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Autore: Eevaa    12/06/2022    10 recensioni
Erano solo dei bambini.
Non conoscevano niente dell'universo, dei pericoli del cosmo. Ancora non sapevano che dietro l'angolo li attendesse un destino da schiavi, mercenari.
Nessun pianeta sul quale tornare, nessun castello, niente più notti stellate sul promontorio di Vegeta-Sei, niente più folle di persone acclamanti al loro ritorno.
Solo sangue, conquiste, distruzione, contrabbando, fallimenti, corse solo andata.
Erano solo dei bambini, ma avrebbero imparato a crescere in fretta.
[Un doloroso scorcio sull'infanzia e sull'adolescenza di Vegeta]
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nappa, Radish, Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Across the universe - La serie'
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Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.


 

- MERCENARI -

Capitolo 5
Buchi neri


 


«Guarda guarda... cosa abbiamo qui?»
Vegeta aprì un occhio, intontito. Il ronzio nelle orecchie venne riempito da vociare indistinto, prima lontano, poi sempre più intenso.
Faticava a riprendere coscienza, ma al contempo la consapevolezza di essere finito nei guai lo colse prima ancora di realizzare quanto fosse fottuto.
Ricordava una puntura di spillo, poi tutto nero. Mentre in quel momento... beh, decine e decine di colori apparvero ai suoi occhi come un caleidoscopio. Macchie indistinte che presero forma col passare dei secondi, così come le sagome che lo osservavano dall'altra parte delle sbarre.
Sbarre?
Vegeta ringhiò e provò a lanciarvisi contro, ma comprese di non riuscire a muoversi come avrebbe voluto. Dapprima pensò che il veleno di quel fottuto serpente fosse ancora in circolo, poi si accorse di un dettaglio non trascurabile: aveva le mani legate dietro la schiena e non riusciva a spezzare le catene ai suoi piedi. In una situazione normale sarebbe bastata un'esplosione di rabbia per riuscire a liberarsi, ma quella non era una situazione normale: la sua coda era intrappolata in ganci e giunture elettrificate.
«LIBERATEMI!» urlò, ma udì solo delle risatine in risposta.
Imprecò sottovoce, ben conscio che in quelle condizioni non avrebbe potuto fare un bel niente, nemmeno impegnandosi con tutte le sue forze.
La sua forza combattiva al momento era troppo debole per essere rivelata dagli Scouter, e il suo era sicuramente finito in qualche bancarella di rivendita tecnologica chissà dove.
E, come dimenticare, quei due imbecilli dei suoi compagni erano troppo impegnati a bere quello schifo di Rokk per andare a cercarlo. Oh, se solo fosse riuscito a sopravvivere li avrebbe uccisi.

