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Autore: ___Page    14/08/2022    2 recensioni
«Sarai emozionata per il tuo primo Cahya Mera»
«Suppongo di... sì?» ribatté incerta Perona, voltandosi verso Ace in cerca di aiuto, ma il moro non sembrava saperne più di lei.
«È una nuova ricorrenza locale?»
«Nuova?» chiese conferma Yamato con una smorfia tra l'incerto e il divertito prima di venire colpita da un dubbio. «Aspetta, sei serio? Non sai cos'è il Cahya Mera?»
«È il festival di stasera Ace» venne in suo aiuto Izou ma con scarso successo.
«Festival...»
«Con la musica in piazza e le lanterne di carta»
«Okay mi dice qualcosa»
«Che c'è la luna rosa» intervenne Koala.
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«Mh» mugugnò Nojiko, finendo di asciugarsi le mani, prima di posarle sui fianchi con fare riflessivo. «Potresti provare»
«Che cosa?»
«A dimenticare» fece spallucce la barista. «Stasera è il Cahya Mera»
Ishley la fissò qualche istante prima di parlare. «Non sei seria»
«Perchè no? La Luna esaudisce i desideri stanotte, e il tuo è così sincero»
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Importante: trama del primo capitolo editata!
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altro Personaggio, Izou, Jewelry Bonney, Portuguese D. Ace, Sabo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Ho bisogno di cioccolato»
«Sono sicura che troveremo qualcosa, Pur, abbi fede»
«Ehi Perona!»
Viste da fuori, le quattro ragazze non sembravano avere niente in comune. Del tutto diverse in stile, abbigliamento e carattere, formavano forse il gruppo più eterogeneo sceso nelle brulicanti strade di Waterwheel quella sera.
Certo non era facile da affermare, sia vista la quantità di gente che si era riversata nelle vie della piccola cittadina di mare, sia perché in verità, e chi si fosse preso la briga di osservarle più attentamente se ne sarebbe subito accorto, le quattro amiche erano parecchio affiatate. In perfetta sintonia.
«Perona»
«Mh?»
«Cerchi i tuoi nuovi amici?» Aisa si schiantò su Perona con un sorriso saputo, distraendola dal suo guardarsi intorno con attenzione.
«No, assorbo l'atmosfera. E non sono miei amici»
«Modalità tsundere attiva» avvisò Reiju, occhiando uno stand che forse in altre circostanze sarebbe potuto apparire defilato, ma c'erano così tante bancarelle e persone che non sembrava esistere una logica nell'allestimento di alcunché. «Pur, là mi sembra che vendono dolci»
«E chi te l'ha chiesto?» ribatté acida Pudding, coprendosi poi la bocca con la mano, gli occhi che imploravano perdono. «Oddio Rei, scusa! Non volevo è che me lo hai detto proprio come lo dice Yonji»
«Questa vacanza non doveva servirti tra le altre cose a non pensare a lui?»
«E che colpa ne ho io se me lo ricorda?! Sono fratelli!»
«Pudding, tutto ti ricorda Yonji. Le cuffie per la musica di Perona, i civici con il numero quattro, il gelato menta e cioccolato e, per ragioni che mi sfuggono e non voglio conoscere, anche le meduse. Davvero, non pensi sia ora di deporre le armi e chiamarlo?» argomentò con quanta più delicatezza Reiju.
«No e non è come dici, non più» asserì solenne, braccia strette sotto il seno. «Non mi fa più nessun effetto, quel tempo è ormai passato»
«Ehi, ciao Yonji!» sollevò il braccio in aria Aisa, guardando poco oltre la spalla di Pudding, che saltò su come una molla mentre si girava di scatto verso molta gente che andava e veniva per la strada, nessuno in alcuna maniera anche solo lontanamente simile a Yonji.
«Aisa...»
«E l'altra che continua a cercare i suoi nuovi non amici» sospirò Aisa.
«Ci ho passato mezza mattina, perché mai dovrei definirli amici?»
«Perchè ci hai passato mezza mattina?»
«Per Kumachi e perché non sapevo se tornando vi avrei trovate ancora all'ombrellone e a me non piace stare da sola!»
«Okay, mi hai convinto» confermò Aisa, dopo un istante di riflessione, incurante dell'occhiata esasperata e genuinamente assassina dell'amica. «Poi però ce li presenti?»
«Sto pensando di barattarti direttamente con Satch» scattò Perona, attirando tutta l'attenzione su di sé.
«Chi è Satch?» chiese con falsa noncuranza Reiju, mentre Pudding si appropriava del braccio libero di Perona, fiutando l'imminente fuoco incrociato ai danni della sua migliore amica.
«Non quello che pensate voi. Credo che la piazza principale sia di qua» indicò a braccio teso una delle strade illuminate con lanterne di carta dai colori delicati. Profumo di erbe aromatiche aleggiava nell'aria, che vibrava per i bassi della musica ancora indistinguibile da quella distanza, ma già abbastanza vicina da attirarle come una calamita.
«E quindi, questo Satch?» ritornò all'attacco Aisa una volta imboccata la via prescelta.
«Ha il ciuffo a banana, probabilmente una brutta scottatura sulle spalle ed è appicicoso» ribatté indefessa Perona, che dopo aver incassato battute e insinuazioni per tutto il pomeriggio non aveva intenzione di farsi smuovere neanche sotto tortura. «Ma carino»
«Carino» ripeté Reiju, a metà tra una domanda di conferma e una presa di coscienza.
«Sì beh, sono tutti carini. Non nel senso di carini carini, cioè sono carini anche esteticamente e come gruppo, tipo che sono armonicamente carini ma non carini carini. Solo carini. E basta»
«Carini e basta» annuì Reiju, prima di rivolgere un sorriso beffardo alla propria migliore amica, la cui espressione lasciava trasparire non poca confusione. «Capito, Aisa?»
«Veramente non...»
«E qualcuno di carino carino» chiese Pudding. «Per me, dico»
«Per te mh?» ci rifletté Perona. «Forse qualcuno c'è. È un bel tipo, spalle larghe, ghigno strafottente...»
«Già mi piace»
«...sopracciglia a ricciolo, si chiama Yonji e sta aspettando che tu lo chiami»
«Anche tu?!» si indignò Pudding.
«Ehi, io lo dico per te» mise in chiaro Perona. «Non ti godi le vacanze così e comunque, mi spiace, ma l'unico carino carino è Ace e non è adatto a te»
«Oh» la bocca di Reiju si arrotondò con eleganza praticamente all'istante, prima di piegarsi in un sorriso etereo. «Quindi qualcuno di carino carino effettivamente c'è»
«E Rei intende qualcuno che tu, Perona, trovi carino carino» precisò Aisa.
Perona si accigliò, spostando gli occhi da Reiju ad Aisa e ritorno. Normalmente avrebbe sottolineato quanto fossero poco carine a volerla usare come argomento di gossip ma le conosceva troppo bene per stupirsi o lamentarsi della cosa.
«Perchè siete così ossessionate dai miei nuovi non amici?» decise invece di chiedere.
«Perchè non vogliamo che ti fai frenare anche quest'anno dalla tua fobia del flirt estivo» fece spallucce Aisa, con la delicatezza di un panzer.
