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Autore: Gem    08/09/2009    6 recensioni
Era un semplice insegnante di yoga, ma aveva lanciato un portapenne al capo e s'era giocato il posto di lavoro.
S'era fatto ingannare dalla promessa di un'aria più pulita e respirabile di quella di Chicago, ma a quanto pare...
[Ispirata al film "La donna perfetta". Dissacrante parodia nata come una semplice commedia ed evolutasi come una summa di tutte le mie esperienze nei fandom esteri di SS]
Genere: Commedia, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Leo Aiolia, Virgo Shaka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’uke perfetto

 

DUE

… seme fighissimi dietro di te!

 

Il giardino sul retro della villetta di Aiolia e Shaka – amorevolmente battezzata “No Aiolia, un nome alla casa no. Shaka, allora la chiameremo Senza Nome” – era piuttosto grande, ma sfortunatamente non era curato. Il giorno dopo l’arrivo a Yaoi City, Shaka si munì di tagliaerba e cesoie e con fermezza rese il suo giardino una delizia. Ancor prima di mezzogiorno era riuscito a montare un gazebo e trapiantare due alberelli accanto a questo, dopodiché osservò la sua opera compiaciuto, afferrando un plico di fogli per sedersi e poter leggere all’ombra.

Da quando Aiolia si era messo in testa l’idea di scrivere un romanzo di distopia (ossia: la sera passata), aveva stampato le prime pagine e le aveva affidate a Shaka per un’opinione. Voleva avere i sui consigli per migliorare eventi narrati o lo stile.

La quiete di Yaoi City favoriva molto il provetto critico. Gettò un’occhiata verso la casa di Milo e Camus: non era rumorosa come l’appartamento dei vicini a Chicago. Allungò l’occhio verso la villa di Aiolos, e più lontano ancora individuò quella in cui aveva visto entrare Lord Rhadamantys. Magari l’opinionista inglese avrebbe favorito la scalata al successo di Aiolia…

A colazione, Aiolia aveva chiesto a Shaka di stringere amicizia con Kanon per ingraziarsi anche il favore del Lord. Aveva risposto no, ma aveva alcuni dubbi… Aiolia aveva talento e adorava scrivere. Perché non fare un po’ l’opportunista?

Prese il suo tè verde dal tavolino di legno – montato da lui, ovvio – e lo sorseggiò leggendo il primo paragrafo.

Chiunque leggerà questo romanzo è destinato ad essere ucciso dal grande Kasha Juta. Egli è Verità, Egli è questo romanzo, e in quanto tale non può essere violato dai vostri occhi infami e perversi. Egli è il Mondo su cui oggi vive l’umanità.

Shaka sospirò nervoso. Aveva con sé un taccuino per scrivere eventuali appunti da mostrare ad Aiolia, così non esitò a posare il tè e a prender penna.

PUNTO 1: non anagrammare il mio nome per i personaggi.

PUNTO 2: io uccido te se scrivi queste cose.

PUNTO 3: gli occhi infami e perversi sono i tuoi.

Bene, ora poteva continuare la lettura. Tornò a bere l’infuso.

Con la coda dell’occhio notò che qualcuno si muoveva nel cortile dell’altra casa attigua alla propria, quella che non apparteneva a Milo e Camus. Era un ragazzo che teneva in mano un vassoio di cibo, il corpo fasciato in un grembiule giallo sgargiante, un sorriso appena accennato rivolto indubbiamente a Shaka. Questi ritrovò nel vicino di casa uno dei festeggianti del giorno prima.

«Buongiorno.» salutò, affacciandosi alla staccionata.

Shaka riordinò il plico di fogli e si guardò intorno. Se Aiolia fosse stato nei paraggi, avrebbe potuto accogliere il vicino al posto suo… principalmente perché indossava una tunica indiana, e l’ultima volta che l’aveva indossata a Chicago aveva ricevuto valanghe di occhiate divertite. Si rassegnò.

«Salve.» si alzò e si avvicinò con cautela. Solo allora notò che l’altro ciò che aveva scambiato per grembiule era in realtà una tonaca.

«Benvenuto a Yaoi City.» sorrise, e portò la mano oltre alla palizzata per stringere quella di Shaka. «Mi chiamo Mu Sei e vivo qui con il mio compagno.»

Oroscopo del giorno per la Vergine (sì, continuava a leggerlo ancora): “È ora di cambiare look. Affidatevi ad un esperto! Farete incontri molto graditi.”

A parte le prime fresi, poteva andare…

«Shaka Tuja.» replicò ispezionandolo. Oh, piedi nudi, proprio come avrebbe fatto lui se il giardino non fosse stato parzialmente pavimentato… «Il mio coinquilino è in casa.»

