Benritrovate
a tutte.
Il
capitolo che segue è un po' noioso (forse ciccia ce n'è, ma non del
genere che fa battere il cuore...). Potremmo dire “fine prima
parte”, perchè seguiranno dei salti temporali, dal capitolo 18 in
poi. Oscar e Andrè si sono finalmente riuniti a Marsiglia, si apprestano a scrivere e pubblicare aiutati dall'editore Mossy, nella casa che il sindaco borghese della città, Etienne Martin, ha messo loro a disposizione. Un uomo apparentemente dedito alla causa rivoluzionaria, ma del quale Oscar non si fida completamente. E desta preoccupazione anche l'incontro con il conte di Caraman, che ha frequentato Versailles ed ora è il comandante in capo del regio esercito in Provenza.
Capitolo
17
Con
le mani poggiate al vetro, Oscar osservava la carrozza di Martin che
lentamente si allontanava, inghiottita dall'oscurità. Era venuto
personalmente a riferirle quanto era accaduto, troppo prudente per
delegare un servitore o peggio per mettere per iscritto le
informazioni di cui era a conoscenza.
Sentì
Andrè sopraggiungere alle sue spalle.
“Per
stasera non possiamo fare niente, Oscar. Vieni a dormire adesso.
Domani troveremo una soluzione...”
Ma
lei aveva già un piano, le sembrava solo impossibile che nel giro di
poche ore la situazione fosse precipitata in quel modo.
La
giornata era cominciata bene, tra le braccia di Andrè.
Si
era risvegliata lentamente, ancora con il riverbero delle emozioni
provate quella notte sulla sua pelle...il tocco ruvido delle dita di
Andrè, che si erano spinte dove mai prima di allora, seguite dalla
morbidezza delle sue labbra, un contrasto che la faceva impazzire di
piacere. Però, anche in quel momento di serenità, un pensiero
molesto l'aveva colpita, facendole alzare il capo di scatto, un
movimento brusco che Andrè, ancora assopito, aveva percepito.
“Che
c'è, Oscar?”
Lei
lo aveva fissato un istante, chiedendosi se parlare o tacere.
“Pensavo...è
questo che sarebbe accaduto se fossi diventata la moglie di Girodel?”
Lui
tacque un istante, sfiorandole una ciocca di capelli biondi.
Ripensava a quanto fosse stata appassionata la notte appena
trascorsa. Ancora non credeva alla realtà che stavano vivendo, quel
periodo terribile, in cui aveva temuto di perderla per sempre,
sembrava talmente lontano da apparire come un brutto sogno.
“Credo
che Girodel ti amasse davvero, Oscar. Non cercava un matrimonio di
convenienza, si sarebbe sposato prima, in quel caso. Credo che ti
avrebbe dimostrato tutto il suo sentimento..se è questo che
intendi”. Ma aveva compreso quella sua improvvisa presa di
coscienza: senza l'amore certi atteggiamenti di intimità potevano
risultare poco graditi e persino umilianti; per molte donne, e anche
per molti uomini, il sesso si riduceva realmente ad una pratica
svuotata di qualsiasi piacere. Alla faccia delle convinzioni del
Generale, che nel suo discorso di commiato, gli aveva ribadito
l'importanza del rango rispetto a quella del reciproco amore, per un
matrimonio riuscito.
Lei
aveva taciuto, ed era tornata a poggiare il capo sul suo petto. Si
era lasciata avvolgere dalle sue braccia, e il tormento su come
sarebbe potuta essere la sua vita da “moglie” di un altro si era
dissolto.
Poi
erano seguiti i preparativi per la partenza di Gilbert, al suo primo
viaggio verso Avignone e infine avevano raggiunto la spiaggia, per la
consueta passeggiata, più tardi del solito.
Portavano
con sé un primo articolo da consegnare a Mossy, riguardo
all'imminente pubblicazione della Carta del Cittadino.
Cirillo
era con loro, li seguiva ad una certa distanza, con l'immancabile
cappello di paglia e la testa china.
