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Autore: shana8998    18/08/2022    0 recensioni
Lili Bennet è una cima. A soli venticinque anni è già coroner nella sua città. Dopo solo un anno passato a studiare i suoi corpi decide di seguire il suo sogno e mentre intraprende gli studi per diventare una profiler decide di agire sul campo. Fa quindi richiesta di spostamento nel New Hampishire a West Brook per mettersi sulle tracce di un serial killer soprannominato il vampiro. Arrivata in centrale, però, non viene accolta come si aspetta, bensì il tenente capo Kook's la scambia per una segretaria e sta per toglierle il caso. L'arrivo del giovane Serafiris un detective in erba alquanto bravo la salverà, per fortuna, in calcio d'angolo. Lili sembra soddisfatta e per quanto quel ragazzo la metta in soggezione, non ha nessuna intenzione di tirarsi indietro. Ben presto, ahimè, malgrado tutto il caso prenderà una piega inaspettata... Un terribile destino attende la giovane Lili che, all'oscuro di tutto, crede di essere sulle tracce di uno psicopatico. Messa davanti ad una scelta difficile, seguirà il suo cuore o il raziocinio che da sempre la contraddistingue?
< Non tutti sono ciò che sembrano, Lili. Tu più di chiunque altro dovresti saperlo >
Genere: Horror, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Alla fine, desidero solo le cose che mi distruggeranno.



 

                                             6.


Roth ed io, di servizio in centrale, stiamo vagliando alcune riprese delle telecamere nella zona dove sono avvenuti gli ultimi omicidi, quando Kook’s piomba nella stanza dei monitor.

Con la sua solita sgarbatezza ci avverte che sta succedendo qualcosa nei pressi dello zoo e vuole noi due sul caso.

Ci affrettiamo a seguirlo lungo il corridoio. 

«Cosa è successo allo zoo?», gli chiedo mentre fatico a tenergli il passo.

«Pare che una pazza abbia buttato sua figlia nella gabbia dei leoni.», avverte.

Sento nuovamente la strana sensazione di pericolo imminente nel petto.

«Stanno impazzendo tutti in questa città, ultimamente.», commenta prima di svoltare l’angolo.

«Non ci sono già le pattuglie sul posto?»

Kook’s scruta sottecchi Roth «Certo, ma pare che serviate anche voi», fa una breve pausa e si volta a guardarci «Che fate ancora qui?», chiede bruscamente.

Roth sbuffa leggermente dal naso. 

«Stiamo andando», mi affretto a dire.

 

«Il tuo sesto senso?», mi chiede solo quando stiamo per raggiungere l’uscita della centrale.

Annuisco e gli sorrido fugace.

 

                                                ******

 

E’ sera. Il cielo è già scuro e nuvoloso ma non piove, stranamente. Davanti al cancello principale dello zoo una folla di curiosi si è appena accalcata per cercare di sbirciare l’interno del parco.

«Permesso», faccio fatica a passare fra di loro. Sbracciando mi faccio largo, Roth dietro di me.

Ci sono un paio di agenti accanto alla recinzione che separa noi da tre grossi leoni. Sono chiusi dentro alcune cabine e ruggiscono affamati.

«Cosa è successo?», chiedo ad una donna in divisa da poliziotta.

«Sembra che una pazza abbia gettato sua figlia dentro la gabbia. La bambina sta bene, anche se ha riportato un lieve trauma cranico, la donna invece pare si sia dileguata nel nulla.», fa una breve pausa «Inoltre, per tutto il parco è saltata la luce al momento dell’accaduto, quindi per noi è stato più difficile metterci sulle sue tracce.»

«E per questo…avete chiamato noi…»

Anche la poliziotta sembra incredula.

«Sono sorpresa quanto te, ragazzina.»

«Che pensi di fare?» Sussurra Roth affiancandomi.

«Do un’occhiata in giro.», non lo guardo. I miei occhi sono concentrati ai tre leoni.

«Sei certa che quella donna si nasconda ancora qui?»

A quel punto sposto lo sguardo su di lui «No, ma è il primo posto dove la cercherei.»

Nessuno ha visto la donna allontanarsi, solo qualche passante ammette di aver avuto una colluttazione con lei subito dopo che, la stessa, ha lanciato la bambina nella gabbia dei leoni e subito prima che le luci saltassero per tutto lo zoo.