«Il fratello del sindaco Anthelios, se non erro?» chiese.

«Sì, Aiolia Anthelios.»

«Ho letto il suo romanzo!» esclamò. «Potrebbe autografare la mia copia? Intanto ho preparato per voi qualcosa da mangiare… essendo arrivati ieri, ho pensato che un pranzo potesse esservi utile.»

Mu affidò il vassoio a Shaka, che ispezionò da buon vegetariano il contenuto. Si sorprese quando vide…

«Tofu?»

Mu annuì. «Spero che non sia un problema. Sono vegano.»

Vegano… ah, Shaka era vegano prima di finire all’ospedale con sintomi di denutrizione. Da quel giorno un medico (incitato da Aiolia) gli aveva vietato una dieta così severa perché non riusciva a sostenerla, e Shaka aveva ripiegato su una più ampia dieta vegetariana. Quel Mu, invece, era vegano. Quel Mu era un uomo impressionante.

«Io vegetariano.» fece Shaka. «Grazie per il pensiero.»

«Ieri sera ho conosciuto i tuoi – posso darti del tu? – amici Milo e Camus… ragazzi simpatici. Purtroppo Camus non ha la mentalità di un uke… ah, che peccato.» sospirò dispiaciuto Mu.

Shaka alzò un sopracciglio. Cosa? La mentalità di un uke? Ovvero, esistevano mentalità diverse tra attivi e passivi? E in che senso? A lui Camus era sempre parso un po’ rigido, scostante, ma d’animo non completamente insensibile, e Milo… non che fosse così diverso, insomma: era rigido con chi non condivideva amicizia o legami, e affettuoso con le persone che amava (molto più passionale, quello sì).

Poi c’era Aiolia, che amava tutti tranne Saga – bah.

«Seme e uke, non comprendo il significato profondo di questi termini nonostante abbia compiuto studi su culture antiche.» ammise Shaka, corrugando la fronte. «Perché in questa città vige la suddivisione così netta tra attivi e passivi da un punto di vista sessuale e caratteriale?»

Mu non rispose. Sbatté due volte le palpebre con impressionante freddezza e strinse le labbra, come se fosse stato piccato nell’orgoglio. Parve il superbo ariete dal manto d’oro che era stato immolato agli dèi dopo aver tratto in salvo un fanciullo.

«Posso darti un volantino.» rispose solamente, e insospettì ancor di più Shaka. «Vado a prenderlo in casa.»

«Grazie.»

Shaka storse la labbra non appena Mu si fu voltato. Un volantino? Che razza di volantino avrebbe potuto dargli attinente al loro discorso? Mentre rimuginava, un grido vistosamente finto attirò la sua attenzione. Si girò, giusto in tempo per vedere Aiolia che indicava sconcertato il tavolino sotto il gazebo.

«Shaka, dannazione! Cos’è quella cosa?!» sbottò correndogli accanto. «Una cosa rosa a casa mia?!»

Il buddista sospirò. «È una candela a forma di fiore di loto.»

«Ma è rosa

«Se finirai nel mondo delle bestie sarò contento per te.»

«Shaka, il grande Kasha Juta vieta i colori blu, verde e rosa nei suoi domini.» Aiolia raccolse i fogli sul tavolo e il blocco per gli appunti di Shaka. «Non hai letto?»

Come risposta gli affidò il vassoio e gli indicò la casa. Per una volta, il cibo sarebbe stato al sicuro – Aiolia non mangiava tofu perché era cibo non dannoso alla salute. Gli raccomandò di metterlo in frigorifero, e perché no, gettarsi in pasto ad un leone.

Quando Mu uscì dalla casa, Shaka si riavvicinò alla staccionata per avere quel fantomatico “volantino”. Non solo Mu aveva un’espressione più severa di prima, ma teneva tra le mani un paio di sandali.

«Temo di non avere più le copie. Se non è un problema, possiamo chiedere ad Aphrodite.»

«Prego?»

Mu si infilò i sandali con allucinante perfezione.

«Aphrodite abita qui vicino.» spiegò Mu. «È un amico di vecchia data. Un uke

“Mhh- ohhmm… no.” pensò Shaka. Era sempre stato additato come superiore alle cose terrene da non accorgersi di ciò che stava intorno a lui, ma quel Mu, sebbene affascinante e interessante, non aveva tutte le rotelle a posto (l’aria più pulita no, eh?).

«Credo che non ci siano problemi.»

«E cosa dice il tuo seme

«Cosa dovrebbe dire il “mio seme”?»

