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Autore: Ahiryn    18/07/2022    2 recensioni
Kieran Reed è un soldato con poche certezze nella vita, ma nessuna più ragionevole del: “mai fidarsi di Silas Vaukhram”. Non ha vissuto gli ultimi sette anni della sua vita a dare la caccia a quel bastardo per divertimento personale. Non lo ha trascinato di fronte alla giustizia sperando di cambiare idea. Nossignore. Ha fatto tutto questo per rimediare a un errore, il fatale errore di essersi fidato. Perché Silas è un traditore, un assassino, un bugiardo e la persona di cui più diffida al mondo.
Sfortunatamente è anche la sua unica speranza.

*steampunk / enemies to lovers*
[Rating arancione ma salirà a rosso più avanti]
~ Aggiornamento ogni Domenica - Lunedì ~
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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IX


Accademia




 

893 p.U.
 



‒ Silas?
La voce era appena un sussurro. Silas era sveglio da un po’ ormai, ma il sussurro lo richiamò in superficie. Era rimasto a osservare il soffitto della tenda e a sperare di ritornare in quel sonno angusto e tormentato in cui si trovava.
‒ Ehi… come ti senti?
Come un insetto calpestato ripetutamente.
Non aveva risposto. Ogni movimento gli causava dolore alle ossa, ai muscoli. Aveva abusato della magia e questa gli aveva imposto il suo prezzo.
Voltò appena la testa, dove la luce del giorno filtrava dall’entrata della tenda, sollevata. In controluce appariva la figura massiccia di Kieran, china su di lui a controllare le sue condizioni.
Senza che dovese dire alcunché, Kieran gli passò una tazza piena d’acqua fresca e lo aiutò a bere.
‒ Ce la faccio ‒ mormorò ed ebbe un sussulto a udire la propria voce così logorata e roca.
Gli rimbalzò in testa il ricordo di Visnia che lo torturava e le proprie urla che non riusciva a contenere.
Non osava guardarsi la mano. Non osava.
‒ Cos’è successo?
‒ Abbiamo ucciso Visnia. È finita.
Ricordava in modo vago di aver usato il suo ultimo briciolo di energie per proteggere Kieran dalla necromagia che stava per investirlo. Poi il suo corpo era collassato.
‒ Io non ho ucciso proprio nessuno ‒ bofonchiò.
‒ Mi hai permesso di arrivare da lei indenne e ucciderla. Mi hai salvato la vita.
Non voleva sentire nulla di tutto quello. Si accorse di essere a petto nudo, indossava soltanto delle braghe sgualcite. Stava morendo di fame.
‒ Dove sono i miei vestiti?
‒ Credo li abbiano buttati, erano… beh qui ci sono degli abiti.
Allungò di riflesso la mano destra per prenderli e il dolore gli arrivò fino al cervello senza alcun preavviso. Piegò il braccio in una smorfia di dolore e guardò l’enorme fasciatura insanguinata che gli imbozzolava la mano.
‒ Ehi ehi, non farlo più, stai fermo. Devi stare calmo, sei ancora malconcio.