Perona sbatté le palpebre lentamente, per tre volte.
«La mia cosa?!»
«È successo anche l'anno scorso e due anni fa» argomentò Reiju, senza colpo ferire.
«A proposito di chi non si gode le vacanze»
«Non esiste una fobia del genere»
«Eppure tu ce l'hai»
Perona sgranò gli occhi e aprì la bocca ma nessun suono vibrò nella sua gola. Era senza parole, davvero senza parole. Non potevano essere serie, eppure lo sembravano eccome.
«Perona non fraintendere è che... ecco...» cercò di spiegarsi Reiju.
«Oggi sei tornata all'ombrellone parlando di questi tizi che hai incontrato per caso e sembravi contenta» intervenne Pudding. «Tipo molto contenta, come se ti fosse successa una cosa di quelle belle belle. E non vogliamo che rinunci a qualche possibile evoluzione di questa faccenda solo perché hai paura dei flirt estivi» si strinse nelle spalle a mo' di scuse.
«Ma... ma... anche tu?!»
«Ehi, io lo dico per te!» ribatté Pudding, i suoi occhi di colore diverso lampeggiarono per un attimo. «E poi...»
«Perona? Sei tu?»
Perona si voltò più o meno forse dove era arrivata la voce che la chiamava, ancora stordita dalle rivelazioni delle amiche.
Non si riconosceva in quella descrizione eppure Pudding, Aisa e Reiju sembravano così convinte delle proprie affermazioni.
«Ehi! Sì, sei tu!» esclamò un concentrato di luce pura che Perona ci mise ancora qualche secondo a identificare come Yamato. «Non ero sicura perché non vedevo in giro il botolo. A proposito dov'è? Con Ace?»
«N-no, è rimasto con la signora che ci affitta la casa, era stanco e... Non ho idea di dove sia Ace» rispose Perona, cercando di recuperare il filo del discorso e anche di aggiungere che non le interessava minimamente dove Ace fosse.
«Oh sono certa che questa condizione cambierà molto presto. Mi fa piacere che siete venute alla festa! È sempre bello accogliere nuovi turisti con questa atmosfera!» Yamato allargò le braccia, ignorando l'interdizione di Perona nel rivolgersi alle sue amiche che, dal canto proprio, ignorarono l'interdizione di Perona per dare retta a Yamato.
«Sei tipo nel settore turistico?» si accigliò Aisa.
«Che?! No no! Voi invece siete le amiche con cui Perona è qui in vacanza» le indicò con l'indice, il braccio piegato. «Centro?»
«Perfetto» confermò Reiju.
«Ah che piacere conoscervi!­» esclamò Yamato con occhi brillanti. «Non so come ringraziarvi per prendervi cura della nostra Perona­»
«Oh ma figurati­» ribatté prontamente Aisa, mentre Pudding sfoderava il suo peggior cipiglio possessivo. «Non si resiste a quegli occhioni, chiunque l’avrebbe raccolta, siamo solo arrivate prima»
«Appunto!» rincarò la dose Pudding, impedendo a Perona di minacciare di morte Aisa o, forse, di attuare direttamente la minaccia. «Siamo arrivate noi per prime! Noi!» mise in chiaro mentre marcava il territorio anche fisicamente.
«Oro olimpico!» sparò entrambi i pollici al cielo Yamato, per poi piegarsi verso Pudding con un misto di stupore e apprezzamento. «Ma che spettacolo questi occhi» mormorò con una trasparenza di cui neanche il più diffidente degli uomini avrebbe potuto dubitare. «Beh io devo andare, buon Cahya Mera. Ciao Ishley!» annunciò che già si allontanava, il braccio piegato a salutare.
Ancora frastornata dall’uragano formato ragazza che le aveva appena investite, Perona si voltò di tre quarti, ritrovandosi faccia a faccia con l’altro soggetto femminile non proprio socialmente funzionale della compagnia. Ovviamente non era come se lei per prima potesse definirsi tale, men che meno la sua migliore amica né le due figlie di Mefisto con cui ormai faceva gruppo da quattro anni.
E Ishley le piaceva, tanto.
Le era piaciuta a pelle sin dal primo momento, nonostante la quantità di parole che riusciva ad articolare al secondo.
Yamato al confronto era una pivella.
«Ciao Perona­­! Ma era Yamato quella?»
«E chi altri?» confermò Perona, mentre studiava come, rispetto a quella mattina in spiaggia, Ishley avesse un’aria molto più distesa. Perona non ci avrebbe fatto neanche caso se durante il bagno a cui si era aggregata non fossero state dette cose eloquenti o meno, ma lei si era aggregata e cose erano state dette e quindi Perona sapeva che Ishley non se la passava particolarmente bene.
In quel momento non lo dava certo a vedere, con i capelli sciolti sulle spalle, l’abito brillante, il trucco luminoso. Forse aveva sistemato la faccenda nel pomeriggio.  
«Dove sono gli altri?­­­» domandò e Ishley si strinse nelle spalle.
«Non lo so­»
O forse no.
«Sono uscita dopo, non mi sentivo molto bene, lo… lo stomaco…­­» fece una smorfia, muovendo una mano davanti all’addome. «E quindi niente, sono io con me stessa. Non volevo perdermi il Cahya Mera» sorrise anche alle tre amiche di Perona che non stavano neanche fingendo di non ascoltare.
«Perché non ti unisci a noi allora?­» Pudding si sporse in avanti, nello stupore generale.
Considerato che Yamato aveva appena risvegliato il suo lato più possessivo e che Ishley sembrava andare d’accordo con Perona, la reazione meno prevedibile per lei era decisamente invitarla a restare.
Ma Ishley non sapeva nulla di tutto ciò e trovò estremamente gentile l’offerta.
«Io non vorrei mai…­­»
Troppo gentile per rifiutare.
«Se vi fa piacere volentieri!­» si corresse dopo un istante di esitazione.
Un piacevole calore le pervase il petto quando le altre due amiche di Perona la trascinarono tra loro, o meglio quella chiamata Aisa la trascinò mentre quella chiamata Reiju si limitò ad agganciarsi al suo braccio libero. Fatto sta che nel giro di pochi minuti Ishley stava guidando il gruppetto per le strade di Waterwheel, a braccetto con due estranee che la ricoprivano di domande e insinuazioni, costantemente richiamate da Perona e Pudding.
E per la prima volta da settimane la morsa allo stomaco fu sul punto di svanire del tutto. Dopotutto, Ishley se lo sentiva che sarebbe stata una splendida serata. 
«Dove volete andare?»
«Tu dove vuoi portarci?­­» sorrise serafica Reiju.
«La piazza principale è di là­» spiegò Ishley, dopo un momento di esitazione. «Ma da questa parte c’è un gruppo di ragazzi che suona, non è un’esibizione concordata ma è diventata un’abitudine e infatti si mettono sempre nello stesso posto ogni anno, così chi vuole ascoltarli sa dove trovarli. Spesso si balla anche»  
«Non te lo facciamo ripetere due volte allora» ribatté Reiju, ancora agganciata al braccio della new entry del gruppo. Fu solo quando, dopo una camminata non tanto lunga sotto a lanterne di carta e tra bancarelle brulicanti di vita, colori e profumi, giunsero nello spiazzetto antistante una manciata di negozi che lei e Aisa la lasciarono finalmente libera, per avvicinarsi ai margini della folla già riunita, dietro cui la musica si levava al cielo.
