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Autore: My Pride    15/06/2022    1 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Wonderful Tonight Titolo: Wonderful Tonight
Autore: My Pride
Fandom: 
Super Sons
Tipologia: One-shot [ 1966 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi:
Jonathan Samuel Kent, Damian Wayne, Dottor Light (omonimo)
Rating: Verde
Genere: Generale, Fluff, Slice of Life
Avvertimenti: What if?, Slash
200 summer prompts: Cascata || Qui con te || Frana

 

BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    Jon si guardò intorno e si chiese se quello non fosse uno stupido scherzo del destino, perché, davvero, quante probabilità c’erano di inseguire il nuovo Dottor Light fino alla Skylon Tower in Canada?
    Quando avevano ricevuto quella chiamata, erano rincasati da nemmeno un’ora, seduti sul divano l’uno addosso all’altro a scambiarsi baci famelici e carezze che scivolavano verso il basso; nel vedere il display, Jon era stato quasi tentato di girare quell’emergenza a qualcun altro dei Titani e a fare finta di niente nel tornare ad impossessarsi delle labbra di Damian, ma quest’ultimo l’aveva prontamente bloccato col palmo premuto contro la bocca e aveva risposto, confermando che sarebbero stati loro ad occuparsi di tutto; Jon aveva brontolato, replicato che avrebbero potuto prendersela comoda almeno per una sera e negli ultimi mesi avevano risolto più casi loro dell’intera Justice League, ma Damian si era alzato dal divano e, rubandogli un altro rapido bacio, aveva replicato che quella sarebbe stata l’ultima missione prima delle loro “vacanze”, se così avrebbero potuto chiamarle.
    Jon non ci aveva creduto molto – conosceva i pipistrelli e sapeva bene com’erano fatti, a volte le missioni venivano prima di ogni altra cosa –, ma si era alzato a sua volta e, roteando gli occhi, si era metaforicamente infilato di nuovo la tuta nei pantaloni e aveva seguito le tracce di quell’uomo che si faceva chiamare Dottor Light insieme a Damian, sorvolando le strade di Metropolis con estrema attenzione; la loro ricerca era rimbalzata in ogni dove, passando persino dagli Star Labs a Central City alla sussidiaria delle Queen Industries, ma avevano dovuto macinare chilometri su chilometri prima di riuscire a trovare il vero punto di origine da cui era arrivato il segnale. E Jon aveva sentito un bizzarro tic all’occhio quando, sorvolando il Canada, erano giunti proprio in prossimità della Skylon Tower che affacciava sulle cascate del Niagara. Se quello non era uno stupido scherzo del destino, allora lui non si chiamava Jonathan Samuel Kent.
    «Allora? È lì o no?»
    Jon per poco non sussultò quando sentì la voce di Damian, distogliendo lo sguardo da quell’ammasso d’acqua che col suo scrosciare sembrava farsi beffe di lui. Guardò invece Damian in sella a Goliath che agitava nervosamente le ali, e che aveva cominciato a creare considerevoli sbuffi d’aria dalle narici come se si fosse stancato a sua volta di aspettare. Oh, perfetto. Adesso ci si metteva anche lui.
    Scosse la testa, scacciando dalla sua mente qualunque altro pensiero. Erano in missione, in quel momento era la sola cosa che contava e lui aveva seguito quel battito per cercare di localizzarlo. «Sì, è lì dentro», rispose nell’assottigliare un po’ le palpebre, usando la sua vista a raggi X per controllare tutto l’edificio e vedere una sagoma, circondata da pura luce, con le braccia spalancate e la testa reclinata all’indietro. «Ultimo piano. Sembra che stia assorbendo la luce ambientale».
    «Ha gli stessi poteri del suo predecessore, allora».
    «Ti è già capitato di avere a che fare con un suo omonimo?»
    Damian tergiversò per un momento, dando un colpetto sul fianco di Goliath per volare più vicino. «Solo di sfuggita. Era… era una Lanterna Nera, quando l’ho incontrato. Lunga storia».
    «Annotato. Altra roba da raccontare». Jon schioccò le dita nella sua direzione, col mantello che si attorcigliava intorno alle sue caviglie per la brezza notturna. «Pronto a prenderlo quando vuoi, D».
    «Controlla la sua temperatura interna. Quando ti sembrerà sul punto di essere arrivato al limite, tirarlo fuori da lì».
