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Autore: ChrisAndreini    15/08/2022    2 recensioni
Leonardo non è mai stato un tipo molto ambizioso. Certo, ha i suoi sogni e le sue speranze e le sue passioni, ma di certo non ha mai pensato che un giorno sarebbe finito in un universo parallelo a lottare per salvarsi la vita in mezzo a principi, cavalieri, spie di città nemiche e disapprovazione dei nobili e paesani.
Ma oh, uno deve sopravvivere come può, e se diventare il cuoco reale potrà allungargli la vita di qualche giorno, vale la pena ricevere occhiatacce.
Dopotutto, la via più veloce per il cuore di qualcuno passa per il suo stomaco, giusto?
Non che Leonardo, dichiaratamente omosessuale, abbia intenzione di fare stragi di cuore, sia mai!
Genere: Fantasy, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rainbow Cookies'
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…oppure no

 

Daryan non dormiva da giorni.

Non solo, praticamente non stava facendo niente, tranne restare a letto o nel suo ufficio e leggere libri fantasy.

Non riusciva a spegnere il cervello, per quanto ci provasse, e continuava  a sentire la voce di Leo nella testa, che gli ripeteva di non essere parte della Storia, di aver cambiato tutto, e che il futuro di Daryan era idilliaco, ma senza di lui.

Daryan non sapeva proprio cosa pensare.

Si sentiva dilaniato in due.

Da un lato la logica e la mente, che gli suggerivano di lasciar andare il disturbatore e procedere per la via che gli dei avevano stabilito per lui. La Storia serviva a mantenere la pace e a costruire il futuro migliore possibile, era sicuramente il futuro giusto da seguire.

Inoltre Daryan era sempre stato un uomo molto attento, organizzato, che progettava ogni minima cosa, quindi era confortante sapere che il suo futuro era positivo.

Poteva tirare un sospiro di sollievo, dimenticare Leo, e vivere la sua intera vita sul binario programmato. Sarebbe stato felice comunque, dopotutto, con una “moglie straordinaria, un figlio che sarà un mito e nipoti ancora più grandiosi”.

Sembrava una scelta così ovvia.

Eppure, dall’altro lato, c’era il cuore…

Il cuore che gli stava gridando nelle orecchie che non poteva lasciar andare Leonardo così, Storia o non Storia. Non aveva mai provato per nessuno quello che aveva provato per Leonardo, e che continuava a provare nonostante stesse cercando da giorni di convincersi a lasciar perdere.

Ma i momenti passati in sua compagnia, i suoi piatti, il suo fare impulsivo e divertente, e il suo grande, enorme cuore, continuavano a tornargli in testa nei momenti più sporadici.

Così come i suoi baci, le sue carezze, il suo aperto e meraviglioso sorriso, che sembrava rischiarare la notte. E i suoi brillanti occhi color del mare, così espressivi, e così aperti.

Daryan non si lasciava guidare dalle emozioni, era contro la sua natura e pericoloso per il regno. La sua massima priorità era la salvaguardia del suo popolo, dopotutto, e se Leonardo era un possibile pericolo, era giusto allontanarlo.

Era necessario allontanarlo.

Persino Opal, dopo che Daryan le aveva spiegato tutto, aveva ammesso che fosse per il meglio.

Ma allora perché Daryan si sentiva così vuoto?!

La Storia non si cambiava! Erano i ribelli ad opporsi, e finivano sempre male.

Daryan chiuse di scatto il quinto libro della saga di zia Carlina, che non riusciva a leggere per quanto ci provasse, e si alzò dal letto, iniziando a fare avanti e indietro per la stanza, per calmare i nervi.

Sapeva che inconsciamente stava cercando una soluzione, o un modo di convincersi definitivamente che stare lontano da Leo fosse la scelta giusta e l’unica possibile.

Alla fine era stato anche Leo ad allontanarsi.

Tutti convenivano che fosse la soluzione: dei, semidei, umani… tutti!

Ma non Daryan.

No, Daryan non riusciva ancora a convincersi del tutto che lasciarlo andare fosse la scelta giusta.

Perché la mente suggeriva, ma il cuore urlava, urlava a squarciagola, e gli confondeva sempre di più i pensieri.

-Maledizione!- esclamò, lanciando il libro da un lato, e cercando di controllare il respiro.

Chissà se Leonardo era già tornato a casa.

Forse mancavano ancora alcuni giorni.

Daryan non ne aveva la minima idea, e non aveva modo di scoprirlo, a meno che non mandasse qualcuno al tempio, o non ci andasse da solo.

Ma alla fine, se anche l’avesse saputo, non sarebbe cambiato nulla.

Un bussare alla porta lo distolse dai suoi pensieri.

-Avanti- disse distrattamente, controllando l’orologio e notando che era passata da un pezzo l’ora di pranzo. Era rimasto in camera tutta la mattina. 