«Ehi Ish, tutto bene?­» la affiancò all’istante Perona, prendendola sottobraccio. La parte della giovane non impegnata a tenere d’occhio Pudding e sue eventuali ritorsioni verso la nuova arrivata, per aver osato provare a rubarle la migliore amica, rimase sinceramente colpita dalla naturalezza con cui aveva compiuto il gesto, lei che concedeva la propria confidenza solo a pochissime persone e solo dopo molto tempo. Ma non era il momento di stare a pensarci. «Ascolta se ti importunano o fanno qualcosa di fuori luogo, dimmelo. Non sono cattive, solo un pochino…» sadiche suggerì la voce nella sua testa, ma decise di ignorarla e scacciarla con un cenno secco del capo. «…senza filtri, ecco­»
Ish lanciò un’occhiata verso di loro, senza sganciarsi da lei, continuando a camminare tra la folla. «Senza filtri eh? Già le adoro» sussurò con un sorriso, ricevendone uno in risposta.
 

 
§

 
«Trafalgar, non ho passato un’ora e mezza a sistemarle i capelli perché tu rovinassi tutto con la tua patologica libido. Molla un po’ il colpo»
«Non ti darà mai retta, lo sai Bon?»
«E sappiamo tutti che sei solo invidiosa»
«Per non dire ipocrita, di eccessiva libido parlando»
«E finitela anche voi, sembrate i tre dell’ave maria»
«Avete ragione tutti e quattro» concluse Marco, saggiamente, ignorando le varie occhiate che furono spedite nella sua direzione, per poi rubare le parole a Ace, quando lo vide battere le mani e sfregare insieme i palmi. «Andiamo a prendere da mangiare?»
«Mi hai letto nel pensiero, amico!­» si esaltò il moro, dandogli una goliardica pacca sulla spalla a cui Marco rispose con un mezzo sorriso, difficile dire se di scherno o sincero.
«Non era molto difficile»
«Io sono con Marco, leviamoci questa incombenza»
«Finalmente qualcuno che dice cose sensate» Bonney diede manforte a Izou.
«Da dove iniziamo?» si guardò intorno Ace, l’eccitazione ai massimi storici. Come sempre, al Cahya Mera c’era l’imbarazzo della scelta e, come sempre, si sapeva che lui, Sabo e Bonney avrebbero provato di tutto, ma bisognava comunque decidere un punto di partenza. «Fratello, tu da dove dici di iniziare?»
«Ehi eccola! Ho visto Ish!» fu la risposta del biondo, che era stato presente solo nel corpo negli ultimi quindici minuti, il collo perennemente allungato a scrutare tra la folla. Bonney morse tra i denti un’imprecazione, mascherandola con un sospiro mentre Izou al suo fianco arcuava un sopracciglio.
«No, non è lei» lo liquidò Law senza pietà.
«M-mh Law ha ragione, non è il suo vestito» confermò Koala, mentre un’aura di desolazione circondava la figura di Sabo.
Un giro di occhiate rimbalzò da uno all’altro quando Sabo lasciò cadere a peso morto capo e spalle con uno sbuffo.
«Qualcosa ti preoccupa?»
«Se vuoi posso tornare a casa a controllare se Ish è ancora là e sta b…»
«No Satch, non voglio che tu, di tutti gli individui presenti, vada a sincerarti delle condizioni di mia s… di Ishley» lo trucidò con gli occhi, prima di distogliere lo sguardo quando la lingua gli inciampò tra le labbra. «Basta telefonarle»
«È una buona idea, chiamala così poi possiamo andare a mangiare»
«Ace!» tre voci e cinque paia di occhi lo investirono con disapprovazione, mentre Sabo si rimetteva a cercare tra la folla, il collo allungato.
«Che c’è?!»  
Bonney e Koala si scambiarono un’occhiata fatta di complicità ed esasperazione e una muta conversazione intercorse tra di loro, per gentile concessione del Trafalgar che aveva smesso di attentare all’acconciatura di Kay per cinque minuti.
«Dai su, gambe in spalla culo di marmo, andiamo a cercare cibo» Bonney diede una gomitata a Ace, indicando con un cenno del capo in direzione del torrione, prima di aggiungere: «E possibilmente anche gnocca»
«Ehi ehi ehi, diciamoli precisi i programmi. Se si rimorchia, ci sono anch’io» si intromise subito Satch, affiancando Bonney sull’altro lato.
«Noi restiamo ancora un po’ in piazza a vedere se individuiamo Ish, okay?» affermò Koala, lasciando che fosse Law a comunicare non verbalmente che in realtà lo facevano solo per Sabo e che nessuno aveva intenzione di stalkerare la piccola di casa e che, anzi, Sabo se l’era solo cercata.
 «Okay» Izou scrollò le spalle, stiracchiando un po’ la schiena. «Allora io ne approfitto per andare a fare scorta di shampoo solido, poi ci riaggiorniamo nella chat di gruppo» si avviò verso la strada che ospitava la bancarella che gli interessava, solo per fermarsi fatti due passi.
«Vengo con te, Izou» lo raggiunse Marco in una singola falcata. «Mi sgranchisco le gambe»
«Prendiamo anche le lanterne!» alzò la voce Izou, ricevendo un cenno di risposta da Koala, mentre già lui e Marco si immergevano tra la folla.
Watherweel brulicava di odori e suoni, di turisti e abitanti del luogo, di vita e malinconia. L’onda bianca e azzurra si muoveva fluida tra le bancarelle, sotto alle file di lampadine dalla luce calda e rosata che illuminavano gli stand, le finestre delle case, ogni angolo della cittadina.
Come ogni anno, il Cahya Mera era una magia.   
«Sabo è strano oggi» fu Marco a spezzare il contemplativo silenzio in cui erano caduti camminando. Izou gli lanciò un’occhiata in tralice.
«Intendi più del solito?» provò a buttarla sull’acido, salvo poi sforzarsi di pensarci con più impegno quando Marco alzò un sopracciglio con rimprovero. Izou sospirò. «Era piuttosto impanicato di perdere Ish di vista»
«Quindi non me ne sono accorto solo io»
«Secondo me è perché Ish ha “conosciuto un tizio” al bar della spiaggia» fece le virgolette con le dita, scettico. Ci avrebbe scommesso la sua collezione di kanzashi che non era niente degno di nota e che Law lo aveva detto solo per provare a svegliare Sabo e mettere fine a quell’agonia. «Però Sabo non può avanzare nessuna pretesa e se Ish stasera è voluta uscire con qualcun altro, il tizio del bar incluso, ha tutto il mio appoggio»
«La situazione di Sabo non è semplice»
«Lo so, non dico questo» Izou gesticolò per sottolineare il concetto. «Ma anche l'onestà verso se stessi è importa...»
«Ciao Izou!!»