    Mettendo su la sua miglior espressione alla Superman, Jon si portò due dita alla fronte e fece un segno di saluto, sfrecciando verso l’edificio per aspettare il momento propizio per entrare in azione; le luci intorno a loro stavano cominciando a calare assorbite dall’uomo all’interno della torre, ma Jon aveva anche notato un attimo di instabilità nelle sue molecole, come se non fosse del tutto in grado di controllare il potere di cui si era impossessato; così attese, gettandosi all’attacco nello stesso istante in cui il corpo dell’uomo parve crepitare per qualche secondo e barcollare in avanti, sfondando una finestra per spingerlo fuori dall’altra parte dell’edificio. Preso alla sprovvista, il Dottor Light rilasciò un flusso di luce che accecò Jon per un istante, tanto che dovette strofinarsi gli occhi nel tentativo di vedere che fine avesse fatto quell’uomo.
    «Voi Super non sapete proprio quando lasciarci in pace, non è così?» domandò mentre usava la forza dei suoi poteri per restare sospeso in aria, e Jon dovette sbattere più volte le palpebre per poterlo guardare. Beh, questo non se l’era aspettato.
    «Se lo facessimo, vi sentireste autorizzati a fare qualunque cosa», rimbeccò, e il Dottor Light roteò gli occhi.
    «Era una domanda retorica. Voi eroi siete tutti uguali», affermò nel chiudere una mano a pugno prima di caricare un colpo, lanciando verso di lui diversi lampi di luce che Superman dovette schivare in fretta, roteando in aria mentre quell’uomo continuava a tentare di colpirlo; un raggio lo colpì al viso e uno gli bucò il mantello, ma Jon assottigliò le palpebre e raccolse l’energia del proprio corpo mentre gli occhi bruciavano e brillavano di rosso.
    «Niente vista calorifica, Superman!» gridò Redbird mentre Goliath si avvicinava alla battaglia. «Ha potere su qualunque cosa emetta luce!»
    «Oh, qualcuno qui ha studiato».
    Il Dottor Light sollevò lo sguardo verso di lui, infastidito prima di alzare un braccio nella sua direzione, col palmo che brillava come una fottuta lampadina; Damian sgranò gli occhi e si tenne al pelo di Goliath non appena quest’ultimo roteò su se stesso per evitare i colpi di luce che gli vennero lanciati contro, lasciandosi sfuggire un “Auurk!” doloroso quando uno di quei raggi gli ferì in parte una delle grosse ali; imprecando, Damian cercò di restare in equilibrio e dispiegò il mantello, carezzando il muso del drago-pipistrello prima di gettarsi nel vuoto.
    «Via di qui, Goliath!» urlò nel cercare di metterlo al sicuro mentre precipitava di qualche metro per atterrare proprio sulle spalle di Light, avvolgendogli un braccio intorno al collo nel tentativo di bloccare i suoi attacchi; l’uomo cercò di divincolarsi, sollevando una mano per poter sparare un raggio di luce contro la sua faccia, ma Jon intercettò l’attacco e assorbì il colpo con il palmo della mano, seppur imprecando quando il calore si irradiò in tutto il suo corpo.
    Con una gomitata al fianco, si liberò di Redbird e lo gettò nel vuoto, tentando di colpirlo ancora una volta durante la caduta; imprecando, Jon gli volò contro e si beccò quei colpi in pieno petto, cercando di deviarli il più possibile per evitare che andassero a segno.
    Fu a quel punto che Redbird lanciò verso di lui un birdrang, non prima di aver premuto il pulsante al centro di esso; l’oggetto si avvolse immediatamente intorno alla vita dell’uomo ed esplose, rivelando una moltitudine di corde che bloccarono le sue braccia e le sue gambe e gli fecero perdere l’abilità di librarsi in volo, tanto che precipitò a sua volta verso il ruggito delle cascate sottostanti; la corda venne afferrata al volo da Superman che, stringendola intorno alla sua mano, lo lasciò penzoloni mentre volava in fretta ad afferrare anche Damian, superandolo nella caduta per lasciare che piombasse docilmente fra le sue braccia e gli passasse un braccio intorno al collo per sorreggersi.
    Rimasero così per attimi che parvero interminabili, con il rumore delle cascate tutto intorno a loro e lo scrosciare dell’acqua, i loro respiri che si fondevano l’un l’altro e il suono delle ali di Goliath in lontananza. Forse fu la luce della luna, forse le stelle sopra di loro o tutta la bellezza naturale in cui sembravano immersi in quel momento, al perfetto centro del confine tra Canada e Stati Uniti, ma si fissarono intensamente negli occhi e quell’attimo, Jon lo giurò a sé stesso, fu magico.
