Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: kamony    06/08/2022    6 recensioni
Un viaggio alla scoperta del cuore e dell'anima di Kuchel Ackerman. Chi è realmente questa giovane donna che fa la prostituta nella città sotterranea, ma che ha il coraggio di crescere un figlio da sola in un bordello? Quali sono le ragioni che l'hanno portata a queste scelte estreme? Ma soprattutto che tipo di rapporto aveva con il suo bambino?
Queste e altre piccole cose vi accompagneranno a conoscere la mia personale versione dei fatti sulla donna che ha scelto di regalarci Levi.
Genere: Angst, Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kenny Ackerman, Kuchel Ackerman, Levi Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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ATTENZIONE: questo capitolo contiene una breve scena di “quasi violenza sessuale” sebbene non si scenda in particolari e sia solo appena accennata (sennò avrei messo il rating rosso), potrebbe comunque risultare disturbante.
Lettore avvisato, lettore salvato!

 

Nei giardini che nessuno sa

 

2. La forza della vita


L’alcova a prima vista sembrava un posto accogliente.
C’era un grande letto rifinito di broccato rosso, con lenzuola oscenamente candide e profumate di una fragranza stucchevole che ricordava il glicine.
Quel profumo le feriva le narici ed era stomachevole. Aveva bevuto del liquore, ma continuava a tremare. Eppure l’aveva scelta con consapevolezza quella vita. Sembrava volesse espiare la maledizione legata al nome che portava. Quel nome che era costato la vita a Noam.
Quella era la sua prima volta.
La più difficile di tutte.
Non fu fortunata. Il suo primo cliente era un uomo sulla sessantina. Basso, grasso, sudaticcio, con un alito fetido da far vomitare. La guardava con cupidigia e si leccava le labbra, come se avesse l’acquolina in bocca. Quella ragazza era incredibilmente giovane e bella.
Kuchel sentì la nausea salirle dallo stomaco fin dentro la bocca, si chiese come avrebbe fatto a sopportarlo e a non rimettere. Ma aveva fatto una scelta da cui non si poteva più tornare indietro. Così, nonostante il ribrezzo che le faceva quell’uomo, angosciata e piena di paura si era sdraiata sul quel talamo sacrificale.
Subito quello si era calato i pantaloni e le era saltato addosso, tirandole su la gonna e strappandole i mutandoni di dosso. L’aveva violata a freddo come avrebbe potuto fare un qualsiasi animale durante una monta. Kuchel avvertì dolore. Era una violenza. Fu in quel preciso momento che la forza degli Ackerman si palesò in lei in tutta la sua maestosa potenza. Lo schifo, la paura, il dolore, la ribellione istintiva a quel gesto così prevaricatore, la fece tremare fin nel midollo. Fu un’implosione e venne attraversata come da una scossa. La sua mente di colpo si alienò completamente. All’improvviso non sentì più niente. Era lì, ma allo stesso tempo non c’era più. Fluttuava come in un’altra dimensione, dove nulla e nessuno poteva toccarla. Fu come se il suo corpo non fosse più suo.
In quella specie di trance le parve di udire la voce di Noan che le chiedeva di sposarla, sentiva il profumo dell’erba fresca, i grilli cantare, la brezza leggera di una lontana notte d’estate, poi fu solo oblio.
Quando quel porco, in pochi minuti, ebbe finito i suoi comodi, lei rinvenne come da uno svenimento.
Straordinariamente era quasi come se non le fosse accaduto niente.
La forza sovrumana degli Ackerman in Kuchel si era manifestata in modo diverso e anomalo. Nel suo caso era stata una cosa prettamente mentale, sebbene in parte riguardasse anche il suo fisico.
Questa sensazione extracorporea le fu incredibilmente utile in quell’inferno in cui si era volontariamente rintanata, anche se per fortuna non tutti i clienti erano come quello lì
.

