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Autore: heliodor    18/06/2022    0 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Il nome segreto

 
I soldati gridarono e indietreggiarono di fronte alla creatura di fuoco e fiamme che li sovrastava. Con tentacoli di fiamma spazzò il terreno travolgendo quelli che si trovavano nella prima fila.
Scudi vennero strappati e scaraventati via con forza irresistibile, mentre quelli che non riuscirono a proteggersi furono avvolti dalle fiamme trasformandosi in torce viventi che presero a vagare per la conca.
Valya respirò l’aria resa rovente dalle fiamme. Non provava timore davanti a quello che stava accadendo, anche se vedeva uomini accasciarsi al suolo, consumati dalle fiamme, mentre urlavano per il terrore e il dolore.
Tutto quello le era estraneo, come se stesse accadendo altrove, in un altro tempo, a persone che non conosceva e di cui non si curava.
Alzò gli occhi al cielo e fissò la creatura, senza sfida né astio nello sguardo, ma solo semplice accettazione della sua esistenza.
Il mostro era informe, più simile a una sfera da cui si dipanavano spire di fiamma simili a tentacoli. Tre di essi si mossero per spazzare via quelli che erano rimasti ancora in piedi. Tutti gli altri si ritirarono di qualche passo difendendosi con gli scudi.
Le fiamme impattarono sul metallo e vennero respinte, mentre quelli che non avevano una protezione furono toccati dalle fiamme e urlarono.
Valya ignorò le loro grida e sollevò la spada. Dentro di sé sentiva l’urgenza di gettarsi contro quella creatura. Non voleva solo ucciderla, ma abbracciarne l’essenza e comprenderla, come se fosse una parte di sé che ora le mancava.
Un’altra parte di sé invece la costrinse a rallentare il passo.
Non temere, disse la voce. Io ti proteggerò. Come ho fatto con lo stregone. A Ferrador.
La voce adesso parlava con tono suadente, caldo, rassicurante.
Valya desiderava abbandonarsi a lei e farsi guidare.
Dimmi cosa devo fare, pensò.
Affronta l’evocazione. È solo fuoco. Il fuoco non può colpirti finché hai me nella tua mano.
Tu sei la spada? Chiese.
La voce tacque.
Le fiamme urlarono la loro furia e si scagliarono verso di lei, l’unica persona che era avanzata mentre tutti gli altri erano indietreggiati davanti a quella potenza devastante.
Il braccio di Valya si mosse senza che lei avesse pensato di farlo. Fu un gesto che le parve del tutto naturale, eppure ebbe la sensazione si stare osservando quello che accadeva da un punto esterno, distante, come se non fosse davvero lì.
Ho bisogno di te, disse la voce.
Valya esitò.
Noi due dobbiamo essere una cosa sola.
Ho paura, si disse vergognandosi di averlo pensato.
Trasforma la paura nella tua forza.
Come? Chiese.
Te lo mostrerò.
Sopra di lei la creatura di fuoco e fiamme ruggì. Con la coda dell’occhio vide Davanin puntare le braccia in alto e lanciare una dozzina di dardi magici. Ogni proiettile colpì la creatura passandola da parte a parte. Due tentacoli vennero tagliati di netto e si dissolsero nell’aria ma altri due sferzarono il suolo davanti allo stregone e lo colpirono alle gambe.
Davanin urlò mentre veniva avvolto dalle fiamme e sollevato da terra. Un soldato tentò di afferrarlo mentre si librava sopra di lui e quando le mani toccarono il fuoco, anche lui ne venne avvolto.
Valya guardò affascinata la torcia umana che vagava per la conca agitandosi in una danza irrefrenabile mentre Davanin, ancora stretto tra i due tentacoli di fuoco, veniva prima lanciato verso una delle pareti e poi vi sbatteva sopra con la testa, il corpo che scivolava in basso in una posa scomposta lasciandosi dietro una scia di sangue.
Sentì il sangue pulsarle nelle vene più forte che mai, come se a quella vista il potere si fosse moltiplicato.
Sì, così, disse la voce. Abbandonati. Senti la rabbia. Non trattenerla dentro di te mai più.
Valya si lanciò verso il corpo della creatura di fuoco, una sfera infuocata che ardeva vicino all’imboccatura della conca.
Due soldati senza insegne si frapposero con gli scudi levati. Senza rallentare alzò la spada sopra la testa e balzò in avanti sollevandosi di cinque o sei piedi. Prima di atterrare calò un fendente sul soldato a sinistra sfondandogli lo scudo e affondando la lama nel suo corpo.
L’altro soldato diresse la lancia contro il suo fianco. Valya scattò di lato e allo stesso tempo estrasse la spada che grondava di sangue. Fece roteare il polso e con un colpo netto tagliò la lancia in due.
Il soldato fece per gettare via l’arma ed estrarre la spada, ma Valya balzò in avanti e affondò la punta della lama nel ventre dell’uomo passandolo da parte a parte.
Estrasse la spada e proseguì mentre con la coda dell’occhio vedeva il soldato inginocchiarsi, le mani sul ventre.