“Siete
taciturno stamattina” lo provocò Andrè.
“Gilbert
è partito per il suo primo viaggio da corriere...”
Si
fermò ed alzò la testa.
“Mi
ha chiesto cosa si potesse comprare per omaggiare una signorina...”
buttò fuori, volgendo lo sguardo alle onde. I due che lo precedevano
si voltarono all'unisono.
“Non
vi ha detto chi fosse la demoiselle in questione?” chiese Oscar.
“Era
superfluo chiederlo” replicò, riprendendo a camminare.
“Ed
avevate una risposta ad un quesito così delicato?” chiese ancora
la donna. Era stupita che Gilbert potesse avere avuto una tale
intraprendenza.
Cirillo
la raggiunse con pochi passi e le rispose, alzando leggermente la
falda del cappello per guardarla negli occhi, prima di oltrepassarla.
“Ho
sempre una risposta, per questo genere di domande, madame”
“Eppure
sembrate infastidito...” replicò Andrè.
Cirillo
allora si fermò. La sua ombra si allungava fino a raggiungere
quella dei suoi compagni.
“Non
sono infastidito, sono preoccupato. Un certo genere di affetto deve
restare platonico per non generare inutili sofferenze.”
Poi
alzò gli occhi al cielo e cambiò repentinamente argomento.
“Vi
consiglio vivamente di rientrare, il sole è già troppo intenso, per
entrambi.
Io
desidero ancora passeggiare, ma preferisco i viali più ombrosi in
città. Lasciate pure a me l'articolo per Mossy, tornerò per pranzo”
Avevano
raggiunto la carrozza e lasciato poi Cirillo in vicinanza del porto,
prima di tornare a Chateau Magenta.
All'ora
di pranzo, però, il medico non era ancora rientrato. Per quanto
insolito, pensarono si fosse fermato a desinare in città, magari in
compagnia di Mossy...invece non ebbero più sue notizie.
Verso
le tre fece ritorno la carrozza, senza di lui.
Il
vetturino, che lo attendeva in uno dei viali del centro, raccontò
che un drappello di soldati gli aveva ordinato di allontanarsi, e ti
averne incrociati a dozzine, lanciati al galoppo in direzione di
Marsiglia, mentre si dirigeva verso casa.
“Devo
andare a vedere cosa è successo” disse allora Oscar, che già da
mezz'ora camminava nervosamente lungo il perimetro del terrazzo,
lanciando occhiate ansiose alla strada.
Andrè
fece cenno di alzarsi, ma lei lo bloccò.
“E'
meglio che tu rimanga qui, nel caso dovesse tornare...o per qualsiasi
altra evenienza...”
Andrè
restò immobile per un attimo, poi annuì.
“A
patto che tu mi prometta di non correre rischi e di non agire
d'impulso come tuo solito”
Oscar
lo guardò corrugando la fronte.
“So
quello che faccio, Andrè!”
Allora
lui si avvicinò e la prese per i fianchi.
“Promettimelo”
Capiva
la sua apprensione, sarebbe stata la medesima per lei.
“Te
lo prometto...”
Ma
lui non si rasserenò.
“Lascia
almeno che ti prepari Caesar”
Quando
infine l'aiutò a montare, tenendo le briglie del cavallo, sollevò
il velo dall'occhio destro e la guardò senza parlare.
Lei
gli sorrise, prima di spronare il cavallo verso Marsiglia, ma la sua
sortita fu breve...e infruttuosa.
Appena
giunta alle porte della città, trovò la strada sbarrata da cinque
soldati di cavalleria.
“Nessuno
può entrare in città, signore. Nè da questa strada né da
nessun'altra”
"Cos'è
accaduto? Perchè l'esercito impedisce l'ingresso?”
In
tutta risposta le venne intimato di allontanarsi senza fare altre
domande.
Oscar
voltò il cavallo ma non se ne andò.
Raggiunse
un piccolo cortile, dove alcuni bambini giocavano a rincorrersi e
alcune donne ritiravano i panni stesi. La guardarono con curiosità
ma non le chiesero nulla.
