Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: kamony    04/07/2022    5 recensioni
Una missione da compiere: riportare la terra alla vita. Un uomo distrutto dal rimorso che ha bisogno di un motivo per tornare a sperare e a lottare. Due nuovi arrivi sull'Arcadia: una ragazza dal passato nebuloso, costretta a fingersi ciò che non è, e un ragazzo che ha qualcosa da nascondere. La loro presenza scombinerà le dinamiche a bordo della nave pirata più famosa della galassia, il cui capitano si troverà a dover fare i conti con sentimenti che credeva morti per sempre. Storia ambientata totalmente nel movieverse con alcune contaminazioni dal multiverse di Capitan Harlock
|Harlock, nuovo personaggio, Yama, Meeme, Yuki Kei, Yattaran e un po' tutti i personaggi|
|Romantico, avventura, introspettivo, shi-fi|
Fic rivista e corretta. Postata nel 2014, cancellata da me nel 2018
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Nuovo personaggio, Yama
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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EPILOGO

 

Molto tempo dopo…

 

Harlock era in piedi e, quasi incredulo, la guardava negli occhi. 
Non gli sembrava possibile di essere lì, insieme a lei. 
Il salone dove si trovavano era ampio. 
Fasci di luce filtravano dalla parete a vetrata, che ricordava vagamente quella dell’Arcadia, ma che invece di mostrare lo Spazio, dava direttamente sul giardino adiacente. La luce metteva in risalto il fine mobilio pregiato di antica fattura che, riflettendola, sembrava ancora più lucido e caldo. Come sempre lui prediligeva le cose antiche a quelle moderne, sebbene quest’ultime potessero essere talvolta più funzionali. Ma era un suo tratto distintivo, un uomo del futuro affascinato e rapito da tutto ciò che riguardava il passato. 
Anche lei veniva dal passato…
Il suo cuore traboccava di gioia, era questo il sapore della felicità? 
Probabilmente sì.
Si sentiva finalmente appagato e quasi sospeso, leggero, mentre la guardava negli occhi, adorandola.
Lei di rimando lo osservava estasiata e si sentiva così ricolma di amore e così contenta, che stava quasi male. A volte la felicità poteva essere anche dolorosa per l’intensità della sua potenza. Quel posto poi era meraviglioso. Tutto le sembrava semplicemente perfetto.
Il Capitano le si avvicinò e la prese finalmente tra le braccia, poi le passò una mano dietro la nuca lasciando che i suoi capelli, adesso molto più lunghi, gli solleticassero piacevolmente le dita, quindi reclinò appena la testa in avanti, quel tanto che bastò perché le loro labbra si sfiorassero. E finalmente lasciò che le loro bocche si unissero e la baciò. Un bacio che fu quasi doloroso da quanto era stato agognato, che si trasformò in un trionfo di dolce passionalità, preludio di qualcosa di più intimo e profondo, che entrambi i loro corpi esigevano con prepotente impazienza, e che di lì a poco avrebbero saziato, perdendosi finalmente l’uno nell’altra.

Harlock si svegliò di soprassalto con la netta sensazione di aver vissuto veramente quello che in realtà stava solamente sognando. 
Aveva provato una sensazione così forte ed intensa, che gli parve di percepire in bocca il dolce sapore di lei, unito alla sensazione della morbidezza della sua bocca sulle proprie labbra.

La stessa identica cosa, nello stesso identico istante, accadde a Joy che si svegliò all’improvviso e scattò seduta sul letto, molto turbata da quel sogno che pareva assolutamente vero. Le sembrò di sentire ancora nei capelli la sensazione provocata dalle sue dita, come se vi fossero appena passate attraverso, carezzandole la nuca e ancora avvertisse quel lieve formicolio, così piacevole, dato dal contatto. Le sembrava addirittura di poter respirare il suo odore. Chiuse gli occhi e inalò, come se lui fosse lì.


Non che non si fossero mai sognati da quando si erano separati, ma questa volta era diverso. Innanzi tutto era stata una cosa assolutamente empatica e simultanea, ma poi era sembrata a tutti e due sorprendentemente come troppo vera. Tanto che era stato quasi fisicamente doloroso, il rendersi conto che non era esattamente così come i loro sensi avevano nettamente percepito. La memoria a volte fa brutti scherzi. Evoca sapori ed odori inesistenti, è solo la potenza del ricordo che agisce sul cervello e lo inganna.