Ed infatti ad entrare fu una delle cuoche, quella nuova, con un vassoio di pasta, carne e un contorno molto abbondante.

-Che Jahlee la protegga, principe Daryan- si inchinò, posando poi il vassoio sul tavolino 

Daryan non aveva fame.

-Grazie, puoi andare- congedò la ragazza senza neanche guardarla, e riprese il libro gettato in un angolo, che poi posizionò sulla libreria, in mezzo a centinaia di altri titoli isekai.

Era un genere molto popolare nei sette regni, ma non aveva offerto a Daryan nessuna soluzione concreta al suo dilemma.

-Non ha fatto colazione, vedo- osservò la cuoca, prendendo il vassoio con la torta e i biscotti che una sua collega aveva portato quella mattina.

-Non avevo fame- si giustificò Daryan, distrattamente, controllando altri libri che non leggeva da più tempo.

Non c’era niente di utile.

-Spero che troverà il pranzo più soddisfacente- gli augurò la cuoca, in tono mite.

Daryan non aveva intenzione di toccare cibo, in realtà. Non aveva fame, per niente.

-Certamente, puoi andare. Che Jahlee la protegga- Daryan surclassò la questione, e congedò la cuoca, che non obiettò oltre e uscì, portando con se la colazione ancora tutta intera.

Daryan lanciò un’occhiata al pranzo.

Forse avrebbe solo preso un po’ di contorno, o un boccone di pasta, giusto per far vedere che stava mangiando almeno un po’, ma non credeva che sarebbe riuscito a buttare giù molto altro.

“Ma deve mangiare, principe Daryan! Deve godersi il cibo, e stare in forze!” gli sembrò di sentire l’eco della voce di Leonardo che lo incoraggiava a nutrirsi, e si irrigidii.

Se Leo fosse stato lì, in quel momento, Daryan era certo che avrebbe insistito per fargli mangiare qualcosa, non si sarebbe allontanato finché non l’avesse visto con un boccone in bocca, o avrebbe assaggiato lui per primo commentando il sapore e la qualità del cibo per fargli venire voglia.

E poi il cibo di Leonardo aveva un sapore diverso rispetto a tutto il resto.

E Daryan era sempre più convinto che non fosse il cibo in sé, ma l’espressione di Leonardo prima di ogni assaggio, l’energia e l’amore che metteva dentro ogni piatto.

Santi dei onnipotenti, Daryan! Smetti di pensare a Leonardo! L’hai conosciuto per due mesi, non vale il tuo regno!

Ma se non ci fosse stata la Storia di mezzo, Daryan era certo che sarebbe stato già sulla prima carrozza diretta al tempio di Jahlee per parlargli.

Perché il periodo che aveva passato con Leo a palazzo, per quanto breve, per quanto folle, per quanto imprevedibile e a volte persino frustrante, era stato il periodo più bello della sua vita.

Lui era innamorato di Leo, innamorato perso di quel folle cuoco di un altro mondo. Una moglie straordinaria, un figlio che sarebbe stato un mito e nipoti ancora più grandiosi non reggevano il paragone con una vita piena di avventura, confusione e incertezza con Leonardo.

Il suo Leonardo…

Se solo fosse stato nella Storia, se solo gli dei… un momento… gli dei…

Gli dei non avevano obiettato all’arrivo di Leonardo in quel mondo.

Se non era parte della Storia, avrebbero dovuto farlo tornare a casa molto prima, con la forza, impedendogli di cambiare qualcosa.

E invece ben due divinità avevano benedetto l’outsider, offrendogli il loro supporto.

Forse la Storia non era poi così imperativa, non era così necessario seguirla.

Magari era soprattutto un’indicazione.

Dopotutto la Storia non c’era sempre stata. Centinaia di anni prima la Storia non era stata trascritta, e gli uomini vivevano senza paletti, spesso sostenuti dalle divinità, e costruivano il loro futuro giorno dopo giorno seguendo i propri istinti.

Era un periodo di caos, ma anche di libertà.

La libertà eccessiva poteva portare all’anarchia, ma il controllo totale portava alla dittatura.

E poi…

Una delle regole fondamentali imposte all’umanità era di non cercare di conoscere la propria storia.

Daryan ora la conosceva, e stava agendo cercando di rispettarla.

Limitando la propria libertà, e quella di Leonardo.

Se non avesse saputo nulla della propria Storia, come gli dei avevano comandato, come avrebbe agito in quel momento?

Di certo non sarebbe rimasto lì a riflettere con le mani in mano, piangendo un futuro che non avrebbe mai potuto vivere, e cercando soluzioni alla sua consapevolezza.

Il suo sguardo venne attirato dal titolo di un libro che non leggeva da anni: “Questa volta vivrò la vita come voglio io”.