«Quanto viene, questo qui?»
Due esseri con il corpo tentacolare e lunghe orecchie pelose lo stavano fissando a braccia conserte, leccandosi le labbra di tanto in tanto.
Vegeta realizzò di trovarsi al mercato nero, imprigionato in una gabbia vicino a tante altre, con altrettanti prigionieri al loro interno. Vendita di schiavi o combattenti.
«18722 Yēŏn. Un vero affare, per quello che vale». Una terza voce si aggiunse al dibattito, e Vegeta vide con la coda dell'occhio un terzo alieno, vestito con una mantella marrone e nastri verdi. Doveva essere il mercante.
«Troppo caro! Mica ce li ho tutti quei soldi! Un prezzo così alto per uno schiavetto così piccolo e mingherlino, poi!»
«... ma questo schiavetto è un Saiyan!»
Uno dei due esseri tentacolari spalancò gli occhi di sorpresa. «Un Saiyan? Wow... questa è una rarità. Non se ne vedono più molti in giro...»
«E ci credo... sono stati sterminati da un meteorite!» ridacchiò il suo amico. L'altro rise più forte e imitò il suono di un esplosione, gonfiando i grandi tentacoli che fungevano da braccia e gambe.
Vegeta strinse i pugni e iniziò a ringhiare, avvertendo la rabbia arrampicarsi lungo la colonna vertebrale. Cosa diavolo avevano da ridere, quei bastardi?
«Seh. Un meteorite... così lo chiamano!»
Vegeta strinse gli occhi. Cosa diavolo voleva dire, quella cosa? Aprì la bocca per replicare, ma uno dei due alieni con i tentacoli anticipò la domanda.
«In che senso?»
«Oh, suvvia... non crederete mica a quello che hanno riportato le notizie! Non vi sembra un tantino strano che Lord Freezer abbia fatto tornare quasi tutti i Saiyan al pianeta di origine proprio prima di una collisione con un meteorite del quale nessuno – nessunissimo abitante – si era accorto? I Saiyan possedevano una tecnologia all'avanguardia... si sarebbero accorti di un asteroide in rotta di collisione verso l'orbita... o no, piccolo Saiyan?»
Vegeta ringhiò. Il mercante aveva tutta l'aria di chi credeva di sapere tutto su tutto e tutti, e lui detestava quel tipo di persone – o meglio, detestava chiunque. Eppure l'argomento lo punse nei meandri più reconditi della sua mente, perché aveva un certo senso - sebbene si trattasse solo di una voce e una diceria di un vecchio strampalato che vendeva umani per vivere. Ci aveva pensato anche lui anni addietro, e per quel motivo aveva studiato, si era informato, aveva controllato.
«Quando si sono accorti del meteorite, i Saiyan hanno tentato di scappare, alcuni hanno cercato di distruggerlo. Ma era troppo tardi: l'esplosione ha coinvolto tutti coloro che si trovavano in quell'angolo di galassia, è stato tutto troppo repentino! È stato un buco nero ad aver causato lo spostamento improvviso di quel meteorite, le tracciature spaziali parlano chiaro! Ci sono delle carte consultabili del traffico interstellare che lo certificano!» gridò Vegeta tutto d'un fiato, sebbene le costrizioni alla coda gli impedissero qualsiasi movimento.
Il mercante ghignò. «Ah... sì... il buco nero del culo di Freezer!»
Mentre a Vegeta salì la bile fino al palato, gli altri due alieni risero a crepapelle,
«In effetti mi sembra piuttosto ovvio... li ha fatti fuori lui. Perché erano troppo forti, quei bastardi. Gli facevano paura!» intervenne uno dei due, e l'altro annuì, colto da un'improvvisa intuizione.
«E in effetti guarda caso Freezer si è recato subito alla conquista del pianeta Xandar, i quali abitanti hanno la fama di essere i migliori hacker del cosmo. Sembra ovvio che abbia messo mano ai tracciamenti spaziali e le carte del traffico interstellare».
Vegeta aprì la bocca, ma non uscì neanche un rantolo. Quella cospirazione stava iniziando a infastidirlo. O meglio, a mettergli più tarli in testa di quanti già non ne avesse avuti, con quella storia. Conosceva la fama degli Xandariani, ma non gli era affatto giunta la notizia che Freezer si fosse recato sul loro pianeta.
Il mercante infierì ulteriormente.
«E altro che esplosione incontrollata! Conosco persone che si trovavano proprio in quel quadrante di galassia, in quel momento. Non c'è stato alcun movimento anomalo, alcun buco nero segnalato dai computer di bordo e... fonti certe hanno riferito di aver visto l'ammiraglia di Freezer nel radar, da quelle parti».
«CAZZATE!» esplose Vegeta, tremante.
I due alieni e il mercante sghignazzarono di nuovo, poi i primi decisero che quello fosse il momento per levare le tende.
«Credi a quello che vuoi, piccoletto. Andiamo... tanto non abbiamo soldi per comprarlo».
Vegeta si ripromise che un giorno li avrebbe cercati e uccisi. Li avrebbe uccisi tutti, solo per aver osato prendersi gioco dei Saiyan.
Ma la furia cieca nei confronti di quei bastardi era niente paragonabile a ciò che provava per Freezer, per i Cold. Non voleva credere a quei complottismi, non voleva credere che Freezer avesse giocato così sporco. Tuttavia tutto lo portava a pensare che niente sarebbe stato più facile, per un farabutto come lui.
Promise a se stesso che avrebbe indagato. Promise a se stesso che sarebbe dovuto sopravvivere a quella prigionia solo per quello.