«Che non puoi uscire!» sbottò Mu, esterrefatto.

E Shaka ancora non si spiegava come riuscì a giungere incolume nella villetta di Aphrodite, con Mu che brandendo un ombrello diceva “ci stanno seme pericolosi in giro” e consigliava a Shaka di munirsi di spray al peperoncino perché “i tuoi capelli così biondi sono così pericolosi”.

«Ma chi abbiamo qui!» cinguettò il padrone di casa Aphrodite, accogliendo i due ospiti con un sorriso sfavillante. «Mu e questo delizioso uke appena arrivato in città!»

Shaka girò sui tacchi.

«Scusate, ho le pentole sul fuoco.»

«Aspettaspetta!» fece Aphrodite, richiudendo la porta. «Piacere di conoscerti.»

«La meditazione del-»

«Allora, come cazzo ti chiami?!» sbottò quello mettendosi le mani sui fianchi. Lo squadrò nei suoi occhi sbarrati – no, non ci credo – e gli afferrò fulmineo una ciocca di capelli.

Aphrodite era un uke vissuto tra seme volgari e abbastanza incivili, e Mu sospirò.

«Si chiama Shaka.» disse al posto del buddista, la cui ultima intenzione era rispondere. «Ci chiedevamo se avessi un volantino sugli uke…»

«Troppo biondo.» Aphrodite storse le labbra. «Troppo silenzioso. Troppo perfetto, Cristo santo!»

Perfetto.

Shaka sentì le campane, ma subito dopo un mugolio identificabile con uno sbadiglio menomato di Aiolia lo riportò alla realtà.

Un’altra parola e l’ombrello di Mu sarebbe finito dove non sarebbe dovuto finire.

«Perfetto?» ripeté il vegano sconcertato. «Ma se nemmeno S…!»

«Tappati quella boccaccia, Mu!» il ringhio di Aphrodite s’infranse contro l’espressione stupefatta, irritata, disturbata di Shaka. Si fissarono ad occhi socchiusi, neo di Aphrodite contro bindi di Shaka, in un duello all’ultimo… grido.

«AHHH!» Aphrodite finse un malore e si trascinò a peso verso il divano. Prese qualche decina di cataloghi da un tavolino rococò e li prese a sfogliare con spasmi discontinui di stupore e sconcerto. Shaka, tuttavia, aveva già compreso la splendida equazione Aphrodite=Aiolia2, dunque incrociò le braccia e Buddha, mi è capitato di osservare che

«Sì, albicocca.» sospirò Aphrodite, battendo le mani. Annuì rivolto a Mu con un’espressione molto poco rassicurante. «Shaka, dimmi se ti piace. Ora ti faccio i capelli di un bell’albicocca acceso, togliamo il bindi e ci mettiamo una bella frangetta rosa shock che tiene i seme lontano chilometri (sempre che non siano così rincoglioniti, intendiamoci).»

Afferrò un paio di forbici da una tasca – Mu indietreggiò – e le sciorinò in aria con la destrezza di chi ha passato buona parte della vita a fare il barman – no, non era vero, ma a Mu dava quest’impressione.

«Facciamo un taglio che ti liberi il collo da quest’oppressione, baby

E no, l’oroscopo che aveva ancora ragione no.

«Arrivederci.» disse solo Shaka, e sarebbe già andato via se sulla porta di casa non fosse comparso, per l’appunto, l’altro padrone di casa, che stringeva una ventiquattrore in una mano e un sacchetto di caramelle nell’altra.

Il sacchetto cadde, la valigetta rimase ancorata all’uomo che pareva essere un Lupin colto in fragrante dalla polizia.

«Minchia, no.» rivolse un’occhiata sbigottita con i suoi occhi rossastri – era albino – ad Aphrodite e mostrò il medio della mano libera. «No, no, Aphrodite. Io l’ho visto X-files, mica m’inganni.»

«Oh, Shaka, potresti aspettare un attimo in salotto?» trillò Aphrodite, saltando letteralmente dal divano alla porta di casa, che chiuse con accurata minuzia.

Ritengo che la sofferenza universale sia ciò che noi umani…

Mu afferrò i lembi della propria tonaca e zampettò sino al corridoio, dando vita ad una scena così irreale che per più volte Shaka pensò di sfondare una finestra e fuggire da lì, oh sì.

«Rubo un attimo Death Mask, che è lui…» disse Aphrodite, accanendosi sull’uomo in giacca e cravatta e storcendogli in modo innaturale il dito. Comandava lui, e gestacci in presenza di perfetti non erano ammessi.

