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Autore: Feisty Pants    23/07/2022    1 recensioni
In una scuola americana, lontana dalla Spagna e dalla storia dei Dalì, i figli degli ex rapinatori vivono la propria adolescenza con spensieratezza, gioia ed energia, senza sapere di avere, come genitori, i ladri più geniali della storia. La vita trascorre normalmente per i Dalì, ormai intenti a lavorare e a seguire una routine che li entusiasma, ma la tranquillità non durerà per sempre: presto la verità verrà a galla, portando con sé rischi e pericoli.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bogotà, Il professore, Nairobi, Rio, Tokyo
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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CAPITOLO 28

“Il ragazzo ha fatto sapere qualcosa?” domanda Tokyo agitata, sistemandosi varie pistole nella cintura.

“Sì, ancora qualche ora ed entreremo in azione” risponde il professore, indossando il giubbotto anti proiettile, facendosi comunque silenzioso.

“Professore, cosa non mi stai dicendo?” chiede Tokyo notando il suo mutismo.

“Non so se ce la faremo questa volta…” afferma il professore, liberandosi di tutte le sue perplessità.

“Perché tu dire questo?” si intromette Helsinki, dopo aver appoggiato un mitra a un armadietto.

“Perché a differenza della prima rapina, dove le relazioni personali erano vietate, ora è la nostra famiglia a essere in pericolo” si libera il prof, particolarmente in pensiero per Lisbona, ceduta alle grinfie di un cattivo di cui non sanno ancora il nome, non potendo ricevere indicazioni dettagliate da Axel.

Tokyo, compreso il dolore di quell’uomo che considerava il suo angelo custode, gli si siede accanto, girandosi costantemente la fede che porta al dito.

“Non avrei mai voluto sposarmi…” se ne esce Tokyo, spiazzando i presenti che rimangono in ascolto.

“Voi c’eravate quel giorno e cazzo… ho avuto dubbi fino al secondo prima di pronunciare il sì” continua Silene, abbozzando un leggero sorriso che le gonfia leggermente il viso.

“Perché?” domanda Helsinki non capendo quelle perplessità riguardanti il matrimonio.

“Perché per me, prima della rapina, la vita non contava nulla. Avevo perso troppo e ingiustamente… mia madre e René… che mi manca come l’aria” inizia ad aprirsi Tokyo, mostrando una maturità che ha condiviso poche volte ai compagni.

“La famiglia Dalì mi ha riaperto gli occhi, mi ha insegnato ad amare! Tanto che penso di non aver mai avuto degli amici così belli come quelli ignoti con il nome di città!” ridacchia la Oliveira, suscitando il dolce ricordo di entrambi i componenti presenti all’ascolto.

“Rio all’inizio era un divertimento… un divertimento perché avevo paura di restarci fottuta! Non volevo innamorarmi perché più lo guardavo negli occhi e più credevo che l’avrei visto morire davanti a me, magari con un altro sparo in pieno petto proprio come avvenuto a René” spiega Silene, facendo fatica a trattenere le lacrime.

“Di una cosa sono certa, nonostante tutto. Sono certa di aver detto quel sì, fregandomene dei dubbi. L’ho detto e anche forte, perché sapevo di avere accanto un’intera famiglia che non mi avrebbe mai lasciata sola e che la vita… cazzo… la vita stava diventando bellissima!” conclude la Oliveira, facendo intuire al professore di avere un morale della favola anche per lui.

“Capisco, quindi, come ti senti… perché io in questo momento ho paura di perdere tutto: Rio e Nieves, chiusi lì dentro. Dio solo sa perché non vi ho ancora staccato la testa a morsi pur di lasciarmi entrare come una mina vagante in quel cazzo di museo ammazzando tutti! Ho paura, una paura fottuta di perdere qualsiasi cosa!... ma poi mi rendo conto che ho sempre sbagliato nell’avere paura” si ferma un attimo Tokyo, togliendosi e rimettendosi quell’anello d’oro con inciso il nome di Anibal.

“L’ultima volta che ho parlato con mia figlia abbiamo litigato e lei mi ha detto una frase terribile, ma profondamente vera: cosa te ne frega della morte se manco ti vivi la vita?” continua il monologo Silene, riaprendo una profonda ferita non ancora rimarginata.