La
giovane richiamò uno dei più grandi, che si avvicinò seguito da
altri, più piccoli.
“Ciao,
mi chiamo Oscar e tu?” chiese, mentre estraeva dalla tasca della
giubba uno scudo d'argento.
Il
ragazzinò fiutò la possibilità di un affare.
“Pierre,
signore”
“Bene
Pierre. Sai arrivare al porto?”
Il
ragazzetto sorrise, come se gli avesse chiesto un'ovvietà.
“Certo,
signore”
“E
conosci l'edificio della compagnia dei Martin?”
“No,
signore..ma posso chiedere!”
“Ottimo.
Devi recapitare un breve messaggio, ma dovrai impararlo a memoria e
ripeterlo solo davanti a Martin, in persona. A chiunque voglia
fermarti, dì che ti manda Oscar, sarà sufficiente. Prendi questo
scudo d'argento”
La
monetina sparì velocemente nel pugno di Pierre.
Oscar
allora gli mostrò un Luigi d'oro.
“Quando
tornerai, questo sarà tuo”
Gli
occhi del ragazzo si illuminarono.
“E
adesso ascolta bene le mie parole....”
Pochi
minuti dopo, lo osservò, nascosta dietro ad un muro, mentre superava
il posto di blocco dei soldati, fingendo di giocare a rincorrersi
con altri bambini. Gli uomini in divisa non fecero loro caso, e in
pochi istanti sparirono dalla sua vista.
Oscar
era seduta sulla terrazza.
Ormai
il sole era al tramonto, ed un vento fresco dall'entroterra stava
portando refrigerio a quella torrida giornata di agosto. Andrè era
seduto accanto a lei, in silenzio.
Gli
aveva raccontato della città occupata dall'esercito e dello
stratagemma utilizzato per avvisare Martin: qualsiasi cosa fosse
accaduta, temeva costituisse il motivo per cui il medico italiano non
faceva ritorno.
Finalmente
quel silenzio irreale fu interrotto dall'arrivo di una carrozza, con
i cavalli lanciati al galoppo. Oscar si alzò in piedi, giusto in
tempo per intravedere Monsieur Martin precipitarsi all'ingresso,
mentre si guardava attorno nervosamente.
Lo
ricevette nello studio, e l'uomo, appena entrato, si portò subito
alla finestra per controllare all'esterno.
“Voglio
essere certo che nessuno mi abbia seguito...” spiegava senza
guardarli, mentre Oscar e Andrè si scambiavano sguardi
interrogativi.
Poi
raggiunse una poltrona e ordinò al domestico un bicchiere di whiskey
prima di sedersi pesantemente. Rimase un attimo così, con le mani
nei capelli, come se si fosse dimenticato di loro, poi alzò il capo
di scatto e li invitò a sedersi, quasi fosse lui il padrone di casa
e loro gli ospiti.
Joseph
tornò rapido con il liquore e Martin ne bevve un sorso abbondante,
prima di iniziare a raccontare.
“E'
successa una cosa terribile, oggi, in città. Terribile e difficile
da spiegare...”
“Ma
Monsieur Cirillo sta bene? Gli è successo qualcosa?”
Esitò
un momento.
“Si...certo,
è vivo. E ritengo stia anche bene...” ma il suo tono non era
particolarmente convincente, e Oscar si alzò e fece un passo verso
di lui.
“Vi
siete seduto, avete bevuto, adesso Martin ditemi cosa è successo,
sto perdendo la calma!”
“Oscar...”
intervenne Andrè. Il mercante era visibilmente spaventato,
probabilmente essersi avventurato fin lì era già, per lui,
un'estrema prova di coraggio.
“Non
ci sono notizie certe, monsieur Jarjayes. Quello che posso dirvi è
che oggi c'è stata un'adunata, alla Tourette. Non si sa chi l'abbia
indetta, ma centinaia di persone hanno raggiunto l'esplanade
e la nostra Guardia Nazionale, quella istituita dopo i disordini di
marzo, avrebbe dovuto mantenere l'ordine...”
