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Autore: Eevaa    16/07/2022    5 recensioni
Era una bellissima giornata di fine aprile.
«Forza, alzate le vostre chiappe vicendevolmente profanate dal divano e mettetevi addosso qualcosa di decente! Per Zeno! Mi sembrate due pazienti geriatrici!» Radish scacciò l'aria con una mano e si esibì in una grassa risata che echeggiò sotto il portico. Il rosso del tramontò si rifletté sul suo volto allegro.
Ma Vegeta non aveva nessunissima intenzione di dargliela vinta. Incrociò le braccia al petto e piantò bene i piedi al terreno, più che deciso a trascorrere quella serata sul divano o al massimo sulla spiaggia dell'isola a fare allenamento con Kakaroth.
«Non esiste universo alternativo o dimensione parallela in cui ci convincerai a fare questa stronzata con te, Radish».

•[Finale della saga di "Across the universe"]•
Genere: Commedia, Demenziale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: 18, 18/Raditz, Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Across the universe - La serie'
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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.

 
 
 
ATTENZIONE!
Questa one-shot è un sequel della long "Across the universe" e della shot "Here comes the sun", pertanto terrà in considerazione tutti gli eventi di quella storia. 
Può essere letta anche separatamente, ma la sconsiglio a chi fosse interessato alla lettura della long, in quanto andrebbe a spoilerare tutto. 
Per chi invece ha già letto le altre storie della saga, ecco un piccolo recap di quello che è successo:

DOVE ERAVAMO RIMASTI?
Anni e anni dopo il Torneo del Potere, dopo la morte di Chichi, Goku parte per lo spazio senza lasciare traccia di sé. Dopo dieci anni di attesa, un viaggio interminabile e mille peripezie per cercare lo smarrito Goku, Radish (riportato in vita grazie a Shenron) e Vegeta lo ritrovano su un pianeta lontano senza memoria.
Grazie alla Fusione riesce a recuperare i ricordi che ha in comune con Vegeta, e grazie a una lunga serie di racconti Goku riesce a mettere insieme qualche pezzo, ma molti suoi ricordi sono andati persi. I tre decidono di chiedere a Polunga di ripristinargli la memoria, ma a causa di una serie di sfortunati eventi devono utilizzare i desideri rimasti per riportare di nuovo in vita Radish (morto di nuovo a seguito di un'esplosione dell'astronave).
Dopo il lungo viaggio nello spazio, Radish, Goku e Vegeta fanno finalmente ritorno sulla Terra.
In "Here comes the sun" (storia a tema San Valentino), ambientata circa un anno dopo il loro ritorno, Goku ha recuperato tutti i suoi ricordi. E, mentre cerca di fare una sorpresa a Vegeta, vediamo Radish alle prese con il corteggiamento di C18, e alla fine riesce a ottenere il tanto agognato appuntamento. 

 


- I WANT TO HOLD YOUR HAND -


 


«VOGLIO IL DIVORZIO!»

L'aveva urlato, un colpo di pistola nel buio, poi era caduto il silenzio.
Cadde la mascella di Radish, il bouquet di gigli di Diciotto era già per terra.
Kakaroth trattenne il respiro mentre Vegeta, beh, il suo volto si tinse solo di un lieve rossore. Non era uomo da scomporsi facilmente, di solito.
«C-cosa?!»
«Voglio il divorzio» ripeté. Il vestito bianco da sposa di Diciotto frusciò al vento di quel tramonto d'estate, mentre gli occhi di Radish sfarfallarono inquietati. Si allargò la cravatta, sembrava come un cappio al collo.
«M-ma come? Perché? Siamo sposati da n-neanche un giorno!»
«E mi chiedi anche il perché!?»
Kakaroth abbassò lo sguardo, Vegeta trafisse Radish con due occhi dardeggianti.


Il perché?
Beh, forse è necessario tornare un poco indietro, per scoprirlo.



 
Ventiquattro ore prima...



«Inutile che ve lo dica, sono estremamente deluso da voi e non farò niente per nascondere il mio immenso disappunto».
Vegeta alzò lo sguardo dal suo tè verde e da un noioso libro di narrativa che Bra gli aveva regalato il Natale precedente. Guardò Radish entrare dal portone d'ingresso vestito di tutto punto e, nonostante la lamentela enunciata, con un sorrisetto impertinente dipinto in volto.
«Dovrei sapere di che parli?» domandò Vegeta, con un sopracciglio alzato. Poi, senza attendere una risposta dall'idiota numero due, si rivolse all'idiota numero uno - quella disgrazia che oramai da quattro anni aveva come fidanzato. «Dovrei sapere di cosa sta blaterando tuo fratello?»
Kakaroth, sdraiato sul divanetto accanto, fece spallucce e negò con il capo.
Radish si avvicinò con aria baldanzosa e strappò via il libro dalle mani di Sua Maestà. E questi, di contro, provò il desiderio irrefrenabile di strappargli la testa dal collo.
«Che ne so, provate a immaginare!»
Kakaroth si mise seduto con uno slancio. «Puoi darci almeno qualche indizio?» sbuffò.
«Più che qualche indizio!» si indignò Radish, incrociando le braccia al petto. «La prossima volta che mi sposerò, sceglierò due testimoni migliori di voi due pantofolai ingrati».
«Ma perché?!»
«No, Kakaroth, la risposta corretta a questo delirio mentale sarebbe: non ti sei ancora sposato una volta e già pensi al prossimo matrimonio?» rimbeccò Vegeta, sottecchi.
Radish alzò gli occhi al cielo e si auto-invitò a spaparanzarsi sul divanetto vicino a Sua Maestà.
«Era solo un modo di dire, Kaioh santissimo. Vivo sulla Terra da quattro anni e conosco meglio di voi le tradizioni e l'ironia di questo pianeta, che ci vivete da più di cinquanta. Siete stati entrambi sposati, e ok che si trattava di decenni fa, ma davvero non vi ricordate proprio nulla? Ok, Vegeta, forse tu non hai avuto proprio una celebrazione come si deve, visto che sei un caso umano. Ma tu, fratellino... scommetto che l'ex marito defunto della mia futura moglie ti avrà organizzato qualcosa!»
Vegeta ignorò lo squilibrato e le sue accuse, ma volse uno sguardo interrogativo a Kakaroth il quale, però, sembrava più impegnato a calcolare i gradi di parentela citati da suo fratello, piuttosto che giungere dritto al punto della questione.
«L'ex marito defunto della tua...» borbottò, contando sulle dita.
Radish roteò gli occhi. «Crilin, razza di scemo! Era mica il tuo migliore amico? Non ti ha organizzato un addio al celibato?!»
E tutto si fece molto più chiaro.
«Ahhh... quello!» sospirò Kakaroth, con la bocca aperta dallo stupore. «Ehm... no?»
Anche Vegeta scosse la testa. Figurarsi! Lui e Bulma si erano sposati in gran segreto dopo gli eventi del Cell Game, e solo perché lei lo aveva costretto. Lui avrebbe fatto volentieri a meno di prendere parte a quelle tradizioni terrestri, ma l'aveva fatto solo per farsi perdonare di averla lasciata sola con un bimbo in fasce.
Vegeta rabbrividì. Erano passati davvero troppi anni. Troppi, e lui avrebbe dovuto essere un ottantenne vedovo con il volto solcato da rughe profonde, circondato da nipotini, che ogni giorno portava i fuori alla tomba della defunta moglie in attesa di una morte tranquilla.
Invece, beh, era un Saiyan.
Sì, era circondato da nipotini, sì, portava fiori sulla tomba della sua adorata Bulma... ma aveva ancora almeno altri cinquant'anni davanti, si era rifatto una vita con un altra persona e, malgrado tutto, era sereno. E senza rughe. La morte tranquilla avrebbe potuto attendere.