Voleva aprire quella fasciatura. Voleva vedere le condizioni della sua mano. Rimosse il primo stato e intravide la carne gonfia sotto le bende.
Kieran gli bloccò l’altra mano. ‒ No.
Alzò lo sguardo di scatto. ‒ Mollami.
Gli occhi grandi di Kieran erano lucidi come quelli di un dipinto ancora fresco. ‒ Devi darle il tempo di guarire. Stai tranquillo.
Udì fuori dalla tenda il rumore di alcuni rami spezzati e una pigna forse si staccò da un pino e cadde sul terreno, schiantandosi.
Silas però sentì soltanto il suono raggelante dei rampicanti di Visnia che lo raggiungevano e gli laceravano la carne. Divenne esangue e il corpo prese a tremargli in modo violento.
Gli occhi di Kieran s’ingrandirono a quella reazione e lo sostenne.  Si alzò dal panchetto su cui era seduto e andò ad accendere il grammofono nella tenda. Una lieve melodia si diffuse nello spazio ristretto.
Silas non riusciva a parlare, gli sembrava che il suo corpo venisse sconquassato dalla paura. Chiuse gli occhi, mentre un sudore freddo iniziava a ricoprirgli la fronte. Si concentrò sul suono della musica per distrarsi.
Le dita di Kieran gli sfiorarono un braccio. ‒ Ti aiuto a vestirti, va bene?
Annuì in modo sbrigativo. Aveva troppa paura anche per vergognarsi di quel bisogno.
I gesti di Kieran furono fin troppo cauti e delicati, mentre gli infilava la camicia dalle braccia e gliela abbottonava. Silas aprì gli occhi e guardò quelli concentrati di Kieran.
‒ Ti piacevo più senza maglietta, ammettilo.
La voce gli uscì tesa e nervosa, ma Kieran sembrò illuminarsi di fronte a quella battuta. ‒ Idiota ‒ replicò, ma stava sorridendo.
Silas attese qualche secondo. ‒ Ho ancora una mano almeno?
‒ Certo. Non essere melodrammatico.
‒ Cos’hanno detto?
Non lo guardava. ‒ Che avrai bisogno di tempo per guarire.
Il tempo era l’unica cosa che davvero non aveva. ‒ Quanto tempo?
Scrollò le spalle. ‒ Stasera ci sarà una festa a Orenburgh, in nostro onore ‒ aggiunse con un sorriso sornione.
Non avrebbe mai pensato di dirlo, ma una festa era l’ultima cosa che voleva in quel momento.
Chi altro era morto? Lo avevano visto abbandonare quel ragazzo a morte certa e continuare a correre? Ebbe un brivido.
‒ Vuoi uscire? Il sindaco vorrà ringraziarti. E anche gli altri mi chiedono come stai.
Scosse la testa. ‒ Dopo ‒ gracchiò.
Non aveva neanche le energie per pensare. Tornò a sdraiarsi, attento alla mano. Sapeva che dopo un po’ di dormite si sarebbe sentito più leggero e quell’angoscia opprimente sarebbe scemata. Era un metodo collaudato, lo usava da sempre; il sonno era l’unico nascondiglio che avevano dalla vita quando diventava troppo schiacciante. Lui amava dormire, amava nascondersi dalla vita.
Si girò su un fianco. Sentì una mano poggiarsi sulla spalla.
‒ Grazie per essere tornato indietro.
Perché sono tornato indietro?
‒ Ti rimetterai e io ti aiuterò.
Se non mi rimetterò, non mi vedrai mai più.
 