Qualcosa mi dice che non è lontana.

«Ok, sei apposto», dice la poliziotta porgendomi un binocolo a raggi infrarossi.

Un giubbotto antiproiettile mi fascia il petto e stringe attorno al seno. La ricetrasmittente è accesa e viaggia sulla stazione della polizia.

Sono elettrizzata e una parte di me è preda dell’ansia.

Immerse nel buio le gabbie degli animali sembrano ospitare le bestie più disparate.

Mi addentro nel parco.

Stringo una mano sulla pistola riposta nella fondina. Spero che non ci sia il bisogno di usarla, non credo di essere pronta.

«Lili», mi volto. Roth è dietro di me. 

«Non andare da sola.»

Sembra preoccupato... No, lui non lo è mai veramente.

«Preferisco che tu resti con gli altri agenti. In caso lei sbuchi da qualche parte verso l’ingresso.»

Roth non aggiunge altro e mi lascia libera di scegliere. Proseguo, ovviamente.

Man mano che avanzo, il buio mi inghiotte.

Fronde di alberi esotici mi solleticano la testa, mentre avanzo sul terriccio.

Sollevo il binocolo e ci guardo all’interno: c’è una gabbia che mantiene in sicurezza alcune scimmie; sono agitate.

Un grosso esemplare maschio continua a battersi i pugni sul petto mentre tuona con i suoi versi; e anche poco dopo, nella gabbia delle zebre, la scena sembra ripetersi. Sento rumori di ogni genere spezzare il silenzio del buio. Gli animali sembrano impazziti. E’ come se una presenza li stesse molestando, infastidendo, spaventando.

Sto per fare un altro passo, quando inciampo su qualcosa.

Ingoio un urlo e finisco con le ginocchia a terra. Il binocolo ruzzola a qualche metro da me ed ora sono totalmente cieca.

C’è però qualcosa di viscido e freddo che mi solletica i polsi.

Un sibilo che so di conoscere raggiunge le mie orecchie.

In fretta sfilo la torcia dalla cinta e l’accendo. Un grosso serpente nero si avviluppa sulla terra, strisciando e sibilando attorno ai miei polsi e sulle mie mani.

Mi ritraggo di colpo. Sento il sibilo farsi sempre più forte e sdoppiarsi, ad un certo punto. Quando mi guardo attorno, il bagliore della torcia illumina tanti altri esemplari. Qualcuno ha aperto la loro teca, ce ne sono a decine attorno a me.

Spaventata mi muovo all’indietro incespicando sulla terra.

Ho il cuore che mi pulsa nelle tempie per lo spavento.

«Cazzo!», impreco ripetendomi che sono solo animali.

Ancora lievemente scossa, recupero il binocolo.

Lo zoo, di notte, privo di luci, ha un aspetto spettrale.

Certa di dover proseguire, mi addentro sempre più nella foschia del buio. Più avanzo, però, più un’asfissiante sensazione di caldo sembra divampare dentro me.

So di averla già provata. Tutto ciò che sento da giorni è qualcosa di già conosciuto. Sento le gambe farsi sempre più pesanti e la sensazione di qualcosa di molto malvagio che si avvicina sempre di più.

«Elisabeth…»

«Chi c’è?», chiedo a voce alta.

Ad un tratto, il fruscio del vento muove le fronde di un albero. Mi volto di scatto. Non c’è nulla attorno a me se non il buio e l’ululato di un lupo chiuso in gabbia.

Quando gli passo accanto ringhia mostrando le fauci.

L’aria pesante si fa sempre più difficile da respirare e, inaspettatamente, vengo colta da un tanfo insopportabile.

Marcio, morte, putridizia.

Sono al centro del parco, sola, immersa nell’oscurità e alle mie spalle si è appena mosso un cespuglio.

Mi volto e punto il binocolo proprio nella direzione delle copiose foglie che ho sentito frusciare.

C’è qualcosa chino dietro di esse.

Con il cuore in gola mi porto le mani in tasca ed estraggo le manette.

«Ti vedo, esci fuori!»

Il cespuglio si muove ancora. Sono ad un passo da lui. Deglutisco a vuoto, pronta a sporgermi per guardarci dietro.