 

*

 

Il bordello dove viveva Kuchel era gestito da una ex prostituta e da suo marito.
La donna, che aveva provato sulla sua pelle il degrado di quel mestiere, era molto più comprensiva ed empatica del marito. Quell’uomo avido invece, pensava solo al profitto, ma per fortuna era veramente legato alla moglie, di cui era stato un cliente. Poi se n’era innamorato e l’aveva sposata, elevandola da puttana a
maîtresse.
Madame B
ijou era una donna che aveva scelto di fare la prostituta per non morire di fame. Ne conosceva il fardello e non era mai del tutto riuscita a staccarsi da quella vita, forse per un malsano legame che non riusciva a recidere. Per questo, sebbene il marito potesse gestire da solo quel posto, lei aveva comunque voluto affiancarlo.
Non aveva mai capito perché una ragazza così giovane e bella, come lo era Olympia, fosse finita a vendere il suo corpo.
Aveva intuito che dietro ci fosse una voragine di dolore, che l’aveva portata ad una scelta estrema, per punirsi, o chissà che cosa.
La gente che viveva nel ghetto era tutta sopravvissuta a qualche sciagura. Ognuno si portava appresso un carico enorme, che solo la vita sotterranea poteva accogliere e a volte nascondere.
La ragazza aveva affittato una camera sopra il bordello, in cui c’era un letto, un lavatoio e una stufa per scaldarsi, ma anche per cucinare del cibo.
Kuchel aveva scelto l’opzione alcova che consisteva nel pagare un ulteriore affitto per una stanza in cui si ricevevano esclusivamente i clienti, lasciando intonsa la sua stanza personale.

Quando Kenny aveva ucciso Noam e lei aveva perso il bambino, le si era rotto qualcosa dentro, avrebbe voluto morire, ma il peggio doveva venire. L’avevano sorpresa nella stalla, sporca di sangue ed era stata accusata di assassinio. Nonostante tutto non poteva incolpare Kenny, anche perché essendo suo fratello, nessuno avrebbe creduto che lei non c’entrasse niente.
La molla che l’aveva fatta desistere da compiere atti estremi, era stato il nonno. Era molto malato e aveva davvero bisogno di aiuto, e se lei non avesse provveduto a darglielo sarebbe morto presto. Non poteva avere questo peso sulla coscienza dato che l’uomo, dopo la morte dei suoi genitori, l’aveva cresciuta.
Ma cosa poteva fare una ragazza così giovane che di lì a poco sarebbe stata braccata?
Aveva avuto una sola scelta: prostituirsi. Era l’unico modo veloce per avere abbastanza soldi per poter mantenere il nonno e le sue cure.
E poi fare la vita era per lei una sorta di espiazione. Un autolesionismo che sentiva come la giusta punizione per la morte di Noam. Odiava se stessa solo per il fatto di essere la sorella di Kenny. Sapeva che suo fratello era un essere malvagio. Senza coscienza. Senza empatia. Le faceva orrore avere i suoi geni e il suo stesso sangue. Voleva solo aiutare il nonno e poi forse, l’avrebbe fatta davvero finita, ma anche questa volta la vita le stava per riservare una sorpresa.

 

*

 

Era quasi la fine di aprile. La primavera era sbocciata, ma nella città sotterranea tutto, come sempre restava immutato. Si poteva intuire che la nuova stagione fosse arrivata solo dalle aperture, da cui faceva capolino un cielo terso e celeste, rallegrato a tratti dallo svolazzante cinguettio di qualche uccellino.
Kuchel, che ormai da tempo lavorava nel bordello, di certo non era il tipo da soffermarsi a guardare il cielo, né di pensare alle stagioni. Le importava poco di tutto. Era come un arbusto cresciuto in mezzo a delle pietre: la vita la subiva suo malgrado.
Stava camminando rimuginando su quello che doveva acquistare, quando un pensiero improvviso, come una saetta, le squarciò la mente. Si fermò di colpo e con sorpresa realizzò che le era saltato il ciclo. Fu come una botta in testa. Ebbe una sensazione simile a come quando ti svegli di soprassalto, infatti sussultò e restò senza fiato.
Eppure era stata attenta come sempre, aveva meticolosamente usato il ditale con la spugna imbevuta di aceto
(1), possibile che fosse rimasta incinta?
Questa eventualità la sconvolse facendola rabbrividire fin nelle viscere.
La sua esistenza era monotona, ripetitiva e assolutamente drammatica. Sembrava essere diventata una bambola di pezza, che veniva sbattuta da una parte all’altra: vuota e inerme.
Si era arresa ad un destino amaro, senza speranze, né illusioni.
Questa novità la schiaffeggiò risvegliandola dal quel torpore fatale. La prima reazione istintiva fu di panico. E ora, se fosse stata incinta, cosa avrebbe fatto? Era un’eventualità questa che non aveva messo in conto, sebbene il tipo di vita che aveva scelto, comportasse proprio rischi di questo tipo. Certo, ogni prostituta usava i suoi metodi per ovviare a certi problemi, ma nessuno di questi era infallibile. Molte di loro erano ricorse anche a procedimenti estremi e definitivi per evitare gravidanze indesiderate, ma lei intorpidita dal suo dolore, neanche ci aveva mai pensato. Faceva tutto molto meccanicamente, affidandosi ai consigli esperti di Madame B
ijou.
Passarono alcune settimane in cui fu preda di grande confusione e sgomento. La cosa più logica sarebbe stata sbarazzarsi di quel problema, oltretutto non aveva neanche la più pallida idea di chi potesse essere l’eventuale padre. Quella gravidanza era proprio il frutto del caso.
Ma esiste veramente il caso?
Intanto il tempo passava.