 
 
 
La festa aveva coinvolto i soldati accampati a Orenburgh e i cittadini. Molti erano ancora feriti, alcuni non si erano alzati dal letto, gli occhi smarriti in qualche incubo fatato.
Ma nessuno voleva più compiangere i morti, disperarsi per le perdite. I sopravvissuti volevano sentirsi vivi, volevano festeggiare il ritorno.
Il piccolo paesello era stato allestito con grandi tavolate piene di cibo, musica popolare che risuonava dalla piazza e botti di birra e sidro per chiunque volesse dimenticare gli orrori di Visnia per una notte.
C’erano stati balli e spettacolini divertenti da parte dei soldati più vivaci; Zack si era vestito da donna e aveva intrattenuto il pubblico con esilaranti siparietti insieme a Jean. Entrambi si erano ubriacati subito dopo la cena, assieme a Thomas, che era collassato vicino al pozzo mentre un paio di soldati più grandi lo sostenevano ridendo.
Il sindaco si era profuso in grandi ringraziamenti per i cadetti del Ferro, Silas aveva sentito i suoi occhi addosso mentre la tristezza gli colorava la voce.
Non aveva partecipato ai festeggiamenti. Gli altri cadetti avevano provato a coinvolgerlo, dimentichi di come Silas fosse stato pronto ad abbandonarli a morte certa, ma lui aveva declinato con un sorriso.
Kieran non aveva smesso di ronzargli intorno come una mamma preoccupata, chiedendogli in continuazione se sentisse dolore o fosse stanco. Silas rispondeva ogni volta con un sospiro seccato e buttava giù un altro sorso di liquore.
In qualsiasi altra circostanza avrebbe apprezzato quelle premure, ma non così.
Era una vittoria quella?
Aveva tanto il sapore di una sconfitta.
‒ Vuoi qualcosa da bere?
‒ Per Titania, Reed! Datti una calmata. Posso camminare da solo. Beviti un po’ di sidro e rilassati.
Kieran gli rivolse uno sguardo da cane bastonato.
Si sente responsabile.
Silas lo aveva sempre detto che Kieran era brillante su certe faccende e tragicamente ottuso su altre.
Inclinò la sedia di legno su cui era seduto, che iniziò a dondolare pericolosamente sotto gli occhi attenti di Kieran.
Finì di mangiare la pannocchia imburrata calda di brace e poggiò il rimasuglio di fronte a sé sul tavolo di legno.
‒ Vai con gli altri a divertirti, io sto bene.
Kieran continuava a osservare le gambe anteriori della sedia sollevate. ‒ Vorrei che non facessi così. Se cadi, la tua mano…
‒ Al massimo mi rompo anche l’altra. A quel punto che farai? Mi verrai a pulire il culo?
E rise, ma ottenne solo uno sguardo per nulla divertito da parte di Kieran. Quel ragazzo non aveva davvero senso dell’umorismo.
‒ Preferisco stare qui.
Scosse la testa, rassegnato. Peggio per lui.
Avrebbe voluto che non gli facesse così piacere.
Bevvero insieme per il resto della serata, ma non parlarono granché fra di loro. Silas non sapeva neanche da dove iniziare in ogni caso.
Uno dei bambini si avvicinò a Kieran e gli chiese di come avesse ucciso Visnia la Folle. Kieran lo accontentò, omettendo i dettagli cruenti, ma non l’aiuto di tutti gli altri cadetti.
Silas ascoltò in silenzio, incredulo e quasi indignato.
Kieran aveva davvero ammazzato Visnia con la sua spada. Si era lanciato verso quel mostro come in un racconto epico.
Lo osservava di sottecchi, una ruga fra gli occhi stanchi gli aveva increspato lo sguardo.
Cos’è questa sensazione?
Aveva avuto paura di raccontare la verità a Kieran, ma nel profondo una parte di lui era convinta che quel ragazzo lì gli fosse... leale. Si era nutrito di quei pensieri egocentrici, aveva pensato che Kieran gli dovesse qualcosa e avrebbe accettato la sua verità, le sue macchinazioni. Silas lo aveva aiutato, lo aveva protetto, lo aveva difeso, senza di lui Kieran non sarebbe durato granché in Accademia e questo doveva significare qualcosa.
In quel momento Silas realizzò il suo enorme abbaglio.
Kieran non gli doveva niente.
Kieran stava diventando qualcuno con le proprie forze e nel loro rapporto non c’era più uno squilibrio di potere, una mancanza da ripagare. Kieran stava percorrendo la propria strada e non si sarebbe fermato per nessuno. Non era un ragazzetto senza titolo bisognoso di qualcuno come Silas che lo prendesse sotto la propria ala.
Non poteva controllarlo, non poteva dare per scontata la sua lealtà o la sua amicizia.
Si asciugò la nuca, sudaticcia e guardò a terra.
Poteva rivoltarglisi contro e aveva dimostrato di essere forte e determinato. Doveva forse... temerlo? Si sarebbe rivoltato contro di lui se avesse saputo che Silas era un traditore?
‒ Ti senti bene?
‒ Per nulla. Ho ancora troppo poco alcool in corpo. E anche tu.
‒ Non vorrei ubriacarmi... non reggo molto l’alcool.
Alzò un sopracciglio. ‒ Tu?
Si grattò una ferita sulla guancia. ‒ Sì, e allora?
Afferrò un bicchiere scheggiato e lo poggiò di fronte a Kieran. ‒ Una piccola sfida allora, come ai vecchi tempi.
‒ I “vecchi tempi” sarebbero qualche mese fa, Silas.
Annuì fischiettando e afferrando la bottiglia.
 