Harlock saltò giù dal letto, scattando come una molla. Era giunto il momento di andare a riprendersela e non avrebbe aspettato un solo giorno di più! 
Al diavolo la Terra e tutto il resto, l’avrebbe riportata sull’Arcadia, anche a costo di scombinare tutti i suoi piani. 
Si vestì, uscì dalla cabina e arrivò in Plancia dove si attaccò all’interfono e comandò perentorio a Yama di raggiungerlo.
Il ragazzo dormiva, si svegliò di soprassalto e non fece neanche in tempo a rispondergli che il Capitano aveva già interrotto la comunicazione.
“E ti pareva che non si fosse svegliato storto anche oggi!” borbottò contrariato, mentre vagava come un automa per la cabina alla ricerca del vestiario, sbadigliando.
Il suo addestramento era cominciato ormai da qualche tempo e procedeva tra alti e bassi. Non era ancora proprio felicissimo di quell’incarico ma si stava impegnando per non deluderlo. I loro rapporti erano diventati abbastanza civili, ma ancora non proprio confidenziali e tanto meno particolarmente affettuosi. 
Yama non riusciva a consideralo un padre, proprio non ce la faceva, così mentalmente aveva preso a far finta che fosse una sorta di fratello maggiore che gli faceva anche da genitore. La sua ammirazione e il suo rispetto per il Capitano erano immutati, ma serpeggiava in lui ancora un po’di rabbia, probabilmente per via dello choc che ancora non aveva del tutto superato e preferiva incolpare lui piuttosto che affrontare la situazione che era troppo contorta, ma anche molto dolorosa e decisamente anomala. Era comunque una reazione plausibile e solo il tempo avrebbe aggiustato le cose.
Lo stesso valeva per Harlock. Cominciava a voler davvero bene a quel ragazzo, in lui ci si rivedeva moltissimo, e ultimamente anche se stesso, solo che, come accadeva a Yama, aveva questa specie di rancore e disagio che ancora non lo avevano abbandonato, rendendolo così spesso brusco e molto esigente nei suoi confronti sebbene poi, per certi versi, fosse anche molto orgoglioso di lui e dei progressi che stava facendo. Solo che non riusciva mai ad esternargli ciò che provava e a volte faceva una fatica immane anche a lodarlo. 
Ormai sull’Arcadia sapevano tutti che era suo figlio.
La cosa alla fine era stata resa pubblica e lui temeva sempre che gli altri potessero pensare che avesse nei suoi riguardi un atteggiamento di favore, solo perché era suo padre. Per questo motivo spesso era davvero intransigente con Yama, tanto che a volte si era anche confrontato con Yattaran e addirittura con Tochiro: entrambi lo avevano brontolato per la sua eccessiva durezza con il ragazzo.

Yama arrivò trafelato in Plancia e trovò Harlock seduto sullo Scranno che prese a fissarlo.
“Che c’è? Che ho fatto?” chiese sulla difensiva, non era mai troppo sereno quando il Capitano aveva queste sortite così repentine, a quegli orari impossibili.
“Afferra le caviglie del timone” gli disse l’altro, senza perdersi in chiacchere come suo solito.
Yama roteò gli occhi. Erano mesi che andava avanti quella faccenda delle virate; non ne poteva più! Quello era fissato con gli speronamenti, ma era inutile speronare il nulla. Non sarebbe mai stato come andare diretti contro una nave nemica, ma il comandante era lui e bisognava solo ubbidire.
“Ti ho visto” fece Harlock con tono di rimprovero marcato, mentre Yama raggiungeva la barra.
“Cosa?” domandò l’altro, facendo lo gnorri.
Harlock sospirò.
“Sai bene, che cosa! Non devi contestare i miei metodi, tutto ciò che ti chiedo di fare ha un motivo specifico”.
“Anche speronare il vuoto siderale?” sbottò Yama polemico.
“Sì. Anche quello, saputello!” gli rispose Harlock torvo.
Yama sbuffò e afferrò le famigerate caviglie.
“Oggi farai pratica su un satellite abbandonato. Dovrai fare una virata completa e speronarlo”.
“Ah sì?” chiese il ragazzo ringalluzzito. Finalmente un po’ di sana azione, pensò baldanzoso.