Ciò che la dilaniava era che quel ritardo le rammentava quello che voleva disperatamente dimenticare. Le ricordava un’altra vita, quando una stupida ragazzina innamorata aveva creduto di poter coronare il suo sogno e magari costruire un futuro felice. La famiglia era sempre stata tutto per Kuchel, forse proprio perché le era mancata.
Per questo ora era disorientata e confusa.
Si ritrovò persa in un vortice che la sballottava come una foglia in balia del vento. Non aveva con chi confrontarsi era sola ad affrontare i suoi demoni. Ma quella ragazzina piena di vita, che era stata un tempo, nonostante tutto, era ancora lì, dentro di lei che lottava per poter riemergere. E nonostante i dubbi e la paura folle, giorno dopo giorno, quella novità imprevista, le faceva formicolare qualcosa dentro, qualcosa che credeva morto per sempre.
Un giorno, mentre stava camminando per strada perse l’equilibrio, prima di cadere in ginocchio istintivamente si protesse la pancia. Quel gesto le fece salire un magone enorme. Ma fu anche una sensazione bellissima, come un eco, un richiamo lontano, quasi ancestrale. Il canto di una sirena ammaliatrice che aveva il sapore di un’insana follia.
Con il passare dei giorni Kuchel si era aggrappata all’idea di quella creatura che le sbocciava in grembo, come un naufrago si aggrappa ad un tronco d’albero per non affogare.
Quel germoglio piantato per sbaglio, era la vita che si riappropriava di lei.
Ad certo punto, come una luce che squarcia le tenebre, fu tutto adamantino, o forse lo era sempre stato, solo che lei lo poteva vedere solo adesso.
Non le importava sapere come, chi, e perché. Non era importante, non per lei che aveva perso tutto.
Ciò che contava era come si sentisse adesso: viva, nuova, forte.
Era grata per questo regalo inaspettato.
La speranza stava fiorendo.
Era l’opportunità di dare un senso a quella vita, una cosa solo sua: carne della sua carne, la sua creatura.
Tutto era cominciato ad aprile e quando a giugno ebbe la certezza matematica di essere incinta, chiese a Madame B
ijou il permesso di potersi assentare per poter andare a trovare suo nonno. La donna, nonostante la riluttanza del marito, le dette il suo beneplacito.
L’idea di Kuchel era quella di
tornare a casa. Voleva dare alla sua creatura una vita decente, soprattutto se fosse stata una bambina, eventualità che le metteva una gran paura addosso.
Raggiunse l’abitazione del nonno piuttosto velocemente anche se l’uomo risiedeva abbastanza lontano dal bordello. Come arrivò nei pressi della casa qualcosa la mise in allarme, non seppe dire cosa fosse, fu una cosa istintiva, non bussò alla porta e furtiva andò ad acquattarsi in prossimità di una finestra.
«Allora vecchio non si è ancora vista quella cagna di tua nipote?» disse un individuo corpulento dall’aspetto poco raccomandabile.
«Te l’ho detto, è quasi un anno che non la vedo. Non ho idea di dove sia, per quanto ne so potrebbe essere morta!»
«E i soldi chi te li manda eh, vecchio?» lo incalzò quello afferrandolo per il bavero.
«Mio nipote, ovvio! Come potrebbe mai una ragazzina trovare un lavoro e mantenermi senza che la scopriste!».
Non ascoltò altro. Suo nonno la stava proteggendo, da quello che probabilmente era uno scagnozzo dei Lobov, che evidentemente non si erano ancora arresi e volevano fargliela pagare.
Se voleva salvaguardare la vita del nascituro doveva tornare di corsa al bordello e rimanere rintanata lì, dove non conoscevano neppure il suo vero nome.