«Pff, che gente noiosa!» sbuffò Radish. «Per fortuna Diciotto ha trovato uno come me, ora. Con tutto il rispetto per il defunto Crilin».
«Chiamala fortuna...» brontolò Sua Maestà. Ancora non riusciva a capire come Diciotto stesse da tre anni con quello squilibrato e stesse pure per prenderlo come marito, dopo essere stata per così tanti anni con Crilin - che era all'opposto della personalità di Radish.
Beh, ora che ci pensava, anche Kakaroth era molto diverso da Bulma, eppure le cose tra loro continuavano a funzionare da ben quattro anni.
«Quindi tu volevi che ti organizzassimo un... addio al celibato?» domandò Kakaroth, grattandosi la nuca.
«No, sono qui a rinfacciarvelo solo per fare due chiacchiere. Certo che volevo un addio al celibato, nonnetti! Ma non temete: siccome mi sono scelto un caso anti-sociale e un idiota con problemi di comprendonio come testimoni, ci ho pensato io stesso e me lo sono organizzato da solo» annunciò Radish, con un sorriso perverso sul volto che era sintomo di guai all'orizzonte.
Vegeta fece spallucce. «Molto bene. Divertiti» tagliò corto. Anche se sapeva benissimo dove stesse per andare a parare quell'idiota.
«Eh no, Principino. Voi due verrete con me» disse infatti, puntandogli le dita contro.
«Puoi anche scordartelo e andare a fare in culo da solo».
«Ehm, Rad...» intervenne Kakaroth, ben più calmo di lui. «Voglio ricordarti che il matrimonio è domattina, non mi sembra proprio il caso di fare tardi, oggi».
Radish scacciò l'aria con una mano e si esibì in una grassa risata che echeggiò sotto il portico. Il rosso del tramontò si rifletté sul suo volto allegro. Era una bellissima giornata di fine aprile.
«Saremo a casa prestissimo! Forza, alzate le vostre chiappe vicendevolmente profanate dal divano e mettetevi addosso qualcosa di decente, per Zeno, mi sembrate due pazienti geriatrici!» si alzò e applaudì per esortarli ad accettare quello sciocco invito.
Vegeta, però, non aveva nessunissima intenzione di dargliela vinta. Incrociò le braccia al petto e piantò bene i piedi al terreno, più che deciso a trascorrere quella serata sul divano o al massimo sulla spiaggia dell'isola a fare allenamento.
«Non esiste universo alternativo o dimensione parallela in cui ci convincerai a fare questa stronzata con te, Radish».

 


Kakaroth, schiacciato con la spalla accanto a lui in mezzo alla via più popolosa del centro, volse uno sguardo confuso a Sua Maestà.
«Ancora non ho capito, com'è che ci è riuscito?»
Vegeta ringhiò bestemmie impronunciabili.
«Taci, Kakaroth, taci» borbottò, mentre gli ultimi timidi raggi di sole si riflettevano sulle pareti specchiate dei grattacieli.
Radish si infilò in mezzo e cinse le braccia attorno alle loro spalle. «Amici, con me! Iniziamo con un aperitivo leggero, abbiamo ancora tempo!» annunciò, trascinandoli fin dentro il bar all'angolo che, a prima vista, sembrava più un covo di hippie. Erano vestiti fin troppo eleganti, per quel posto.
Vegeta provò il desiderio di ucciderlo e incenerirgli il braccio, ma Diciotto non lo avrebbe mai perdonato se avesse mutilato il suo futuro marito la sera prima delle nozze.
«Tempo prima di cosa?» domandò Kakaroth, ed era una domanda fin troppo lecita. Vegeta aveva avuto troppa paura a chiedere.
«Oh, lo vedrai...» ammiccò Radish e, trascinandoli fino al bancone, alzò un dito in direzione del barista. «Tre tequila sale e limone, per favore!»
«Aperitivo leggero, dicevi?» grugnì Vegeta.
«E smettila di lagnarti! Abbiamo bevuto merda peggiore in passato».
Radish non aveva così torto, anche se Vegeta aveva promesso a se stesso di non bere mai più Rokk in vita sua alla giovane età di quattordici anni.
Il barista, un ragazzo con gli occhi a mandorla sulla quarantina, versò i distillati e porse loro i piattini con il sale e tre fettine di limone. Vegeta non disdegnava la tequila, ma berla come aperitivo non era certo buona prerogativa per iniziare una serata.
Kakaroth invece – che era tutto fuorché dedito al consumo di alcolici – dovette osservare bene i loro movimenti esperti per comprendere come diavolo di bevesse quella roba.
«Salute e auguri a me, lo scapolo più affascinante dei Dodici Universi, ancora per qualche ora!» trillò Radish alzando il bicchiere per il brindisi.
Si leccarono il sale dal dorso della mano, ingurgitarono il contenuto del bicchiere e infine si portarono il limone alla bocca.
Un brivido lungo la spina dorsale, la gola in fiamme.
«Che... brr... schifo» borbottò Kakaroth, tossicchiando. Vegeta lo colpì sulla schiena un paio di volte con una delicatezza tutta sua – quella di un bisonte. Malgrado tutto, questi gli rivolse uno sguardo di gratitudine.
«WOOOHOOO!» urlò invece Radish, come rinvigorito. «Altri tre?»
«Radish...» sbuffò Sua Maestà.
«Altri tre!» si corresse. La sua non era una domanda.
Vegeta ne era certo: sarebbe finita malissimo.


Dopo il terzo giro di quella robaccia, Radish li trascinò di nuovo fuori dal bar per riversarsi nelle vie del centro. Il sole era oramai tramontato ma, come si suol dire, “la notte è giovane”.
E nonostante lui e Kakaroth avessero ottant'anni suonati a testa, nel fisico erano ancora giovani anche loro. Non sembravano molto più vecchi di Radish, che di anni ne aveva a malapena una trentina – data quella piccola pausa di cinquant'anni all'Inferno.
«Forza, forza. Ora di andare!»
«Ma andare dove?» domandò Kakaroth.
«Aggrappatevi a me» li invitò Radish, con le dita già pronte in fronte per teletrasportarsi.
Vegeta trasalì.
«No. No no no. Dove cazzo accidenti-»
«Ti fidi di me?» lo interruppe lui, sorriso smagliante e occhi ancora troppo vispi, nonostante i tre giri di tequila.
«Ma nemmeno per idea!» rispose. Ed era una bugia, ma solo sotto alcuni aspetti. Per quella serata – e per tutto quello che riguardava la vita mondana – non si sarebbe fidato di Radish neanche in un milione di anni.
«Oh, avanti, andiamo! È la mia serata! Per favore? Prometto che saremo indietro prestissimo! Fratellino, non vorresti farmi questo meraviglioso regalo di nozze?» supplicò questi, con le mani unite in preghiera.
Vegeta rispose con un'espressione di puro disgusto, poi volse lo sguardo verso Kakaroth. Che sembrava essere preoccupato tanto quanto lui, ma un poco più impietosito. Perché, come dimenticare, lui conosceva suo fratello da quattro anni o poco più, mentre Vegeta... beh, ci aveva trascorso l'infanzia e l'adolescenza in giro per lo spazio.
E Kakaroth aveva il cuore troppo grande, si lasciava abbindolare facilmente e gliele dava tutte dannatamente vinte.
Tuttavia... anche Vegeta aveva quella tendenza di darle tutte vinte a Kakaroth da quando si erano messi insieme, soprattutto quando montava quell'espressione compassionevole.
«E va bene» sbottò Sua Maestà. «Ma sappi che se sverrai collassato da qualche parte, chiamerò direttamente Diciotto a svegliarti a calci nel culo domani mattina. E dirò a Dende di non farti riprendere dall'hangover, solo per punizione. Starò a guardati camminare verso l'altare come uno zombie, e mi farò una grassissima risata».
Radish, nonostante il dito minaccioso puntato contro, urlò vittorioso verso il cielo.
«E VIA, VERSO NUOVE MIRABOLANTI AVVENTURE!»


