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Autore: My Pride    15/06/2022    1 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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I should be honest Titolo: I should be honest
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons
Tipologia: One-shot [ 2185 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: 
Damian Wayne, Jonathan Samuel Kent
Rating: Giallo
Genere: Generale, Malinconico, Slice of Life
Avvertimenti: What if?, Slash, Slow burn
May I write: 
1. "Ho mentito" || 3. Una brutta persona || 4. Friends to Lovers + Bonus immagine (due persone distese testa contro testa)
 
 

BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    «Ti ho mentito».
    Quella singola frase parve mettere a tacere persino il frinire delle cicale nascoste fra le fronde degli alberi e tra i lunghi steli dell’erba circostante, piombando come un macigno sulla tranquillità che stavano condividendo e mozzando improvvisamente il respiro nel petto di Jon.
    Avevano deciso di passare l'estate a Smallville, un po' come quand'erano ragazzini, e dopo una giornata passata in città Jon aveva afferrato la mano di Damian e se l'era caricato in spalla senza dar peso alle sue rimostranze, ridendo divertito e insistendo che gli avrebbe mostrato qualcosa che avrebbe apprezzato. Damian non era stato poi così convinto e aveva borbottato per tutto il tempo, anche se aveva stretto le braccia intorno al collo di Jon per non rischiare di cadere; avevano sorvolato i campi di grano, le fattorie brulicanti di braccianti e i silos, avevano volteggiato intorno alle pale eoliche e seguito il corso di un ruscello, con Jon che canticchiava divertito “A brand new world” nonostante Damian cercasse di strozzarlo.
    Quando erano arrivati a destinazione, però, Damian aveva ammesso a se stesso che volare fin laggiù era davvero valsa la pena. Scendendo dalla schiena di Jon, Damian aveva sbattuto le palpebre alla vista dello strapiombo che affacciava su un enorme lago, cercando di capire dalla latitudine in quale parte del paese lo avesse portato Jon; si era morso il labbro inferiore per evitare di chiederlo direttamente, lasciando perdere quando, voltandosi verso Jon, aveva visto che lo stava fissando con un sorriso. Jon di era subito affrettato a distogliere lo sguardo e aveva borbottato che usava quel posto per stare tranquillo, che avrebbero anche potuto farsi un bagno e che la sera sarebbero stati al fresco, e quando era calata la notte aveva ammesso che non si era sbagliato.
    La giornata era letteralmente volata tra risate e schiamazzi, ordini di Damian sul cercare di sfruttare il momento anche per allenarsi e meditare e pugni di Jon sulle braccia per allontanare quella stupida idea, finché alla fine non si erano sdraiati di schiena sull’erba, l’uno vicino alla testa dell’altro, a fissare le stelle lontane che brillavano su di loro. Jon aveva anche fatto una battuta chiamandole “lucciole rimaste attaccate a quella cosa nero-bluastra” e si era beccato un pugno, ma aveva riso quando Damian aveva imprecato che il suo stupido corpo d’acciaio gli aveva quasi rotto una mano e lui aveva giustamente ribattuto che avrebbe dovuto pensarci prima di colpirlo. Ed era stato proprio in quel silenzio che Damian aveva sussurrato quelle parole. Un sussurro che nessuno avrebbe potuto udire… ma che per un kryptoniano come Jon era sembrato così alto da trapassargli il cervello. E quel che era peggio era il battito del cuore di Damian, così calmo da far precipitare quello di Jon.
    Jon rimase in silenzio, incerto su cosa dire. Forse quella giornata era stata un po’ troppo, per uno come Damian. Non per ciò che avevano fatto in sé ma per il modo in cui Jon stesso aveva agito. Troppo appiccicoso, troppo fisico, troppo… tutto. Da quando due anni addietro si erano baciati a causa dell’adrenalina post-missione e Damian gli aveva detto tristemente di non vederlo in quel modo, Jon aveva cercato di scacciare ciò che provava per lui, poiché la sua amicizia con Damian valeva più di una cotta adolescenziale. Aveva davvero cercato di metterci una pietra sopra, aveva anche detto a Damian che avrebbe capito se non avesse più voluto essere suo amico, ma Damian gli aveva schiaffeggiato la nuca e detto di smetterla di pensare cazzate, comportandosi come se nulla fosse successo. E Jon aveva mantenuto quella facciata per ben due anni… finché quel giorno non aveva vinto il suo cuore. E sentire quelle parole gli aveva rimescolato l’animo. Così deglutì, cercando di trarre un lungo respiro.
    «Riguardo… a cosa?» ebbe infine il coraggio di chiedere. Damian aveva probabilmente ripensato alla loro amicizia? Aveva mentito riguardo al riuscire a sostenere i suoi sguardi nonostante Jon cercasse in tutti i modi di non far trapelare i suoi sentimenti e tenerli racchiusi in una scatola nel suo cuore? Non lo sapeva, ma rompere l’amicizia con Damian gli avrebbe probabilmente fatto più male del sapere anni addietro di non essere ricambiato.