  

Quando la serata si consumò nell’alcool, nei balli e nelle celebrazioni, la notte si avvicinava ormai all’alba. Molti dei cadetti si erano addormentati sui tavoli, qualcuno aveva trovato una dolce compagnia fra i cittadini. La musica era cessata e i fuochi accesi per i morti si erano ormai estinti.
Silas aveva convinto Kieran ad allontanarsi dalla piazza; alticci e malfermi sulle gambe avevano camminato verso il fiume, ridendo fino a piegarsi in due e spintonandosi.
L'alcool purtroppo non aveva diminuito il senso di protezione di Kieran nei suoi confronti, ma lo aveva accentuato in modo fastidioso. Continuava a chiedergli della mano, dimenticandosi ogni cinque minuti di aver appena posto la domanda.
Si sedettero in riva al fiume, sfilarono gli stivali e immersero i piedi a mollo mentre attendevano l’alba.
Solo stare presso quel fiume sarebbe stato impossibile senza alcool in corpo, Silas avvertiva il terrore in agguato, distante, attutito dal liquore nelle vene. Kieran non doveva sentirsi tanto diversamente, perché scrutava il bosco al minimo rumore, benché i suoi occhi fossero arrossati e poco vigili.
‒ Siamo ancora vivi ‒ mormorò Silas con un certo orgoglio.
‒ Lo siamo.
Poggiò le braccia indietro e rivoltò la testa con un grosso sospiro. Spostò il peso del corpo sulla mano buona, mentre evitò di usare l’altra. ‒ Sei una bella spina nel fianco tu. Con quei discorsi moraleggianti.
‒ Stai zitto, sei tornato, no?
Silas sentì i ciuffi d’erba sotto le dita. ‒ Sono tornato per te. Non per loro. Questo mi rende comunque una persona riprovevole.
La voce gli uscì più amareggiata di quanto avrebbe voluto. A volte sperava che ammettere di essere meschino lo rendesse meno meschino di altri. Sono migliore di tanti altri perché almeno io sono consapevole di ciò che sono. Come se questo avesse un qualche valore. Cercava sempre una scusa o un sotterfugio per sentirsi migliore degli altri, anche nel male.
Guardò Kieran di sottecchi che si stropicciò gli occhi e sbadigliò. ‒ Le motivazioni di una buona azione non m’interessano. Sei tornato e basta. Conta più questo. Non sei d’accordo? Io credo che...
Non lo stava davvero ascoltando.
Il profilo della mascella era graffiato da piccoli tagli e i capelli rossi erano arruffati dalla brezza notturna. Silas guardò le acque placide del fiume, alla ricerca di una qualche razionalità. Poi riportò gli occhi violetti su Kieran.
Al diavolo. Domani neanche ce lo ricorderemo.
Prese la nuca di Kieran in un gesto rapido e poggiò le labbra sulle sue con voracità. Notò appena lo stupore dell’altro sul momento e con la mano buona cercò di tenersi ancorato a lui. Era certo di beccarsi un pugno o un rifiuto violento, non era così lucido da pensare alle conseguenze.
Kieran rimase immobile, il corpo rigido come un tronco.
Gli dirò che ho perso una scommessa. Perché sono un fantastico codardo.
Con sua grande sorpresa non arrivò alcun pugno e il corpo caldo di fronte a lui non lo rifiutò.
Venne inondato di trepidazione quando lo sentì ricambiare il bacio, cauto, lento.
Le labbra di Kieran erano sottili e secche, ma calde come una tazza di caffè. Sapeva di liquore di bacche, odorava di fumo dei fuochi, resina di pino e sudore.
Premette i polpastrelli contro la sua nuca umidiccia e lo attirò di più a sé, con forza. Kieran si lasciò stringere docilmente, voltò appena la testa e schiuse le labbra per prendere fiato.
A discapito del suo carattere respingente, si lasciava guidare con dolcezza. La mano destra si era serrata sul fianco di Silas, nervosa, mentre le labbra si facevano più coraggiose.
Non avere paura.
Uno di loro due stava tremando, non sapeva chi. Silas era elettrizzato, qualsiasi paura si era annacquata con l’alcool.
Gli morse un labbro e gli afferrò i capelli rossi, ma si accorse di aver esagerato quando lo vide scostarsi. Aveva gli zigomi arrossati e gli occhi in subbuglio.
Dì qualcosa di rassicurante.
‒ E pensare che bastava baciarti per farti chiudere la bocca.
L'arrivo dell’alba immortalò le sue parole come un bel dipinto senza capo né coda attaccato al muro di qualche casa borghese senza gusto. Il sorriso strafottente di Silas si congelò in una smorfia di chi sa di essere un grande idiota.
 Kieran lo fulminò con lo sguardo, gli occhi a metà fra la rabbia e la mortificazione.
‒ Non è divertente. Che ti è preso?
S’irritò e andò subito sulla difensiva. ‒ Lo è invece. Stavo solo giocando. Non sai divertirti per caso?
Non controllava gli angoli della sua bocca, aveva un sorrisetto odioso che non riusciva a mandar via.
Che sto dicendo?
Kieran appariva confuso e irritato, ma l’imbarazzo era ancora lì, sui suoi zigomi. ‒ Ti sembra il modo di giocare? Fallo di nuovo e ti colpisco anche se sei ferito ‒ abbaiò mezzo ubriaco, ‒ idiota ‒ aggiunse fra i denti.
Afferrò i propri stivali e li infilò con fretta, poi si alzò in piedi e tornò sui propri passi, disorientato. Si voltò un’ultima volta a lanciargli un’occhiataccia prima di sparire verso la cittadina.
Silas calciò l’acqua con forza e serrò le dita sui fili d’erba, strappandoli.
 