 
 
 


Si rivelò più dura del previsto. Soprattutto dopo un intero pomeriggio sotto quel sole ustionante, senza acqua, tra il puzzo di sudore e delle spezie delle bancarelle accanto, con i postumi del veleno di serpente in corpo e la coda costretta in quella maniera.
Stava iniziando ad arrendersi, quando una voce irritante e familiare lo colse di sorpresa.
«CAZZO DEGLI DEI! NAPPA, ECCOLO QUI!»
Passi concitati, ringhi furiosi, evidente segno di surriscaldamento di forze combattive.
«Vegeta!»
«Dannazione, Vegeta, ma cosa diavolo-»
«COSA DIAVOLO STAVATE ASPETTANDO A VENIRE?!» li interruppe, faticando a mettere a fuoco i loro volti nella luce rossa del tramonto. Non che fosse un problema non guardare bene in faccia quei due idioti ubriaconi.
«Ti abbiamo cercato ovunque, il tuo Scouter risultava inattivo, abbiamo cercato dappertutto!» tentò di giustificarsi Nappa.
«Evidentemente avete cercato male» sibilò Sua Maestà. «Forza, tiratemi fuori da q-»
Una voce più melliflua lo interruppe. Il mercante si posizionò accanto alla gabbia, con le mani incrociate l'un l'altra e un sorriso di falsa riverenza.
«Buonasera, signori. Siete interessati a questo schiavo?»
«SCHIAVO?!» ruggì Nappa e, all'ultimo, riuscì ad acchiappare Radish per un braccio prima che potesse partire alla carica senza alcun ordine superiore. A dirla tutta l'ordine implicito di Vegeta sarebbe stato davvero uccidere tutti e andarsene fuori dalle scatole.
«Lui è con noi. Liberalo, o ti taglio la gola». Nonostante la nebbia dovuta ai fumi dell'alcol, gli occhi di Radish si fecero più minacciosi che mai. La luce rossastra di un tramonto afoso colò sulle sua guance piene di efelidi e Vegeta, che l'aveva sempre considerato nient'altro che un buono a nulla, si rese conto di quanto potesse risultare inquietante visto da occhi esterni. Con quei capelli lunghi e crespi da criminale, le spalle larghe e l'altezza oramai pari a quella di Nappa... beh, a prima vista sembrava il classico tipo da cui tenersi alla larga. Un vero peccato che il suo potenziale combattivo fosse rimasto quello di una mezza calzetta, e oramai Vegeta lo raddoppiava.
Tuttavia quello il mercante non poteva saperlo ma, nonostante ciò, non sembrava affatto spaventato dalle minacce e dal brutto muso di quell'idiota.
«Sono spiacente ma... in quanto suoi tutori avreste dovuto stare più attenti: quando un minorenne si aggira da solo senza accompagnatori, qui, diventa di proprietà di chi lo trova. Ergo... non è più sotto vostra custodia».
Che su quel pianeta di merda vigesse la Legge del Niente, quello gli era stato ovvio fin dal primo secondo in cui aveva aperto gli occhi.
«Ok, lontano dalle sbarre, ti tiro fuori di lì» gli intimò Nappa, ignorando senza troppi complimenti le spiegazioni di quel vecchio pazzo. Vegeta cercò di trascinarsi all'opposto della gabbia quando Nappa puntò un dito contro essa ma, prima che potesse fare fuoco, un'altra voce più roca e profonda interruppe il tentativo.
«Fermi dove siete».