 

In una folata di vento si ritrovarono altrove, in una bettola umida colma di gente. Vegeta si guardò intorno e, nonostante non riuscisse a comprendere dove fossero, capì invece dove non fossero: sulla Terra.
Quel posto pullulava di specie umanoidi variegate, alieni dalle sembianze bizzarre che sembravano tutto tranne che terrestri.
«Ma dove... Radish, PER L'AMOR DEL CAZZO!» urlò, allibito. Quel deficiente li aveva sul serio portati su un altro pianeta per festeggiare il suo addio al celibato?
Non avrebbe potuto fare semplicemente il giro dei bar come qualsiasi altra persona normale?
«Benvenuti – o meglio, bentornati – su Noctis!» annunciò, fiero, aprendo le braccia.
Noctis, Noctis... non suonava affatto nuovo. E guardandosi bene intorno, Vegeta riuscì a ricordare quel posto che pullulava di prostitute e gigolò, oltre che di alcolici di dubbio gusto.
«Ma questo non è il pianeta sul quale c'erano i sicari di quel magnaccia che ti hanno ucciso, di ritorno dallo spazio?» domandò Kakaroth.
«Oh, sì, proprio lui. Ma, ehi, non temete!» anticipò, prima che Vegeta potesse esplodere nella furia più cieca. «È tutto ok, ci sono tornato un paio di volte - prima di fidanzarmi con Diciotto, s'intende! Ho fatto pace con tutti e ho trovato le mie amiche e i miei amici che ho salvato dal magnaccia» spiegò e, avviandosi baldanzoso verso un'aliena tricorno al bancone, fece un inchino profondo. «E, signori, vi presento Khoys. Khoys, mio fratello Kakaroth e il suo compagno, il Principe Vegeta» li presentò, dopo averle fatto il baciamano su una delle sei mani argentate.
«Onnoratisima!» cinguettò lei, in uno Standard Intergalattico piuttosto maccheronico.
«Perché non portarci direttamente su Morvir, allora? Sicuramente siamo benvoluti» sibilò Vegeta all'orecchio del cretino, dopo aver allargato un sorriso di falsissima cortesia alla signorina.
Solo a udire il nome di quel pianeta, Kakaroth rabbrividì. Come biasimarlo! Aveva passato dieci anni laggiù, era stato aggirato, manipolato e aveva perso tutti i suoi ricordi.
«Sì, sì, magari dopo ci andiamo. Forza! Tutti a bere!» tagliò corto Radish, prendendoli di nuovo sottobraccio.
«COSA?!» urlarono lui e Kakaroth all'unisono.


Khoys e gli altri dipendenti di quel bordello li avevano trattati come personalità importanti. A detta loro “gli amici di Radish sono nostri amici”, e Vegeta proprio non riusciva a capacitarsi di come Radish potesse fare amicizia anche con i tronchi d'albero ovunque andasse.
Avevano servito loro quantità impronunciabili di alcolici di svariata provenienza e, inutile dirlo, avevano proposto loro anche qualche “giro in giostra” con alcuni dipendenti. Malgrado il livello alcolico sempre più vertiginoso, Radish si era premurato di rifiutare persino gli spogliarelli, e Kakaroth aveva iniziato a pregare anche gli Dei sconosciuti perché suo fratello continuasse a mantenere quella dignità fino alla fine della serata.
Vegeta, invece, aveva dovuto trattenersi dallo strappare gli occhi di qualche signorina per aver indugiato troppo sul sedere di Kakaroth che, a dirla tutta, fasciato in quei pantaloni eleganti non era per niente male.
Ma, proprio quando quel deficiente si era approcciato a lui già con l'occhio spento e qualche moina che li avrebbe benissimo potuti condurre nei salottini privé, Radish si era avvicinato di soppiatto e li aveva teletrasportati altrove.
Nel posto meno indicato sulla faccia dell'universo.
Gli occhi dell'alieno da cui si erano teletrasportati si aprirono di sorpresa. Come non riconoscerlo! Bocca da pesce, pelle blu, tunica rosa antico, due lunghe vibrisse e quattro braccia. Khinô: la loro guida agli affari su Morvir.
Quel deficiente li aveva davvero portati in quel posto infernale, dove probabilmente erano i ricercati numeri uno dopo aver ucciso gli otto Saggi e l'Imperatore pur di portarsi via Kakaroth.
Kakaroth che era per fortuna troppo ubriaco per andare nel panico, nel trovarsi nella grande piazza ottagonale della città imperiale. Se non altro in quei quattro anni avevano ricostruito il palazzo distrutto nella battaglia.
«Voi... VOI?!» balbettò Khinô, esterrefatto, posando i due grandi occhi a palla su Kakaroth.
«Sì, noi. Come vanno le cose qui?» trillò Radish, sporgendosi verso di lui. Era già piuttosto ciondolante.
«Potrei farvi arrestare» rispose la guida, che non nascose affatto una certa indignazione.
«L'ultima volta non è servito. Che ne dici di andare a bere qualcosa, giusto per ricordare i bei vecchi tempi?!» propose Radish, entusiasta.
Khinô sembrava davvero molto meno entusiasta di lui. «GUARDIE!» urlò infatti, rivolto a un plotone di guardie imperali che camminavano vicino alla piazza.
E per un attimo a Vegeta tornò in mente il giorno in cui aveva rivisto Kakaroth per la prima volta dopo dieci anni, in fila esattamente come quelle guardie, vestito con quella ridicola tunica bianca e oro. Ricordò la gioia, il dolore, la preoccupazione, l'ansia. Ricordò quel viaggio attraverso l'universo e, diamine, tutto l'alcol che aveva bevuto parve risalirgli lungo l'esofago.
Ma non era il momento di vomitare, non era il momento di farsi assalire dai ricordi. Le guardie li stavano raggiungendo a lance spiegate.
«Ok, cattiva idea, andiamo da un'altra parte» ammise Radish e, prendendoli entrambi sottobraccio, si teletrasportò di nuovo lontano lontano.



