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Autore: Eevaa    29/05/2022    10 recensioni
Erano solo dei bambini.
Non conoscevano niente dell'universo, dei pericoli del cosmo. Ancora non sapevano che dietro l'angolo li attendesse un destino da schiavi, mercenari.
Nessun pianeta sul quale tornare, nessun castello, niente più notti stellate sul promontorio di Vegeta-Sei, niente più folle di persone acclamanti al loro ritorno.
Solo sangue, conquiste, distruzione, contrabbando, fallimenti, corse solo andata.
Erano solo dei bambini, ma avrebbero imparato a crescere in fretta.
[Un doloroso scorcio sull'infanzia e sull'adolescenza di Vegeta]
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nappa, Radish, Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Across the universe - La serie'
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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.


 

- MERCENARI -

Capitolo 3
Pietà


 
«Vira, vira, vira, VIRA!»
Vegeta strizzò gli occhi e si irrigidì sul sedile, la pressione tutta sulla punta delle orecchie, vuoto d'aria spacca-polmoni.
L'asteroide gigante che stava per collidere con l'astronave passò a pochi centimetri dall'ala posteriore destra e, dopo un'altra brusca virata, tornarono in posizione naturale.
«WOO-HOO!» urlò Radish, vittorioso.
Nappa, sul sedile posteriore destro, era bianco come un cencio. Come biasimarlo.
«Kaioh santissimo!» esalò solamente.
Negli ultimi tre anni aveva perso tutti i capelli. Di solito i Saiyan non soffrono di calvizie. Forse era stato lo stress. No, non lo stress di essere sotto schiavitù dell'Impero... lo stress di avere a che fare costantemente con Radish.
Non era un pessimo pilota – tutt'altro, se proprio Vegeta doveva essere sincero - ma la sua inclinazione all'avventatezza li portava ogni giorno sempre più sulla soglia dell'omicidio.
«Oh, e andiamo! Avevo tutto sotto controllo».
«Tsk» soffiò Vegeta, sganciandosi finalmente la cintura di sicurezza. Dai radar si poteva scorgere che si fossero lasciati alle spalle la pioggia di meteoriti che li aveva colpiti alla sprovvista dopo un salto iperspaziale. Era sempre quello, il rischio di quei salti.
«Sento che morirò presto. E poi non lamentatevi se finirete venduti in qualche mercato nero al peggior offerente di tutte le galassie».
Radish ridacchiò.
«Resisti tre o quattro anni, Nappa. Manca poco alla nostra maggiore età! Poi potrai morire in santa pace».
«Chiamala santa pace...»
Vegeta ignorò il diverbio e si sporse verso il sedile del pilota, per poter osservare meglio il monitor. «Siamo arrivati o no?»
Radish armeggiò col computer di bordo e aprì le carte spaziali con le traiettorie. «Due ore e mezza al pianeta PK3.00».
Due ore e mezza alla loro futura missione: il genocidio di massa di una popolazione di basso livello combattivo, la quale unica sfiga era che avessero le chiappe poggiate sopra uno dei più vasti giacimenti d'oro di quel quadrante galattico.
E non lo sapevano, perché oltre a essere di basso livello combattivo, sembravano anche di scarso intelletto. Tanto meglio: avrebbero potuto farli fuori senza alcuna remora, in quanto esseri inutili al cosmo.
Non che di solito Vegeta avesse troppi sensi di colpa nello sterminare popolazioni. Negli anni aveva imparato a non provare pietà di fronte a niente e nessuno.
«Kaioh, non vedo l'ora di prendere aria. La pubertà Saiyan è insopportabile. Non ti offendere, Vegeta, ma il tuo odore è terribile. Anche se quello di Radish è peggio» sbuffò Nappa, cacciando l'aria viziata con la mano.
Sua Maestà strinse gli occhi. «Se non vuoi che la tua previsione sul morire presto si avveri, astieniti dai commenti». Sapeva benissimo che la sua coda puzzasse di ormoni anche senza che quel buzzurro glielo ricordasse. Non vedeva l'ora di avere quindici anni. Ne mancavano quattro.
Nappa si strinse nelle spalle. «Chiedo scusa, Altezza».
«Con me non ti scusi?» intervenne Radish, che per sicurezza empirica si era appena sventolato la coda sotto al naso.
«Crepa, Radish».