La storia di una ragazza che dopo aver vissuto l’intera vita secondo i comandamenti e gli ordini di suo padre e poi di suo marito, tornava indietro nel tempo e decideva di scegliere da sola come vivere, e rifiutava il futuro scritto per lei.

Nelle storie che leggeva, era sempre facile cambiare il futuro.

Nei sette regni, era vietato andare contro la Storia.

Ma Daryan non poteva andare contro la Storia se non la conosceva.

Daryan non avrebbe dovuto conoscere la Storia, quindi era giustificato nell’infischiarsene completamente, e andare a ritrovare Leonardo.

Vivere la vita come voleva lui.

Era egoista, da parte sua, e rischioso, davvero troppo rischioso.

Ma era abituato ai rischi e a fare piani per evitare il peggio. La vita per lui, come per tutti, era sempre stata un salto nel buio, e almeno con Leonardo sarebbe stato nel buio in compagnia.

Prima che Daryan potesse effettivamente controllare cosa stesse facendo, era già vestito, aveva preso una bisaccia con qualcosa che poteva rivelarsi utile per un viaggio, ed era fuori dalla porta di camera sua, pronto a prendere il primo cavallo e galoppare verso il tempio.

Senza un piano, senza essere del tutto convinto di ciò che stava facendo, ma con il bisogno di parlare con Leonardo, almeno un’ultima volta prima che partisse.

E dirgli che una volta tornato nei sette regni, Daryan ci sarebbe stato.

L’avrebbe aspettato.

Perché Daryan lo amava.

E forse, chissà, non sarebbe durata, alla fine avrebbe seguito la Storia e avrebbe davvero sposato una donna straordinaria, avuto un figlio che sarebbe stato un mito, e dei nipoti ancora più grandiosi, ma sarebbe stata una sua scelta, non un’imposizione della Storia.

Perché Daryan non voleva precludersi dallo scegliere Leo.

-Principe Daryan, dove sta andando?- chiese Chevel, sorpreso dalla sua impulsività, iniziando a seguirlo nei corridoi del castello.

-Vado al tempio!- affermò il principe, deciso.

Chevel sgranò gli occhi.

-E a fare cosa?- indagò, allarmato.

-Sai benissimo cosa- Daryan non aveva tempo per spiegare, soprattutto perché Chevel lo conosceva alla perfezione, e sapeva di non dovergli spiegare nulla.

-Credo di saperlo, ma non è da lei essere così impulsivo- Chevel continuò ad inseguirlo, preoccupato.

-Lo so, ma non posso fare altrimenti, io… devo parlargli, Chevel. Devo almeno provare a parlargli- Daryan sapeva che stava facendo una follia, ma era più forte di lui.

Da quando aveva discusso con Leo aveva un enorme peso nel petto, e la razionalità e la logica non erano abbastanza per toglierglielo.

-Aspetti, principe Daryan, cerchi di riflettere un attimo, non può andare al tempio da solo, soprattutto dopo che c’è stato un attacco recente da parte dei ribelli!- Chevel provò a fermarlo, prendendolo per un braccio e girandolo verso di lui.

Daryan sospirò.

Sapeva quanto potesse essere rischioso.

Fuori dal castello, i conflitti aumentavano più velocemente di quanto Daryan fosse pronto ad affrontare.

Ma probabilmente il suo sguardo parlava per lui, e dimostrava una determinazione inaffondabile, perché il cavaliere sospirò.

-Per questo la accompagno. Mi faccia mettere l’armatura e prendere la spada. Ci vediamo all’ingresso tra cinque minuti- lo lasciò andare, e gli diede una pacca sul braccio, incoraggiante.

Daryan gli sorrise, grato, il suo primo sorriso da parecchi giorni, e si affrettò a preparare due cavalli per andare il più in fretta possibile al tempio.

Cinque minuti dopo, erano già diretti verso il tempio, che raggiunsero in poche ore.

Mano a mano che la distanza si accorciava, Daryan provava numerose sensazioni discordanti.

Sollievo, trepidazione, impazienza e speranza, al pensiero di poter riabbracciare Leonardo e rimediare al pessimo modo in cui si era comportato prima che lui partisse.

Senso di colpa, timore, tensione all’idea di stare trasgredendo alle regole divine e alla Storia per provare a stare con lui.

E non sapeva cosa aspettarsi.

C’erano tante cose che potevano andare storte.

Leonardo poteva non convincersi a dare a loro due una seconda occasione, la semidea Yu poteva mettersi in mezzo, Jahlee poteva obiettare.

Ma poteva anche andare bene, potevano risolvere, ricominciare, fare insieme un piano.

Una cosa era certa: Daryan doveva parlare con Leonardo.

Doveva parlargli assolutamente, e lasciarlo tornare a casa con un saluto degno di questo nome.

Lasciò Chevel all’ingresso a sistemare i cavalli, ed entrò nel tempio affannato, con il fiato corto, iniziando immediatamente a guardarsi intorno per scovare la familiare chioma rossa del suo amato.