Hai provato piacere? Le domandò la voce.
Quella domanda la turbò più del fatto stesso di parlare con qualcosa che si trovava nella sua mente, ma non per la domanda in sé, ma per la risposta che per prima le venne in mente.
Anche se la spaventava, si ritrovò a pensarla.
Sì. È stato bello.
La voce tacque ma non poté fare a meno di immaginare un volto che sorrideva compiaciuto.
Mi sto immaginando tutto o è reale? Si chiese mentre continuava a muoversi verso il mostro di fuoco.
Ora che si trovava a una decina di passi, poteva scorgere qualche dettaglio in più della creatura. Il corpo era di forma irregolare, con i bordi frastagliati che seguivano il contorno delle fiamme che l’avvolgevano.
Qualcosa ardeva al suo interno, una figura con le mani protese verso l’esterno da cui partivano lingue di fuoco che alimentavano i tentacoli.
E la stava guardando.
Nel momento stesso in cui ebbe la sensazione di avere attirato il suo sguardo, la voce tornò a parlare.
Devi ucciderla, disse. Prima che lei uccida te.
Valya fece per muoversi verso il mostro ma un’ondata di calore la investì come un vento caldo e impetuoso. Fu così forte da spostarla di alcuni passi indietro.
Stava ancora chiedendosi che cosa lo avesse generato quando la figura all’interno del mostro protese le braccia verso di lei.
Non vide partire le fiamme ma ne avvertì subito il calore devastante, come se avesse infilato la testa e il corpo in uno dei forni che suo padre usava per sciogliere il metallo con cui forgiava le sue spade.
Ricordava bene quella sensazione piacevole e dolorosa allo stesso tempo. L’aveva provata qualche volta alla forgia di Cambolt, quando aiutava suo padre a creare un’arma.
Lui le diceva di tenere aperto lo sportello mentre lavorava il metallo per renderlo più resistente e duraturo. Era un lavoro pericoloso perché non poteva stare vicina al forno e doveva usare un gancio di metallo lungo tre o quattro braccia per tenerlo aperto. Quel gancio pesava e dopo un po’ al peso si univa il calore che il metallo assorbiva dal forno e che si trasmetteva alle sue mani.
A quel punto suo padre le ordinava di chiudere lo sportello per non far disperdere la fiamma e lei doveva spingere con tutta la sua forza per sigillarlo per poi posare il gancio quasi rovente.
Solo allora si guardava le mani arrossate e piene di vesciche.
“Mettici dell’acqua e della pomata” diceva suo padre. “O ti rimarrà il segno.”
A Valya non importava molto dei segni. Hagen si stava facendo venire le vesciche alle mani per irrobustirle e reggere meglio la spada, anche se per il momento doveva accontentarsi della zappa del padre.
Aveva disubbidito a suo padre e le vesciche si erano riempite d’acqua per poi scoppiare e lasciare la pelle sottostante esposta.
Ricordava ancora il dolore che aveva provato e lo sguardo di disapprovazione di suo padre.
“Vieni qui” le aveva detto una mattina dopo che non era riuscita a impugnare nemmeno il cucchiaio della zuppa. “Fammi vedere le mani.”
Valya aveva esitato davanti allo sguardo del padre temendo di venire rimproverata, ma poi gli aveva mostrato i palmi solcati dalle piaghe che avevano un colore violaceo e malsano.
Simm aveva scosso la testa. “Sei proprio stupida” aveva detto alzandosi.
Valya era rimasta seduta, le mani aperte e poggiate sul tavolo mentre le fissava. A stento riusciva a stringerle e anche solo muoverle le procurava fitte lancinanti.
Suo padre era tornato con una boccetta piena di liquido color bronzo e delle pezze pulite. Le aveva preso la mano tra la sua e ci aveva versato sopra un po’ del contenuto della boccetta.
Valya era trasalita.
“Devo avvertirti che potrebbe bruciare un poco” aveva detto con un sorriso.
“Potevi dirmelo prima.”
“Se lo avessi fatto, ti saresti fatta mettere la pomata altrettanto docilmente?”
Valya aveva esitato.
Suo padre aveva usato una delle bende per spalmare la pomata con delicatezza e poi vi aveva avvolto la mano. Quindi era passato all’altra e aveva ripetuto l’operazione. Quando entrambe erano state ben fasciate, aveva sospirato. “Questo è tutto quello che so in fatto di guarigione” aveva annunciato. “Tra un paio di giorni sapremo se guarirai o se le ferite si saranno infettate. In questo caso dovrò amputarti le mani.”
“Idiota” aveva detto Valya ritraendosi.
Simm Keltel aveva riso. “Sei proprio una stupida.”
“Sono tua figlia” aveva risposto lei. “Da qualcuno l’avrò ereditata.”
Lui aveva emesso un sospiro affranto. “Non provare a incolpare me. Io non c’entro niente in tutto questo.”
Valya si era alzata. “Se sono una stupida, la colpa è tua e della mamma.”