“Lei, con quel suo polmone a metà, è stata molto più forte di me, dimostrando di avere voglia di vivere e di viaggiare per andare a scoprire il perché del mio carattere, della mia storia, del mio tutto… che io non le ho mai raccontato! Nairobi ha sempre detto che il suo Axel è un sopravvissuto… bene, alla lista aggiungo anche il nome di mia figlia, che mi sta insegnando a vivere!” dichiara determinata la Oliveira, sbattendo le mani sulle ginocchia e alzandosi in piedi.

“Quindi, professore, ora tiriamo fuori le palle perché qui non morirà nessuno! Siamo una famiglia e ci pariamo il culo a vicenda! Qualsiasi cosa succeda, qualsiasi sparo, qualsiasi dolore… dentro al nostro cuore sappiamo che non saremo mai più soli!” conclude Silene con grinta, porgendo la mano a Sergio che, rimasto senza parole dalla motivazione della propria pupilla, risponde all’invito abbracciandola calorosamente, per poi imbracciare un fucile e dare il via alla seconda fase del piano.  

Nel frattempo l’operazione dei figli dei Dalì aveva iniziato a dare i suoi frutti. Nessuno sospettava di loro, vista la frenetica preoccupazione delle finte guide turistiche nel sistemare tutto prima dell’arrivo dei poliziotti.

È così che Nieves e Axel si rintanano in una delle sale di controllo, pronti a cancellare qualsiasi documento riguardante la vera identità dei Dalì. I ragazzi operano in silenzio e Axel, sconvolto, osserva il prodigioso lavoro della giovane che si dimostra geniale. Nieves cancella qualsiasi dato, bruciandolo alla radice e, davanti ai suoi occhi, scorrono informazioni su Bogotà, Rio, Nairobi, Denver, Palermo, Helsinki… fino a toccare a Tokyo.

Nieves si ferma all’improvviso di fronte al testo riguardante la storia di sua madre che aveva conosciuto proprio qualche giorno prima.

“Tutto bene?” domanda Axel notando il volto rigido e triste della ragazza.

“Sì… scusami… ora lo cancello” comunica Nieves, asciugandosi preventivamente un occhio dal quale desidera scappare una lacrima.

“Aspetta… puoi guardarlo ancora un po’ se vuoi. Non sai quanto ti capisco in questo momento. Ho avuto la stessa reazione quando ho scoperto tutto di mia madre” la blocca Axel, prendendole la mano e staccandogliela dal mouse.

“L’ho sempre giudicata senza sapere. Non abbiamo mai avuto un buon rapporto e io l’ho sfidata, ho fatto delle stronzate e me ne pento amaramente. Noi ragazzi abbiamo messo su quella banda per gioco, sentendoci immortali per cosa? Per aver scassinato dei distributori automatici…” si apre finalmente Nieves, avvertendo la vicinanza di una persona che può comprenderla perfettamente.

“Ho lasciato tutto, pur di venire qui a conoscere la storia dei miei genitori, invece di chiederle anche solo un banale: “Come stai mamma?” sospira Nieves, per poi ricominciare.

“Poi ho saputo di lei. Ho letto di ciò che ha perso, del dolore provato dalla perdita di persone care! Dalla forza nel riuscire a salvare e mettersi in mezzo per chi ama! Tutti aspetti che non avevo mai visto in lei! E ora vorrei dirle che le voglio bene… che mi manca… che…” inizia a piangere la ragazza, tremando e liberandosi di qualsiasi tipo di scudo.

“che… anche io ho paura per la mia salute, per lei, per mia sorella, per il papà! Vorrei dirlo che la capisco e che mi piacerebbe condividere qualsiasi tipo di zavorra insieme, perché mi rendo conto che lei non può perdermi! Così come non può perdere Rio, mia sorella Leya e anche tua madre! Non se lo merita e io voglio uscire di qui il prima possibile per chiederle scusa…” singhiozza Nieves, accettando un fazzoletto da parte di Axel che, consapevole di quelle sensazioni, ascolta attivamente il resoconto.

“Vorrei tanto chiamarla Mamma e urlarglielo mille volte! Perché so che non potrei avere una mamma migliore di lei!” termina commossa Nieves, soffiandosi il naso e ripulendosi le guance dal residuo di pianto.