«Io l’ho mandato in galera ed era innocente, a quel tizio McGill… lo faccio anche con te.» minacciò senza un particolare destinatario Death Mask, agitando la valigetta.

Shaka aveva comunque smesso di meditare e ora pensava alla cena.

Vide il terzetto sgattaiolare nel corridoio e nascondersi dietro il muro, ma avvertiva i loro bisbigli frammentati e alcuni rumori imprecisati che parevano starnuti.

“Aphrodite, ti sbatto fuori di casa… etci! … lavoro.”

“La casa è mia e ti ho già… no, perfetto.”

“Etci! Che detersivo usi? … rosa shock?”

“Siete allergici… sì, dobbiamo dirgli… attraente.”

“Etci! Etci! McGill… lista, la lista.”

“Secondo me ci ha presi per pazzi.”

Aveva parlato il saggio Mu.

E chi fece capolino nel salotto, se non la testa albina e ammiccante di Death Mask? Si ritirò poco dopo.

“Però è carino.”

“Te lo ficco in… grazie per l’ombrello, Mu.”

“Uccidiamolo.”

Ma anche no.

Saggio, saggio Mu il vegano!

Shaka si avvicinò ad una finestra e scassinò la serratura. Insomma, a Yaoi City non era venuto per morire.

Era pure indiano, e con gli USA aveva ben poco a che fare: X-files, avvocati con ventiquattrore, tinta albicocca e frangia rosa shock.

Sarebbe morto in India, dopo aver sgozzato Aiolia, seduto sotto gli alberi di sala come il Buddha, dopo aver sgozzato Aiolia, e le sue ceneri disperse nel sacro Gange, dopo aver sgozzato Aiolia.

“Mu, tu cazzo ci fai qui?”

“Non saprei. Etci.”

“Allora scrivo… ok.”

Perché erano scemi quei tre, potevano tranquillamente parlare in salotto, si sarebbero sentiti pressappoco come dal corridoio.

Aphrodite spuntò così com’era andato via, con i suoi boccoli naturali e – non li aveva notati prima, Shaka – dei polsini medici. Ah, sentiva un profumo di qualche sostanza dal corridoio… evidentemente era quella per cui si lamentava Death Mask. Sembrava un tantino forte, esagerata, necessitava persino l’uso dei polsini medici?

E soprattutto, perché Shaka si era abbassato a pensare come quei tre?!

«Scusa, questione d’affari. Ora Death Mask va a preparare il pollo, vero che vai a preparare il pollo?» soffiò con un sorriso molto ipocrita Aphrodite, rivolto al suo coinquilino.

«No che non vado…»

«Eccolo che va.» e rifilò un pugno all’avvocato, ancora munito di valigetta e cravattino.

Mu spinse Shaka lontano della finestra, sulla quale aveva notato un tentativo di manomissione, e lo gettò a sedere sul divano, poi non capì perché si ritrovò schiacciato da Mu e Aphrodite, anzi, sotto Mu e Aphrodite, che gli mostravano con avidità un volantino. Anche Mu… anche Mu portava i polsini…

«Guarda, Shaka!» fece Aphrodite, facendo scorrere il dito su una lista. «Tu: uke non attraente.»

Shaka sbirciò, per quanto possibile, una riga scritta a mano (un’aggiunta dell’ultim’ora, si capiva).

Uke non attraente: non sei attraente e forse devi lasciare la città farti i capelli albicocca.

Mu mise da parte il bon ton e la pacatezza per stringere le guance di Shaka e rifilargli un bacio in fronte.

«Povero piccolo.»

Shaka sgomitò e immaginò di avere dei laser al posto degli occhi, belli!, con cui avrebbe potuto polverizzare tutti…

«Io uke lascivo, molto lascivo.» mormorò suadentemente Aphrodite, poggiando come per caso una mano sulla coscia di Shaka, che trasalì e se la scrollò di dosso. Ebbe poco successo, giacché dall’altra parte anche Mu aveva iniziato ad allungare le mani.

«Io uke stuprabile, dolce all’occorrenza.»

Non ho offeso le divinità. Non ho ucciso. Non ho rubato. Non ho tenuto atteggiamenti sessuali impuri.

Parlavano come due robot quei pazzi assatanati e invidiosi che aveva addosso! Afferrò il volantino e scivolò letteralmente giù dal divano, la tunica gli si sollevò per metà ma il suo unico obiettivo era lasciare quei peccatori ai loro peccati… e come fare?! La porta chiusa, la finestra scassinata…

La finestra scassinata.

Era un ottimo contorsionista.

Aphrodite che urlava dalla finestra: «Shaka, torna qui!» divenne un vago mormorio alle sue spalle.

