lingua al palato, stizzita dal commento, ma non disse niente. Si limitò a un’occhiata velenosa che purtroppo non sortì l’effetto sperato perché il corvino la ignorò bellamente.
«Ah, e... ho una cosa per te, Lily!» esclamò a un certo punto proprio Ella.
Incuriosita, l’amica si sporse dal parapetto e afferrò al volo l’oggetto che le aveva lanciato. Quando aprì il pugno, vide un orecchino fatto a mano.
Notando la sua espressione confusa, la rossa si affrettò a spiegare: «È la pietra di Luna che ho trovato giorni fa, ci ho fatto un gioiello. Purtroppo, non sono riuscita a farne un secondo ma spero vada bene lo stesso!»
Lily sorrise di cuore. «Ti ringrazio!» esclamò, per poi indossarlo immediatamente all’orecchio destro.
«Vedrai, ti farà dormire sonni tranquilli. È una delle sue proprietà.»
«Perché? Cos’altro fa?» chiese allora.
Ma Ella non fece in tempo a rispondere che Rehagan si interpose nella spiegazione. «Se magica, la pietra di Luna, ha molte qualità. Per esempio, mitiga i sentimenti negativi e favorisce quelli positivi. Tra l’altro, in caso di forti emozioni potrebbe addirittura assumere un tipo diverso di sfumatura.»
Naevin quasi non riuscì a credere alle sue orecchie. «Certo che ti destreggi bene con qualsiasi argomento, eh?»
«Per forza, sono uno scienziato!» esclamò, fiero.
Anche Ella ne rimase stupita. Erano poche le persone che si interessavano a quella materia specifica, anche in una gilda come Ancient Aurora.
Solo a quel punto Killian decise che fosse ora di partire. Diede un’ultima occhiata al cofanetto non ancora aperto e poi sorrise in direzione della ragazza che, accortasi di essere osservata, avvampò d’imbarazzo.
Eve ridacchiò, gongolando.
Eh sì, è propri cotta, pensò invece il nomade, abbastanza divertito.
Allora Killian la salutò. «Ti ringrazio davvero, Ella. Mi raccomando, non farti influenzare da quella specie di Master lavativo che ci ritroviamo.»
Le scappò un risolino senza che se ne rendesse conto. «Certamente. Starò attenta. A proposito, vi saluta e vi augura buon viaggio!»
«Quell’idiota non è nemmeno venuto a salutarci» borbottò Lily.
Nimue si voltò a guardarla. «Ti dispiace che non sia venuto.»
«Ma neanche per idea!» ribatté la corvina, inviperita.
«La mia non era una domanda.»
«Cazzo, Ninì, piantala!»
Dinanzi a quella buffa scenetta, Ella sorrise. Le sarebbero mancate. Eccome. Ma prima di rendersi ulteriormente ridicola, li salutò un’ultima volta.
Augurò loro buon viaggio. Hydra tolse di mezzo la rampa, levò l’ancora e una volta al timone attivò la sua magia. Lo avvolse così un manto azzurro che modellò in diversi tentacoli posti sulla schiena; poco dopo la nave cominciò a muoversi in direzione dell’orizzonte.
«Non sai nemmeno se è a Damocles che troverai quello che cerchi.»
Lily sospirò, roteando gli occhi. Se c’è realmente qualcuno dietro la comparsa delle fate, potrebbe anche sapere come risolvere i nostri problemi.
«Sarà! Ma secondo me ti stai solo illudendo, Lilì.»
In risposta, lei grugnì. Il solo ad accorgersene fu niente di meno che Killian, al suo fianco. E infatti, le rivolse un’occhiata interrogativa e vagamente scocciata. «Cos’ha detto, il Bellimbusto?» No, non aveva mai avuto il piacere di conoscerlo ma aveva imparato a mal sopportarlo quando aveva capito che più della metà di ciò che usciva dalla sua bocca feriva – psicologicamente – sua sorella.
«Niente di che. È il solito cinico» spiegò. Ne seguì un lungo silenzio, interrotto dal rumore delle onde e dalle osservazioni di Rehagan in lontananza che cercava di iniziare una conversazione con il marinaio al timone. «Pensi che troverò qualche indizio?» gli chiese, titubante.
Killian le circondò presto le spalle con un braccio e si abbassò quel tanto da sussurrarle all’orecchio affinché nessuno potesse sentirlo – nemmeno Diana che era concentrata a ignorare il senso di nausea che l’aveva colpita non appena aveva messo piede lì sopra. «Ci sono buone possibilità. Ma devi promettermi che non ti metterai nei guai.»
«Non lo farò» disse, seria e quasi intenerita.
Infine, si guardarono. Lily sorrideva, animata da nuova speranza. E Killian... Killian la imitò, ma con altro tipo di pensieri nella testa.
Speriamo in bene...
 








 



 
 
 
 


[1] Il carboncino è fatto facendo bruciare pezzetti di legna.