    «Vuoi sposarmi?» chiesero all’unisono, e per un lungo istante si guardarono in viso con tanto d’occhi, increduli di aver fatto la stessa domanda nello stesso momento, prima di scoppiare a ridere come due idioti per l’espressione stralunata che si era sicuramente dipinta suo volto di entrambi. Ci misero effettivamente un po’ a riprendersi, con sbuffi di risa che faticarono non poco a reprimere mentre si guardavano ancora un po’ negli occhi.
    «Non riesco a crederci», sussurrò Damian nel poggiare una mano sul viso di Jon, sghignazzando come non mai. «Da te mi sarei aspettato di tutto, tranne questo».
    Jon sorrise imbarazzato, abbassando le palpebre. «Cosa? Fare una proposta in volo non è forse un cliché romantico?» chiese in un sussurro, e Damian gli strinse la carne morbida delle guance con pollice e indice, ignorando la sua lamentela.
    «Forse», concesse comunque, mostrando una scatoletta di velluto che prese da una delle tasche della sua cintura, lasciando Jon scombussolato. «Anch’io sono un po’ un cliché…»
    «Lo hai avuto tutto il tempo con te?» chiese incredulo, e Damian si grattò la testa.
    «Ah, sta’ zitto. Cercavo di chiedertelo da un po’, ma…» Damian mugugnò qualcosa a mezza bocca, ma Jon riuscì comunque a sentirlo e sgranò gli occhi, sollevando gli angoli della bocca in un sorriso a trentadue denti.
    «Hai davvero chiesto consiglio a Nightwing, D?»
    «Che diavolo ti inventi? Non l’ho mai detto».
    «Ci sento bene, ricordi?»
    Damian schioccò la lingua sotto il palato in risposta, sbuffando. «Stupido super udito», brontolò, ma Jon rise.
    «Se ti consola, io ho chiesto a Kon e zia Kara. Io… ecco…» Sorresse meglio fra le proprie braccia il corpo di Damian, e se non avesse avuto entrambe le mani occupate ci avrebbe pensato lui stesso. «Pulsante centrale della cintura», tossicchiò, soprattutto nel guardare gli occhi di Damian attraverso le lenti della maschera, sentendosi una frana mentre lo sentiva armeggiare con la fibbia per tirare fuori la scatola che si era portato dietro da… oh, Rao, nemmeno se lo ricordava più.
    «Oh… quindi era questo che mi stava premendo contro?» lo prese in giro Damian nel rigirarsi fra le mani quella scatola, e le guance di Jon si arrossarono come il fuoco di un camino.
    «T-Ti sembra il momento di dire cose del genere?»
    «E quando dovrei dirle?» Damian rise all’espressione di Jon, ma lo baciò con trasporto quando vide quel bracciale e mise a tacere ogni replica prima ancora che Jon potesse rispondere qualcosa.
    Fu un bacio lungo e desiderato, un bacio dietro cui si persero per quelli che a loro parvero essere secoli, sorridendo come due ragazzini al loro primo bacio tra una carezza e l’altra, anche quando Jon spiegò imbarazzato che quel bracciale rappresentava un’usanza kryptoniana atta ad unire le coppie in un vincolo unico.
Damian alla fine sorrise ancora, dandogli un colpetto sul naso. «Adesso sei contento di aver accettato la chiamata?»
    «Lo sarei stato in ogni caso, finché eravamo insieme». Jon poggiò la fronte contro la sua, l’aria di chi aveva sul viso l’espressione più dolce mai vista al mondo. «Non vorrei essere in nessun altro posto se non qui con te».
    «Quando voi due avete finito di fare i piccioncini, potrei essere messo giù?» chiese una voce, e sbatterono le palpebre prima di ricordarsi che non erano soli e abbassare lo sguardo sul malcapitato che Jon ancora reggeva penzoloni, il quale cercava di dondolare avanti e indietro nel tentativo di liberarsi.
    «Tu sta’ zitto!» gli urlarono nello stesso momento, ridacchiando ancora prima che fosse Damian a sollevare un angolo della bocca in un sorriso.
    «Torniamo a casa?»
    «Torniamo a casa», confermò Jon, lasciando che fosse Goliath a portare in groppa quel criminale mentre loro volavano verso l’orizzonte
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Ennesima storia scritta per la #200summerprompt
indetta dal gruppo Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom
Come al solito decidono loro, quindi ecco cos'è venuto fuori quando nella mia testa avevo organizzato una cosa carina carina e abbastanza romantica. E invece no, combattimento con un cattivone e dichiarazione sospesi in aria davanti alla cascata. E va beh
Credo si sia capito, ma queso è praticamente il seguito dell storia Thinking out loud, dove Jon chiede per l'appunto consiglio a Kara e Kon sul come dichiararsi... beh, il consiglio sulle cascate l'ha seguito ahah
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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