 
 


Su PK3.00 sarebbe stato senz'altro uno sterminio più veloce, se solo quegli alieni con le chiappe sopra l'oro non fossero stati di fattezze così tanto umanoidi. E, seppur vero che l'intelligenza non fosse loro prerogativa, potenzialmente sarebbero stati su una buona scala evolutiva per diventare una società moderna e tecnologica. Al momento vivevano in tribù di piccole dimensioni, possedevano armamentari rudimentali, e avevano la grande fortuna di poter controllare gli elementi come acqua, terra, fuoco e aria. Questo li rendeva avvantaggiati sull'approvvigionamento di cibo, e si nutrivano di allevamento e agricoltura. Primitivi, certo, ma pur sempre umani.
Tuttavia Vegeta aveva imparato a non provare compassione. Certo, di base aveva una certa tendenza autoritaria e meschina, ma non era sempre stato sprovvisto di pietà. L'aveva perduta durante il suo addestramento sulla nave di Freezer. Aveva tre anni.


«Uccidilo» l'ordine perentorio giunse da Zarbon.
Una donna si mise a urlare. «NO! NO!»
Il bambino, in piedi con la schiena contro la paratia, lo fissava con occhi grandi e sbarrati. Tremava. Doveva essere piccolo quanto lui, poco meno. Si erano allenati insieme sul ponte superiore, il pomeriggio precedente.
Vegeta strinse le labbra. Perché avrebbe dovuto farlo? Non capiva. «Ma...»

«Ho detto: uccidilo» sibilò di nuovo Zarbon, al suo orecchio, mentre quella che doveva essere la madre del bambino continuava a dimenarsi tra le braccia di Dodoria.
«Perché dovrei? Non è pericoloso» domandò Vegeta.
Suo padre e Freezer lo stavano osservando poco distanti. Freezer aveva un calice in mano, suo padre lo fissava con occhi incoraggianti. Annuì dalla lontananza.

«È una sorta di iniziazione per entrare in questo esercito. Il tuo addestramento» disse Re Vegeta.
Che razza di addestramento era, uccidere un altro bambino? Era una mezza calzetta!
«Se non lo farai, ci saranno gravi conseguenze per te e tutta la tua famiglia» gli sussurrò nell'orecchio Zarbon. «Per ordine dei Cold».
Vegeta spalancò gli occhi.
Non capiva molte cose, aveva tre anni. Ma le minacce suonavano chiare.
«No... n-no, Altezza, la prego... la scongiuro» continuò a frignare la madre del bambino. Le suppliche erano insopportabili.
Tuttavia Vegeta sapeva che anche sua madre – la Regina – avrebbe supplicato per non lasciar morire suo figlio. Era una cosa da madri.
E lui non voleva che anche sua madre dovesse supplicare in quel modo. Non voleva che nessuno della sua famiglia si trovasse il quella situazione. Quindi il messaggio gli giunse più che chiaro: sii quello che uccide, o sarai quello che verrà ucciso. La legge della Galassia.

Alzò il dito in direzione del bambino e fece fuoco, dritto verso la testa. Gli venne il vomito, ma tenne lo sguardo fisso su di lui mentre si accasciava e lasciava una striscia di sangue e cervella sulla paratia. Non riuscì a chiudere gli occhi.
Sentì degli applausi tutti intorno e la risata di Freezer provenire da poco distante, a malapena coperta dai gemiti disperati di quella madre che, finalmente, venne lasciata libera di andare a piangere sul corpo esanime.
«Uccidi anche me... uccidi anche me!» iniziò a gridare poi lei, prostrandosi alle sue caviglie.

Vegeta in quel momento poté chiaramente comprendere cosa fosse la disperazione, ma non fece in tempo a muoversi, Zarbon gli diede un nuovo ordine.
«Lasciala in vita. Così che possa soffrire e servirà come schiava su questa nave» disse, piatto.
Vegeta deglutì. Comprese che avrebbe tanto voluto uccidere anche lei, così che la sua disperazione cessasse, così che quella donna non dovesse sopportare quello che la aspettava. Voleva avere pietà di lei.
Tuttavia gli tornò in mente sua madre, i rischi, le conseguenze. Comprese inoltre che nella sua vita non ci sarebbe stato più spazio per la pietà. Mai, mai più.
Quel giorno scelse la sopravvivenza ma, per farlo, perse completamente la sua umanità.


Oltre a non avere più pietà per nessuno, aveva anche sviluppato una profonda rabbia nei confronti delle popolazioni che doveva sterminare. Una vendetta proiettata verso un capro espiatorio errato – di questo se ne rendeva conto – ma pur sempre una vendetta.
A lui era stato portato via tutto. Prima l'umanità, poi la libertà, poi la sua famiglia, la sua casa. Ogni cosa. Non aveva più niente se non il suo orgoglio.
Perché mai avrebbe dovuto mostrare compassione verso gli altri? Perché mai loro avrebbero dovuto avere il diritto di esistere in pace, quando lui non aveva più niente?
Si concentrava su quello mentre uccideva. Quel singolo pensiero. E più portava via vite e più gli sembrava di riempire la sua, una vita senza niente.