Un novizio lo avvicinò prima che potesse guardarsi bene intorno, e si inchinò profondamente.

-Principe Daryan, che Jahlee la protegga, a cosa dobbiamo la sua visita?- chiese, accomodante.

-Che Jahlee protegga anche lei. Leonardo, il cuoco, benedetto da Jahlee! Io… dov’è? Vorrei parlargli, se possibile- a Daryan mancava il fiato, ma cercò di essere professionale e pratico.

Il novizio sollevò la testa, e lo guardò con un certo timore.

-Leonardo il cuoco… temo sia partito un paio d’ore fa, insieme alla semidea Yu- lo informò, a disagio.

Daryan sentì il cuore sprofondargli nello stomaco.

-Partito… è sicuro?- chiese, con voce leggermente tremante.

Avrebbe dovuto metterlo in conto, sapeva che fosse una possibilità, ma non voleva crederci. Non voleva credere di essere arrivato troppo tardi.

-Posso chiedere, ma… ecco…- il novizio sembrava ancora più in difficoltà. Dare una brutta notizia al principe del regno non era in cima alla lista dei suoi desideri.

Venne tratto in salvo da un praticante anziano che si era reso conto della discussione.

-Posso aiutarla, principe Daryan? Che Jahlee la protegga- si intromise nella conversazione con un inchino profondo.

-Che Jahlee protegga anche lei… Leonardo, il cuoco… è partito?- Daryan si rivolse a lui, sperando gli desse notizie migliori.

-Sì, ero presente nella sala. Lui e la semidea sono partiti un paio d’ore fa. Per quale motivo? Se ha bisogno di conferire con il dio Jahlee possiamo organizzare un incontro con l’alta sacerdotessa- rispose con sicurezza, e si mise immediatamente a disposizione.

Fu come se tirassero a Daryan un pugno nello stomaco.

Scosse appena la testa, indurendo la voce e lo sguardo per non dare a vedere quanto la notizia l’avesse colpito.

-No, non c’è bisogno. Grazie comunque per la disponibilità- fece un inchino del terzo tipo ai due uomini, e tornò all’ingresso, per uscire dal tempio, e tornare a casa.

Chevel lo aspettava fuori, fu molto sorpreso di vederlo già di ritorno.

-Principe Daryan, cosa è successo?- chiese, preoccupato.

Daryan abbassò lo sguardo.

-È partito- riferì, in tono freddo e impassibile.

-Oh… è sicuro?- indagò il cavaliere, per confermare.

Daryan annuì.

Chevel sospirò.

-Mi dispiace, principe Daryan- gli si avvicinò, per offrirgli conforto.

Daryan alzò le spalle.

-Avrei dovuto immaginarlo, probabilmente sarei dovuto venire prima. È colpa mia…- provò a vederla con logica, ma la voce gli si spezzò, e un singhiozzo uscì dalle sue labbra, senza che lo potesse controllare.

Si portò una mano alla bocca, cercando di soffocarlo.

Chevel sgranò appena gli occhi. Non l’aveva mai visto in quelle condizioni.

-Forse potremmo parlare con il dio e cercare di rintracciarlo- consigliò, incoraggiante, provando ad aiutarlo.

Daryan scosse la testa, e si avviò al cavallo.

Voleva tornare al castello il prima possibile e seppellire la testa in un libro.

Distrarsi e smettere di pensare a Leonardo.

-Dubito fortemente che possa fare qualcosa, a questo punto, è andato via da più di due ore…- di nuovo la voce gli si spezzò alla fine.

Daryan voleva salire sul cavallo, ma non ci riusciva.

Gli tremavano troppo le mani.

-Principe Daryan…- Chevel gli si avvicinò, probabilmente notando la sua difficoltà.

Daryan avrebbe voluto rassicurarlo che stava bene, ma non riusciva a parlare. Aveva un enorme groppo in gola, e numerosi pensieri intrusivi e negativi che gli vorticavano in testa.

E il più pressante era che Leonardo se n’era andato.

Era andato via.

Fine della storia.

Daryan non aveva la minima idea di quando sarebbe tornato, se sarebbe tornato, e temeva che anche nella migliore delle ipotesi, ovvero un Leo che tornava dopo un mese, tutto sarebbe cambiato, e sarebbe stato ormai troppo tardi per recuperare.

Ed era tutta colpa sua.

Colpa sua che non era riuscito a decidersi abbastanza in fretta.

Che non era riuscito a ribellarsi abbastanza in fretta.

E ora rischiava di non vederlo mai più.

E il loro ultimo ricordo insieme sarebbe stato di Leonardo che usciva in lacrime dal suo ufficio e Daryan che non faceva assolutamente niente per fermarlo.

Forse era meglio così.

Meglio per Leonardo.