“Comprerò un ombrello.” pensò scendendosi la veste oltre le ginocchia, osservato con circospezione dai passanti. Poi, ammiccarono.

“Con la punta molto, molto lunga.”

 Ammiccarono ancora.

«Sono spiac-»

Pensava di dire qualcosa a proposito del bene che sconfigge il male e se stesso che sconfigge gli abitanti di Yaoi City, ma non aveva calcolato l’avvicinarsi di un uomo che con fare amichevole gli aveva messo un braccio sulle spalle. Quel giorno erano tutti in vena di scherzi e morte.

«Chi ti disturba, mi niño

Gli mancava solo l’ispanico a chiamarlo mi niño per quel días de fuego così imprevisto. E così, muy caliente, Shaka tirò un pugno al naso dell’intraprendente corteggiatore.

Lo lasciò sanguinante, il setto nasale lievemente incrinato, senza accorgersi che le reali intenzioni del chico latino erano di liberarlo dai passanti guardoni.

 

Il bel giardinetto, quello che Shaka aveva arredato con amore e cura, era divenuto nel giro di dieci, venti minuti un ritrovo per il coinquilino e i due vicini di casa. Il tavolino che aveva montato era stato aggregato ad un altro molto più grande e la tavola era stata apparecchiata come se fosse per un pranzo fastoso, sebbene Shaka riuscisse a vedere come portate solo qualche schifezza da fast-food e il buon tofu di Mu.

Camus aspettava di stappare una bottiglia di spumante con impazienza. Non appena Aiolia avvistò Shaka tornare, gli fece cenno di aprirla ed esclamò: «Brindiamo alla nuova casa!»

Con un sonoro plop il tappo rasentò l’orecchio destro di Shaka e andò a finire sulla strada, proprio mentre passava un furgone. Milo si alzò e accompagnò Shaka al tavolo – era appena confuso – e gli diede in mano un bicchiere di succo di pera, giacché potesse brindare pur essendo astemio.

«Brindo alla mia casa, alla vostra casa, al mio romanzo e specialmente a questo hamburger.» sorrise Aiolia, alzando il calice – un bicchiere di plastica arancione – e imitato prontamente da Milo.

«E a mio padre che finalmente non mi assillerà più.» fece Camus, che sulle ginocchia reggeva le pagine del romanzo di Aiolia.

«Oh, e ai letti!» aggiunse Milo ammiccando.

«Alle lavatrici!» rise Aiolia.

«Alle chat erotiche.» farfugliò Camus bevendo, ma ancor prima che Milo svenisse, ancor prima che Aiolia replicasse “agli ascensori”, Shaka sbatté il “catalogo degli uke” sulla tavola, tra il suo tofu e un pacchetto di untuose patatine.

«Andiamocene da qui.» sibilò. «Subito.»

Milo allungò l’occhio, e la prima cosa che lesse fu qualcosa su un uke pronto sempre a soddisfare il partner. Afferrò il foglio con avidità e proseguì nella lettura, sgranando gli occhi mano a mano che essa lo soddisfaceva. Fissò Aiolia.

«Tuo fratello sa cosa vuole.» ridacchiò continuando a scorrere con lo sguardo. Camus si sporse e gettò un’occhiata, leggendo ad alta voce: «Uke stuprabile: dolce, timido, introverso e vittima di agguati…? Attenzione che non  vada a pezzi…?»

Aiolia li raggiunse e lesse ancora: «Uke lascivo: pronto a soddisfare il suo partner in qualsiasi momento, ma estremamente leader della coppia. Mai contraddirlo… eh?»

«Uke ribelle: aggressivo e litigioso, violenta il proprio compagno secondo le sue esigenze. Molto egoista ed egocentrico, attenzione! Potrebbe trasformarsi in seme.» riprese Camus ostentando una voce anziana e saggia. Aveva le lacrime agli occhi.

Ad Aiolia parve l’incipit di una sfuriata nervosa, a Shaka un pianto isterico e a Milo ciò che effettivamente era.

Camus si accasciò sulla sedia e si graffiò le nocche per non scoppiare a ridere. Non era da lui ridere, no, ma non era da lui nemmeno leggere tali cavolate. Il romanzo di Aiolia si sparse per tutto il giardino, mentre Camus s’infilava in bocca una polpetta per l’astuto escamotage di trattenersi.

Toccò a Milo quindi scoppiare a ridere e cadere dalla sedia, aggrappandosi ad Aiolia che rovinò con lui per terra. La ridarella non contagiò Shaka, che si riappropriò del volantino e si alzò in piedi, infastidito.