Uno, due, tre, quattro grossi alieni appartenenti all'Esercito di Freezer – o così sembrava, a giudicare dalle divise – si piazzarono proprio davanti al mercante e alla cella, tutti e quattro con le braccia conserte. Vegeta non riusciva a guardare le loro espressioni, ma era certo fossero ben più minacciosi di Radish.
«E voi chi diavolo sareste?» domandò quest'ultimo.
«Oh, pensate che un trafficante di combattenti non abbia una sorta di assicurazione sulla vita?» rispose il mercante.
Vegeta imprecò a denti stretti. Probabilmente quel bastardo si era comprato i soldati in cambio di qualche favore o scambio nei bordelli della città. Ai soldati di Freezer non era permesso servire terzi in cambio di profitto... ma il baratto, beh, quello non era rintracciabile.
E loro non potevano permettersi di uccidere o attaccare i membri dell'Esercito. In situazioni normali, ovviamente. In quel caso avrebbe dato volentieri l'ordine ai suoi sottoposti di far fuori quei quattro energumeni, se non fosse...
«Dannazione... sono troppo potenti per noi» borbottò Nappa, dopo aver controllato il loro livello combattivo con lo Scouter.
«ARGH! INUTILI!» abbaiò Vegeta, esasperato, dolorante, sfinito.
La sua pelle era scottata dal sole, i suoi muscoli atrofizzati, la coda oramai sul punto di rinsecchirsi. Se non avesse avuto le mani legate, se la sarebbe strappata con le ultime forze, a costo di rinunciare alla forma di Oozaru.
«Suvvia, se siete così interessati a riprenderlo, lo potete sempre comprare» propose quindi il mercante, dopo una flebile risata.
Quello era il colmo! Essere venduto come una puttana!
«... e quanto costa?»
«IO VI AMMAZZO!» ruggì di nuovo, oltraggiato. Ma, ovviamente, Radish e Nappa si ritrovarono costretti a ignorare le sue illazioni.
«18722 Yēŏn. Data la vostra maleducazione, 19000». Alla faccia di chi dice che nella grande legge del mercato si debba arrotondare per difetto.
Loro non avevano tutti quei soldi. Erano davvero troppi, troppi soldi – sebbene Vegeta fosse convinto che la sua esistenza non avesse un prezzo.
In tutti quegli anni erano stati pagati con gli scarti dell'Esercito e, sebbene era da un po' di tempo che non soffrivano più la fame, con i loro stipendi non riuscivano a raggiungere neanche la metà di quella cifra. Dopo quelle settimane di alcolismo forse neanche un terzo, scommetteva Vegeta.
I volti contratti di Nappa e Radish brillavano di sudore e frustrazione, mentre il sole rosso stava lentamente scomparendo dietro al tetto arrugginito di una baracca.
E fu in quell'istante che Vegeta iniziò a crogiolarsi nella completa impotenza della situazione: era circondato da idioti pezzenti che non potevano fisicamente aiutarlo a uscire di lì. Lui era impossibilitato al movimento. Avrebbe davvero dovuto aspettare che qualche schiavista – o peggio, magnaccia - lo comprasse? Quanto tempo sarebbe passato? Settimane, mesi? Beh, ci fossero voluti anni, lui avrebbe tramato vendetta e avrebbe ucciso tutti non appena gli avessero liberato la coda dalla costrizione. Sempre se non lo avessero lasciato morire di fame.