    Damian si mise a sedere così in fretta che Jon per poco non sussultò, e lui stesso si issò sui gomiti per poterlo osservare in viso. Il suo profilo era illuminato dalla luna ma, anche senza quella luce, sarebbe comunque riuscito a seguirne i lineamenti con lo sguardo. Conosceva il volto di Damian a memoria, le folte sopracciglia scure e quel piccolo rigonfiamento dell’arco nasale che si era procurato quando se l’era rotto, la cicatrice quasi invisibile all’angolo dell’occhio destro e la piega impercettibile delle labbra quando le mordeva per riflettere su qualcosa, e quella sua espressione lo metteva in agitazione come lo stupido sedicenne che era.
    «Riguardo a me. Riguardo a noi. Non possiamo continuare così», affermò, e Jon ebbe un tuffo al cuore. Ecco. Proprio come temeva, erano arrivati a “quel discorso”, gli mancò il fiato e gli occhi parvero inumidirsi. Perché si sentiva così? Era normale sentirsi così? Il suo cuore per metà kryptoniano non avrebbe dovuto essere abbastanza forte da far scivolare via quelle sensazioni così umane?
    Jon strinse le mani nel terreno umido, sentendo gli steli d’erba solleticargli le dita come una carezza di consolazione. O forse era così stupido da credere che lo fosse. «Scusa, D». Le parole uscirono dalla sua bocca prima ancora che il cervello potesse mandare l’impulso di pronunciarle, e in quel momento odiò la sua velocità di reazione. «Non volevo metterti a disagio. Ti riporto a casa».
    «Sta’ zitto e fammi parlare».
    Jon in realtà avrebbe voluto replicare, dirgli che se gli pesava tanto essergli amico a causa dei suoi sentimenti avrebbe fatto meglio a strappare subito il cerotto senza girarci intorno, ma lo sguardo che gli rivolse Damian lo fece tacere. Il suo battito era accelerato, così come il suo respiro, e Jon poté giurare di aver visto un lieve rossore colorargli le guance. Un momento… perché Damian stava arrossendo? Lo vide passarsi una mano fra i capelli a spazzola, le grosse spalle rigide come non le aveva mai viste.
    «Sono una brutta persona, Jonathan». Il tono di Damian era atono, un ronzio nella notte circostante. «Ho ucciso uomini e donne indiscriminatamente, sono stato addestrato ad usare una spada prima ancora di imparare a parlare, sono cresciuto con l’idea di dover prendere il posto di mio nonno nella Lega e di governare il mondo come un moderno Alessandro Magno, e non mi sono mai fatto scrupoli a seguire la mia strada e a combattere come mi era stato insegnato a fare». Damian fece una pausa, sollevando una mano per mettere a tacere la replica che provò a fuggire dalle labbra di Jon. «Da quando vivo con mio padre sono cambiato, e anche avere la tua amicizia ha aiutato, ma… non ho familiarità con i rapporti umani e in realtà non gradisco molto il contatto fisico, lascio che le persone mi abbraccino solo se ho con loro un rapporto stretto e importante, non sono un ragazzo facile con cui avere a che fare.- Trasse un sospiro, leccandosi le labbra secche prima di fissarlo dritto negli occhi. «Tu sei tutto l’opposto. Sei solare, vedi il buono in ogni cosa e persona, ti batti per quello che è giusto e ti arrabbi quando incontro delle ingiustizie… e ti ho detto quelle cose perché non volevo incasinarti la vita con i problemi che mi sono sempre portato dietro».
    La testa di Jon ronzava, le parole di Damian avevano cominciato a turbinare nella sua testa come un tornado implacabile, e non riusciva a capire le emozioni che stava provando in quel momento. Gioia, rabbia, amarezza, tutto si era mescolato insieme alle frasi che erano state marchiate nel suo cervello come se fossero state scritte da inchiostro indelebile, e Jon strinse a tal punto le dita nel terreno che portò via una zolla consistente. «Sei un idiota, Damian». Non avrebbe voluto usare quel tono, ma cosa avrebbe dovuto fare? Sorridere e dire “Va bene, acqua passata” e fingere che non fosse successo niente? «Conosco il tuo passato, so che cosa hai fatto quand'eri un bambino. Dannazione, lo so da quando avevo dieci anni! Non hai pensato nemmeno per un momento a chiedermi cosa…»
    «Non ho finito». lo mise subito a tacere con le palpebre assottigliate, e Jon si accigliò. E adesso perché era arrabbiato? Avrebbe dovuto esserlo lui! «Quando mi hai baciato… ho pensato a che razza di vita avrei potuto darti e ho avuto paura. Ho ripercorso nella testa la vita di mia madre e mio padre e ho pensato a cosa sarebbe successo se un giorno avessimo cominciato ad odiarci come loro, e non volevo perderti come amico». Damian parlava così rapidamente che persino Jon faceva fatica a seguirlo, ed era certo che si stesse sforzando per non fargli sentire il suo accento straniero ed essere comprensibile. «Ma sta cominciando a diventare opprimente; puoi sentirlo giorno dopo giorno nel mio battito cardiaco, nel fluire del mio sangue, nella tensione dei miei muscoli e nello scricchiolio delle mie ossa, e non è giusto, non è giusto che tu senta queste cose senza avere una conferma. Sono sempre stato innamorato di te, Jonathan… e continuare a mentire non è giusto nei tuoi confronti».