Meritava molto di più di un pavido principe che non riusciva a prendere delle decisioni in fretta, ma che rimuginava, e rimuginava, fino a lasciarsi sfuggire ogni occasione.

Tipo quella.

Per due ore.

Aveva mancato Leonardo di due ore.

Sentì due potenti braccia circondarlo, e fu in quel momento che Daryan si rese conto che aveva iniziato a singhiozzare, piangendo copiosamente, senza riuscire a trattenersi.

Ricambiò la stretta di Chevel e seppellì il volto nel suo petto, sfogandosi come non faceva da quando era piccolo.

Non credeva di aver mai pianto così pubblicamente, e forse neanche privatamente.

Ma in quel momento era disperato, devastato, e stanco morto.

-Andrà tutto bene, principe Daryan. Il cuoco tornerà- gli promise Chevel, provando a rassicurarlo.

-Non l’ho neanche salutato- si commiserò Daryan, il senso di colpa sempre più forte nel suo stomaco.

-Posso assicurarti che presto il tuo dolore sparirà. Così come l’incertezza, il senso di colpa, e il cuore spezzato- una voce alle sue spalle interruppe il suo pianto liberatorio, e Daryan si irrigidì, e si allontanò immediatamente da Chevel, cercando di darsi un contegno regale prima di girarsi verso la figura che aveva parlato.

Anche il cavaliere si mise sull’attenti, con la mano già sull’elsa della spada.

La prima cosa che attirò l’attenzione di Daryan furono i capelli rossi, e per un singolo istante pensò a Leonardo.

Ma si rese conto immediatamente che non erano i capelli del suo amato. Erano più rossi, ed erano pettinati in modo da sembrare delle fiamme.

Ma cosa ci faceva il semidio Remington al tempio di Jahlee?!

-Di che stai parlando?- chiese, concentrandosi su quelle strane parole.

-Dovresti essere davvero grato, altri non avranno questa grande fortuna. Essere esclusi dalla manovra di emergenza pone un enorme fardello sulle nostre spalle- Remington non diede risposte, e si limitò a sospirare, e a rigirarsi una giada tra le mani, con espressione nostalgica.

-Manovra di emergenza?- indagò Daryan, iniziando a sentirsi angosciato.

C’era qualcosa che proprio non lo convinceva di quello che il semidio stava dicendo, e temeva potesse in qualche modo colpire la sua corte, lui stesso, e Leonardo.

-Lascia stare… se ti può consolare, non che ti serva saperlo, ma anche Leonardo era piuttosto abbattuto, prima di partire. Ho sentito i suoi ultimi pensieri, prima di spezzare il legame, ed erano tutti indirizzati a te. Spera che sarai felice, gli mancherai, e ti ama. Spero ti faccia piacere saperlo, non che conti molto, a questo punto- Remington intascò la pietra preziosa, e iniziò ad avviarsi verso una carrozza poco distante. Aveva un tono freddo, stanco, sembrava anche lui parecchio abbattuto, e pensieroso.

Le sue parole avrebbero dovuto riscaldare il cuore di Daryan, ma lo fecero sentire ancora peggio.

Avrebbe voluto indagare maggiormente, ma non riusciva a trovare le parole. Ed era troppo turbato dal pensiero di Leo, per cercare quelle giuste.

Ma una cosa era certa.

Lui l’avrebbe aspettato.

Non gli importava quanto ci sarebbe voluto, se qualche mese, o anni interi. Ma se anche Leonardo non fosse mai più tornato nei sette regni, Daryan l’avrebbe aspettato, era una promessa.

L’avrebbe aspettato per sempre.

 

Leo riconobbe immediatamente il letto di Giada, e poi gli scaffali pieni di libri e manga.

Gli sembrava passata una vita, e invece era tutto esattamente come lo aveva lasciato, prima di iniziare quella folle avventura.

Non gli sembrava neanche reale.

Gli ultimi giorni erano stati un vero e proprio incubo. Leo aveva passato praticamente tutto il tempo chiuso in una camera del tempio ad autocommiserarsi, tranne un giorno in cui era andato all’orfanotrofio dove avevano portato i sette bambini che aveva salvato alla base dei ribelli, per controllare le loro condizioni e salutarli.

Li aveva trovati molto allegri, ben nutriti, ben vestiti, e aveva portato loro una torta, che avevano condiviso con gli altri ragazzi in orfanotrofio.

Purtroppo, quando aveva poi spiegato che sarebbe partito per qualche mese, ci erano rimasti parecchio male, e Gideon lo aveva accusato di abbandonarli, prima di correre fuori dalla stanza, arrabbiato e quasi in lacrime.

Leo era ancora tormentato dalla sua espressione ferita.

E poi, poco prima di partire, Remington era passato al tempio per salutare la sua migliore amica, e spezzare il legame mentale con Leo. Non si era più fatto sentire, quindi il cuoco si era quasi dimenticato che fossero ancora collegati, ma era stato davvero felice di toglierselo ufficialmente dalla testa.