«Avete un briciolo di buonsenso?» ringhiò fissando Camus, ormai impegnato a divorare le sue polpette. Gli giunse come risposta un verso poco ortodosso, proveniente dai due cosi rotolanti sul giardino.

Aiolia si asciugò le lacrime. «Fammi leggere ancora, ti prego!»

Cercò di agguantare il foglio, ma mise la mano su una confezione di senape che schizzò con estrema precisione sulle polpette di Camus.

Ancora ilarità generale, mentre Shaka si allontanava e iniziava a raccogliere il romanzo di Aiolia.

Pazzi, anche Camus di solito così serio, pazzi e fuori di sé. Milo lo raggiunse strisciando e gli sottrasse il volantino, correndo da Aiolia per continuare la lettura.

«Senti qua!» rise paonazzo. «Uke psicologicamente instabile: ha problemi d’identità, ha vissuto esperienze drammatiche che l’hanno traumatizzato, si concede facilmente e schiva l’amore. Ma uno psicologo no, eh?»

Aiolia si promise di dir qualcosa al fratello. Prese la lista e cercò una definizione che non fosse stata ancora letta. Trovò la prima, scritta in un bel rosso acceso.

«Sentiamo, va’. L’uke perfetto: di solito si presenta biondo, dagli occhi chiari e androgino.» ridacchiò, mentre gli occhi di Milo e Camus correvano su Shaka.

«Dal carattere difficile, ambiguo, poco… socievole.» Aiolia alzò lo sguardo sul compagno che, offeso, continuava a raccogliere il romanzo.

Milo mise in segno di sostegno morale una mano sulla spalla dello scrittore.

«Appare aggressivo, spietato, sadico, è capace di picchiare a sangue freddo.» Aiolia deglutì. «Ma…»

Shaka sistemò i fogli evitando di gettare occhiate ai tre finché non ebbe terminato. Tacevano.

L’ultima frase diceva: “Ma è solo apparenza, perché è più sensibile di te, stupido seme che leggi questo catalogo per sceglierti un partner! L’uke perfetto è un’utopia.”.

Fu Camus a soffocarsi con le polpette, e da lì ricominciò l’aria ilare che si era interrotta per la lettura dell’uke perfetto. Aiolia squadrò Shaka, proprio mentre un raggio di Sole gli illuminava le spalle. Era perfetto sì, ma non perché lo diceva un insulso foglio di carta. Lo strappò.

 

Aiolos non aveva in mente l’idea di fare la spesa con Aiolia e Milo finché non li vide vagare per il centro commerciale con un carrello riempito da ogni sorta di sciocchezzuola anziché da cibo, l’espressione spaurita e atterrita che hanno i bambini all’asilo senza la loro mamma.

Li raggiunse sorridendo come il Sole, porgendo ai due delle bottiglie d’acqua.

«Partiamo dalle basi, d’accordo?» chiese senza troppa arroganza, uscendo dal loro carrello un materassino da piscina e un hula hop. Aiolia si attaccò al fratello come una tellina.

«Los, grazie al cielo che ci sei tu.» mormorò. «Senza la signora Kelly temevo di morire.»

«Il padre di Camus era buono solo a fare la spesa.» sospirò Milo, rammentando giorni ormai perduti.

Aiolos alzò le spalle.

«La signora Kelly e il padre di Camus non ci sono più.» disse solennemente. «È compito vostro fare la spesa. Come farete altrimenti ad accontentare i vostri uke, se non sapete neppure nutrirli?»

«Mh.» mugugnò Milo, grattandosi il mento. Per quanto ne sapeva lui, Camus non era mai stato a corto di cibo, anche se vederlo impegnato in una battuta di caccia nella giungla (s)vestito come Tarzan non era così male…

Aiolia indicò uno scaffale di cereali.

«La colazione è importante.» disse solennemente.

Aiolos annuì e prese qualche scatola. «Io e Saga adoriamo il muesli con pezzi di banana. Voi?»

«Io a colazione mangio un panino, di solito.» ammise timidamente Aiolia, scrutando il muesli.

Milo cominciò a frugare tra gli scaffali alla ricerca di qualcosa che contenesse fragole, ma inavvertitamente urtò contro un ragazzo altissimo e slanciato, che si girò fissandolo con i suoi occhi verdi dai riflessi – inaudito! – rosati. I suoi occhi indugiarono su Milo imbambolato, quindi su Aiolia e infine sul sindaco.

«Oh, sindaco Aiolos. Buongiorno.» sorrise, spostandosi di poco affinché si vedesse un altro ragazzo.

«Sion, buongiorno!» replicò Aiolos con un cenno della mano. «Buongiorno anche a te, Doko.»