Radish non era come lui. Era un debole, di pietà ne aveva fin troppa, soprattutto se si trattava di donne e bambini. Si diceva in giro che anche suo padre fosse solito lasciare vivere anime pie, durante le purghe planetarie.
Per quel motivo sapevano che preferisse di gran lunga trasformarsi in Oozaru, durante le missioni: in quella forma era difficile udire le grida, guardare negli occhi le persone mentre le si uccideva. Si calpestava tutto e tutti senza badare a niente.
Ma per non rovinare la geologia del pianeta gli era stato dato ordine di non trasformarsi, quindi quel debole senza spina dorsale stava tentennando per l'ennesima volta di fronte a due piccolette strette l'un l'altra per la paura.
Urlavano, supplicavano in una lingua sconosciuta, e Radish fece finta di non vederle. Gettò uno sguardo dentro una casa, poi passò oltre, certo che qualcuno di loro due avrebbe fatto il lavoro al suo posto. A Vegeta non sfuggì. E quella volta non avrebbe accettato un simile affronto.
Vegeta si accese di rabbia. Prese Radish per le spalle e lo sbatté contro il muro poi, prendendolo per i capelli, lo trascinò di nuovo indietro sulla soglia di quella casa.
«Uccidile».
«Ma-»
«UCCIDILE, CAZZO!» gli urlò in faccia.
Non poteva accettare una simile debolezza.
«Se non lo farai, sarò io a uccidere te. Hai capito? Non ho bisogno di un codardo nella mia fottuta squadra» gli soffiò nell'orecchio, esattamente come Zarbon aveva sussurrato a lui otto anni prima. Era tempo che anche Radish comprendesse la legge della Galassia esattamente come l'aveva imparata lui.
Radish sospirò e poi, con noncuranza, aprì il palmo ed emanò un fascio di luce verso le due ragazzine. Le suppliche si estinsero, si udirono solo urla in lontananza e rombi di esplosioni causate da Nappa.
Radish fece per andarsene senza degnarsi nemmeno di uno sguardo, ma Vegeta fu più rapido. Lo afferrò per il bavero e, sollevandosi sulle punte dei piedi, gli ringhiò in faccia.
«Guardami negli occhi» lo minacciò. Sebbene fosse alto almeno venti centimetri in meno di Radish, sapeva come incutergli timore. «La prossima volta che ti becco a non portare a termine un lavoro, ti strappo la testa dal collo».
O saranno Zarbon e Dororia a strapparla a te, se dovessero esserci dei sopravvissuti, pensò. Ma quello se lo tenne per sé. Non voleva nemmeno lontanamente che quel deficiente pensasse che si stesse preoccupando per la sua incolumità.
Non voleva pensarlo nemmeno lui stesso, a dirla tutta. Si era sempre tenuto ben lontano da quei tipi di sentimentalismi. Non voleva avere legami, non voleva avere amici. Non voleva preoccuparsi per nessuno se non per se stesso.
E soprattutto non voleva che nella sua squadra ci fosse qualcuno che possedeva ancora umanità, qualcuno in grado di provare pietà. La pietà era pericolosa. L'aveva imparato quando aveva tre anni.
«Sì» disse Radish, lentamente. I suoi occhi non lasciarono trasparire niente.

Non era certo che Radish avesse perso davvero la sua umanità, quel giorno. Ma di sicuro aveva smesso di mostrarla, solo perché gliel'aveva ordinato Vegeta. Perché Radish era un buon soldato, oltre che un buon pilota. Ed era devoto, fin troppo devoto a lui.
A Vegeta faceva molta paura, perché le sue regole di non preoccuparsi con nessuno spesso vacillavano a causa sua.


 


Quando l'ammiraglia secondaria di Freezer era attraccata su PK3.00, loro avevano già finito il lavoro da un bel pezzo.
Popolazione sterminata al 90%, tutti, tranne alcuni giovani uomini e donne che – sotto ordine superiore – avevano dovuto lasciare in vita per donare ai soldati della schiavitù fresca per qualche nottata di soddisfazioni.
E, a giudicare da come quei buzzurri avevano iniziato ad approfittarsi pubblicamente dei nuovi schiavi, Radish era sembrato quasi sollevato di aver ucciso quelle due ragazzine. Meglio la morte, Vegeta ne era certo.
Quella nave ammiraglia apparteneva a uno squadrone di soldati particolarmente “vivaci”. Avevano già avuto modo di conoscere gli occupanti in diverse occasioni e, sebbene rispettassero sempre i patti di pagamento e offrissero loro vitto e alloggio per una notte all'interno nell'astronave in attracco, non erano affatto una compagnia piacevole.
Nappa aveva approfittato spesso della schiavitù offerta dai sicari. Lui e Radish, invece, erano sempre stati troppo giovani per accettare gli scarti dei soldati – e a Vegeta non attirava affatto la cosa.
Ma ora, loro malgrado, non erano più così piccoli. Erano due Saiyan in piena pubertà, e questo lo poteva percepire chiunque.