“Hai detto tutto tu cara… per questo, ora, penso che tu sia pronta a cancellare quel file perché non è il giudizio dei nostri genitori che importa, ma l’amore che ci hanno trasmesso. Mia madre usava me e il mio orsetto per nascondere la droga? Ok… ma è stata l’Unica persona della mia vita ad aver rischiato tutto per potermi amare sempre” la rincuora Axel, rimettendole la mano sul mouse per permetterle, così, di eliminare quel dato ormai effimero.

Una volta terminato il lavoro, i due ragazzi corrono al magazzino dove Dimitri e Cecilia sono intenti a bruciare i faldoni e tutte le informazioni dei Dalì. I giovani riescono a bruciare un grande quantitativo di informazioni, prestando sempre attenzione a non esagerare con fuoco e fumo.

“Come procede?” chiede Axel una volta entrato nella stanza, seguito da Nieves.

“Tutto perfetto! Abbiamo già praticamente finito!” afferma Cecilia entusiasta, indicando un mucchietto di cenere.

“Ok continuiamo! Prima, però, voglio darvi qualche appunto tecnico sul luogo nel quale ci troviamo. La polizia e gli altri Dalì saranno qui a momenti ma, per qualsiasi cosa, sappiate che la stanza in cui sono rinchiusi i vostri genitori si trova al primo piano, seconda porta a destra. L’ala di controllo con prigionieri Ramon e Nairobi, invece, è nel sotterraneo alla prima porta a sinistra, quella di metallo” comunica Axel mettendo in guardia i ragazzi pur sapendo, ormai, di essere quasi salvi.

“Che cosa state facendo qui?” chiede minaccioso Gandia, fidata guardia di Roman e in parte anche lui a capo dell’operazione contro i Dalì.

“Sfrutto i nostri ostaggi, perché?” cerca di ribattere Axel, mostrandosi tranquillo e per nulla preso alla sprovvista.

“E gli stai facendo bruciare i fascicoli sui Dalì?” continua sospettoso Gandia che, probabilmente, aveva anche provato a origliare dalla porta.

“Certo! Ho avvertito tutti sull’ispezione che a breve riceveremo! Il capo è al corrente di tutto questo e dovresti esserlo anche tu, quindi corri al lavoro!” lo invita bruscamente Axel, prendendo i panni del Leroy austero e sicuro che tutti conoscevano.

“Si mette male…” sussurra Dimitri all’orecchio di Nieves.

“Dobbiamo fare qualcosa! Non possiamo permettergli di rovinare il piano. Stiamo pronti a tutto” risponde la figlia di Tokyo sussurrando a denti stretti per non farsi sentire.

“Ah sì? Caro ragazzino, devi sapere che a me del capo non frega assolutamente niente! È un incompetente e il lavoro sporco l’abbiamo sempre dovuto fare noi… io ho scoperto chi sei veramente e ho intuito ciò che stai facendo” ridacchia Gandia con uno sguardo minaccioso che preoccupa tutti i presenti. La guardia, infatti, dà un calcio alla porta che, immediatamente, si apre mostrando Ramon e Nairobi immobilizzati da altri due ex militari.

“Li ho trovati nel tuo ufficio e mi sono fatto ben due domande: come mai il ragazzo sta così bene? Non era forse stato dato l’ordine di drogarlo? E lei? … beh ora è tutto chiaro no? Meticcia… proprio come il ragazzino, come quella fichetta lì dietro e, soprattutto, come te!” insulta Gandia, dimostrandosi razzista e disumano nei loro confronti.

“Lurido…” prova a ribellarsi Cecilia stringendo i pugni e provando ad avanzare, bloccata immediatamente da Nieves che, stranamente, agisce con cognizione di causa.

“Lasciali andare! Te lo ordino! La loro punizione è mia giurisdizione!” prova a ribattere Axel, inerme di fronte a quanto gli si era appena palesato dinnanzi.

“Tua giurisdizione eh? Cannes, tienimi ferma la meticcia e mettile la mano al muro!” grida Gandia, caricando la pistola e puntandola contro Nairobi che inizia a divincolarsi e urlare di rabbia.

I ragazzi non riescono a intervenire perché, in un millesimo di secondo, un proiettile viene scagliato verso Nairobi e le attraversa il palmo della mano da una parte all’altra.

La visione di una scena così raccapricciante sconvolge i presenti che, presi dal panico, gridano spaventati. Cecilia si porta una mano sulla bocca, avvertendo il cuore esploderle nel petto. Le orecchie di Nieves si tappano a causa di quello schioppo che non aveva mai sentito prima e gli altri, distrutti dalla situazione, osservano Nairobi piegarsi in due dal dolore con bocca aperta e la mano ferita preda di spasmi e di perdite di sangue.