Tale Doko, cinto da una tunica palesemente cinese, adocchiò lo scrittore alzando le sopracciglia stupito.

«Suo fratello? Vi assomigliate moltissimo.» commentò, esaminando delle confezioni di cibo, ma non pareva soddisfatto. «C’è ogni tipo di cibo ma non il cinese, sindaco Aiolos.»

«Provvederò affinché arrivi.» sorrise Aiolos, carezzando la spalla di Aiolia. «Questo è proprio mio fratello Aiolia, lo scrittore più bravo del mondo, e questo è Milo. Loro sono Sion e Doko, ragazzi.»

Dopo presentazioni e saluti, Sion afferrò la mano di Doko e sorrise.

«Beh, allora noi continuiamo a fare spese. Mi saluti Saga.»

«Arrivederci!» salutò Aiolos allegramente. Non appena si furono allontanati, si voltò verso il fratello e Milo e con un profondo sospiro si lasciò andare ad un sorriso soddisfatto, celestiale. Socchiuse gli occhi.

«Sion e Doko sono giovanissimi, ma si sono già sposati in Massachusetts. Stanno lottando affinché anche in Kentucky il loro matrimonio venga riconosciuto.» la sua voce era estasiata. «Sono la coppia ad honorem di Yaoi City, anche se vengono qui solo per i week-end…»

«Sposati?» ripeté perplesso Aiolia.

«Sì. Sono dei capisaldi persino per me. Oh, le barrette ai cereali con il miele! Saga le adora!» tinnì infilando la mano in uno scaffale.

Matrimonio… Aiolia inventò lì sul momento una trama per una storia che avesse a che fare con un matrimonio, quindi la inserì nel romanzo di distopia. Kasha Juta, matrimonio… sì! Avrebbe infilato nella storia un certo Aliante Aholiosi come amante del grande capo.

Milo, al contrario, cercava ancora un alimento che contenesse fragole o al massimo lamponi.

«WAH! Due seme fighissimi dietro di te!»

Milo lanciò in aria una confezione di cornetti al cioccolato.

Alcuni ragazzi parevano entrati in trance accanto a lui e lo fissavano a bocca aperta, gettando ogni tanto un’occhiata anche ad Aiolia, ancora indeciso tra una storia d’amore drammatica tra Aliante e Kasha e una pregnante ma fugace relazione. Non gli sfuggì, in ogni caso, l’occhiolino di un ragazzo rivolto unicamente a lui. Prese Milo sottobraccio.

«Andiamo a comprare i surgelati, andiamo…» mormorò trascinando Milo, il carrello e l’ignaro fratello.

 

Camus invidiava il giardino di Shaka. Là avrebbe potuto studiare con estrema serenità per gli ultimi tre esami all’università, sorseggiando qualche bevanda ghiacciata, immergendosi nell’idilliaca quiete del gazebo tra gli alberelli rigogliosi. Invece strinse le labbra e accavallò le gambe sull’unica sdraio del proprio giardino, abbastanza malandata per i trascorsi subiti: una volta aveva quasi preso fuoco, un’altra era rimasta sotto la neve, un’altra ancora era caduta nella piscina dei vicini – no, Camus non poteva non ricordare quando il suo infuriato padre era tornato a casa con la cosa inzuppata blaterando: «I vicini dicono che un ragazzo con i capelli biondi e lunghi l’ha lanciata dalla staccionata.»

… una scommessa tra Aiolia e Milo.

«Vado dal critico Lord Rhadamantys. Se torna Aiolia, chiedigli di sedersi sul dondolo. Non è montato bene, potrebbe essere la volta buona che ci resta secco.» fece una voce oltre la siepe. Si voltò verso l’unico lato confinante con una casa, essendo la propria villetta al limite dell’isolato.

«Mh.» rispose eloquentemente, mentre Shaka raggiungeva il marciapiede. «A dopo.»

Chinò il capo sul libro. Tre esami, solo tre! Poi sarebbe stato accolto con tutti gli onori in una comunità scientifica e magari avrebbe insegnato ad Harvard!

«Hola

… ignorò.

«Non dovresti rimanere da solo.»

… si alzò e con nonchalance si avvicinò all’interlocutore.

«Prego?»

«Un uke come te non dovrebbe rimanere solo.» disse quello, appoggiandosi al cancelletto del giardino con espressione preoccupata. «Ci sono seme malintenzionati in giro.»

Camus respirò a fondo. Uno, due, tre…

«Di cui fai parte, suppongo.» sibilò stringendo un pugno. L’uomo indietreggiò.