La frustrazione di Radish, però, tramutò come la marea in un ghigno furbo.
«Che ne dice di... giocarcelo?»
Vegeta non trattenne un altro urlo acuto. «STAI SCHERZANDO?!»
No, non scherzava.
Il mercante non sembrò affatto interessato alla proposta. «E cosa avreste da scommettere?» domandò annoiato, quasi canzonatorio.
«Tutto il nostro denaro – 8000 Yēŏn circa... più la nostra astronave».
Nappa arrossì e lo guardò con tanto d'occhi. Che idea delirante!
«Non me ne faccio niente di un astrona-» fece spallucce il mercante, ma Radish lo anticipò.
«Più...» alzò un dito e si leccò le labbra, poi si indicò il pulsante principale dello Scouter. «.. il non premere questo bottone di emergenza che attrarrà qui l'ammiraglia di Lord Freezer a comprarsi il ragazzino – che sì, è abbastanza importante per il suo esercito. E poi sarebbe un peccato se lei dovesse perdere la sua... assicurazione sulla vita?» domandò, sarcastico, mentre gli occhi dei quattro soldati e del mercante si spalancarono di sorpresa. «Oh, sì, i suoi soldati sarebbero costretti a disertare dal lavoretto illegale sottomano in cambio di prostitute gratis. Freezer non sarebbe felice di saperlo».
Il volto giallognolo del mercante divenne improvvisamente pallido, mentre i soldati iniziarono ad agitarsi e sudare con trepidazione al solo accenno di quel nome tanto temuto in tutto il cosmo.
Per un attimo Vegeta fu tentato di ridere in faccia a tutti loro, ma questo sarebbe equivalso a dare a Radish la conferma che, santissimi gli Dei del cielo, fosse il miglior figlio di puttana della galassia.
«Tutto questo – i nostri averi e il nostro silenzio - in cambio del ragazzo. Una giocata» concluse Radish, ammiccando con le sopracciglia.
Il mercante strinse gli occhi. «E cosa mi garantisce che se vinco non chiamerete qui lo stesso Lord Freezer?»
Non una domanda stupida, del resto, anche se dubitava che Lord Freezer sarebbe giunto davvero a salvare loro le natiche. Quello era solo un bluff bello e buono per farsi dare l'opportunità di giocare.
Tuttavia Radish aveva una risposta anche per quello. Camminò poco lontano e, dopo aver preso una botte e averla posizionata proprio davanti alla cella, svuotò le tasche di tutti i loro soldi, la chiave d'accesso all'astronave e, per ultimo, anche lo Scouter.
«Vi consegneremo anche i nostri Scouter. Sapete che non c'è altro modo di contattarlo».
E l'idea tornò a essere delirante.
«Un mom-» tentò di dissuaderlo Nappa, giustamente. Senza gli Scouter sarebbero stati più che fottuti.
«Abbiamo un accordo?» lo interruppe Radish, serio.
La tensione era così densa da poter essere affettata con un coltello. Tutto sarebbe potuto andare storto ma, come dimenticare, Radish era il miglior figlio di puttana del cosmo. E raramente falliva nelle sue trattative.
Il mercante alzò gli occhi al cielo, poi prese le chiavi della gabbia e le sbatté sulla botte rovesciata, mettendole in palio.
«Andata».



Vegeta avrebbe tanto, tanto voluto urlare di frustrazione. Essere oggetto di scommesse e di accordi finiva nella lista delle cose più umilianti che gli fossero accadute in vita sua.
E il fatto che quella particolare scommessa si stesse protraendo da oltre quaranta minuti, sicuro non aiutava a indorare la pillola.
Le partite di Sabaq erano spesso lunghe, quando si trattava di Radish. Era da poco diventato maggiorenne, e ciò gli conferiva da quel momento in poi di poter giocare non solo in privato, ma anche nelle peggiori bettole del cosmo. Conoscendolo, Radish avrebbe scommesso pure sua madre, se fosse stata ancora in vita.
Era però una fortuna per tutti loro che fosse un esperto, perché ciò dava loro speranza che quella partita potesse concludersi in positivo. Tuttavia ciò portava ulteriore acido in bocca a Sua Maestà, il quale non poteva accettare di sperare di essere “vinto” da qualcuno. Anche se quel qualcuno era il suo compagno di squadra.
«Sette e dieci» mormorò Radish, dopo aver studiato attentamente le carte arrugginite che teneva tra le mani.
Il mercante sbuffò. «Nove». Vegeta trattenne un sorriso di speranza. Punto per loro. «Tre e sei» disse poi l'avversario, poggiando le carte sulla botte.
Il volto di Radish s'incupì insieme al buio della sera che stava calando sul mercato di Ikut. «...sette».
Punto per gli avversari. «Sei e...undici» rilanciò infine, a denti stretti, consapevole della brutta giocata.
Vegeta si irrigidì e ringhiò tra i denti. Sei e undici!? Era davvero tutto ciò che rimaneva? Forse non esisteva mossa più rischiosa di quella.
«Radish. Porca puttana!» esplose infatti Nappa, che fremente stava osservando la partita appoggiato alla spalla del suo alleato. Con quel naso storto, sembrava uno di quegli uccelli dei pianeti tropicali. Brutto e tozzo.
«Ho tutto sotto controllo» sibilò tra i denti Radish, infastidito.
«Non mi pare».
«'sta un po' zitto» ruggì.
Nappa gli avrebbe fatto pagare quell'affronto. Beh, se non fosse stato per il volto contratto del mercante che, con esitazione, poggiò la carta arrugginita girata sopra le altre.
«... dodici» soffiò, arrendevole.
Nappa esultò con i pugni stretti verso il cielo. «HAH! LO SAPEVO!»
Radish lo guardò storto per qualche secondo, poi tornò a fissare il mercante con aria di sfida. «Ultima possibilità, vecchio. Gira il gettone» lo invitò, poi si morse il labbro inferiore e si sporse in avanti.
Nonostante la temperatura sul pianeta fosse calata drasticamente da quel torrido pomeriggio, una goccia di sudore colò dalla punta del naso di Vegeta. Se fosse uscito qualsiasi numero non compreso tra sei e undici, avrebbero vinto.
Il cuore martellante nel petto gli offuscò ancora di più la vista, mentre il mercante voltava il gettone color rame posizionato a inizio partita al centro del tavolo.
«Dannato cinque» sbuffò, lanciando poi il resto delle sue carte sulla botte con un tintinnio metallico.
Nappa e Radish si alzarono di scatto in piedi, gridando vittoria.
«URRÀ!»
«EVVIVA!»
Alcuni passanti sussultarono, altri scossero la testa con fare infastidito. Vegeta, invece, dovette trattenersi dal sorridere. Certo, era salvo, ma non c'era assolutamente nulla da festeggiare in quell'affronto.
Salvato dalle capacità nel gioco d'azzardo del suo sottoposto di terza classe! Ridicolo!
Tuttavia non aveva le forze né la voglia di contestare i modi, non in quel momento che finalmente Radish e Nappa aprirono la cella e gli liberarono coda e mani.