«...'nte. Yamato?» si voltò accigliato, scrutando tra la folla e non lo vide arrivare. La botta lo prese alla sprovvista, spingendolo all'indietro e di lato, faccia a faccia con un ragazzo, anche lui intento a mantenere l'equilibrio.
«Scusa» alzò le mani ai lati del viso, per poi passarne una tra i capelli.
«Figurati!» anche Izou sollevò una mano in segno di rassicurazione e saluto, flashando un sorriso prima di riprendere il discorso dove lo aveva lasciato e continuare per la propria strada con Marco.
Il ragazzo avrebbe fatto altrettanto se qualcosa di luccicante a terra non avesse attirato la sua attenzione. Socchiuse gli occhi mentre si chinava a raccogliere un oggetto lungo e sottile, in argento, alla cui estremità era attaccata una pallina dello stesso materiale, finemente traforata, da cui penzolava una fila di pietruzze turchesi. Non aveva idea di cosa fosse ma qualcosa gli diceva che non sbagliava a intuire a chi appartenesse.
Si rimise in piedi ma era già troppo tardi, il moro con cui si era scontrato era già sparito tra la folla. Il ragazzo scrutò ancora un momento e poi si strinse nelle spalle, infilando attentamente in tasca l'oggetto non meglio identificato, prima di tornare sui propri passi.  
 

 
§

 
«Credetemi, queste due cavità sono il risultato di anni e anni di allenamento»
«Satch, io vorrei tanto che tu fossi in grado di usmare gnocca a distanza ma, siccome sappiamo che questo non è possibile e, anche se lo fosse, tu non sei chiaramente stato benedetto con questa abilità, restiamo sul cibo, okay?» Bonney puntò due indici pistola verso l'amico, imitando il suo gesto distintivo ma con un'espressione scettica che rovinava volutamente l'insieme. «Usa le tue magiche narici per districarti tra tutti questi odori e trovare lo stand che fa i calamari grigliati»
«Da quando sei così schizzinosa sul cibo, Bon?»
«Non sono schizzinosa, Ace, ho solo voglia di calamari. E comunque non è chiarissimo da dove arrivi l'odore di cibo, in ogni caso» si strinse nelle spalle indicando a braccia tese le tre stradine che si estendevano davanti a loro.
«Possiamo sempre dividerci» considerò Ace, senza perdersi d'animo.
«Ah nope, negativo Portuguese» ribatté immediatamente Bonney. «Poi toccherebbe a me recuperarvi e non ho nessuna intenzione di farvi da balia, io sono qui per mangiare»
«Credevo l'obiettivo fosse anche rimorchiare» protestò Satch.
«Con la sfiga che porti non penso che vedrò neanche l'ombra di un pelo fino alla fine dell'estate» sbuffò Bonney, proprio mentre una figura alta e slanciata e atletica e famigliare, sgusciava fuori dalla folla che colmava la stradina centrale, i capelli color perla tinti di azzurro sulle lunghezze che svolazzano nel vento.
«O forse no»
«Ehi ragazzi!» si sbracciò Yamato, le mani piene di spiedini.
«Ehi Yami!» rispose con lo stesso entusiasmo Ace.
«O-oh ma buona sera bambola»
«Satch, giù le mani, l'ho vista prima io» fece in tempo a sibilare Bonney prima di ricomporsi.
«Ehi! Come va?!» Yamato si fermò di fronte a loro, ondeggiando con gli spiedini che emanavano un profumo paradisiaco. Un profumo di...
«Calamari! Eccoli!» Satch indicò gli spiedini e la loro portatrice con due indici pistola.
«Eccoli!» confermò Yamato con una risata.
«Dove li hai presi?» non perse tempo Ace e Yamato indicò con una manciata di spiedini verso la stradina da cui era arrivata. «Ma sono tutti lì per mangiare, se volete questi vi conviene fare il giro da quella strada, e passare dalla piazzetta della vecchia pesa. Ne volete qualcuno intanto?»
«Volent...»
«Portuguese» lo interruppe con aria di rimprovero Bonney, lasciando però così campo libero a Satch, che affiancò Yamato per metterle un braccio sulle spalle con la sua "mossa del giaguaro".
«Accetto solo se te ne fai offrire altri» le fece l'occhiolino, senza provocare il minimo cambiamento di espressione o attitudine nella ragazza.
«Sei un cavaliere Satch, ma davvero, non sono tutti per me. Ho solo dato ragione, e dimostrato che l'aveva, al venditore in un dibattito con un cliente ed era così soddisfatto che mi ha letteralmente riempito di spiedini. Ecco» ne ficcò tre in mano al capellone per poi fare lo stesso con Ace e Bonney. «E poi devo andare da un'altra parte, ma ci si vede in giro, okay?»
Si avviò con solo uno spiedino per mano, girandosi un'ultima volta per ribadire «Passate da là!» prima di sparire tra la folla.
I tre rimasero immobili e interdetti, gli spiedini grondanti di salsa rivolti al cielo terso.
«Ecco» Bonney fu la prima a sbloccarsi. «L'hai fatta scappare, Melville. Complimenti» lo accusò per poi partire a passo di marcia verso la stradina prescelta, quella segnalata da Yamato.
«Io le donne le faccio scappare solo nella mia direzione, Bon»
«Ma sono fantastici questi calamari. Ehi oh, ma mi aspettate?!»
 

 
§

 
Le amiche di Perona erano una forza della natura. Non che Perona non lo fosse, Ishley non la conosceva ancora abbastanza ma aveva visto a sufficienza da sapere che quelle quattro erano spiriti affini. Semplicemente la rosa non esprimeva il proprio potenziale con la stessa spensieratezza di Aisa e Pudding, e neanche con la stessa sofisticata noncuranza di Reiju.
Si era preoccupata che fosse il contesto a frenarla, di averla messa in una situazione per lei disagevole, ma tutte l’avevano rassicurata che si era presto allontanata dalle danze, in corso nella piazzetta, perché davvero aveva voglia di uno spiedino di frutta caramellata. Reiju l’aveva raggiunta poco dopo per comprarsi un’acqua tonica, Ish si era fatta la treccia per muoversi più liberamente e Pudding e Aisa erano rimaste con lei a scatenarsi.
Pudding aveva un senso del ritmo invidiabile, Aisa compensava con l’entusiasmo, ed entrambe l’avevano ormai eletta a loro ufficiale insegnante di danze tribali, seguendo con attenzione ogni suo passo.
«Ma quindi tu sei shandiana?» le stava chiedendo in quel momento Pudding, mentre riprendevano fiato ai margini della pista improvvisata, poco lontane da Perona e Reiju.
«Sì esatto. Per questo conosco le danze, ma non sono originaria di Waterwhill»
«Che figata! Non ho mai conosciuto qualcuno di discendenza indigena! E parli anche la lingua?»
«Garantito» annuì Ishley, che di vantarsi non era il tipo ma gli occhi delle due ragazze brillavano come quelli di un bambino a Natale, e la scaldavano dentro. Se pensava che aveva avuto intenzione di restarsene a casa...
Stava passando una serata bellissima, proprio come le aveva assicurato Kay, proprio come aveva desiderato per se stessa.