Vegeta comprese dove si fossero teletrasportati ancora prima di aprire gli occhi. Calore torrido, odore di incenso e fiori. Fottuto Dagrabàh, il pianeta più caldo della galassia, popolato da fricchettoni con troppi occhi e con troppa capacità di indagare nella mente altrui.
Anche se era stato tutto merito dell'oracolo di quel pianeta che erano riusciti a trovare Kakaroth. E, a parlar del diavolo...
«AH!» urlò Nînyssi, nel vederseli piombare lì di fianco ai suoi fornelli sempre accesi. Nelle pentole ribolliva una sbobba dal colore giallognolo, ornata da petali di fiori. Di prima vista, l'oracolo non sembrava invecchiata neanche un po' in quegli anni. Forse perché sembrava già ad un passo dalla mummificazione.
«Ehilà, nonnina!» la salutò Radish, gioviale, senza mostrare alcuna riverenza.
Nînyssi lo squadrò da capo a piedi facendolo barcollare, poi spostò lo sguardo verso Kakaroth e infine verso di lui. E, come dimenticare, la sensazione di avere mille chiodi nel cervello tornò a fargli visita. Una delle esperienze più spiacevoli del loro viaggio nello spazio.
«Avete trovato il tassello!» convenne lei, senza nemmeno chiedere loro cosa ci facessero lì e come fossero arrivati. Con tutta probabilità gliel'aveva letto nella mente.
«Oh, eccome se l'ha trovato! Guardi qua!» rise Radish, dando una pacca sulla spalla a suo fratello. «Oramai l'ha anche consumato, questo tassello, a furia di infilarc-»
«E, Son Goku, avete trovato i vostri ricordi» Nînyssi interruppe appena in tempo una delle porcherie di Radish, e Vegeta ne fu estremamente grato. «Ora la vostra mente è libera dai veli che l'offuscavano».
Kakaroth si asciugò il rivolo di sangue da sotto il naso – prezzo da pagare per un'intrusione mentale – e annuì con un gran sorriso.
«E siete felici. Me ne compiaccio». Guardò entrambi con i tredici occhi stretti in una furbizia che Vegeta non ricordava le appartenesse.
Arrossirono e si lanciarono un'occhiata di sfuggita. Oh, sì, erano felici, di quello Vegeta ne era certo. Non avrebbe mai pensato di essere così felice insieme a uno stolto del genere ma, nella sua vita, aveva sempre accolto gli avvenimenti più impensabili.
«Anche io sono molto felice, grazie!» trillò Radish, sarcastico. Anche il non averlo rispedito all'Inferno era un avvenimento impensabile. «E sarei ancora più felice, per festeggiare il ritrovamento del tassello, cose così, se potessimo brindare insieme. Che ne dice?» domandò all'oracolo.
Lei lo guardò storto per qualche istante. «Domani vi dovete sposare. La vostra sposa ha minacciato di cavarvi gli occhi se tornate a casa ubriaco, Radish, figlio di Bardack».
E suonava parecchio veritiero, da parte di Diciotto. Quella donna tutta circuiti sapeva come tenere in riga Radish.
«Ecco, glielo dica anche lei!» pigolò Kakaroth, scoppiando poi in una risata asinina. Era già in evidente stato di alterazione.
«Oh, dai, la preeego. Un drink in più, cosa sarà mai!» insistette Radish, con le mani giunte in preghiera.
Fu molto strano vedere Nînyssi alzare tredici occhi contemporaneamente al cielo.
«Ho solo un forte distillato di fiori...»
Vegeta non ne aveva alcun dubbio.


Forte, lo era stato per davvero. Anche se non gli pareva possibile essersi ubriacato su Dagrabàh in una caverna di fricchettoni insieme alla fricchettona numero uno del pianeta.
Ne erano usciti mezz'ora dopo, sputacchiando petali arancioni, profumati come un campo di primule e ubriachi da fare schifo.
Radish li aveva teletrasportati poi su un pianeta variopinto, su una piattaforma in mezzo a un mare di nuvole che ricordava il tempio del Supremo ma in versione party-hard. A luci rosse.
Aveva poi smesso di farsi domande quando alieni tentacolari avevano iniziato a versargli l'alcol direttamente in bocca a rotazione, mentre la musica assordante gli riempiva le orecchie e scombinava i suoi sensi.
Vegeta non aveva idea di dove si trovasse, ciò che era certo era che l'indomani avrebbe inviato ai figli di Kakaroth il video di loro padre che ballava scoordinato in mezzo alla pista. Aveva dovuto far fronte a tutta la sua buona volontà per non sputare persino le tonsille dalle risate.
E quando un troppo audace Kakaroth l'aveva trascinato in mezzo a tutti e l'aveva baciato con una foga che non aveva mai mostrato in pubblico, Vegeta si era sentito in bilico tra l'ucciderlo per aver dato spettacolo o spogliarlo proprio lì. In quel momento si rese conto di essere oramai completamente ubriaco, ma purtroppo ancora abbastanza senziente da trattenersi di commettere atti osceni in luogo pubblico.
Al contrario di Radish.
Dopo averlo cercato in giro dappertutto, lo ritrovarono su un cubo a ballare a petto nudo e con la cravatta annotata intorno alla testa. Con tre signorine ammiccanti al suo fianco.
Quello era davvero troppo.
«Se ti vedesse Diciotto te li caverebbe davvero, gli occhi!» lo rimproverò Vegeta, scacciando via un tentacolo di uno degli alieni che gli stava proponendo ancora un giro di alcolici.
«Stavo solo ballando!» pigolò Radish, con ostentata innocenza. «Diglielo, Maxsa, stavo ballando, vero?» domandò poi alla bella signorina che sculettava accanto a lui. Questa si accigliò.
«Mi chiamo Axsam» disse, mollandogli uno schiaffone in piena faccia. Per un momento Vegeta la invidiò. Avrebbe voluto fare lo stesso.
«Incantevole, grazie della compagnia!» la salutò lui, troppo barcollante per stare in piedi sul cubo.
Kakaroth lo afferrò appena in tempo prima che cascasse al suolo, ma il risultato fu che caddero entrambi. Due idioti.
Vegeta lasciò che si alzassero – dopo scivoloni al limite del ridicolo – poi afferrò Radish per la cravatta che aveva attorno alla testa e lo avvicinò, minaccioso.
«Dimmi che non hai tradito Diciotto il giorno prima delle nozze» gli ringhiò in faccia.
Radish arrossì per qualche istante, poi sbuffò e rise.
«Io?! Ho detto che stavo solo ballando! Lo giuro!» blaterò.
Kakaroth gli restituì uno sguardo perplesso, preoccupato. Ma, per il bene di tutti, fecero finta di crederci al cento per cento. Erano troppo ubriachi per estorcergli delle informazioni, troppo ciondolanti e annebbiati per capire davvero le implicazioni di quella folle serata. E non era ancora successo nulla!
Si sarebbero svegliati il giorno dopo senza ricordare niente e per un attimo Vegeta ci sperò. E, per essere sicuro di dimenticare meglio, afferrò uno dei tentacoli dell'alieno e lo costrinse a versargli da bere un'altra volta.
L'ultima cosa che Vegeta ricordò, fu il balzo di un altro teletrasporto e la vista magnifica di una celebre città terrestre tutta illuminata.


 


Si era svegliato per primo, e per primo aveva avuto l'onore di sperimentare uno dei peggiori hangover dei suoi ottant'anni e rotti anni di vita. Aveva avvertito il sapore acido in bocca e una voglia spropositata di vomitare, la sensazione di un martello pneumatico contro il lobo occipitale e la puzza di alcol ancora sotto il naso. Sulla punta della lingua, invece, una bestemmia appena trattenuta.
Quando aveva aperto gli occhi si era accorto di avere un piede di Radish in faccia e Kakaroth spalmato addosso, e la bestemmia era scivolata via dalla sua lingua. Un po' troppo ad alta voce, a giudicare dal fatto che avevano attirato l'attenzione di tutto il vicinato.
Quale vicinato, quello non gli era stato subito chiaro. Quando si erano resi conto che fossero le dieci del mattino e che si trovassero riversi in un vicolo tra due grattacieli, erano caduti nel panico.
Tra le ingiurie e le maledizioni, però, erano riusciti a volare in fretta e furia fino a casa, si erano lavati, sistemati, preparati e avevano raggiunto il luogo delle nozze quarantadue secondi prima dell'arrivo della sposa.
E, al “tutto è bene ciò che finisce bene” di Radish, Vegeta non aveva saputo trattenere un'altra bestemmia.