[2] Non sono un’esperta di navi ma ho provato a descriverla nella maniera più semplice possibile ma utilizzando alcuni termini specifici: le vele auriche sono quelle a forma di trapezio (tipiche delle golette); gli alberi di una nave sono genericamente di tre tipi (a meno che non ne abbia di più) e sono di trinchetto, di maestra e di mezzana.
 
 
 








Lo so. Avete aspettato tanto. Ma questo capitolo è venuto fuori più lungo rispetto all’idea iniziale quindi prendetelo come dono di scuse per il mio immenso ritardo.

Ci sono delle novità.
Abbiamo Hydra che s’improvvista insegnante di cucina, Naevin che racconta storielle attorno al fuoco, Ella che porta robe e abbiamo Orias. Che pacchia.
A proposito, ho leggermente modificato il capitolo “La Fata e la Bestia” perché ho finalmente deciso come impostare le battute di Orias (combo di corsivo e grassetto) e , ha detto qualcosina anche lì, anche se nessuno se n’è accorto. Vi invito a darci un’occhiata giusto per rendervi conto.

Ad ogni modo... sappiate che tra Orias e Lily le conversazioni non sono mai semplici. Lui, essendo nella sua testa, può captare alcuni suoi pensieri e molto spesso vi ritroverete con lui che risponde a una domanda o commenta a una frase che Lily non ha mai espresso ad alta voce e viceversa... quindi state attenti.
Prima che me lo chiediate: , era lui la “voce di troppo” che percepisce Diana ma a causa di un problemino tecnico – non tanto suo ma dell’improbabile duo – non riesce a capire cosa dica o da dove provenga.
[Tra l'altro, quando sono all'interno di un sogno le battute di Orias non saranno inserite tra virgolette].

Domanda: come ve lo immaginate Orias? Non l’ho ancora descritto perché sono curiosa di sapere voi cosa riuscite a tirare fuori. Chi indovina roba tipo il colore degli occhi o dei capelli vince... boh, qualcosa. Mi verrà in mente.
Tranquilli, non intendo imbrogliare – non avrebbe senso.

Ed ecco finalmente il primo disegno. Il mio scanner fa leggermente schifo, vi giuro che dal vivo è più bello ^^ Tra l'altro vi ricordo che è in bianco e nero.
Spero dia ver fatto un buon lavoro ^^

DIANA 
 https://www.deviantart.com/lailadahl/art/Diana-Foni-917090905

E… l’orecchino di Lily. Giusto per non farci mancare niente.

Orecchino "Pietra di Luna
 https://m.media-amazon.com/images/I/61IIxgh0+DL._AC_UX679_.jpg

Per ultime ma non meno importanti, le curiosità.

Curiosità n.8 ► Chi è il più vecchio tra i miei e i vostri OC? Alastor. Infatti, ha 38 anni; seguito a ruota da Royal, che di anni ne ha 33. E , tra lui e Clizia ci sono ben OTTO anni di differenza; lei infatti ha 25 anni.
Continuiamo a parlare di età? Le più giovani sono Ella e Diana (16 anni), cui segue la nostra dolcissima Lily (18 anni). Tra gli OC, il più “vecchio” è Rehagan che ha 29 anni. La cosa divertente è che dopo di lui ci sono in fila Hydra (28 anni), Naevin (27 anni) e Killian (26 anni). Insomma... 29, 28, 27, 26... Nypha e Clizia hanno la stessa età.
E infine, ci sono Nimue che ha 23 anni e Eve che ne ha 22.
Come dite? Le età degli altri Master? Vi interessa? Per ora sappiate soltanto che anche Eliza ha 33 anni.

Curiosità n.9 ► Lily è stata aggiunta dopo. Inizialmente c’era un altro personaggio femminile a far coppia con Killian durante le missioni e che non era sua sorella – si chiamava Max, diminutivo di Maximiliane. Era bionda e non aveva assolutamente il suo brutto carattere! Killian e Max dovevano essere migliori amici. A.M.I.C.I. e basta.

Pronti per il prossimo capitolo? Da questo momento in poi mi concentrerò più sugli OC e meno sui due fratelli – o al limite utilizzerò questi ultimi per approfondire meglio i vostri personaggi quindi... yeah!

Prima di salutarvi (lo so, vi sto annoiando a morte) vi avverto di una cosa.
Non so quando aggiornerò; come se l’imminente laurea non mi mettesse già ansia di suo, si sono aggiunti alcuni problemi familiari che non mi fanno stare tranquilla. E niente... mi sembrava giusto rendervi partecipi del motivo per cui vi sto facendo aspettare un bel po’. Posso solo dirvi grazie per le belle parole spese nelle vostre recensioni – mi fanno davvero un immenso piacere e ogni volta trovo la voglia di continuare a scrivere questa storia.
Senza contare che ogni volta che le leggo sorrido come una scema e parlo da sola come una pazza.
Alla prossima!


Rosy



 
  
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