Il nodo allo stomaco era sempre lì, la malinconia e l’angoscia non volevano saperne di lasciarla in pace, ma anziché sentirsene avvolta come in un pesante mantello, ora aleggiavano solo intorno a lei, come la lunga coda di un abito che Ishley avrebbe preferito non avere ma che era molto più portabile di quanto avrebbe mai pensato.
C’era lei, nella propria testa, e lei soltanto. Felice, emozionata, senza rimpianti e non chiedeva altro almeno per una sera. Almeno per quella sera.
«Ehi ma guarda chi si vede!»    
«Nojiko!» si illuminò Ishley, nel riconoscere la sua barista preferita.
Fasciata in una splendida tuta bianca e azzurra, che faceva brillare ancora di più la pelle bronzea e gli occhi grigi, i capelli sciolti su una spalla con un nastrino bianco a decorarli.
«Sei mozzafiato» mormorò Ishley, sinceramente ammirata, mentre Nojiko la abbracciava.
«Senti chi parla» rise la barista, per poi prendere il viso della più giovane tra le sue mani. «Come sono limpidi questi occhi stasera» commentò con un sorriso materno.
«Ehi Ish, chi è la tua amica? Vuole unirsi a noi?» s’intromise Aisa, in overdose di entusiasmo e nuove conoscenze, strappando una risata a Ishley ma togliendola anche dall’impaccio di rispondere al commento di Nojiko.  
«Aisa, lei è Nojiko, Nojiko lei è… Bonney?»
«Bonney?» si accigliò Aisa.
«Bonney?!» si allertò Nojiko, girandosi di scatto verso dove Ishley stava guardando. Riuscì a cogliere un lampo rosa tra la piccola folla prima di notare, con la coda dell’occhio, l’espressione di Ishley. Tesa, colma di apprensione, anche impanicata.
Qualcosa non andava.
Anche se Nojiko non poteva sapere che dove c’era Bonney poteva benissimo esserci anche Sabo e che incontrare Sabo quella sera per il cuore di Ishley sarebbe stato troppo, perché non avrebbe lasciato correre, non avrebbe nascosto di essere preoccupato per lei, non Ishley, ma sua sorella e Ishley non lo poteva davvero tollerare più, anche se Nojiko non sapeva nulla di tutto ciò che si agitava dentro la sua nuova amica, sapeva che qualcosa non andava.
Con un’ultima fugace occhiata nella direzione opposta a quella dove aveva intenzione di dirigersi, prese Ishley per il gomito, l’espressione determinata. «Andiamo a fare due passi»
“So cosa succede, ti guardo io le spalle”, questo dicevano gli occhi di Nojiko e Ishley si sentì sciogliere dal sollievo.
«Qualcosa non va?» domandò Aisa, ricordando a Ishley della sua presenza e che no, non aveva tempo di spiegare tutta la storia alla vivace e fin troppo curiosa ragazza.
«Io…»
Non c’era tempo.
«Ha solo bisogno di prendere un po’ d’aria in una zona più tranquilla» intervenne Nojiko iniziando a trascinarla via ma una mano le afferrò il polso e strattonò appena. Ishley stava già per mettersi a imprecare quando si accorse che era quella di Aisa e che il suo palmo formicolava per la punta di una penna che scorreva rapida sulla sua pelle. Da dove Aisa l’avesse tirata fuori, non ne aveva idea.
«Ecco, è il mio numero. Tienici aggiornate per favore, anche domani» parlò rapida mentre, altrettanto rapidamente, finiva di scrivere e la lasciava andare, non senza uno sguardo d’intesa con Nojiko.
Forse nessuna delle due aveva chiaro come stessero le cose, ma Ishley aveva l’impressione che avessero intuito molto più di quanto ci si sarebbe potuto aspettare. E andava bene così, non era un segreto di stato in fondo, né i suoi sentimenti né il disagio e la rabbia che provava in quel momento verso Sabo.
Andava davvero bene così.
«Grazie Aisa, salutami le altre» mormorò prima di seguire con cieca fiducia Nojiko.
 

 
§

 
Perona non era mai stata l’anima della festa ed era convinta non lo sarebbe stata mai. Non era un pensiero disfattista o che la faceva stare male. Era semplicemente una definizione come un’altra di ciò che era.
Non l’anima della festa, appunto.
Era una persona precisa, puntuale, pignola. Non ne faceva passare una neanche alle sue amiche, odiava stare da sola e aveva una gran paura di restarci, ma questo non le aveva mai insegnato a essere più indulgente. Forse, anche per questo aveva preso un cane.
Fatto sta che Perona non era l’anima della festa, non ci era proprio portata, ma questo non significava che fosse una persona passiva. Proposte lei non ne faceva mai, a meno che non ci fosse qualcosa di interessante al cinema, ma non significava che non accogliesse quelle che arrivavano con entusiasmo. Insomma, il suo personalissimo modo di esprimere entusiasmo. Aiutava a organizzare, appoggiava le idee.
Non era l’anima della festa ma sapeva divertirsi. In quel momento, ad esempio, anche se non si era lanciata in pista se non per pochi minuti insieme alle altre, si stava divertendo.
L’atmosfera era magica, Waterwheel così viva, le decorazioni bellissime.
Alzò la mano libera dallo spiedino di frutta caramellata, ormai quasi vuoto, e l’agitò nell’aria in risposta all’entusiastico saluto di Pur, che le strappò un sorriso e uno scuotimento di capo.
Era tutta matta, la sua amica, ma era così felice di vederla finalmente spensierata e senza patemi.
«Bello il vestito»
Perona scoccò un sorriso a Reiju, prima di sfilare con i denti un pezzo di pesca. «Grazie­» mugugnò con i denti stretti sul frutto e le labbra piegate.
«Posso commisionarne uno?» domandò la bionda e Perona lasciò cadere la pesca, recuperandola con la mano, occhi sgranati. «So che l’hai fatto tu» bisbigliò, scostandosi il ciuffo biondo-fragola, mentre riportava la cannuccia della sua bibita tra le labbra. «Sei brava»
«Ho solo giocato un po’ con la macchina da cucire» fece spallucce Perona. «Ma grazie»
«Modalità tsundere disattivata, vedo» si guadagnò uno schiocco di lingua Reiju, che però continuò indefessa a sorridere serafica. «Comunque complimenti meritati, hai talento. A differenza di Aisa con la danza» commentò con voce intrisa di affetto per la propria migliore amica, mentre allungava il collo per individuarla tra la folla. Perona scoppiò a ridere, allungandosi a sua volta per sbirciare le amiche, salvo accigliarsi una volta individuate. «Dov’è Ish?» domandò più a se stessa che a Reiju. Si mosse all’indietro per salire sul marciapiede alle sue spalle e guadagnare qualche centimetro, solo per scoprire che aveva sbagliato la distanza, sentire il tallone inciampare nel rialzo di cemento e perdere rovinosamente l’equilibrio.
Alzò d’istinto la mano per salvare ciò che restava del suo spiedino e chiuse gli occhi pronta al colpo alla schiena, l’altro braccio verso il suolo, se non che a finire a terra fu solo il suo sedere, due mani a tenerla per i gomiti per aggiustare la traiettoria di caduta e attutirla, per quanto possibile.