Non era finita bene per niente. Perché Vegeta alla fine si era ricordato eccome. Si era ricordato cosa fosse successo ed era ciò di più lontano dall'essere “finita bene”.
Per tutta la durata del matrimonio lui e Kakaroth si erano lanciati occhiate terrorizzate, avevano finto tutto il giorno sorrisi falsi – o meglio, Vegeta che sorrideva di rado non aveva dovuto fingere proprio un bel nulla – con tutti gli invitati. Non si erano parlati per tutto il giorno e, sebbene fossero i testimoni dello sposo – avevano faticato molto per sembrare naturali e mostrarsi contenti per loro, agli occhi di tutti i loro amici e famiglie.
Radish, invece, era sembrato completamente a suo agio e, sebbene le sue occhiaie fossero visibili anche alla penombra, non aveva fatto altro che ridere, scherzare tutto il giorno, abbracciare la sua bella sposa e far finta di niente.
Già, far finta che nulla fosse successo la notte prima.
Ma Vegeta e Kakaroth invece sapevano bene cosa fosse accaduto in realtà.
La verità, però, viene sempre a galla. Ed era venuta a galla al tramonto di quella lunghissima giornata quando, oramai stanchi di trattenere verità nascoste, si erano radunati tutti e quattro nella terrazza sul retro, mentre gli ospiti se ne stavano andando a casa.

«VOGLIO IL DIVORZIO!»

L'aveva urlato, un colpo di pistola nel buio, poi era caduto il silenzio.
Cadde la mascella di Radish, il bouquet di gigli di Diciotto era già per terra.
Kakaroth trattenne il respiro mentre Vegeta, beh, il suo volto si tinse solo di un lieve rossore. Non era uomo da scomporsi facilmente.
«C-cosa?!»
«Voglio il divorzio» ripeté. Il vestito bianco da sposa di Diciotto frusciò al vento di quel tramonto d'estate, mentre gli occhi di Radish sfarfallarono inquietati. Si allargò la cravatta, sembrava come un cappio al collo.
«M-ma come? Perché? Siamo sposati da n-neanche un giorno!»
«E mi chiedi anche il perché!?».
Kakaroth abbassò lo sguardo, Vegeta trafisse Radish con due occhi dardeggianti.
Questi alzò gli occhi al cielo. «E dai, Vegeta, non ti sembra di esagerare? E non guardarmi come se fosse colpa mia» sbuffò l'imbecille.
Vegeta ringhiò. No che non esagerava! E, a tutti gli effetti, era assolutamente colpa sua.
Diciotto, esterrefatta, lanciò a tutti e tre occhiate torve. «Qualcuno mi spiega cosa diavolo sta succedendo?!» sibilò.
Vegeta incrociò le braccia al petto, mentre Kakaroth, nervoso, si rigirava una luccicante fede in oro bianco all'anulare.
Ci sarebbe stato così tanto da spiegare, ma il tutto si poteva riassumere che fossero dei completi imbecilli. Tutti e tre.



«Vi-sto c-che alla fine vi sie-te diverti-ti? Al pos-to che s-tare a ca-sa a f-are la vecchia cop-pia sposata!» biascicò Radish, prendendoli sottobraccio per uscire da quel casinò di quella città di scommesse.
Una città che non dorme mai, piena di luci e colori, all'estremo occidente della cartina geografica terrestre. Vegeta non si ricordava assolutamente come fossero giunti lì. Però sapeva che avessero bevuto ancora, che avessero scommesso a una roulette e che avessero persino vinto.
«E-hi!» rispose Kakaroth, barcollando contro il suo fianco, mentre tentava di sporgersi verso Radish. «Non sia-mo mica sp-osati!» puntualizzò l'ovvio.
«Oh, a tutto c'è rimedio! Gua-guardate lì!» Radish si allungò in avanti e indicò una cappella incassata dentro un grattacielo, una di quelle con illustrazioni imbarazzanti di celebranti vestiti da cantanti pop di anni dimenticati. «Fatelo a-adesso! Così rimedia-te!» propose.
A Vegeta scappò una risatina nel vedere quanto fosse assurdo quel luogo. Era davvero, davvero ubriaco da far schifo.
Kakaroth però divenne più serio, afferrò il volto di Sua Maestà e lo costrinse a guardarlo negli occhi annebbiati dall'alcol.
«Già, ri-mediamo!»
Vegeta sobbalzò e lo allontanò. Non poteva dire sul serio!
«Ma c-cosa dici, non possiamo mica s-sposarci!»
Il volto di Kakaroth si arricciò in un'espressione di dolore.
«Perché n-no? Non mi ami più!?» piagnucolò, poi si rivolse al fratello e gli gettò le braccia al collo. «RADIS-H, VEGETA N-NON MI AMA PIÙ!»
«VEGETA, COME OSI F-AR SOFF-RIRE IL MIO F-RATELLINO?!» ululò questi, dopo avergli puntato il dito contro con fare minaccioso – che poi minaccioso non era, per niente.
Quello era davvero, davvero il colmo.

Li spinse entrambi lontano da lui, guardandoli storto. Peccato che in quel momento la sua visuale era sdoppiata e quasi gli parve di vedere due versioni di ognuno di quei mentecatti.
«STAI ZI-TTO, IMBECILLE!» esplose Sua Maestà. «E NON DIRE FE-SSERIE, IMBECILLE!» aggiunse.
«Con che imbecille parli?» domandò Kakaroth, con quegli occhioni da cucciolo smarrito. Era patetico. E fu ancora più patetico quando inciampò nei suoi stessi piedi e finì in uno dei cespugli a forma di cuore di quella cappella.
Radish si avvicinò – sempre con quel fare minaccioso che non era minaccioso – e, dall'alto dei suoi due metri e passa di altezza, affrontò a muso duro Sua Maestà. Con una credibilità pari a zero, con quella cravatta annodata attorno al cranio vuoto.
«Dimostra c-che ami m-mio fratel-lo e sposalo!» ruggì, poi montò un sorrisetto di sfida. «O forse devo pens-are che il Principe dei Saiyan n-on abbia le palle?!»
Vegeta trasalì. Quello era inaudito! Il Principe dei Saiyan non ha paura di niente. Neanche di un matrimonio imbarazzante celebrato da finti cantanti pop.

«GIAMMAI!» urlò, offeso, senza nemmeno rendersi conto a cosa diavolo stesse andando incontro. «Kakaroth, alza le chiappe e seguimi!» annunciò, poi prese il fidanzato collassato per il bavero e lo trascinò in malo modo dentro al grattacielo, con tanto di spine e fiocchi di quel cespuglio a seguito.
Radish esultò con le braccia al cielo e li seguì baldanzoso.

«PRENDO IL VELO DELLA SPOSA!» annunciò, poi si interruppe. «Un momento... chi dei due è la sposa?!»