La lettura del pensiero restava il potere più invasivo e fastidioso di quel mondo.

Cosa a cui aveva pensato poco prima della rottura del legame, e che gli aveva fatto guadagnare uno schiaffo in testa, quando inevitabilmente tale legame era stato spezzato.

Non se ne era lamentato troppo, e aveva evitato lo sguardo di Remington per il resto degli addii.

Ma non gli era sfuggito comunque che il semidio sembrava abbattuto quanto lui all’idea che il cuoco e soprattutto Giada lasciassero i sette regni per un periodo imprecisato.

E poi erano partiti.

Giada aveva aperto un portale prendendo con una mano la collana, e con l’altra tracciando un cerchio davanti a lei.

I suoi occhi si erano illuminati di viola per un secondo, e poi entrambi avevano attraversato il portale, ritrovandosi in camera della ragazza.

Ed eccoli lì, in quel momento, in mezzo agli scaffali pieni di libri e manga, vestiti in disordine, poster di cantanti, cd impilati per autore… 

Leo rimase interdetto per parecchi minuti, il tempo che ci volle a Giada per chiamare sua madre e informarla del loro ritorno.

Non riusciva proprio a capacitarsi di essere effettivamente tornato a casa, nel suo mondo, dopo due mesi interi.

Sfiorò con attenzione la scrivania, come se temesse che potesse sparire una volta toccata, e si girò per controllare il portale che l’aveva portato lì, ora sparito nel nulla.

Era a casa, era ufficiale, non poteva più tornare indietro.

-Leo!- una voce che non sentiva da parecchio ma decisamente familiare lo distolse dai suoi pensieri, e si voltò verso la porta, dove era comparso il volto preoccupato di Angela.

Per un secondo, Leo sobbalzò, pensando al capo dei ribelli, e portò inconsciamente la mano ancora leggermente bruciata al petto.

Ma si rese presto conto che a parlargli era stata Silvia.

La somiglianza tra le due sorelle era incredibile.

-Silvia?- chiese, non del tutto convinto, accennando qualche passo verso di lei.

-Sono così felice che siate tornati sani e salvi! Come stai? Ti hanno trattato bene? Ho scritto a tua madre che stai tornando in treno da Amsterdam, ma se vuoi prima riposarti e cambiarti d’abito puoi farlo, in tutta calma- lo informò a grandi linee del suo alibi, e gli porse il telefono e una borsa con i suoi effetti personali.

Strano, Leo non credeva di averli addosso e li avesse lasciati cadere il giorno in cui era stato trasportato nei sette regni.

-Li ho rubati da casa tua il giorno in cui ti ho mandato lì, per rendere più credibile il tuo alibi. Non potevo rischiare che tua madre chiamasse la polizia, sarebbe stato pericoloso- spiegò Giada, comparendo dietro la madre. Non aveva perso tempo e si era già cambiata con vestiti moderni.

La realtà colpì Leo con la forza di un macigno.

E si rese finalmente conto che non era un sogno, o un’illusione.

Lui era a casa!

E sua madre lo stava aspettando.

-Che giorno è?- chiese, prendendo la borsa, che mise a tracolla, e il telefono, che accese subito per controllare data e ora.

-Mercoledì- rispose Silvia, non sorpresa dalla sua improvvisa veemenza. Lo conosceva piuttosto bene.

-Mia madre e a casa, e Isabella… sono le cinque, deve aver finito anche lei- borbottò Leo ripensando agli orari della sua famiglia.

Uscì dalla stanza superando le due donne, e scese in fretta le scale per andare all’ingresso e uscire di casa. 

-Aspetta, forse è il caso che ti cambi!- provò a trattenerlo Giada, iniziando a seguirlo, ma venendo fermata da sua madre.

-Lascialo andare- le suggerì, osservando Leo intenerita.

In effetti il ragazzo non aveva intenzione di perdere altro tempo cambiandosi o aspettando un autobus o altro.

Aveva bisogno, necessità, di arrivare a casa il prima possibile e riabbracciare sua madre e sue sorella.

Gli erano mancate più di quanto potesse esprimere a parole, e gli faceva male quasi fisico dover aspettare ancora prima di stringerle tra le braccia.

Così corse i pochi chilometri che lo separavano da casa sua come se ne andasse della sua vita, e mano a mano che si guardava intorno, osservando le strade che conosceva da tutta la vita, i vicini che aveva visto crescendo, e le modernità che nei sette regni non esistevano, era sempre più ancorato alla realtà che gli si parava davanti agli occhi.

E raggiunse la consapevolezza finale quando arrivò davanti a casa sua, e notò sua madre intenta ad innaffiare le piante, fissando nel frattempo il telefono con l’altra mano, in chiara apprensione.

Nello stesso momento, gli arrivò un messaggio sul proprio telefono.