«No, no, aspetta…»

Sul naso aveva un cerottino che si usava per frenare le emorragie. Bastò quello perché Camus comprendesse l’animo infimo e meschino dell’uomo.

Il cerottino servì a poco, dato che il naso riprese a sanguinare copiosamente. Camus recuperò il proprio libro e tornò a studiare, disinteressandosi della camminata barcollante e rassegnata del ferito, il cui unico scopo era avvertire il nuovo cittadino dei rischi dei seme malintenzionati – ma non ne faceva parte, joder!

 

Kanon si dondolava su un’amaca arancione ascoltando musica a tutto volume con le cuffie. Cadde tre volte per terra, irrompendo in una parolaccia per “essersi disturbato” nell’ascolto: alla quarta, mentre stava per sbraitare una poco gentile osservazione verso le nuvole (libera interpretazione), si ritrovò davanti il fidanzato del fratello del fidanzato di suo fratello.

«Sì?» chiese infastidito.

«Salve, Kanon.» salutò cordialmente Shaka, benché si trovasse lì con il solo scopo di realizzare l’ultimo desiderio di Aiolia prima che questi tirasse le cuoia. «Desidero parlare con Lord Rhadamantys, sempre che ciò sia possibile.»

«Oh, ma certo.» replicò Kanon. Il suo compagno era in casa a lavorare, ma disturbarlo non avrebbe fatto né caldo né freddo. Si affacciò dall’esterno ad una finestra del piano terra e iniziò a conversare con il critico, che non lo degnava nemmeno di un’occhiata. La situazione si trascinava avanti così da circa una settimana, ovvero da quando si erano trasferiti a Yaoi City e lo studio del Lord era stato disgraziatamente collocato accanto all’amaca di Kanon.

Shaka si avvicinò.

«… mi passi da bere? No, dammi il tè… non te lo bere tutto, dai!»

Non se lo beva tutto, no! Shaka, innervosito, tossì.

«Ah, Rhada, c’è qui il nostro lontano parente Shaka… vuole parlare con te.»

«Fallo accomodare in salotto.»

«Passami il tè, please.»

Quando finalmente Shaka poté incontrare Lord Rhadamantys, Kanon era tornato a dondolarsi sull’amaca con una tazzina di tè che si rovesciò per terra alla prima oscillazione.

Dentro casa Shaka porse un paio di fogli al critico.

Un teinomane vale l’altro.

«Le consiglio di leggere questo breve racconto di Aiolia Anthelios ambientato a Siviglia nell’anno 1936, allo scoppio della Guerra Civile spagnola. A mio parere…»

 

 

 

 

 

 

 

 

Gem racconta

Come state, lettori della parodia più spietata e folle sullo yaoi? XD una cosa che non ho detto ed è necessaria: qui vigono i più terribili luoghi comuni sullo yaoi, sugli uke e sui seme. Ce la farà Shaka ad abbatterli? *^* per saperlo dovete seguire *O* preciso che le assurdità sono volute, eh.

Regina di Picche. Piccolo Muh, se tenti di molestare ancora Shaka, fallo in privato e assicurati che non ci siano né Aphrodite né DM nei paraggi. O sappiamo quello che può succedere (Shaka si trastullerà con DM, omg). XD

zamina. Shaka cammina su un sentiero irto di ostacoli, mente attiva in un corpo passivo (perché gli piace, eh u_u XD). Cosa ne sarà di lui ora che è nel covo della Viverna? *^* … berrà tè, ovvio. XD

Love_in_idleness. Hai visto che qui i vecchietti non sono così tanto vecchietti? È ora che Sion e Doko siano i più giovincelli in circolazione. Insomma, poca differenza da 261 anni a 18. XD

cry_chan. Kanon manda saluti dalla sua amaca, piangendo per il tè rovesciato a terra XD grazie mille per leggere! E Manga Street avrà presto delle colleghe! *_*

Himechan. Ciao! *porge copia di Mi sento un leone* Aiolia farà carriera tramite il passaparola! *_* grazie mille per i complimenti! Sì, ho due Lia/Shaka, una iniziata (il primo capitolo è già scritto) e un’altra, più lunga, che è un lavoro a due menti. Spero di vederti presto in un’altra delle mie folli creazioni! XD

Ringrazio chi ha aggiunto la fic ai preferiti e chi alle seguite <3 un piccolo avviso… per un po’ di tempo mi prenderò una pausa per scrivere qualche capitolo e tornerò ad aggiornare a fine mese le storie in corso. Il discorso non vale per Enigma (che è conclusa) e Calliope, di cui ho un altro capitolo pronto.

Sorry ^^” ho troppi progetti in corso XD

Gem!

  
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