«Ehi, tutto a posto? Ti sei fatta male?»
Perona alzò gli occhi, incredula, verso la lentigginosa faccia da schiaffi che la sovrastava e che si illuminò a giorno. «Voodoo!»
«Ace, ciao, che… che coincidenza» lo salutò, mentre si rimetteva in piedi con il suo aiuto e si spazzolava nervosamente il vestito. E Perona era consapevole che non fosse stato per Reiju a due passi non avrebbe avuto nessun motivo di essere nervosa.
Ma Reiju era a due passi da loro e si era messa in fila per le gambe quando distribuivano la discrezione.
«Stai bene?»
«Sì davvero e tu? Grazie dell’aiuto»
«Figurati, sfido chiunque a vedersi i piedi in questo macello. Ma dov’è Kumachi?»
«Ah sì, l’ho lasciato dalla signora che ci ha affittato la casa, sai con il caos e dopo i fuochi, non volevo che si stressasse» spiegò, neanche avesse dovuto giustificarsi con lui, e dovette negare a se stessa che stava per scusarsi con Ace per non averlo portato.
Ace annuì, comprensivo. «Capisco, ci sta. È bello vederti» aggiunse poi, dal nulla.
Perona rimase interdetta e valutò anche se chiedere se davvero gli faceva piacere vedere lei anche se Kumachi non c’era.
«E wow, che look! Stai benissimo!»
«Io… anche tu, cioè grazie! Io…»
«Perona non mi presenti il tuo amico?»
Perona inalò a fondo, maledicendosi per non essersi allontanata subito da Reiju, ed esalò dalle labbra schiuse. «Sì. Ace lei è la mia amica Reiju, Reiju ti presen…»
«Oh, Ace! Quell’Ace, giusto?» Reiju allungò una mano.  
«Quell’Ace?» le fece eco il ragazzo, lusingato.
«Perona ci ha parlato di te» 
«Sì, Reiju, quell’Ace»
«Non esageravi, è davvero carino» lo squadrò Reiju, le braccia incrociate sotto il seno.
«Non ho mai detto che è “davvero carino”!» protestò Perona, per poi sgranare gli occhi. «Oh con questo non voglio dire che…»
«Satch! Ehi Satch sono qui!» si sbracciò improvvisamente Ace, fagocitando le ultime parole di Perona con le proprie.
Perona, per tutta risposta, avrebbe voluto sotterrarsi, ancora di più adesso che la sola persona meno discreta di Reiju li stava per raggiungere. E Reiju, per lo meno, era indiscreta con intenzione.
«Ace, per caso hai visto Bonney? L’ho persa di v… Oh ma buonasera mademoiselle» ghignò Satch, posando gli occhi su Reiju che chinò il capo in un cenno di saluto.
«Buonasera. Il Satch disponibile per il baratto?» lo indicò con un indice Reiju, a cui era noto non sfuggisse mai niente.
«Voodoo mi accompagni a prendere uno di quelli?» domandò Ace, indicando lo spiedino di frutta su cui solo un acino d’uva bianca ormai permaneva, isolando se stesso e Perona dal resto della conversazione. «Muoio di fame»
«Ah sì, cer…»
«Ragazzi, io e Perona andiamo a prendere del cibo, a dopo» la sospinse via senza neanche aspettare una risposta, Ace, senza neanche aspettare la sua di risposta, in effetti.
Perona non poteva negare di sentirsi lievemente confusa, mentre scartava tra la gente per ritrovare lo stand che vendeva la frutta caramellata, verso l’inizio dell’altra strada che sfociava nella piazzetta. Confusione che aumentò quando Ace le posò una mano sulla spalla. «Prendi aria, Voodoo, Satch la terrà impegnata per un po’»
Perona si girò a guardarlo senza parole.  
«Mi sei sembrata un po’ a disagio» si strinse nelle spalle Ace, con sorriso da schiaffi a cui Perona rispose aggrottando le sopracciglia, incerta su come si sarebbe dovuta sentire.
«Reiju è mia amica!» protestò, mentre Ace allungava le monete al venditore e ritirava il proprio spiedino.
«Non ne dubito. Anche Satch è mio amico, uno dei migliori» ribatté il moro, con un’occhiata eloquente che le strappò suo malgrado una risata dal naso.
Perona percepì un piacevole calore diffondersi in tutto il suo addome, nel petto e più su fino alle guance. Era stato un gesto incredibilmente carino, non poteva negarlo, anche se certo, poteva averlo fatto per provarci con lei. Il che nel caso non sarebbe stato un problema, perché in vacanza era normale rimorchiare o provarci, anche lei lo faceva. Non aveva nessuna malattia del flirt estivo, checchè ne dicessero le sue amiche.
Questo però non significava che ci dovesse provare con chiunque e Ace era carino ma questo neanche significava che Perona in automatico dovesse provarci con lui o accettare le sue avances. Non che Ace sembrasse intenzionato a farne, anzi sembrava soddisfatto così, con la prospettiva della frutta caramellata e la soddisfazione di averle dato una mano.
Come un amico.
Sì, lo conosceva poco ma probabilmente poteva classificarlo come un amico. Un’amicizia estiva ecco, quello era Ace.
E quindi non era certo per qualche fobia che non ci voleva flirtare. Era solo buon senso.
Ecco, sì.
«Grazie»
«Ma di niente Voodoo»
 

 
§

 
Nojiko non era originaria di Waterwheel. Era arrivata lì quasi per caso e, per caso, aveva trovato un luogo da chiamare casa, in un momento della sua vita in cui non si sarebbe potuta sentire più persa.
Non era una grande città, non era un luogo ricco di opportunità e opzioni. Caparbiamente, Nojiko si era dovuta scavare una nicchia per se stessa fino a diventare parte integrante e linfa vitale della comunità. Fino a venire a sua volta accolta dal luogo che lei aveva accolto nel proprio cuore.
E quindi Nojiko non era originaria di Waterwheel ma la amava come se le avesse dato i natali, e l'impegno profuso per quel pezzo del suo cuore non era certo passato inosservato. Così, complice anche la bassa densità demografica, Nojiko era piuttosto conosciuta nella cittadina, nonostante vi trascorresse solo quattro mesi all'anno e da neanche un lustro. Un favore che comunque Waterwheel aveva solo ricambiato vista l'incredibile capacità della barista di memorizzare volti e nomi, e non solo di chi a Waterwheel aveva fissa dimora.
Qualcuno diceva che Nojiko avesse la capacità di vedere le anime e quell'affermazione la faceva sempre sorridere, per quanto la lusingasse. Interessarsi agli altri le veniva naturale e capirli era semplicemente empatia ricevuta in dono, così come la sua memoria.
Per questo Nojiko trovò strano che la ragazza che l'aveva appena salutata non le solleticasse nessun ricordo.
Alta, statuaria, i capelli bianco perla lunghi oltre la metà della schiena, non passava certo inosservata, ancor meno con il look total white iridescente che sfoggiava.