“Avvertimi quando sei alla stazione”

Beh, era un po’ in ritardo per questo.

Leo azzardò qualche passo in direzione della donna, assimilando ogni dettaglio della sua figura: gli abiti da casa rovinati dal tempo, i ricci capelli castani raccolti in una coda disordinata, il dettagli della pelle, gli occhi, le mani… era sua madre.

-Mamma…- sussurrò, senza fiato per la corsa, e senza parole per l’emozione.

Ma la donna sembrò sentirlo, perché si girò di scatto verso di lui, sorpresa.

E Leo le si gettò praticamente addosso, rischiando di farla cadere.

-Leonardo!- il tono di sua madre era sorpreso, quasi di rimprovero, ma lo afferrò al volo e lo strinse a sé con forza, come se non volesse più permettergli di andarsene.

E dopo aver assimilato ogni dettaglio visivo, Leo ritrovò anche altre sensazioni: l’effetto del suo abbraccio, forte e rassicurante, il suo profumo, sempre lo stesso, accompagnato anche a un po’ di sudore per l’attività all’aria aperta, e il suono nella sua voce, che Leo aveva quasi dimenticato.

L’emozione di rivedere finalmente sua madre dopo due mesi interi dove aveva temuto che non l’avrebbe riabbracciata mai più finalmente si assestò nel suo cuore, e Leo scoppiò a piangere, senza potersi trattenere.

-Leonardo, cosa…?- tutta la traccia di rimprovero sparì, e sua madre iniziò ad accarezzargli la schiena, affettuosamente, per rassicurarlo.

-Leo! Sei tornato!- un’altra voce raggiunse i due, e Leo si staccò di scatto da sua madre e si voltò verso la figura che aveva parlato, che era in piedi davanti alla porta appena aperta di casa, e lo fissava ad occhi sgranati.

Isabella aveva i capelli sciolti, ed era in pigiama. In mano aveva ancora la penna, segno che probabilmente stava studiando quando l’avevano interrotta, come dimostravano anche gli occhiali da lettura.

-Isa! Oh dei! Isa!- Leo corse da lei e l’abbracciò strettissima, senza darle il tempo di dire nient’altro.

-Sei ubriaco?- chiese la ragazza, sorpresa, ricambiando l’abbraccio ma lanciando un’occhiata confusa a sua madre.

Leo, infatti, stava singhiozzando copiosamente. Non si era mai comportato così di ritorno da un viaggio.

Le due donne si erano aspettate un’espressione colpevole e un sorrisino imbarazzato.

Erano anche pronte a fargli una grande strigliata.

Ma Leo era completamente distrutto.

-Meglio rientrare e parlare con calma- propose la madre, avvicinandosi a Leo e dandogli qualche pacca confortante sulla spalla.

-Mi siete mancate tantissimo! Mi dispiace così tanto!- Leo però approfittò della sua vicinanza per bloccarla nuovamente in un abbraccio, questa volta a tre.

Era a casa! 

Era finalmente a casa!

Non era mai stato così felice in vita sua.

E allo stesso tempo così triste.

Perché ora che era a casa, si era finalmente reso conto che il sogno era finito, lui si era svegliato, e non era riuscito a trovare nessuna vera soluzione per i sette regni.

Tutta la tensione accumulata, il cuore spezzato, le emozioni provate in quei mesi si liberarono in quel pianto e quell’abbraccio.

Non doveva più fingere di essere forte, lottare per sopravvivere.

Era con la sua famiglia!

E poteva permettersi finalmente di crollare.

 

Nel frattempo Giada era rimasta a casa, e aveva scritto un messaggio a Leo per assicurarsi che stesse bene. Lui non aveva ancora risposto, ma la semidea non era preoccupata. Probabilmente era intento a farsi sgridare dalla madre e dalla sorella per essere sparito in quel modo. Sperava non ci andassero giù troppo pesante, però. Leo doveva essere felice di essere tornato alla vera civiltà. Di essere tornato a casa.

Era quello lo scopo.

Al momento osservava con attenzione i volumi nella sua immensa libreria, concentrata e attenta.

Così tanto che non si accorse dell’arrivo di una figura alle sue spalle, almeno finché tale figura non parlò.

-Allora, com’è andata nei sette regni? Leo si è ambientato?- chiese sua madre, indagando un po’ sui mesi passati lontani.

-Fin troppo. Ha combinato parecchi casini- borbottò Giada, prendendo in mano un volume: “La Storia, versione ridotta: Dalla missione diplomatica a Fring, all’avvelenamento del principe Daryan”.

Se i suoi ricordi erano corretti, Leo era arrivato all’inizio di quel libro.

Iniziò a sfogliarlo per essere sicura.

-Davvero?- chiese sua madre, con tono compiaciuto.

Giada finse di non rendersene conto.