Una sensazione di tepore e sollievo lasciò spazio presto a infinita debolezza, quando si lasciò cadere a peso morto sulle ginocchia.
Radish si chinò per raccoglierlo, ma il suo orgoglio gli impedì di accettare ulteriore aiuto. Gli ringhiò in faccia e tentò di allontanarlo. Avrebbe solo voluto uscire da lì con le sue fottute gambe, ma la disidratazione era tale da consentirgli appena di strisciare come un verme.
«Non fare mosse avventate. Torneremo qui tra qualche mese e uccideremo tutti, ma non ora» gli sussurrò Radish nell'orecchio, mentre insieme a Nappa si premurava di rimetterlo in piedi.
«Non mi dare ordini» gli rispose, con le ginocchia che tremavano. La rabbia gli avrebbe consentito sicuro di fare fuoco e fiamme un'ultima volta, ma aveva troppe poche forze per distruggere davvero quel posto.
«Niente ordini. Solo consigli» sussurrò di nuovo Radish e, con un sorrisetto compiaciuto, aiutò Nappa a tirarlo fuori da quella gabbia, poi lanciò le chiavi per terra, ai piedi degli alieni. «Signori, è stato un piacere fare affari con voi» si congedò quindi dal mercante e i suoi quattro soldati che, con le pive nel sacco, se ne stavano ancora lì a fissare la botte oramai svuotata della posta in gioco.

 