Vegeta rabbrividì al racconto di quell'imbecille di suo – oramai legalmente – cognato. Non voleva ricordare oltre, ma ricordava.
Ricordava che fossero entrati lì dentro sbandando e urlando, ricordava un dannato celebrante con un completo bianco, i capelli laccati a banana e gli occhiali sfumati, ricordava di avere infilato un anello al dito di Kakaroth e questi aveva fatto lo stesso, poi ricordava di aver detto sì e di averlo baciato davanti a Radish, il celebrante, due vecchie tabagiste e un ragazzo travestito da gelato. E, infine, ricordava di aver innaffiato tutti con una bottiglia di spumante e di aver portato in braccio Kakaroth fino a un vicolo per consumare sotto le stelle la loro prima notte di nozze, ma poi Kakaroth era collassato e Radish era giunto in loro soccorso. Poi il vuoto.
Insomma, qualcosa di talmente imbarazzante da volersi fare una lobotomia solo per poter dimenticare. E il deficiente gli chiedeva pure del perché volesse il divorzio!
«... voi... ne siete assolutamente certi?» Diciotto ruppe il silenzio e, sebbene i suoi occhi di solito fossero glaciali – per non dire assassini – in quel momento lasciavano trapelare un certo divertimento.
Non fu necessario darle una risposta, il silenzio a volte vale più di mille parole. E Vegeta avrebbe tanto gradito rimanere in silenzio, ma Radish esplose in una risata contagiosa che coinvolse anche la sua sposa – che, per specificare, al solito era emotivamente costipata proprio come Sua Maestà.
E invece Diciotto rise, rise a crepapelle insieme all'imbecille di suo marito.
«Smettetela di ridere. Soprattutto tu, coglione, se non ci avessi costretto a venire al tuo stupido addio al celibato non saremmo in questa situazione!» ringhiò Vegeta, adirato più che mai. «Andiamo in quel postaccio e firmiamo l'annullamento, entro tre giorni penso che si possa fare».
«Oh, suvvia! Siete insieme da quattro anni!» disse Radish. «Anche se sembravate fidanzati anche vent'anni fa» aggiunse Diciotto, giusto per rincarare la dose di imbarazzo. «Cosa cambia una firma su un pezzo di carta?»

Vegeta fece per rispondere ma, dopo tanti minuti di silenzio, Kakaroth prese finalmente la parola. E non fu piacevole.
«Probabilmente non vuole essere sposato con me» sbottò, rosso in volto.
Calò il silenzio, e non fu piacevole come Sua Maestà aveva sperato. Come... come diavolo gli veniva fuori una cosa del genere? Nel senso serio del termine, per di più! La sera precedente aveva la scusa di essere stato completamente fottuto dai fumi alcolici ma... in quel momento?
«Uh-oh» soffiarono Radish e Diciotto all'unisono, consci che la situazione si stesse facendo seria. Per non dire bizzarra. O forse patetica.
«Ka... Kakaroth, per l'amor dei Kaioh!» soffiò Vegeta, allibito, ma questi continuò.
Sembrava... arrabbiato? In quei quattro anni avevano discusso un giorno sì e l'altro pure, ma sempre per sciocchezze. Non era mai capitato di litigare per qualcosa di importante. Era stato tutto... semplice.
Fino a quel momento.
«Sì, ok, è stato molto imbarazzante, avrebbe potuto essere più... romantico? Mah, non ti ci vedo proprio in una cerimonia tipo questa, con tutti questi invitati» borbottò Kakaroth, e Kaioh solo sapeva quanto avesse ragione su quel fronte. «Ma, comunque, oramai quel che è fatto è fatto. Ti dispiace così tanto essere sposato con me? Tanto da chiedermi il divorzio come prima cosa dopo non avermi parlato per tutto il santo giorno?»
Quattro anni insieme, più di cinquanta che si conoscevano e ancora Kakaroth non aveva capito quanto fosse emotivamente imbranato. Ormai avrebbe dovuto conoscere per filo e per segno le sue difficoltà comunicative.
Perché Vegeta sapeva di essere un pessimo comunicatore, ancor di più sapeva di avere una pessima gestione della rabbia e delle situazioni spiacevoli. Ma non era arrabbiato con Kakaroth, non davvero. Solo... era successo tutto così in fretta e non avevano avuto nemmeno la possibilità di discutere, si era tenuto dentro quella cosa tutto il giorno ed era saltata fuori nel peggiore dei modi. E in quel momento era richiesta una discussione, e lui ancora non sapeva come affrontarla.
Alzò gli occhi al cielo e ci provò. Glielo doveva.
«No, idiota. Non si tratta di questo ma... potreste non ascoltare?» si rivolse a Diciotto e Radish che, appostati accanto come due allocchi, non sembravano aver colto l'antifona.
«No».
«No».
O meglio, a giudicare dai sorrisi maliziosi, non sembravano proprio dell'idea di lasciarli soli. Vegeta ringhiò come un cane rabbioso, ma i due impiccioni continuarono a sostare lì, a braccia conserte, in attesa del suo discorso. Sua Maestà si sentì sull'orlo dell'esplosione, ma se tanto gli dava tanto non li avrebbe smossi neanche millantandone l'omicidio.
Cacciò indietro la testa e si rassegnò a dover mostrare le sue incapacità comunicative non solo al suo fidanzato – marito, dannazione - ma anche a cognato e cognata.
Faceva schifo essere lui.
«Ah, 'fanculo...» sbottò Vegeta, tornando poi con lo sguardo sull'imbecille numero uno. Era tempo di mettere in forma verbale l'ingarbuglio che aveva in testa. «Kakaroth, lo sai, il matrimonio è qualcosa che per me non ha senso – oltretutto fatto in quel modo orribile. Ma sorvoliamo sulla forma. Il fatto è che siamo già stati sposati in passato, e... e andava bene così. Io l'ho fatto per Bulma... tu l'hai fatto per Chichi e non sapevi nemmeno cosa volesse dire. Ma andava bene, sappiamo bene quanto loro ci tenessero a questa cosa. Mi sembra forse di aver “profanato” il loro ricordo?» si domandò. Anche se la sua cara Bulma sarebbe stata solo felice di vederlo andare avanti. «Forse non ha senso ma... beh, il matrimonio è un concetto terrestre. Noi non abbiamo bisogno di leggi, non abbiamo figli, non abbiamo bisogno di accordi scritti, neanche a livello economico. Non... non ho bisogno di un matrimonio per... stare con te... per tutto il tempo che ci rimane da vivere. Capisci cosa intendo?»

Avrebbero potuto cuocergli un uovo sulle guance, per quanto le percepiva bollire. Tentò il più possibile di ignorare gli sguardi inquisitori e raddolciti di quei babbei di fianco e si concentrò invece sugli occhi più consapevoli di Kakaroth.
E pregò che egli avesse compreso dove fosse il problema. Se fossero stati soli, forse avrebbe azzardato di più. Forse gli avrebbe potuto dire che l'aveva scelto molto tempo prima e, matrimonio o non matrimonio, non sarebbe andato da nessuna parte. Forse gli avrebbe detto che era solo grazie a lui che si era concesso di amare un'altra volta nella vita, forse gli avrebbe detto che non si era pentito mai neanche un secondo degli ultimi quattro anni insieme.
Ma... Kakaroth era Kakaroth. E lo comprendeva più di ogni persona al mondo. Non c'era mai stato bisogno di troppe parole – e grazie al cielo! - né di dover mettere i puntini sulle i.
E la riprova che dopo quattro anni insieme - e più di cinquanta a orbitarsi intorno – questi avesse compreso quanto fosse emotivamente imbranato, giunse con il sorriso più brillante delle costellazioni di tutto l'universo.
«Credo... credo davvero che tu abbia ragione. Mi dispiace di aver agito come un pazzo» disse, arrossendo. Oh, oramai era abituato che fosse pazzo, ma Vegeta era anche abituato davanti a lui a farsi sfuggire dei sorrisi ad altri proibiti.
In quel momento era così grato che se ne fregò della platea e, con un gesto ironico e solenne, fece finta di inchinarsi e gli porse la mano.
«Quindi... mi vuoi divorziare
Kakaroth rise di cuore e intrecciò le sue dita. «Con piacere!»
E, in barba alla platea, Vegeta accettò anche il fugace abbraccio che Kakaroth gli diede.
Dopo aver dato spettacolo la notte precedente in mezzo a una pista da ballo, oramai la sua dignità era andata a farsi friggere nei più remoti angoli dell'universo.