«Che c'è, ragazzino, vuoi partecipare?»
Vegeta aveva sentito quelle parole provenire dall'area toilette. Si spiaccicò contro la parete con la schiena e si affacciò di soppiatto dalla porta socchiusa. Là, accanto ai cubicoli malmessi dell'ammiraglia, un alieno dalla pelle verde e butterata stava approfittando di una giovane schiava priva di sensi. O forse morta.
Vegeta era abituato ad assistere alla necrofilia, quando lo sterminio delle popolazioni autoctone era al 100%. Uno schifo incommentabile.
Radish, entrato nei bagni qualche minuto prima di lui, se ne stava lì, in piedi come uno stoccafisso.
«No, grazie» rispose questi, con tanto di spallucce.
L'alieno verde si sollevò la parte inferiore della divisa e si alzò dal pavimento. Era alto, molto più alto e molto più grosso di Radish, ma quell'imbecille restituiva il suo sguardo con arroganza.
«Mammina non ti ha insegnato ad accettare la cortesia altrui?» gli soffiò in faccia il soldato.
Radish ghignò. «Spiacente, mammina è morta prima di darmi questi preziosi insegnamenti».
Vegeta si morse la lingua e alzò gli occhi al cielo di fronte all'arroganza di Radish. Stai zitto e vattene, idiota, avrebbe voluto urlargli, ma non lo fece. Forse perché anche lui avrebbe dato la stessa risposta. Ma lui, a differenza di Radish, aveva più forza, più potere e più fama. Il cretino di terza classe prima o poi sarebbe andato incontro a una fine molto dolorosa a causa di quell'arroganza.
Forse prima che poi.
«Allora è il caso che io ti insegni le buone maniere!» ringhiò il soldato e, con una mossa agile, lo fece schiantare contro la parete. Un colpo, due a tradimento.
Radish provò a difendersi, ma era un debole. «Argh!»
Vegeta accese lo Scouter: il livello combattivo del soldato dell'esercito era più alto di quello di Radish. Era più alto anche del suo, seppur non di molto. Sua Maestà era convinto che avrebbe saputo fare di meglio di Radish.
«Tsk!» sibilò Vegeta e, disgustato da tale inettitudine, non si mosse. Ben gli stava. Avrebbe imparato a tenere quella boccaccia chiusa, la prossima volta.
Cinque, sei colpi ben assestati sul naso, poi sulle tempie. Radish perse i sensi e si accasciò al suolo, tra le risate gutturali del suo aguzzino.
Vegeta scosse la testa e fece per andarsene ma, prima di muovere un solo passo, vide ciò che non avrebbe voluto vedere.

Il pervertito si calò di nuovo le braghe e, dopo essersi inginocchiato, tentò di abbassare anche quelle di Radish.
Uno, due, tre secondi. Quello fu il tempo che impiegò Vegeta per muoversi senza nemmeno pensare.
Aprì la porta con uno scatto e, puntato il dito contro il cranio del soldato, fece fuoco. Un colpo secco, alle spalle, con le difese abbassate. Il raggio trapassò la testa del bastardo senza alcuna difficoltà.
Cervella e sangue imbrattarono le pareti, prima che questi cadesse a peso morto sull'ignaro Radish svenuto.
Vegeta si bloccò di nuovo e impallidì.
Aveva ucciso un soldato dell'esercito di Freezer dell'ammiraglia secondaria. Un gesto simile prevedeva la condanna a morte.
Con il cuore a mille chiuse la porta del bagno a chiave, calciò via la carcassa del soldato dal corpo di Radish con sprezzo e la incenerì con un'esplosione controllata.
«Dannazione a te!» ringhiò a Radish, sebbene questi non potesse udirlo.
Prese i resti bruciacchiati dello Scouter e se li infilò nel corpetto della battle-suit, gettò le ceneri del soldato nel cesso e tirò l'acqua, poi pulì il sangue dalle pareti.
Si domandò come diavolo avrebbe fatto a uscire da quel cesso senza dare nell'occhio, ma avrebbe dovuto quantomeno provarci.
«Merda... merda!»
Si chinò per caricarsi di peso Radish sulle spalle, ma un rantolo lo colse alla sprovvista. Si voltò di scatto: la nativa del pianeta PK3.00, ricoperta di ecchimosi e sangue che le scorreva giù dalle cosce, si stava svegliando.
Vegeta deglutì quando gli occhi rossi di lei si posarono sui suoi. Erano spaventati, gonfi, pieni di lacrime.
Iniziò a balbettare qualcosa nella sua lingua e a indietreggiare contro la parete, mentre Vegeta si avvicinava a lei a passi lenti.
«NO, NO, P-EI-TÀ» provò a urlare lei in Standard Intergalattico. Pietà.
No, Vegeta non ne aveva.
Le saltò addosso e le mise le mani al collo. Lei si dimenò ma, dopo pochi secondi, le forze le vennero meno. Quindici, venti, trenta secondi.
Vegeta la uccise in modo che sembrasse un incidente durante un amplesso.
La uccise senza remore, senza pensarci due volte.