“E invece?” lo incalzò
Oscar.
“E invece...non si sa
come...o perchè, pare siano cominciati degli screzi con alcuni
soldati, e che la Guardia Nazionale non sia intervenuta. Caraman ha
dato ordine alle truppe alle porte della città di confluire alla
Tourette, ci sono stati parecchi morti e arresti in massa. Ha
disposto il blocco di tutte le strade di accesso, come ben sapete, e
adesso Marsiglia è sotto il controllo dell'esercito.”
“Monsieur Cirillo era lì?”
chiese allora Andrè.
Martin annuì.
“Si, mi ha confermato che
è stato arrestato”
“Ma perchè?” intervenne
Oscar.
“Cirillo non è un
rivoluzionario, non è nemmeno francese! E di sicuro non è uomo da
attaccare dei soldati con sassi e pietre!”
“Caraman mi ha risposto
che era là, e tanto basta...”
E mentre pronunciava quelle
parole, si stava già alzando.
“Volete sapere cosa ne
penso?” concluse, mentre indossava il tricorno.
“E' stato tutto
orchestrato per dare al nostro comandante in capo un motivo per
infrangere i confini della sua giurisdizione, e mettere le mani su
Marsiglia. Se è questo che Caraman vuole, con lo scopo di sopprimere
qualsiasi moto rivoluzionario, non sarà facile contrastarlo. Ci
tiene sotto assedio con i cannoni dei suoi forti e adesso i suoi
uomini controllano le strade...Ora qualsiasi manifestazione o
protesta potrà essere soffocata...nel sangue...”
“E
la vostra Guardia Nazionale? Che gioco ha avuto in tutto questo?
Perchè non presidiava la manifestazione?”
Martin
fissò Oscar.
“Le
vostre sono tutte domande legittime. Ma la Guardia Nazionale è stata
costituita da poco, con persone che non hanno tutta questa
esperienza...”
Oscar
ebbe l'impulso di prenderlo per il bavero, di fronte a quella candida
ammissione di incompetenza!
“Adesso
devo andare.”
“E
che ne sarà di Monsieur Cirillo? E degli altri manifestanti?”
“Non
preoccupatevi per lui. Caraman non trae alcun vantaggio a tenerlo in
prigione...sarà libero entro pochi giorni...” e con queste ultime
parole si avvicinò alla porta.
Andrè
lo accompagnò alla sua carrozza, mentre Oscar restava in piedi,
vicino alla finestra, sempre più convinta che Martin le avesse
rivelato solo la sua verità.
Il
giorno successivo, 20 agosto 1789, Oscar raggiunse il porto di
Marsiglia via mare.
Sfruttando
un passaggio su un piccolo peschereccio, di quelli che attraccavano
nella spiaggia ai confini della città, dove erano soliti
passeggiare, arrivò di buon'ora al forte dove era di stanza il
battaglione del Conte di Caraman.
Non
dovette insistere per essere ricevuta. La accolse mentre faceva
colazione in una stanza piuttosto buia e spoglia, seduto dietro una
possente scrivania di quercia.
“Entrate
Jarjayes, entrate....gradite un uovo alla coque?” le chiese, mentre
rompeva meticolosamente il guscio della propria colazione.
“No,
grazie, colonnello”
Restò
ferma, ritta davanti a lui. E l'uomo non si scompose, mangiò davanti
a lei come fosse in completa solitudine.
Solo
quando ebbe finito e chiamato un servitore per sparecchiare, tornò a
guardarla e sospirò.
“Sapete
perchè sia venuta da voi senza annunciarmi e di prima mattina”
“Si,
certo...lo so” replicò l'uomo alzandosi, e gettando il tovagliolo
sulla scrivania.
“Siete
qui per Monsieur Cirillo, giusto?”
Lei
annuì.
“Sta
bene, potete stare tranquilla. Non gli è stato torto un capello. Non
da me, almeno...”
“Quindi
non avete nulla in contrario se lo riporto con me, a St.
Barthelemy?”
