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Autore: B e t c h i    08/06/2022    2 recensioni
{ Raccolta senza pretese incentrata su Romano e sul suo rapporto con il cugino Heracles, Grecia Antica e Antica Roma | Dalla Magna Grecia alla Dominazione Romana }
--- Dal Testo ---
Grecia Antica socchiuse gli occhi e scosse leggermente il capo.
La rigidità e l’austerità che era solita usare con i suoi figli, si sciolse di fronte a quello scricciolo indomabile dai capelli bruni che, adesso, teneva il capo basso e lo sguardo fisso sui suoi piedini nudi, sporchi di terra e succo di more.
| N.B. La Raccolta non segue un ordine cronologico. |
Genere: Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Antica Grecia, Antica Roma, Grecia/Heracles Karpusi, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Questa "Sponda Sud" da scoprire '
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Λευκανία - Figlio del Sole e della Lupa

- Capitolo IV -

 
Lucano aveva detto di aver visto Dioniso.
Lo aveva urlato a squarcia gola - a dire il vero - strappando brutalmente Heracles dalle braccia di Morfeo. Il lupetto aveva afferrato il cugino per un braccio e con un energico strattone lo aveva tirato in piedi. Era euforico e trepidante, con una rara luce ad illuminare il suo sguardo perennemente crucciato. Heracles aveva sospirato, abituato ai modi ferini di Lucano, e con gli occhietti ancora assonnati si era lasciato trascinare dall’altro lungo un sentiero boscoso e impervio, lontano dall’ombra della quercia sotto la quale aveva trovato ristoro.
«Ti dico che l’ho visto, è venuto qui per me» aveva insistito il lupetto difronte allo scetticismo del greco. Lo teneva per mano, camminando veloce davanti a lui, mentre Heracles lo seguiva disilluso.
«La tua terra è troppo lontana dagli occhi degli Dei, cugino» aveva risposto, senza avere la reale intenzione di offendere il più piccolo. Aveva solo ripetuto ciò che la mamma sussurrava nella notte al piccolo Lucano ormai addormentato, ciò che non aveva il coraggio di dire a quegli occhietti svegli, verdi e cangianti. Gli Dei lo avevano dimenticato, il suo piccolo pezzetto di terra stava cadendo nell’anonimato. E lui, Lucano - portatore di luce - era destinato a spegnersi prima ancora di sorgere.
Così erano finiti a terra, Lucano aveva spinto Heracles nel terreno fangoso e ci si era immediatamente avventato contro. Gli occhi bruciati di rabbia e i denti stretti, neanche in quello stato quel cucciolo selvatico riusciva ad incutere timore.
«Perché? Perché non mi credi?»
Era sempre il lupetto a cominciare, ad attaccare il cugino quando la collera lo dominava fino a fargli perdere il controllo.
Urlava, piangeva, scalciava e tirava pugni, mentre il più grande si limitava a proteggersi e a mettere fine a quello sfogo afferrandogli i polsi e guardandolo dritto negli occhi.
«Lucano, basta!»
E come ogni volta, la fiamma negli occhi di Lucano si spegneva grazie allo sguardo gelido e presente del cugino.
Si erano poi rialzati, silenziosi e crucciati, con le vesti sporche di terra ed erba e avevano continuato a camminare tenendosi distanti. Lucano e il suo broncio avanti, Heracles e la sua ben celata curiosità dietro.
Quando finalmente giunsero alla tanto ambita meta, il greco aveva spalancato gli occhi increduli.
I due scriccioli, nascosti dietro folti cespugli di alloro e mirto, avevano davvero trovato Dioniso.
Il Dio nuotava pigramente nelle acque basse di un ruscello, immergendosi ogni tanto per bagnare i folti capelli castani. Si stiracchiava poi, dando sollievo ai muscoli tesi delle braccia e del petto che emergevano dall’acqua mostrandosi in tutta la loro possanza. Le labbra arricciate in un sorriso accennato, il viso sempre rivolto al sole. Heracles e Lucano ne restarono incantati. Continuarono a fissarlo assorti anche quando il Dio aveva finalmente deciso di uscire dall’acqua. Aveva scosso la testa come un cane bagnato - piccole goccioline d’acqua si erano vaporizzare nell’aria del tramonto - e Lucano aveva sorriso imitandolo immediatamente. Scosse la testolina felice, nel vano tentativo di sentirsi più simile a lui.
Heracles invece aveva fatto un passo indietro, poi due. I capelli del Dio, ormai liberi dal peso dell’acqua avevano cominciato a riprendere la loro forma originale. Un ciuffetto ribelle si era alzato sfidando le leggi della gravità, arricciandosi indomabile poco sopra l’orecchio.
«Lucano, andiamo via» aveva sussurrato afferrando il cugino per un polso. Gli occhietti spalancati, ciechi di paura, ancora fissi su quell’adone tanto simile agli Dei da essere caduto anche lui nell’inganno. Quell’uomo non era Dioniso - né tanto meno un Dio - e quando lo vide rivestirsi ne ebbe triste conferma. La tunica di lana purpurea, la lorica in metallo che copriva spalle addome, e l’elmetto abbandonato sotto il braccio. Le labbra di Heracles si schiusero lasciando andare un sospiro tremante: «Quello è Impero Romano».



 
   
 
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