La giornata alla fine fu proficua e per una volta l’addestramento fu meno noioso del solito.
Yama si sentiva allegro e soddisfatto, aveva sfasciato di gran gusto quel satellite ed Harlock si era mostrato morigeratamente soddisfatto, per l’apprendista pirata era stato un gran traguardo.
L’unica cosa che però lo turbava, era vedere la profonda sofferenza che si celava dietro lo sguardo malinconico di colui che sapeva essere suo padre.
Capiva quanto terribilmente sentisse la mancanza della biologa e sapeva che non gli  sarebbe mai passata, così, prima di lasciare la Plancia, fece una cosa inaspettata.
Si parò davanti ad Harlock e lo fissò molto serio, quindi prese coraggio e parlò.
“Ho grande stima di te come uomo. Sei un condottiero giusto e leale. Da te ho imparato il valore delle scelte e sei il primo che mi ha fatto gustare il sapore della libertà. Hai passato cento anni a lacerarti l’anima. Hai espiato la tua colpa, stai ricostruendo un futuro per l’umanità, non sarebbe anche ora che magari pensassi un po’ a te?” finì con il dirgli quasi con affetto.
Harlock alzò la testa e con il suo cipiglio crucciato lo scrutò intensamente.
“Che intendi dire?” gli chiese sempre più serio, ma anche incuriosito da questa sortita inaspettata del ragazzo, pareva davvero accorato.
“Vai a riprendertela e finiscila di stare imbronciato un giorno sì e l’altro pure!” sbottò Yama diretto. Era palese quanto si logorasse, che la facesse finita una volta per tutte.
Il Capitano sussultò appena. L’aveva sorpreso e non poco, ma cercò di contenersi e di non darlo a vedere.
“Non sono cose che ti riguardano” borbottò burbero.
“Invece penso proprio che mi riguardino” ribatté Yama, incrociando le braccia al petto.
Harlock si alzò in piedi, sovrastandolo con la sua imponenza.
“In che senso?” gli chiese molto serio. Voleva capire, era turbato.
“Nel senso che è anche mia madre. Vorrei conoscerla più a fondo…” gli confessò con disarmante sincerità, stupendo se stesso per primo, per quel pensiero tramutatosi in parole.
Il Capitano rimase spiazzato, ma non rispose, si girò elegantemente su se stesso e molto lentamente cominciò ad allontanarsi dalla Plancia, per andare da Tochiro, senza dargli una risposta, né commentare ciò che gli aveva appena detto.

 

***

 

A gennaio a Londra faceva un freddo tale che si poteva anche correre il rischio che, essendo fuori, si ghiacciasse la punta del naso. 
Joy camminava in fretta. Era buio pesto e rischiava di perdere la metro. Doveva raggiungere la sua amica  Suzette per andare a cena in un ristorante indiano, a Chelsea.
Susette era l’unica persona con cui aveva fatto amicizia da quando si era trasferita a Covent Garden. Era una tipa tranquilla e riservata, la faceva ridere, e Dio solo sapeva se ne avesse avuto bisogno.
Era tutto il giorno che si sentiva strana. Una sensazione come di aspettativa che la agitava oltre ogni dire. Si ritrovava a volte con i battiti del cuore accelerati, senza nemmeno capire il perché. 
Scese veloce le scale che portavano alla metro e riuscì a prendere il treno appena in tempo. Era stipato, del resto era anche l’ora di punta.
D’un tratto si sentì come osservata. Si guardò intorno, ma ognuno si stava facendo i fatti suoi. 
Due ragazzi amoreggiavano in piedi vicino alle porte scorrevoli, che si erano appena chiuse. Un signore consultava il suo cellulare, passando ritmicamente l’indice sullo schermo. Un uomo leggeva il giornale, mentre accanto a lui una madre accudiva la figlia. Insomma, nessuno si curava di lei eppure si sentiva addosso lo sguardo di qualcuno, era come se la toccasse.
Si dette della paranoica e controllò quante fermate mancassero alla sua stazione. Solo due. Avanzò verso le porte.
Poco dopo, finalmente uscì da quel treno così zeppo. Salì sulla scala mobile, passò l’abbonamento elettronico sul tornello della metro e uscì all’aria aperta. Una sferzata di vento gelido l’accolse facendola rabbrividire, si strinse il bavero del cappotto al collo e, in fretta, s’incamminò verso il ristorante, dove l’aspettava la sua amica.
D’improvviso ancora quella sensazione.
Si girò di scatto e intravide un'ombra.
Aguzzò la vista e le parve di scorgere la sagoma di un uomo molto alto. Indossava un cappotto di pelle, lungo fino ai polpacci, il bavero ampio e rialzato, la postura eretta e le movenze eleganti, i capelli lunghi gli danzavano sul collo ad ogni passo…
Camminava a distanza, con una falcata di tipo militare che a lei sembrò dolorosamente familiare.
Il tipo, come si rese conto che si era girata, in un attimo, con una rapidità fulminante, scomparì in un vicolo adiacente.
Joy, senza neppure pensarci, lo rincorse con il cuore in gola, non poteva essere, era impossibile, ma sembrava davvero 
Una volta raggiunto il vicolo non vi trovò nessuno.
Eppure, se non avesse pensato che fosse una pazzia, una cosa pressoché impossibile, sarebbe stata quasi certa che si trattasse di lui: Harlock!