“No,
no davvero! Anche perchè sono certo che abbiate bisogno delle sue
cure...per i vostri problemi di salute...”
Oscar
tacque.
“Avete
saputo cosa è successo ieri?”
“So
solamente che un uomo innocente è rinchiuso senza colpa alcuna in
uno dei vostri forti!”
Caraman
finse di non aver sentito la sua risposta.
“Ieri,
senza alcuna motivazione, decine di persone si sono riunite alla
Tourette. Non è arrivato nessuno a fare discorsi o ad arringare la
folla. Eppure è comparso un gruppo sparuto di uomini della Guardia
Nazionale. Non si sa cosa sia successo, ma sono partiti degli spari,
alcuni manifestanti sono stati colpiti e la folla è come impazzita.
Si sono riversati nel quartiere di Noailles e hanno saccheggiato la
casa dell'assessore Lafleche.
E
mentre agivano indisturbati, della Guardia Nazionale non v'era
traccia...”
Si
voltò a guardarla, ed Oscar rimase imperturbabile.
Il
gioco dello scaricabarile...pensò
tra sé e sé. Lo lasciò continuare.
“Ho provato a parlare alla
folla, per sedare gli animi, ma sono stato aggredito a mia volta. Mi
hanno obbligato ad intervenire con l'esercito, avrei evitato questa
situazione in qualsiasi modo”
“E ditemi, conte Caraman:
Cirillo era forse tra i saccheggiatori? Vi ha lanciato contro pietre
o insulti?”
“No. Era alla Tourette, si
stava occupando di alcuni feriti...”
A udire quelle parole Oscar
perse completamente la calma.
“Che razza di uomo siete
se arrestate un cittadino mentre presta soccorso a dei feriti...”
"Non avete capito,
Jarjayes...l'ho lasciato con i prigionieri proprio perchè potesse
prestare loro le cure necessarie...”
“Questo è compito vostro,
Caraman, non suo. Siete voi a dover garantire le migliori condizioni
possibili a dei prigionieri, prima di un giusto e, spero, veloce
processo. Adesso esigo che mi facciate parlare con lui”
L'uomo si avvicinò, mutando
decisamente espressione.
“Siamo lontano da
Versailles, Oscar Francois Jarjayes. Non avete più un titolo
nobiliare, un grado militare...Vi conviene ricordarlo quando fate
determinate richieste e adottare toni e termini più consoni...alla
vostra attuale condizione”
Oscar fremeva di rabbia, ma
voleva sopra ogni cosa riportare a casa Cirillo.
Non replicò alla
provocazione di Caraman e si dispose ad attendere all'esterno del
forte.
Passò un ragazzo con un
grosso plico di giornali sotto braccio. Oscar richiamò la sua
attenzione.
“Hai
per caso il Courier de Marseille?”
Acquistò la rivista: in
prima pagina campeggiava il loro articolo, chiaramente firmato con
uno pseudonimo, che proclamava l'inizio di una nuova era, grazie
all'imminente ratifica della Carta del Cittadino. Le sembrò
grottesco che quelle parole, che già riempivano pagine di giornali e
costituivano argomento di discussione nei clubs e nei salotti
degli intellettuali, fossero ancora prive di significato nella vita
reale, e non impedissero inutili episodi di violenza come quello che
si era verificato alla Tourette.
Cirillo la raggiunse dopo
un'ora. Gli abiti sporchi e strappati in più punti, un'evidente
escoriazione sulla tempia sinistra.
Si sorrisero, per il
sollievo.
"State bene? Siete
ferito?”
L'uomo negò.
“Ho solo molta sete...ho
utilizzato l'acqua che mi hanno dato per medicare alcune ferite...”
Ripresero il mare con la
barca dei pescatori, e sostarono alla locanda sulla spiaggia, dove
Cirillo si adeguò a bere una birra fresca, in mancanza della sua
salutare limonata.
“Avete compreso cosa sia
accaduto ieri pomeriggio, monsieur? Ho ricevuto diverse versioni,
sono confusa...”