 
 
Per il resto della nottata non aveva dormito un granché; era riuscito a ritrovare la sua tenda e a collassare sul letto con un tonfo. Kieran non era lì e la paura iniziò a essere più reale man mano che l’effetto dell’alcool scemava.
Aveva appena rovinato tutto?
Pensò ad alcune scuse per ingannarlo, per fargli credere che fosse stato uno sciocco errore dovuto all’ubriacatura. Glielo avrebbe spiegato l’indomani con calma, senza comportarsi da idiota magari.
I bagordi erano finiti e il sonno lo accolse fra quei pensieri agitati.
Domattina sistemerò tutto.
Ma quella mattina non andò come lui aveva previsto.
A svegliarlo fu un suono familiare e spaventoso quanto il battito d’ali delle fate che li avevano aggrediti.
I piccoli tonfi di un bastone in legno, accompagnati dai rintocchi di due tacchetti su stivali eleganti.
Quando l’apertura della tenda venne scostata, Silas era già sveglio, si era piegato a sedere in attesa.
Venne colpito dai raggi di sole freddi del mattino, che lo costrinsero a socchiudere gli occhi.
Il puzzo di sigari si diffuse nell’aria non appena l’uomo fece il suo ingresso, accompagnato dal Rettore.
Leroy era invecchiato in quegli anni, aveva diverse rughe sul viso, gli occhi cadenti ma ancora lucidi d’intelligenza; indossava abiti da viaggiatore, un lungo cappotto, stivali infangati e una bombetta a coprire la testa rasata.
Quando era bambino la sola vista di Leroy lo terrorizzava e aveva bagnato il letto fin troppe volte per averlo sentito aggirarsi fra i suoi fratelli la notte, intento a sorvegliarli.
Silas aveva lavorato molto su sé stesso per tramutare ogni singola emozione debole in rabbia; una rabbia cieca e silenziosa che divorava qualsiasi tipo di paura. La vista di Leroy gli scatenava una frenesia omicida che lo galvanizzava.
‒ Buongiorno cadetto, vedo con piacere che almeno qualcuno di voi è sopravvissuto alla nottata ‒ tentò di scherzare William. ‒ Tua madre ha mandato questo gentiluomo a prenderti. Sarai affidato alle cure dei Vaukhram. Prepara le tue cose.
La signora Vaukhram veniva a reclamare la mercanzia, voleva vedere di persona quanto fosse rimasta danneggiata. Resistette all’impulso di guardarsi la mano e si finse tranquillo e disinvolto.
‒ Lo aiuto io ‒ disse Leroy con quella voce consumata e catarrosa a causa dei sigari.
William fece un cenno con il capo e uscì dalla tenda.
A giudicare dall’aria frizzantina che era entrata nello spazio coperto, doveva essere mattina presto, forse il sole era sorto da poco ed era passata un’oretta da quel disastroso bacio. Tutti stavano ancora dormento, compreso Kieran.