“BASTARDO!” grida allora Axel, non riuscendo più a contenersi. Aveva perso sua madre già una volta e non avrebbe mai permesso che succedesse di nuovo. Il ragazzo, preso da un’adrenalina improvvisa, si slancia verso l’avversario scaraventandolo a terra e dando inizio a una vera e propria rissa. I due iniziano ad azzuffarsi e Nairobi, seppur accecata dalla sofferenza, riesce a sganciare vari calci alle guardie presenti guadagnandosi dei preziosi secondi di libertà che le permettono di dare respiro alla propria famiglia.

“Mamma!” urla Cecilia con le lacrime agli occhi, terrorizzata da quello che stava succedendo e a cui non avrebbe mai pensato di assistere.

“Ragazzi! Andate via di qui!” intima Nairobi, pensando alla sicurezza dei giovani più che a sé stessa e a quella mano che non rispondeva ai suoi comandi.

“Col cazzo che andiamo via… io corro a liberare i nostri genitori, voi date fuoco a tutto!” ordina Nieves dimostrandosi la nuova stratega.

In quell’esatto momento, infatti, i ragazzi avvertono il rumore di passi e ordini da parte di poliziotti e Dalì che, sfruttando il caos, erano riusciti a entrare e immobilizzare molte guardie e alleati di Roman.

“Dare fuoco?” chiede Cecilia non capendo la richiesta della migliore amica.

“Io so cosa fare!” risponde Dimitri sicuro di sé, girandosi verso il blocco di cenere e preparando il tutto.

“Moccioso! Sapevo che non ci saremmo mai dovuti fidare di te!” urla Gandia ricoperto di sangue a causa delle percosse ricevute da Axel che, però, accusa il prezzo di una scarsa preparazione militare e cade a terra ansante, con una mano sulle costole probabilmente rotte.

“A tua madre la mano, a te trapasso la testa!” digrigna i denti con aria maestosa il terribile Gandia, caricando la pistola e puntandola dritta alla fronte del giovane che prova a indietreggiare in tutti i modi. In quel momento i secondi per reagire sono pochi e tutti i presenti si slanciano verso il giovane nel tentativo di salvarlo dal colpo.

“Razzista di merda!” grida una voce non ancora ascoltata, appartenente al giovane Ramon che, con tutta la forza possibile, corre incontro a Gandia scansandolo. Il colpo viene sparato ma, fortunatamente, si rivolge al soffitto provocando solo un buco nel legno e un forte rumore che funge, così, da richiamo per le forze dell’ordine impegnate nell’analisi dell’edificio.

Una volta raccolta la pistola, è la stessa Nieves a intimare a una delle due guardie atterrate da Nairobi di fornirle delle manette. I due, intimoriti dalla vicenda e dall’essere ormai in trappola, offrono ciò che è stato loro richiesto e se la danno a gambe, provando a fuggire da una sconfitta che le avrebbe sbattute in gattabuia.

“Legalo a quel palo!” consiglia Nieves, facendo un cenno con la testa a Cecilia che, in poco tempo, ammanetta un frastornato Gandia.

“Andate! Io vado a salvare gli altri!” decide autonomamente Nieves, correndo fuori dalla porta veloce come un missile senza fermarsi di fronte agli avvertimenti dei presenti.

“No Nieves!” prova a fermarla Nairobi, non riuscendo più a parlare a causa della mano lesa.

“Mamma, dobbiamo portarvi fuori!” decide Cecilia, appurando le brutte condizioni di Nairobi e Axel che faticano a non cedere agli svenimenti.

“Portiamoli al sicuro! Dimitri, ci sei?” chiede Ramon, raccogliendo le forze necessarie a causa della debilitazione dovuta ai veleni iniettati e ingeriti nei giorni precedenti.

“Al mio tre… scappiamo di qui!” comunica il russo, fiero della propria creazione articolata in qualche minuto di tempo.

“Che cosa stai facendo?!” domanda Cecilia sentendo un forte odore di alcool che impregna il pavimento.

“Questo posto deve sparire. Bruciandolo riusciremo a scappare e nascondere le nostre tracce” taglia corto Dimitri avviando l’accendino che, in un millesimo di secondo, invade con la sua piccola fiamma un territorio cosparso di alcool.
  
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