“Oh, è stata un'imboscata
bella e buona. Dopo aver consegnato il vostro articolo a Mossy, mi
sono diretto verso il porto. Già molte persone si stavano dirigendo
alla Tourette, guidati da delle scritte sui muri...”
“Quali scritte?”
“SENZA SCUSE. Solo queste
due parole”
Nei giorni successivi,
lentamente, Marsiglia si abituò a vivere con la costante presenza
dei soldati di Caraman. Ci furono alcuni timidi tentativi di
reazione, da parte del popolo, dispersi immediatamente da cariche di
cavalleria.
Quello che Oscar ed Andrè
dedussero, dal racconto di Cirillo, fu che l'affare Tourette aveva
avuto come obiettivo l'arresto dei più attivi tra i capi della
rivoluzione popolare, e che probabilmente sia la Guardia Nazionale
che le truppe di Caraman erano d'accordo per creare una situazione
propizia a tale scopo. Ma perchè non scendesse il silenzio su quanto
accaduto il 19 agosto, Oscar e Andrè scrissero ogni settimana un
articolo, descrivendo con chiarezza l'esistenza di un complotto che
vedeva uniti monarchici e alta borghesia, per mettere a tacere le
istanze del popolo. Mossy, che nel loro primo incontro era apparso
estremamente cauto e misurato, pubblicò ogni loro manoscritto senza
cambiare una sola virgola. I giornali venivano portati oltre i
confini della Provenza da Gilbert, al fine di dare enfasi a quanto
accaduto a Marsiglia.
Il 26 agosto a Parigi fu
proclamata la Carta del Cittadino, e Gilbert riuscì a portarne il
testo completo al ritorno di uno dei suoi viaggi, ai primi di
settembre.
Per quelle settimane
evitarono di avere contatti con Martin, ma il 12 del mese era la data
definita per il ricevimento in onore della figlia, e furono tutti
formalmente invitati.
Nessuno aveva desiderio di
partecipare, tranne il giovane Sugane, e fu per non deludere il
ragazzo che alla fine si risolsero ad accettare. Oscar e Andrè
speravano che la serata sarebbe servita, al loro giovane corriere, a
capire quanto fosse vano rincorrere i favori di una fanciulla così
lontana da lui.
Gilbert si presentò
emozionato al cospetto di Marie Anne Martin, vestita di uno splendido
abito di seta rosa, portando in dono una serie di spartiti per
pianoforte elegantemente rilegati. La giovane gli sorrise e gli
disse “Grazie, signore, per lo squisito omaggio” prima di
allungare l'oggetto appena ricevuto ad un servitore al suo fianco.
Il ragazzo gioì
immensamente per quelle parole delicate, che gli facevano battere il
cuore, per i pochi istanti che gli ci vollero a comprendere che
mademoiselle Martin ringraziava con la stessa identica frase chiunque
le si fosse parato davanti con un dono.
Poi la osservò da lontano,
il carnet dei balli denso dei nomi di tutti i rampolli di Marsiglia,
mentre danzava tra un minuetto e una ballata, con movimenti e ritmi
che gliela rendevano inavvicinabile.
Fu lui stesso a chiedere di
tornare a casa prima che si concludesse la serata, con gli occhi
bassi e una strana tristezza nel cuore.
Dormì per quasi tutto il
giorno successivo, e ripartì per Avignone senza fare alcun commento
sulla serata dai Martin.
Non aprì il suo cuore a
nessuno, nonostante avessero cercato tutti, soprattutto Andrè, di
trovare il modo e l'occasione perchè desse voce al suo sentimento
ferito. Gilbert assunse una maschera di totale disinteresse per la
realtà che lo circondava, un po' come quando si era unito a loro,
adesso svuotata anche della rabbia che invece, inizialmente, non
controllava.
Una maschera che non sarebbe
stata scalfita nemmeno due mesi dopo, alla notizia, riportata su uno
dei giornali che trasportava verso Avignone, del fidanzamento di
Marie Anne Martin con un tale Monsieur Riboud.