«... ehi, aspettate un attimo!» li interruppe Diciotto, che al contrario di Kakaroth sembrava mostrare un certo disappunto per la decisione presa. «Sul pianeta di voi stupidi scimmioni non c'era un modo di sposarsi?» domandò infine.
Fu come una secchiata di acqua gelida. E sapeva che per Radish fosse stato lo stesso. I loro occhi si incrociarono, memori di tempi antichi, tempi lontani, suoni e colori che non avrebbero mai più rivisto, ma che in quel momento riaffiorarono come bollicine.
«...Vegeta, il Legame!» soffiò Radish, e Vegeta giurò di non aver visto quella scintilla nei suoi occhi da quella lontana notte... quella notte in cui il loro pianeta era esploso.
«Il che?» domandarono Kakaroth e Diciotto, all'unisono.
Radish però non rispose. Continuò a fissarlo, e Vegeta lo fissò di rimando, galleggiando nello stesso ricordo.
«Le cerimonie di Natsu. Te... te la ricordi anche tu?»
Come dimenticare! Era uno dei giorni più belli dell'anno solare, su Vegeta-Sei.
«... certo» rispose Vegeta e, dopo aver sostato qualche secondo nella condivisione di quella memoria con Radish, decise di dare una spiegazione a chi era ignaro. «Il Legame... beh, era un concetto simile al matrimonio terrestre solo... Saiyan».
Radish annuì. «Si svolgeva il giorno d'inizio della stagione calda, Natsu, al tramonto. I Saiyan si radunavano nelle piazze di Capitale, la grande città del palazzo».
«Tutti i promessi legati si posizionavano in cerchio al centro. Era una grande festa per tutti e... beh, era molto...» era bellissimo. Era uno dei ricordi più belli che possedeva del suo popolo, della sua gente.
«Sì, lo era...» Radish concordò, anche senza doversi spiegare. Erano solo due bambini quando avevano visto le prime cerimonie di Natsu, ma era indimenticabile. Vegeta avrebbe tanto voluto che anche Kakaroth si ricordasse, ma era davvero troppo piccolo.
«Wow... non mi avevi mai raccontato queste cose» esalò questi, estasiato.
Anche Diciotto, di solito impassibile, riscaldò lo sguardo glaciale. «Già, sembra bellissimo».

Vegeta si perse per qualche istante con lo sguardo al tramonto. Il sole non era ancora calato dietro il lago della bella tenuta in cui Radish e Diciotto si erano sposati. Ardeva ancora, il riflesso dei suoi raggi nel lago gli dipinse il volto. E tutto d'un tratto l'idea.
Non ci pensò due volte. Se ci avesse riflettuto troppo avrebbe trovato mille motivi per non farlo, per cedere all'imbarazzo o all'orgoglio. Ora o mai più, pensò solo.
Sotto le occhiate interrogative di Kakaroth e Diciotto, prese Radish per il colletto e lo trascinò poco lontano sulla terrazza.
«Ehi, ma che-»
«Radish... ti ricordi il rito dei Legami? Più o meno?» gli sibilò in faccia, serio più che mai.
Questi sollevò un sopracciglio e si pizzicò il mento. «Uh, sì, candele, code intrecciate, nastri bruciati, cose così...»
Riassunto inaccurato, ma sempre meglio di niente. Ma anche se ci fosse stata scelta, Vegeta non avrebbe incaricato nessuno al di fuori di lui per quella cosa. Perché in fin dei conti Radish era il miglior figlio di puttana del cosmo. Ed era importante per Kakaroth. E per lui – anche se non lo avrebbe ammesso ad anima viva.
«Ti... andrebbe... di...» balbettò Vegeta, con le gote brucianti di vergogna.
Radish strabuzzò gli occhi così tanto da sembrare pazzo - sembrare... - poi iniziò a saltellare sul posto come un bambino felice.
«Oh, Kaioh santissimo, sì! Sì, cazzo, amico, ne sarei onorato!» gli tirò una pacca sulla spalla così forte da farlo quasi ribaltare. Sebbene fosse molto più debole, era comunque alto il doppio di Sua Maestà.
E Vegeta, oramai invischiato fino al collo nella decisione più folle mai presa in vita sua, decise che quello fosse il momento più adatto. O ora o mai più, decisamente. Anche perché mancava davvero poco al calar del sole.
Si avvicinò a quell'imbecille che aveva scelto quattro anni prima – o forse molto prima ancora – e, prendendo tutta l'aria che potessero raccogliere i suoi polmoni, gli porse la mano e riformulò la domanda. Non vide più nessun altro oltre a loro due.
«Kakaroth... oltre a divorziarmi... vorresti legarti a me?»
Kakaroth osservò la sua mano, poi incrociò il suo sguardo. Con la bocca aperta e quegli occhi stralunati, sembrava uno stoccafisso. Ma uno stoccafisso felice. «... dici sul serio?»
«Beh... siamo entrambi Saiyan. Avrebbe... avrebbe senso, no?» balbettò. Molto più senso di un matrimonio nella città che non dorme mai. Certo, il celebrante sarebbe stato lo stesso un pagliaccio, ma andava bene così.
Il sorriso di Kakaroth valeva più di ogni altra cosa. Accettò la sua mano.
«... sì... sì, facciamolo».


 


Avevano fatto tutto in fretta e furia.
E, per grande gioia di Vegeta, tutti gli ospiti avevano oramai lasciato la tenuta. Non ci sarebbe stato nessun altro ad assistere, non i loro figli, non i loro amici. E andava benissimo così perché, al contrario di Radish, Vegeta non era davvero il tipo da cerimonie in grande. Kakaroth aveva ragione.
Radish sostava in piedi di fronte a loro sul pontile, mentre Diciotto sedeva sull'erba per osservare. Vegeta sapeva che avrebbe filmato tutto e che l'indomani Bra, Trunks, Gohan, Goten e Pan si sarebbero arrabbiati all'inverosimile per non essere stati invitati.
Avevano rubato le candele nel giardino del loro ricevimento, si erano radunati tutti e quattro sul pontile del lago, e Diciotto si era sfilata uno dei nastri bianchi dai capelli e gliel'aveva donato. La cerimonia prevedeva che il nastro legasse le loro code ma, beh... in assenza di code, le mani andavano più che bene. Lo intrecciarono intorno alle loro dita e, con l'altra mano, ressero una candela bianca.
Era tutto pronto.
«Di tutto mi sarei aspettato ma non di celebrare il Legame tra mio fratello, una terza classe, e il Principe della nostra specie – e devo dire che forse su Vegeta-Sei non sarebbe nemmeno consentito dai protocolli ma... 'fanculo i protocolli. Siete perfetti. E non potrei essere più onorato di essere qui, il giorno del mio stesso Legame – che qui si chiama matrimonio - a celebrare il vostro. Su un altro pianeta, nella nuova casa di noi Saiyan».
E quello era già fin troppo commovente da sentire, soprattutto per Kakaroth. Beh, doveva essere senz'altro strano udire quelle parole dal fratello che era giunto su quel pianeta con ben altri scopi, ciquant'anni prima.
«Bene, basta con questi preamboli, che mi faccio piangere da solo. Dei, sono davvero un ottimo celebrante, dovrei farmi pagare per que-»
«Radish...» lo ammonì Kakaroth.
«Ok, ok, quanta fretta, fratellino! Dicevamo... quando il sole tramonterà dietro la collina di Capitale... ehm, il lago di Città dell'Ovest... brucerete questo nastro e sarete per sempre Anime Legate. Natsu vi proteggerà e... com'è che era?»
Vegeta alzò gli occhi al cielo, divertito. «Si prenderà cura...»
«Ah, sì, si prenderà cura del vostro Legame. Ora, a voi la vostra promessa».
Era davvero il momento e, se per un attimo Vegeta pensò che non sarebbe mai stato pronto per un passo del genere, non riuscì a non pensare a quanto invece fosse giusto.
A quanto fosse stato giusto attraversare l'universo per lui, per poi trovarsi quattro anni dopo lì, sulla Terra, a essere... due Saiyan. A essere quello che avrebbero sempre dovuto essere, dopo mille peripezie, mille viaggi, mille avventure avanti e indietro per il cosmo.
Ora erano lì, e non c'era nulla di più giusto di loro due insieme, con le loro famiglie – anche se ignare di quel che stesse accadendo. E 'fanculo ai protocolli dei ceti sociali.