Si raccontò che fosse solo perché lo disgustava, solo perché una lurida schiava avesse osato rivolgere lui la parola. Perché a Vegeta piaceva tanto raccontarsi la storia della disumanità, che fosse privo di qualsiasi forma di compassione.
La verità è che lo fece per evitarle altre ore, giorni, settimane di sofferenze. Come avrebbe voluto evitarle a quella donna, a quella madre, otto anni prima.
Ma le bugie che si raccontava pur di rimanere disilluso, inumano, freddo e calcolatore erano tante. Tante quante bastavano per sopravvivere in quella giungla di Galassia. Tante quante ne avrebbe raccontate a Radish, una volta sveglio.
Non gli avrebbe mai detto di averlo salvato. Gli avrebbe riferito di averlo trovato in un bagno, privo di sensi, e che dopo averlo preso a calci ancora un poco per la sua inettitudine, l'aveva portato via di lì prima che qualcuno si accorgesse di avere un incompetente debole a portata di mano.
Tutto, pur di far finta di non preoccuparsi per lui, per nessuno.
Tutto, pur di rimanere disumano agli occhi di chiunque.
Tutto, pur di rimanere disumano agli occhi persino di se stesso.


 
Continua...

Riferimenti:
-Il fatto che i Saiyan diventino adulti (e quindi maggiorenni) all'età di quindici anni non è canonico, ma ne ho parlato nella mia storia "HAKAI". Per un popolo di combattenti che vengono mandati in giro a conquistare pianeti fin da piccoli, mi sembra un'età ragionevole per essere considerati adulti.
-[SPOILER AL MANGA, SAGA DI GRANOLA]: Il fatto che giri voce che Bardack lasci in vita persone innocenti è un chiaro riferimento a quello che è successo sul pianeta Cereal.

ANGOLO DI EEVAA:
Buongiooooorno, gente dallo spazio!
Se devo essere onesta, scrivere questo capitolo è stato per me fonte di grande ansia. Come avrete notato, è abbastanza pesantino. C'è stato innanzittutto un salto temporale rispetto ai due precedenti, e vi avverto che ce ne saranno altri in futuro. Voglio trattare sia dell'infanzia, che della puberta, l'adolescenza e anche la fase un po' più adulta dei personaggi :)
Spero vi stia piacendo come sto andando a snocciolare le personalità dei nostri protagonisti. Vegeta è complesso da scrivere, perché è indubbiamente un grandissimo stronzo ma, visto che nella saga abbiamo visto come ci sia del buono in lui, mi piace pensare che questo buono non sia saltato fuori dopo aver conosciuto Goku e gli altri, ma che possedesse già delle caratteristiche di umanità da prima. Solo che siano andate perse a causa di tutti questi eventi.
Radish, invece... beh, per chi ha letto il manga nelle ultime saghe lo sa, mi piace pensare che sia come suo padre :) 
Che dire di Nappa? Beh, il suo rapporto con Radish mi piace troppo. Sono cane e gatto xD 
Spero che questa storia vi stia piacendo, grazie di cuore a tutt* <3
Eevaa

 

Nel prossimo capitolo!
Era riuscito a sopravvivere per quattordici anni sotto l'Impero di Freezer, all'estinzione della sua razza, a un'intera infanzia e adolescenza trascorsa a uccidere, a viaggiare tra i più vasti pericoli spaziali e a sfuggire ai peggiori aguzzini di tutte le galassie... e ora stava per morire a causa di un animale. Ilare, ironico. Troppo debole per sopravvivere alla natura.

 
  
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