*


Convincere il marito di Madame Bijou, a farle tenere il bambino, era stata un’impresa ardua.
Non ne voleva sentir parlare di marmocchi ma soprattutto non voleva perdere i suoi guadagni. Olympia avrebbe potuto lavorare solo fino a quando non le si fosse vista la pancia e poi addio introiti, e lei gli rendeva molto bene. Non era proprio cosa.
Eppure la caparbietà di Kuchel ebbe la meglio.
Gli promise che lo avrebbe ripagato di ogni perdita, e che avrebbe aggiunto gli interessi per ogni giorno di lavoro perso, oltre che darsi da fare per tenere il bordello pulito, ovviamente gratis. Alla fine, soprattutto grazie alle insistenze della moglie, l’uomo si convinse.

Era il 25 dicembre, anno 818 quando Kuchel dette alla luce suo figlio.
Il parto fu doloroso e sfiancante, ma niente fu paragonabile all’immensa gioia che provò, quando finalmente strinse tra le braccia quel fagottino che emetteva il suo primo vagito.
Lo aveva atteso e immaginato per nove mesi, tra gioie e timori.
Fu grata e felice che fosse un maschio. Era ancora sporco e tremante, ma vivo e caldo. Piangeva forte e Kuchel pianse insieme a lui. Lacrime dolci, che non aveva mai versato prima. Dentro si sentì come divorare da un fuoco. Era quell’amore così grande e così prepotente, che solo una madre che ha tessuto suo figlio in grembo può provare. Un amore più forte del dolore, del degrado, della paura e della morte. Un amore tanto intenso, da far male al cuore.
Guardò la sua creatura, le parve la cosa più bella e più preziosa del mondo. In vita sua non aveva mai provato una gioia così devastante, che la faceva tremare fin nell’angolo più remoto dell’anima.
Lo strinse forte al petto, lo guardò innamorata come si guarda un miracolo, gli baciò la fronte e disse:
«Tu sei Levi. Il mio Levi».

 

NOTE
Significato nome Levi: nome ebraico לֵוִי (Lewi), che tradizionalmente viene interpretato come "congiunto", "unito", "affezionato" o "unione", "vincolo", dal verbo lawah, "affezionarsi". (Fonte Wikipedia)
Non ho prove, ma non credo che Isayama abbia scelto questo nome a caso (tra l’altro ha usato un sacco di nomi ebraici e io l’ho imitato, anche Noam è di origine ebraica). Personalmente a me piace pronunciarlo Le-vi, senza inglesizzarlo in Li-va-i, anche per rispetto alla cultura ebraica, da cui il nome stesso proviene. Poi, ovviamente ognuno lo legga e lo chiami pure come vuole (mai Rivaille però eh!!!), e ci mancherebbe altro ;)
L’anno di nascita di Levi (che non conosciamo esattamente) me lo sono inventato studiando un po’ le timelines dell’opera originale, prendetelo comunque come headcanon, perché ci si può avvicinare, ma non ci sono certezze.
(1) Ditale e spugna imbevuta di aceto sono metodi “anticoncezionali” antichi. Il ditale era in voga tra il ‘500 e il ‘700 circa e la spugna imbevuta di aceto, non saprei dirlo con precisione, ma pare fosse molto famosa già dall’antica Roma.

 

LE NOTE DELL’AUTRICE
Questo capitolo mi ha fatto vedere i sorci verdi.
È stato in assoluto il più rognoso da scrivere per tanti motivi. Il passaggio più ostico fra tutti è stata la prima volta da prostituta di Kuchel.
Spero solo di aver reso al meglio la scena senza calcare la mano sulla situazione. Ci tenevo molto a fare le cose a modo, troppo spesso il non-con o la prostituzione vengono usati in modo che personalmente non mi piace e danno anche una visione non realistica di cosa queste cose (tremende) possano essere per un essere umano.
Certi argomenti, per me, sono e restano molto seri, e ci tenevo a non urtare la sensibilità di nessuno, perché non si sa mai chi legge dall’altra parte dello schermo e che bagaglio di vita si porta a presso.
Ora smetto di tediarvi e vi do appuntamento al prossimo capitolo, che sarà anche l’ultimo!
Un grazie sentito a chi legge, tanta riconoscenza a chi commenta e anche un grande grazie a chi ha già messo questa mia fic tra seguiti-ricordati-preferiti
Buon week end a tutti!
🌼

  
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