Era bella, desiderabile, eppure non le suscitava nessuna attrazione di tipo romantico o sessuale. A farla avvicinare era curiosità e una sincera voglia di farci due parole, anche se non ricordava chi fosse.
D'altronde anche la misteriosa ragazza non l'aveva chiamata per nome, si era limitata a un silenzioso ma inequivocabile saluto con la mano e poiché non c'era nessun altro nei paraggi, non poteva avere neanche dubbi che ce l'avesse con qualcun altro.
Forse non si erano mai neanche incontrate ma aveva davvero importanza?
«Ehi ciao!»
«Ciao! Bella serata?»
«Come ogni Cahya Mera» rispose la ragazza, mentre Nojiko la affiancava, con un sorriso.
«Hai ragione» posò gli avambracci sul muretto che dava sul mare. La mente le corse a Ishley, che era voluta restare da sola in spiaggia, e sperò di cuore che la sua nuova amica iniziasse presto a stare meglio. Se lo meritava. Quella ragazza si meritava un sacco di felicità.
«Il mio amico Izou ha perso il suo kanzashi» affermò la ragazza vestita di luna, strappandola alle proprie riflessioni.
Nojiko corrugò le sopracciglia, gli occhi davanti a sé. «Mi dispiace. Spero non ci fosse troppo affezionato»
«In realtà potrebbe ancora ritrovarlo»
«Tu dici?»
«Beh ha diritto anche lui a un desiderio questa sera» ribattè la ragazza, con un sopracciglio alzato e un sorriso sghembo che presero Nojiko così in contropiede da strapparle una risata.
«Hai ragione. Di nuovo» concesse con un cenno del capo, subito prima di vedere il proprio sguardo attratto verso l'alto da una luce in movimento, seguita subito da altre tre. «Ci siamo» mormorò tornando ad addossarsi al muretto, imitata dalla propria compagna, gli occhi di entrambe fissi sulle fiamme dai riflessi terracotta, che punteggiavano il cielo terso e denso, crescendo in numero sempre maggiore.
Rimasero così per un po', a guardare le lanterne, che portavano vergati i desideri di chi le aveva librate nel cielo, fino alla Luna.
«Tu non hai nessun desiderio?»
Nojiko le lanciò un'occhiata di striscio, senza realmente distogliere lo sguardo dal mosaico di luci, e fece spallucce.
«So aspettare. Anzi lo preferisco»
La ragazza mormorò un assenso, forse, o forse era un mugugno riflessivo. Nojiko glielo avrebbe anche chiesto ma non fece in tempo.
«E se aspettando tu, fai aspettare anche qualcun altro?»
Stavolta Nojiko si girò completamente verso la propria interlocutrice, che la guardava a sua volta apertamente, nessuna ombra di giudizio sul volto, solo sincera curiosità e una punta di divertimento.
Nojiko la fissò anche più incuriosita, per non dire sospettosa, che quella ragazza stesse parlando di qualcosa di specifico, che magari sapesse qualcosa.
Poi un sorriso ammiccante, quasi malizioso, le piegò le labbra.
«Saprò farmi perdonare»
Fu il turno della ragazza dai capelli perla di scoppiare a ridere. «Bella risposta, mi piace» si complimentó, girandosi di nuovo verso il mare. Stavolta fu Nojiko a non muoversi, per squadrarla ancora un istante.
«E tu? Desidèri?» chiese alla fine, quando si accorse che la dissonanza che tentava di afferrare era che anche lei fosse senza lanterna.
La ragazza non si voltò, gli occhi fissi al cielo che riflettevano le luci e un sorriso appena accenato sulle labbra. Un'espressione quasi di affetto, come se con lo sguardo stesse abbracciando ogni persona che aveva lanciato una lanterna.
«Diciamo che io sono più brava a dare. Oh e buon Cahya Mera» le lanciò un'occhiata.
Nojiko sbatté le palpebre più colpita che mai. Ma onestamente, non era come se non potesse capire quella misteriosa sconosciuta con cui però si sentiva così in sintonia.
Tornò ad addossarsi al muretto, più vicina, abbastanza da sentire il calore che emanava.
«Buon Cahya Mera a te»
 

 
§

 
Era stato uno strano Cahya Mera.
Non più bello o più brutto degli anni precedenti, solo diverso. Strano certo, perché Ishley non era con loro, perché al momento del lancio delle lanterne per la prima volta non erano tutti insieme e perché, ultimo ma non meno importante, Izou aveva perso il suo kanzashi e non ne aveva fatto una tragedia.
La sua convinzione di aver incrociato Yamato quando Kay l’aveva poco dopo vista arrivare dalla parte diametralmente opposta, e le conseguenti congetture che erano seguite, forse lo avevano distratto dalla reale portata drammatica dell’accaduto.
Ma era stato un bel Cahya Mera anche quell’anno, anche se diverso. L’unica nota stonata era che Sabo non se l’era per niente goduto. A dirla tutta, non ci aveva neanche provato e Law non lo biasimava. Non perché Sabo avesse una qualche forma di ragione ma Law non era il tipo di persona che incolpava gli altri per le proprie inclinazioni fintanto che non sconfinavano nel patologico, qualora queste non incontrassero il suo gusto. Se Sabo non aveva in corpo di reagire, lui non aveva un solo problema al mondo con quella decisione. Non aveva rovinato la serata, certamentente non a lui, dubitava che per gli altri fosse diverso e non perché non gli volessero bene ma, anzi, per il motivo opposto.
Ace, che era rimasto con Bonney e Satch a vedere le lanterne dalla piazzetta della vecchia pesa di Waterwheel, gli aveva scritto per sapere come se la cavava il suo fratello figlio di un’altra madre, e Law avrebbe scommesso che una parte della sua mente era rimasta rivolta a Sabo per tutta la sera. Izou e Marco, che ci avevano messo ben più del dovuto a tornare armati di lanterne e saponette di shampoo – Law sospettava per provare a ritrovare il kanzashi perduto –, si erano presentati con un vassoio di polpette di granchio sperando di stimolargli l’appetito.
A nulla era valso il tentativo e si erano risolti a tenergli una silenziosa compagnia mentre si intrattenevano tra loro, senza riuscire più di tanto a coinvolgerlo.
Una tazza di fumante caffè nero apparve sotto al suo naso, strappandolo alle proprie riflessioni. Si girò verso Kay, che ancora stropicciata di sonno e con addosso il prendisole non era di mezza oncia meno bella che la sera prima con l’abito pennellato addosso. Law prese il caffè dalle sue mani, prima di scostare la sedia e accoglierla sulle proprie gambe per la colazione.
Lanciò una sadica occhiata di ammonimento a Bonney, per prevenire eventuali commenti al vetriolo dettati da gelosia mista a invidia, ma constatò che l’amica doveva aver alzato troppo il gomito perché aveva tutta l’aria di essere alle prese con un pessimo doposbornia. Ace, dal lato opposto rispetto a loro, aveva un sorriso trasognato spalmato in faccia che lo faceva apparire rilassato, fatto o lobotomizzato in base all’angolazione da cui lo si guardava. Izou non aveva spiccicato mezza parola, vittima di un tardivo attacco di depressione per la perdita del kanzashi e non fosse stato per Satch, che commentava ad alta voce le notizie più stupide che internet gli propinava, imbeccando continuamente conversazioni non verbali tra lui e Marco, la cucina sarebbe stata immersa nel più pacifico dei silenzi.