“Attenta a quello che dici. Tua madre…” Suo padre era sembrato esitare.
“Cosa?” lo aveva sfidato Valya. “Cosa devo sapere sulla mamma?”
Lui aveva scosso la testa. “Niente.”
Lei era stata tentata di stringere i pugni, ma le bende e il dolore glielo avevano impedito. “Se almeno tu mi dicessi qualcosa di lei…”
“Credimi, è un bene che tu non sappia. Soffrirai di meno.”
“Idiota” aveva detto alzandosi e andando via.
La forgia e il viso dispiaciuto e sorpreso di suo padre si dissolsero nell’aria come in una nuvola di polvere e al loro posto apparve il mostro di fiamme.
I suoi tentacoli volteggiarono sopra la sua testa e si abbatterono su un gruppo di soldati. Quelli che avevano lo scudo resistettero ma uno che aveva rotto la formazione venne avvolto dalle fiamme e iniziò a bruciare.
Quel fuoco non è naturale, disse la voce nella sua testa. Posso sentire il suo potere. La sua voce. Vuole essere liberato ed è furioso. Noi dobbiamo placare la sua ira.
Come? Chiese Valya.
Liberando il mio potere.
Valya respirò a fondo e puntò i piedi nel terreno preparandosi a caricare il mostro di fuoco.
Kai Xen Fjra, disse la voce.
Valya si accigliò.
Che cosa hai detto? Chiese.
È il suo nome.
Quel mostro ha un nome?
Tutti noi abbiamo un nome segreto.
Valya non era sicura a cosa si riferisse la voce parlando di ‘noi’, ma era certa che non stesse parlando di lei.
I tentacoli del mostro si abbatterono su di un altro gruppo di soldati di Lormist bruciando quelli che non avevano uno scudo. Il terreno era disseminato di corpi che ancor ardevano dopo essere stati colpiti.
Hai detto di sapere come fare a fermarlo, pensò Valya.
Io so, rispose la voce. Ma ho bisogno di te, la portatrice della spada. Sei disposta a fare come ti dirò?
Sì, rispose Valya.
Dammi la tua mano.
Come?
Così.
Valya scattò in avanti e alzò la spada sopra la testa. Davanti al mostro una ventina di soldati rinnegati avevano formato una fila di scudi oltre i quali non riusciva a vedere.
Non importa, disse la voce. Colpiscili lo stesso. Ora.
A una decina di passi di distanza, davanti alle lance spianate, Valya rallentò appena e si piegò in avanti con uno scatto. La punta della spada colpì il suolo sollevando uno sbuffo di detriti e polvere.
Dove la spada si era abbattuta il terreno venne percorso da un’onda, come quella di uno stagno dopo che era stato colpito da una pietra. Dove l’onda passava il terreno si piegava e spezzava.
Insieme al terreno anche l’aria si mosse e si increspò nella stessa direzione. Valya la vide coprire la distanza che lo separava dai soldati e colpirli.
Una forza misteriosa e invisibile strappò gli scudi dalle loro braccia e li sollevò nell’aria scaraventandoli lontano. Alcuni superarono la creatura di fuoco e proseguirono il volo oltre di essa, altri ricaddero prima.
L’onda proseguì investendo il mostro e dissolvendo le fiamme come un soffio avrebbe dissolto il fuoco di una candela che ardeva.
Per un attimo Valya ebbe la fugace visione di una persona che si trovava dietro il velo delle fiamme e della sua espressione sorpresa.
La stessa espressione divenne puro terrore quando il vento afferrò quella persona e la sollevò senza alcuno sforzo e la scaraventò via come una foglia trasportata dal vento.
Valya colse l’onda propagarsi fino al passo e spaccare le pareti di roccia facendone precipitare abbondanti pezzi per poi perdersi in lontananza come l’eco di un urlo.
Solo che era stata lei a gridare e lo stava ancora facendo quando si ritrovò piegata in due verso il terreno, la punta della spada ancora poggiata sul suolo roccioso.
Con uno sforzo tremendo riuscì a raddrizzare la schiena ed ebbe una fugace visione dei soldati rinnegati disseminati lungo tutto il passo, di armature e scudi contorti e spaccati e di lance spezzate.
L’aria era piena dei lamenti dei soldati che chiedevano aiuto e di chi invece stava esultando.
Sapevo che insieme avremmo fatto grandi imprese, Valya Keltel.
Valya l’udì appena. Si sentiva ebbra di potere e di gioia per quello che aveva fatto. Avrebbe voluto proseguire colpendo e colpendo ancora quelli che si trascinavano e persino quelli che non si muovevano.
Mi ha chiamata per nome, pensò in un attimo di lucidità.
Ce n’è un altro, disse la voce nella sua testa.
Un altro? Chiese. Erano più di uno?
Non ha importanza. Ora riposati. Te lo sei meritato.
Valya lottò per restare in piedi ma le forze le mancarono e si ritrovò prima in ginocchio e poi la sua guancia urtò il terreno e non sentì altro.

 
  
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