«Io, Principe Vegeta IV, figlio di Re Vegeta III, scelgo di legare la mia anima, il mio corpo, la mia forza e quello che sono a te, sotto la benedizione di Natsu».
Kakaroth strinse più forte la sua mano, le sue dita, e arrossì.
«... i-io... Goku, ehm, no... in questo caso, Kakaroth. Io, Kakaroth, figlio di... Bardack?» domandò, e Radish annuì. Vegeta sorrise. Era la prima volta che lo sentiva nominare suo padre. «Scelgo di legare la mia anima, il mio corpo, la mia forza e quello che sono... a te, sotto la benedizione di Nat-su» recitò, impacciato, imbarazzato, pronunciando male quella parola in lingua antica Saiyan. Andava benissimo così.
Con la fiamma della candela, bruciarono il nastro bianco e lasciarono svolazzare le ceneri sul filo dell'acqua, nel lago. Il sole calò dietro l'orizzonte proprio in quell'istante.
«Che Natsu protegga il vostro Legame fino a che la Luna smetterà di brillare nei vostri occhi» disse infine Radish e, Vegeta poteva giurarlo, aveva gli occhi lucidi. Quell'imbecille. «Oh, suvvia, baciatevi!» urlò infine, facendoli scontrare l'uno contro l'altro.
Nonostante l'affronto, Vegeta percepì Kakaroth ridere contro la sua bocca, e capì che ne fosse valsa la pena.
Di ogni cosa, per arrivare a quel punto.
Anche di quello stupido matrimonio terrestre che avrebbero annullato l'indomani.
Ricambiò il bacio, seppur di sfuggita, e si ripromise che una volta a casa gli avrebbe dato volentieri il resto.
«Beh... alla fine avete visto che il mio addio al celibato ha portato qualcosa di buono?» ridacchiò Radish.
Per quanto doleva ammetterlo, un poco aveva ragione. Che poi, in fin dei conti, era stato l'addio al celibato di tutti e tre. Incredibile ma vero, dopo tutto quello che avevano passato.


I tre Saiyan si guardarono con occhi soddisfatti, ma ben presto capirono di non aver fatto i conti con un mastodontico problema.
«Ehi, scimmione!» ruggì Diciotto, avvicinandosi a passi furiosi, con le scarpe in una mano e lo strascico del vestito arricciato nell'altra. «Ora, dopo tutte queste romanticherie, vuoi forse spiegarmi cosa cazzo ci facevi ubriaco a zonzo alle quattro del mattino il giorno prima delle nostre nozze?»
Radish indietreggiò spaventato, facendosi piccolo piccolo dietro le spalle di Vegeta e Kakaroth. In effetti, pensò Sua Maestà, quella donna sapeva come incutere un certo timore.
«Uh, ehhhh...»
«Non avrai fatto lo scemo con qualcun'altra!» gridò lei, con due occhi affilati come rasoi.
«No, no, no, giuro, ho solo ballato, bevuto e fatto sposare il mio fratellino! Giuro, giuro! Diglielo, fratellino! E, uh, Vegeta, ora siamo ufficialmente cognati... dai, dillo alla mia bella mogliettina che non avrei mai fatto lo scemo con nessun'altra!» pigolò Radish, spingendoli entrambi in avanti per affrontare la sposa furiosa.
Vegeta sbuffò e incrociò le braccia al petto. «Nessuna scemenza imperdonabile» borbottò. Ma quale momento migliore per togliersi un piccolo sassolino dalla scarpa per vendetta nei confronti di quell'imbecille? In fin dei conti aveva ancora il mal di testa per la sbronza che gli aveva fatto prendere. «Ma, per onestà, ti dirò... stava ballando vicino a una certa Maxsa» dichiarò.
«Si chiamava Axsam» aggiunse Kakaroth, probabilmente della stessa idea di farla pagare a suo fratello.
«Ma ragazziiiii!» ululò questi, mentre Diciotto scavalcava entrambi per affrontarlo a brutto muso.
«VOGLIO IL DIVORZIO!» gli gridò in faccia.
«Ma amoreeee!»
Lui e Kakaroth non riuscirono a trattenere una risata.
«Ti ammazzo» sibilò poi lei, rossa come un pomodoro, iniziando a inseguire Radish lungo il pontile, minacciandolo con i tacchi delle scarpe.
«Hai tutta la mia approvazione!» gridò Vegeta, nel vedere i due novelli sposi rincorrersi per tutto il prato. E, quando finalmente Diciotto riuscì a raggiungere l'imbecille e lo atterrò sul prato, non si riuscì più a distinguere dove finisse la rissa e dove iniziassero le effusioni.
Vegeta scosse la testa e finalmente si accorse della mano di Kakaroth, tesa verso di lui.
«Che dici... andiamo a casa?» gli domandò.
Sua Maestà sorrise sghembo. Finalmente avrebbero potuto tornare sul divano a fare la vecchia coppia di sposi – di legati.
«Andiamo a casa».
Afferrò la sua mano, non la lasciò andare mai più.


 
 
𝐹𝒾𝓃𝑒.
 
Riferimenti:
-Inutile dirlo, questa OS è ispirata molto a “Una notte da leoni”.
-La frase “mi vuoi divorziare” è presa da Scrubs, quando il dottor Cox propone a Jordan di stare insieme per sempre, ma non da sposati.
-Tutti i luoghi e quasi tutti i personaggi incontrati in questa OS sono già apparsi in Across the Universe
-Il rito dei Legami e Natsu, invece, sono di mia invenzione e sono stati descritti in “HAKAI”.

ANGOLO DI EEVAA:
Mi sto annoiando da morire a casa in isolamento da Covid, quindi ho pubblicato un giorno prima :D
Che dire... una notte da leoni, davvero! Ma del resto è vero: tutto è bene quel che finisce bene. Ed è finita benissimo, e vissero per sempre felici e contenti. Tutti.
Anche Radish, che in “Mercenari” ho trattato malissimo (o meglio, che in “Mercenari” Vegeta ha trattato malissimo!). I miei piccini *-* T__T
Mi viene un po' da piangere, a mettere un punto a questa saga che ho nel cuore. Spero davvero che vi sia piaciuto – dopo tutto il dramma di “Mercenari” ci voleva un po' di demenzialità e di fluff, dai.
Ed è con questa storia leggera che vi auguro una buona estate :) mi prenderò una pausa dalle pubblicazioni, ho troppe cose da fare, troppi concerti e ad agosto un viaggio on the road che non vedo l'ora di intraprendere.
Ma non temete... per settembre ho in previsione di pubblicare quella KakaVege che ho nel pc a soggiornare dal 2020!
E... gente che ama il fandom di Harry Potter, ho un'altra Drarry che forse prima o poi vedrà la luce.
Un abbraccio e buona estate, gente! Grazie per tutto il supporto che mi date sempre!
Eevaa




 
  
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