Law aveva più di Kay tra le braccia per apprezzare quella prima mattina al mare. Non avrebbe osato sperare in un inizio di vacanza tanto tranquillo e, forse, in effetti, aveva gioito troppo presto.
Kay si sollevò dal suo petto, dritta e in allerta, quando Sabo si schiantò contro lo stipite della porta, arrivando di volata dalle scale e strappando non solo Law dal proprio Nirvana.
«Non c’è»
Law vide riflessa la propria stessa espressione sulle facce di Izou e Ace, un’evenienza a dir poco unica nonché preoccupante. E Sabo era in effetti preoccupante. Così tirato e agitato, gli occhi quasi fuori dalle orbite.
«Chi?!»
«Ish» ansò il ragazzo, le nocche bianche per la presa sul legno. «Non è in camera, i bagni di sopra sono entrambi liberi, non c’è la sua borsa all’ingresso, non è tornata stanotte!»
«Fratello calmati» Ace si alzò mentre Law si passava pollice e indice sugli occhi.
Non lo biasimava, era vero, ma ora sì quell’inclinazione al panico di non avercela sottocchio rasentava il patologico. Lo aveva ammesso solo con lui, forse perché Law lo aveva fatto sentire sotto esame con i suoi impietosi commenti, che durante il racconto della leggenda di Nadir, nella sua mente la forse mai esistita indigena si era presentata con le fattezze di Ishley. Che quando Nadir aveva chiesto alla luna di farle dimenticare il suo stomaco si era fatto di pietra per l’orrore, che quando Nadir era scomparsa Sabo aveva provato freddo e un senso di vuoto e di mancanza e si era sentito scivolare qualcosa tra le dita, come fosse stata sabbia.
Il tempo o la vita.
Law aveva il massimo rispetto dei sentimenti dell’amico, non lo avrebbe mai deriso per una sensazione così vivida nonostante non avesse un’origine logica o scientifica. Ma da lì ad aver passato il resto della giornata a geolocalizzare Ishley con il solo ausilio del proprio istinto primordiale ne passava. Sperava che vista la rassegnazione della serata precedente, la nottata avrebbe cancellato gli ultimi residui di quella brutta esperienza, dissociativa, spirituale, extracorporea, Law non avrebbe saputo come definirla. Ma, a quanto pareva, non era andata così, e Sabo rischiava il proprio equilibrio mentale nonché di trasformarsi in uno stalker.
A malincuore fece alzare Koala, cedendole però subito la sedia.
«Sabo, sei bloccato nella tua testa, riprenditi» lo prese di petto, con l’aria di essere pronto a tutto per farlo tornare in sé.
Sabo sgranò ancora di più gli occhi, così tanto che sembrava stessero per scoppiargli le cervella.
«Non è nella mia testa, Law!» lo apostrofò con voce distorta. «Tu per caso la vedi?­»
«Vedere chi?»
Law non avrebbe mai deriso l’amico per i suoi sentimenti. Mai e poi mai. Ma se era raro per lui provare l’impulso di ridere, allora stava accadendo qualcosa di raro, perché la serie di microespressioni che attraversarono la faccia di Sabo, unite alla situazione in sé, avrebbero messo a dura prova chiunque.
Solo Satch, comunque, non riuscì a trattenersi e, ciò nonostante, pur essendo Satch, aveva mascherato come meglio poteva la reazione e questo la diceva lunga su quanto la preoccupazione per la poca normalità che Sabo ancora preservava fosse, ormai, una faccenda di gruppo.
Law comunque non lo poteva biasimare, Satch, non Sabo. Ishley aveva avuto un tempismo comico da copione nell’apparire sulla porta della cucina, la tutina copricostume addosso, la pelle ancora umida dalla doccia mattutina, un asciugamano con cui si stava tamponando qualche ciocca sfuggita al raccolto e la peluria del coppino.
Sorrideva, nonostante l’espressione interrogativa che virò al perplesso quando Sabo si ostinò a fissarla come fosse un fantasma, senza parlare.
Fu Izou a schiarirsi sonoramente la gola e Law sospirò, esasperato ma grato di non vedersi costretto a fargli del male fisico per farlo rinsavire.
«Pensavo non fossi tornata a casa» riuscì ad articolare con tanto di tono fermo e scrollata di spalle, la facciata di sempre di nuovo attiva e funzionante. Ma per poco.
«E dove altro sarei dovuta andare?» rise Ishley, a sottolineare l’assurdità della cosa. «E anche fosse, non ci sarebbe stato da allarmarsi, il tasso di criminalità di questo posto è tipo zero e poi io so difendermi, sono forte» piegò il braccio a mostrare il muscolo effettivamente tonico. «Vedi? Ti preoccupi troppo, fratellone»
Il tempo sembrò fermarsi mentre Ishley gli dava un goliardico pugnetto sul pettorale, prima di entrare in cucina, posare l’asciugamano sullo schienale di una sedia libera e approcciare il frigo. Nel tempo che Ishley ne studiò il contenuto, ognuno rimbalzò con lo sguardo su tutti gli altri.
Lo shock la faceva da padrona, particolarmente evidente sulle facce di Bonney e Izou, Satch aveva la bocca spalancata e un incipiente sorriso e Koala fissava l’amica con un misto di incredulità e sospetto.
E Sabo, beh, era pietrificato. Gli occhi pieni di panico, le labbra serrate, solo il respiro grosso che gli sollevava il petto a ondate tradiva il fatto che non fosse una statua.
Ishley che richiudeva il frigo, armata di yogurt da bere, spezzò l’incantesimo. Chi più chi meno cercò di tornare a comportarsi normalmente – secondo la normalità di ciascuno –, quando la mora si diresse al tavolo per pescare due biscotti, chiaramente senza intenzione di accomodarsi.
«Non fai colazione con noi, Ish?» domandò Satch, più divertito di quanto lui stesso si rendeva conto fosse consono alla situazione.
«Voglio fare un giro un po’ più lungo ma non voglio giocarmi tutta la mattinata» spiegò prontamente Ishley, argento vivo addosso.
Satch si svaccò sulla sedia, inclinando un po’ il capo all’indietro, verso di lei «Ci mancherai»      
Tutti si sarebbero aspettati che Sabo gli sibilasse di piantarla, gli dicesse qualcosa. Ma nessuno si sarebbe aspettato che Ishley gli sorridesse con affetto prima di piegarsi su di lui e scoccargli un bacio sulla guancia.
«Ma ci vediamo presto. Okay, io vado! A dopo!» annunciò, lasciandosi alle spalle un’ammutolita compagnia di amici, per poi caricarsi tavola e pagaya in spalla e uscire sgranocchiando biscotti.
La porta si chiuse senza un tonfo e Bonney aspettò di sentire lo schiocco del cancelletto, per esprimere il pensiero di tutti come prime parole della giornata.
«Che cazzo. Sta. Succedendo?»   
  
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