    Jon, il buon vecchio e caro Jon, in quel momento tacque. Il suo cuore era ferito, per quanto razionalmente sapesse che non c’era alcuno squarcio su di esso, ma il cervello gli diceva di calmarsi, di mettersi nelle scarpe di Damian e di cercare di capire come si fosse sentito anche lui durante quei due anni in cui entrambi avevano semplicemente finto che l’amicizia sarebbe bastata, che tutto sarebbe andato bene e che l’avrebbero superata. Damian non era mai stato un ragazzo facile e lo aveva sempre saputo, esprimere così apertamente i suoi sentimenti gli era di certo costato molto e con la vita che aveva passato non doveva essere stato semplice; avrebbe voluto biasimarlo, urlargli contro e volare via per mollarlo lì come l’idiota che era, ma non lo fece. Si inginocchiò semplicemente davanti a lui, afferrandogli il viso per guardarlo negli occhi con un’intensità take che gli parve di sentire il cuore di Damian sovrastare ogni altro suono circostante. E forse era davvero così.
    «Sei un maledetto idiota», affermò. La testata che gli rifilò subito dopo fece imprecare Damian, ma Jon lo zittì con una mano sulla bocca prima di poggiare la fronte contro la sua. «Sei un cretino, una testa vuota, dovrei prenderti a pugni, dannazione…»
    Jon farfugliò parole incomprensibili mentre premeva sempre più la fronte contro quella di Damian e gli carezzava le guance coi pollici, sentendo la pelle scaldarsi sotto le sue dita. Era tutto così… assurdo. Tante parole non dette avevano portato a due anni in cui si erano stupidamente nascosti ogni cosa, e forse, a mente fresca, Jon avrebbe persino riso della cosa il giorno dopo. Non lo sapeva, sapeva solo che Damian aveva irrigidito nuovamente le spalle e aveva aperto parzialmente le labbra, boccheggiando per un momento mentre cercava di farsi lasciare per mettersi in piedi.
    «Jon, io…»
    «Sta’ zitto, D. Sta’ zitto», fu il suo turno di metterlo a tacere, sfiorandogli la punta del naso col proprio nell’alzarsi insieme a lui. «Dovrei essere incazzato con te, lo sai?-
    «J...»
    «No, lo so, ti conosco. So come sei fatto e quanto ti risulta difficile aprirti con le persone», rimbeccò Jon nello zittirlo di nuovo.
    «Jon...»
    «Sai che se avessi parlato prima ci saremmo risparmiati un sacco di rogne, vero?»
    «Jonathan».
    Jon sbuffò e si allontanò quanto bastava per guardarlo meglio in viso, aggrottando la fronte. «E adesso che c’è? Giuro che se stai per dire di nuovo qualcosa di stupido, io--»
    «…possiamo riprovarci?»
    La domanda di Damian lo mandò improvvisamente in tilt, tanto che stavolta fu Jon a boccheggiare senza capire, con gli ingranaggi del suo cervello che faticavano a mettere insieme le parole per formare una frase di senso compiuto. «Cosa?» chiese difatti come un idiota, perdendosi in quelle iridi verdi che lo stavano fissando con un’attenzione tale che per poco Jon non si sentì alla mercé di un grosso felino.
    «Il… il bacio». Damian si leccò il labbro inferiore, come se i suoi ricordi lo stessero conducendo a quella lontana sera.     «Possiamo riprovarci», disse più sicuro, e non fu una domanda.
    La testa di Jon vorticò di nuovo, ma stavolta per qualcosa di bello, qualcosa che gli scaldò il petto all’altezza del cuore e che gli diede l’impressione di poter toccare il cielo con un dito, e si accorse che stava galleggiando in aria solo quando Damian lo tirò nuovamente con i piedi sull’erba umida. E sorrise, insinuando le dita fra quei corti capelli neri nel poggiare nuovamente la fronte contro la sua.
    «Tutte le volte che vuoi, D… tutte le volte che vuoi»
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Scritta per il ventiquattresimo giorno dell'iniziativa #mayiwrite indetta dal gruppo Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom
Comunque... boh. Ammetto che nella mia testa doveva essere una stronzata, ma tanto mi sono rassegnata al fatto che i personaggi si muovono da soli e io in realtà non conto niente. Per colpa di Damian è stata un vero e proprio ottovolante di emozioni, perché Damian non ci sa fare con i sentimenti e quindi ha preferito struggersi per due anni come l'idiota che è invece di dire apertamente a Jon come stavano le cose. Ah, 'sti personaggi che si fanno sempre i cavoli loro, com'è straziante cercare di capirli
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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