-Per fortuna gli dei hanno già un piano per risolvere le incongruenze della Storia- aggiunse, lanciandole un’occhiata e notando che il suo sorriso era sparito.

-Sì, immagino… cosa ha cambiato?- chiese Silvia, incuriosita, e lanciando un’occhiata alla Storia che la figlia stava sfogliando.

-Ha cambiato completamente il ratto dei semidei, qualche casino alla corte di Jediah, e ha organizzato il banchetto per la principessa Opal. Lo avevano assunto come cuoco a palazzo, pensa tu- Giada alzò gli occhi al cielo. Gli sembrava davvero assurdo, eppure l’aveva visto con i suoi occhi.

Insomma, sapeva che Leo fosse bravissimo a cucinare, credeva in lui, ma non riusciva a capacitarsi che il paranoico principe Daryan lo avesse accettato a palazzo. E ancor meno che si fosse innamorato di lui.

Era davvero assurdo!

-Oh, spero che la principessa Opal si sia goduta il compleanno. L’hai conosciuta? Com’è?- chiese Silvia, intenerita, e un po’ triste.

Giada esitò appena prima di rispondere, in difficoltà.

-È molto dolce…- ammise, chiudendo il volume della Storia e rimettendolo a posto -Ha passato un ottimo compleanno. Era davvero felice- 

-Bene… mi fa piacere- il tono di sua madre non sembrava felice. Giada si sentì giudicata.

-Mamma… sai che non c’è niente che io possa fare…- iniziò a giustificarsi, irritata.

-Non sto dicendo nulla. So che gli dei non ti permetterebbero mai d’interferire. Dico solo che mi fa piacere che la principessa si sia goduta il suo ultimo compleanno, tutto qui- Silvia sollevò le mani, in segno di resa, ma lanciò alla Storia un’occhiata piena di odio, come se fosse la responsabile dei mali del mondo.

-Non è colpa della Storia se succederà quello che succederà. La Storia illustra i fatti- li difese Giada, prendendo i tre volumi successivi, e controllando velocemente alcune informazioni.

-Fatti che ci è impedito cambiare…- borbottò irritata sua madre.

Giada non rispose nemmeno. Era impossibile discutere con lei

-Leo lo sa?- la successiva domanda della donna, proferita in modo innocente, interruppe l’operazione della ragazza.

Giada scosse la testa.

-Non sarebbe tornato se l’avesse scoperto- sussurrò, quasi tra sé.

-Magari avrebbe potuto cambiare qualcosa- suggerì sua madre.

Nonostante gli anni passati in quel mondo, le era rimasto lo spirito ribelle da antimonarchica della sua adolescenza.

-Si sarebbe fatto uccidere! Non posso permetterlo! Per questo non ho la minima intenzione di riportarlo mai più nei sette regni! Ha già rischiato abbastanza!- Giada era categorica e decisa, prese i tre volumi, e si diresse alla scrivania, aprendo un cassetto con chiave, e infilandoli dentro, uno ad uno.

“La guerra tra Jediah e Valkrest”

“Dalla vendetta del principe Daryan fino alla caduta di Valkrest”

“L’annientamento totale dei ribelli antimonarchici”

I successivi anni della Storia, uno dei punti di svolta più importanti degli ultimi secoli, erano eventi connessi tra loro in maniera indissolubile, capitanati da uno dei grandi protagonisti da molto tempo a quella parte: Daryan Jasper Lindberg II.

-Forse è meglio che Leo non sappia cosa il futuro riserva alla corte di Jediah, e alla principessa Opal… ma sei sicura che riuscirai a tenerglielo nascosto per sempre?- la provocò sua madre, alquanto preoccupata.

Giada chiuse il cassetto, e nascose la chiave in un luogo impossibile da trovare, persino per Leo.

-Non sottovalutarmi!- esclamò, decisa e determinata.

Lei non avrebbe mai permesso a Leo di leggere la Storia e scoprire il destino riservato a buona parte delle persone che aveva conosciuto e amato come una seconda famiglia.

Era per il suo bene.

Suo e della Storia.

Perché nessuno cambiava la Storia.

Non senza ricevere terribili e inevitabili conseguenze!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

È finito!!!

Non ci credo!!

Quindi le so anche finire, le storie, ogni tanto :D

Allora, piaciuto l’epilogo? *le arriva un pomodoro nell’occhio*

…okay, okay, scusate, so che non è l’epilogo migliore e più incoraggiante del mondo… è un epilogo un po’ del cavolo, ma ci sarà un seguito! Lo giuro!

Anche se prima voglio progettare bene i capitoli, quindi potrebbe volerci un pochino.

Ma non troppo.

Quindi tenete d’occhio il mio profilo ;)

Nell’attesa, c’è un sondaggio finale: Sondaggio

Spero che il capitolo e la storia in generale vi siano piaciuti, mi farebbe piacere ricevere un commento con qualche opinione.

   
 
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