Ma era davvero Harlock?
Non lo era?
Forse, si trattava solo di un desiderio inespresso, così prepotente da trasformarsi in allucinazione?
Chissà… la mente talvolta gioca brutti scherzi, soprattutto se si allea con il cuore!

 

***

 

Il Capitano aveva convocato Yama.
“Devo andare via. Non subito. Per quando partirò devi avere imparato a manovrare la nave da solo, ma sappi che non sarai tu il comandante. Ho in mente ben altro…”. 
“Va bene…” disse il ragazzo guardandolo un po’ perplesso, non capendo assolutamente che gli volesse dire. A parte questo, lui non voleva comandare proprio niente e nessuno, fu felice che l’avesse capito.
“Ma dove vai, se è lecito chiedere?” gli domandò curioso. Gli era sembrato quasi agitato e non era da lui, si mostrava sempre compassato e statico come un blocco di marmo.
La cosa lo incuriosiva e poi, era rarissimo che se ne andasse da qualche parte, anche se ogni tanto spariva e nessuno sapeva dove andasse.
Harlock si alzò dallo Scranno e si mosse lentamente, gli dette le spalle, fece un paio di passi poi si girò, lo guardò dritto negli occhi, con una luce nuova e maledettamente determinata, che gli fece scintillare un lampo nell’iride color miele.
“A riprendermi tua madre” disse, scandendo le parole per dar loro la giusta solennità dell’intento.
Quindi, a passo deciso, si diresse come faceva ormai ogni giorno, a conferire con Tochiro, perché preparare quel passaggio in un altro universo non si stava dimostrando affatto una passeggiata e lui non voleva perdere né sprecare altro tempo prezioso, neppure un solo secondo ancora.

Non c’erano più scuse, ripensamenti, né intralci, era giunta finalmente l’ora di fare ciò che il suo cuore gli chiedeva, era il momento di riprendersi la donna che amava. 
Ulisse finalmente avrebbe fatto rotta su Itaca!

 



Ed eccoci giunti alla fine.
Mettetevi comodi che voglio dirvi alcune cose.
Come alcuni di voi sanno questa storia aveva una seconda parte. Fu cancellata anche quella all’epoca.
Non ho ancora deciso se la posterò di nuovo. Il problema è che dovrei cambiarla molto e al momento non me la sento di metterci le mani.
Non so neanche quanto possa interessarvi, anche perché la storia potrebbe benissimo finire qui, e così, senza problemi.
Non so magari cambierò idea, ora sono presa da altro. Sto scrivendo storie nuove (che devo ancora iniziare a pubblicare. Attualmente ri-postando una storia cancellata.) in un’altra sezione, ma magari nel futuro potrei anche ri-postare la seconda parte. Vedremo.
Poi è ovvio che devo assolutamente ringraziarvi TUTTI
Grazie di cuore per aver letto
(siete tanti, ma tanti!) questa storia con regolarità, dimostrando un interesse che non mi aspettavo!
Un grazie davvero speciale a CHIUNQUE abbia lasciato un commento. Anche in questo caso siete stati molti, ma molti di più, di quelli che avrei anche solo immaginato!
Grazie a chi ha messo la storia tra le preferite – ricordate – seguite.
Un ringraziamento particolare
va alla mia cara amica Silvia (aka Azumi) senza la quale, nella prima stesura del 2014, questa storia non avrebbe mai visto una fine. Quindi grazie per il tuo tempo, il tuo entusiasmo, l’incoraggiamento, la tua pazienza e bellissime serate passate isieme! Se la storia è qui è anche merito tuo.
Un altro ringraziamento particolare va alla mia cara amica Marilou che è tra le persone che si sono battute perché ri-postassi questa storia, che mi ha sostenuta e incoraggiata e invogliata scrivere di nuovo.
Grazie anche a tutte quelle persone che mi hanno sempre chiesto di questa storia e che hanno, con il loro affetto, contribuito a farmi decidere a ri-postarla.
Grazie ancora una volta per avermi fatta emozionare e per avermi fatto provare quelle sensazioni belle che regala la condivisione di una passione comune!
Di seguito potete trovare alcune delle fan art che all’epoca furono fatte per questa storia dalla mia amica Silvia e un disegno di Harlock fatto da me.
Ora è veramente tutto, un caro saluto e alla prossima!

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Disclaimer: Tutti i personaggi di Capitan Harlock sono © di Leiji Matsumoto. I personaggi e la trama inerenti al film sono © Shinji Aramaki e Harutoshi Fukui. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Grazie a quel sant’uomo di 
Yutaka Minowa, il disegnatore Harlock in CG!!! 

  
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