‒ Riesci a camminare?
‒ Sì, scimmione idiota che non sei altro. Faccio da solo. Tu levati dalla mia vista, che mi dai la nausea con la tua puzza.
Uno dei vantaggi di essere l’erede dei Vaukhram, era che adesso Leroy era al di sotto di lui. Questo non significava che fosse meno pericoloso, ubbidiva davvero soltanto a sua madre e a uno schiocco di dita di lei avrebbe ammazzato Silas senza cerimonie.
Ora però che era cresciuto, Silas lo aveva superato nella gerarchia della casa e poteva trattarlo come spazzatura senza ricevere ripercussioni. E lui amava trattarlo come spazzatura.
‒ Il signorino si è svegliato di buon umore ‒ ironizzò con un sorriso che faceva invidia ai carcerati.
‒ Non mi hai sentito, ammasso di sterco? Sparisci. Aspettami fuori che la tua puzza mi disgusta.
Lo ignorò, anche se un luccichio di rabbia gli brillò negli occhi. ‒ La signora vuole che facciate subito ritorno, partiremo adesso.
‒ Partiremo quando ne avrò voglia.
Di nuovo quel sorriso. ‒ Siete certo di volerla fare aspettare? È già molto contrariata. La vostra mano poi non sembra in buone condizioni, dovreste accettare il suo aiuto finché ve lo offre.
La minaccia bastò per far tornare un accenno di lucidità in lui. Non voleva andarsene così, abbandonando tutto e tutti senza neanche salutare. Senza sapere se li avrebbe rivisti.
Doveva scusarsi con Kieran, imbastargli qualche scusa ridicola e controllare che fra loro fosse tutto a posto.
Si stropicciò gli occhi e sospirò, rassegnato. Era meglio che Leroy non vedesse affatto Kieran, che non sentisse neanche il suo nome.
‒ Non voglio certo sputare sulla generosità della mia adorata madre ‒ rispose con un sorriso affilato. ‒ Fammi il piacere, razza di inetto, raccogli tu le mie cose e vedi anche di sbrigarti.
Voleva davvero prendere tempo e restare un altro po’.
Ma quando i Vaukhram chiamavano, lui doveva rispondere.
 


Buongiorno a tutt*. Innanzitutto scusate per la lunga attesa, ho avuto concorsi ed esami da studiare, inoltre questo capitolo continuava a venire troppo lungo e ho dovuto spezzarlo ç__ç, sono cose che mi fanno arrestare e frustrare.
Scusate anche se non ho ancora risposto alle recensioni, volevo darvi subito il capitolo e in questi giorni risponderò con calma ai vostri commenti adorati <3. Ci sono diversi capitoli, come questo, che vanno tanto rivisti e corretti, ma per ora voglio solo andare avanti e pensare a un mega ultra lavoro di editing più avanti.
Grazie come sempre e scusate la lunga assenza.
   
 
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