Si lasciò trascinare con la coda tra le gambe – letteralmente – fino all'astronave, sulla quale ebbe l'opportunità di dissetarsi. L'acqua aveva un sapore così buono in confronto all'ultima cosa che aveva bevuto – quel dannato Rokk.
«La prima cosa che farò sarà mandare una segnalazione anonima per quei quattro stronzi» grugnì Nappa, concentrato sull'impostare la rotta di partenza sul computer di bordo.
Radish, nel frattempo, sistemava armi e bagagli nei vani portaoggetti in attesa di decollo.
«Come cazzo hai osato scommettere su di me! E se avessi perso?» ringhiò Vegeta, oltraggiato, mentre masticava una barretta energetica insieme a due pillole di antidolorifici.
Lui lo fissò di rimando e fece spallucce.
«Sapevo che non avrei perso».
«È un fottuto gioco d'azzardo, non si può sapere con certezza l'esito! A meno che...» s'interruppe, mentre nella mente iniziavano a rimbalzare immagini chiare di una nottata sotto le stelle non troppo lontana. Litigate, scommesse... Nappa che scommetteva persino i suoi vestiti. «A meno che non si trucchi il gioco?» azzardò, a occhi stretti.
Radish si passò una mano tra i capelli e poi allargò le braccia, senza dare alcuna risposta concreta.
«Un bravo giocatore non rivela mai le sue tecniche!» disse solo e, come pronosticabile, l'esplosione di rabbia giunse subito di seguito.
«DANNATO FIGLIO DI PUTTANA!» ruggì Nappa, prendendo Radish per le spalle e facendolo sbattere con violenza contro la pulsantiera controlli. «IO LO SAPEVO! LO SAPEVO CHE STAVI BARANDO! RIDAMMI I MIEI SOLDI!»
Il computer di bordo iniziò a emettere segnali acustici variopinti a ogni testata di Radish.
«Oh, suvvia!» si lagnò questi, nel tentativo di districarsi dalla presa violenta. «Non sai giocare, fattene una ragione» Radish sgattaiolò via balzando prima sul pavimento, riparandosi poi dietro i sedili. «E ricordatevi che anche barare è un'arte!»
«TI AMMAZZO, MOCCIOSO!» continuò a inseguirlo Nappa, furioso, mentre Sua Maestà sedeva annoiato sul sedile, con le braccia conserte e nessunissima voglia di dare importanza a quel teatrino ridicolo.
«E il fine giustifica i mezzi. Se non fosse stato per me...» soffiò Radish, riparandosi dai pugni dietro all'anta del cabinato del bagno. «Vegeta non sarebbe qui. Sbaglio?»
Il respiro affannoso e frustrato di Nappa scandì il lento ritorno alla calma.
«Prima o poi morirai, Radish, e quello sarà il giorno più bello della mia vita... forza, leviamoci dalle palle» concluse, lasciandosi poi cadere sul sedile del passeggero.
Oramai erano anni che Nappa non guidava più l'astronave, nonostante l'illegalità di far guidare un minorenne.

Radish balzò al sedile di guida, stiracchiandosi le braccia sopra la testa. «Dove stiamo andando? Non ci sono ancora arrivate nuove missioni».
Vegeta s'incupì. Il tarlo dentro il suo cranio non aveva ancora smesso di rosicchiare quell'idea, da quel pomeriggio. E c'era solo un modo – uno solo – per riuscire a metterlo a dormire.
Non sarebbe stato facile, non sarebbe nemmeno stato saggio, tantomeno procedere senza fornire dettagli ai suoi compagni di squadra... ma Vegeta doveva sapere.
«Imposta una nuova rotta» sussurrò, sporgendosi verso il sedile del pilota.
Radish e Nappa lo fissarono, confusi.
«Per dove?» domandò poi il pilota.
Vegeta scavò con le unghie nei palmi delle mani. Era il momento di scoprire la verità.
«Xandar».



 
Continua...

Riferimenti:
-La dinamica di gioco di Sabaq è simile a quella di Black Jack, ma con regole diverse. Le ho inventate sul momento, ovviamente. Alzi la mano chi ha capito come si gioca :D Voglio ricordarvi che il nome è ispirato al gioco "Sabacc" presente in Star Wars. 
-Xandar: se vi suona familiare, è perché avete visto i Guardiani della Galassia! Xandar è infatti uno dei pianeti ideati nell'universo Marvel.

ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno, gente!
Quanto continiuamo a volere bene a Radish da 1 a CALPESTAMI?
Ecco. Diciamo che Vegeta nello scorso capitolo è stato salvato da Nappa (che l'ha tirato fuori dal serpente) mentre qui è stato salvato da Radish, che a quanto pare ha capito come barare a Sabaq e soprattutto ha usato il cervello contro il mercante e le guardie.
Vegeta mostrerà mai gratitudine? GIAMMAI. Ma ci pensiamo noi ad amare Radish XD e anche un po' daddy Nappa, dai. 
... sì, sto tergiversando sul punto focale della questione: Vegeta è quasi sul punto di scoprire la verità. Troverà risposte su Xandar? O gli rimarrà in testa il tarlo insinuatogli dagli alieni pettegoli?
Grazie di cuore per il vostro costante supporto <3
Un abbraccio,
Eevaa



 
Nel prossimo capitolo!
«Vuoi trovare tuo fratello?» domandò Nappa, mentre masticava un panino stoppo su un attracco portuale.
«Non di certo per chiedergli di unirsi a noi: era troppo debole e troppo pacifico per combattere. Voglio solo sapere la sua ubicazione, per qualsiasi evenienza» raccontò Vegeta.

Era una bugia.

 
  
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