Uno…Due…«Tre!».

Il musetto di un tasso si solleva da terra scrutandomi con i suoi piccoli occhi tondi.

Sospiro, consolata dal fatto che sia solo un animale.

«Ehi…», voglio accarezzarlo e mi chino, ma non appena nota la mia mano avvicinarsi alla sua testa si dà alla fuga.

«No, non-» Appena mi volto, convinta di riuscire a seguirlo, davanti alle lenti del binocolo si piazza il viso di una donna.

E’ fuori di sé e di colpo, ringhia. Un suono gutturale, non umano.

Sommetto un grido incespicando all’indietro.

Lei, con un balzo degno di un felino, scatta verso la boscaglia e corre gettandosi fra le piante.

Afferro la ricetrasmittente e pigio il pulsante. Conosco quella donna e sono scioccata «Roth, è qui. L’ho trovata.», dico serafica, prima di lanciarmi in una corsa sfrenata verso di lei. Affrontando i cespugli, sbuco in quello che sembra uno spiazzo libero.

La trovo china sulle ginocchia in mezzo al fango. Una grossa pietra esce dalla terra proprio davanti a lei che, con ferocia inaudita, la graffia e ci scava sopra fino a ferirsi le dita.

«Signora De Fuentes…», mormoro.

La donna ruota la testa verso me in uno scatto innaturale. Mi fissa e poi sibila esattamente come i serpenti in cui mi sono imbattuta solo un attimo prima.

«Lui è arrivato e ci porterà tutti all’inferno», dice con una voce che non è la sua, roca e gutturale; prima di tornare a grattare convulsamente la terra.

«Lui è arrivato. E’ arrivato…», singhiozza in preda al terrore

«E’ qui» e poi ride come una pazza.

Faccio un passo indietro, sono spaventata. 

«Lili», quando sento una mano dietro la mia schiena, mi volto di scatto terrorizzata. Roth e alcuni agenti sono sopraggiunti senza che me ne accorgessi e lui è dietro di me che mi fissa leggermente confuso.

«Roth», dico. Vederlo mi fa sentire sollevata.

 

                                              *****

 

«I proprietari dello zoo vi faranno avere le riprese delle telecamere in serata.», ci avverte la stessa poliziotta che avevo trovato all’ingresso del parco.

«La ringrazio.»

Roth non si è staccato da me nemmeno per un attimo ed io non ho fatto nulla per allontanarmi dalle sue braccia o dalle mani che ora mantiene sulle mie spalle.

«E’ stata una serata pesante.»

«Concordo.»

Sono ancora frastornata. La donna che ha lanciato sua figlia nella gabbia dei leoni è la stessa che solo pochi giorni fa avevamo salvato dai pestaggi di un marito violento.

Ricordavo di averla vista in atteggiamenti materni ed affettuosi con sua figlia, come aveva potuto farle una cosa simile?

«Lui è arrivato e ci porterà tutti all’inferno.»

Ha bofonchiato in preda a quello che mi sembra un raptus di follia. Ma che voleva dire? Chi è arrivato? Mi sono sentita esattamente come quando ho interrogato suo marito: davanti al male in persona.

«Che ne dici di fare un giro prima di tornare in centrale?».

Guardo oltre la mia fronte e trovo gli occhi verdi del ragazzo. 

«Si, ho bisogno di rilassare i nervi.»

   Roth mi accompagna alla macchina e una volta messo in moto sterza verso il centro della strada.

Dopo qualche rotatoria e superate un paio di parallele, ci ritroviamo a vagare senza una meta precisa, in silenzio.

Mantiene lo sguardo cristallino fisso sulla strada. Nonostante quanto successo questa sera, sul suo viso aleggia una calma innaturale.

Come fa a non scomporsi mai? Mi chiedo mentre mi perdo a scrutare il suo profilo perfetto.

Mentre i pensieri vagano liberi nella mia testa, ammetto a me stessa che se non ci fosse lui con me, sarei persa.

E’ l’unico legame che ho in questo posto e se non riesco a trattenerlo, rischio di restare veramente sola e preda degli eventi.

«Come va?», domanda di colpo.

Rinsavisco, la voce nella mia testa fa presto a sparire.

«Bene…Credo.» Torno dritta sul sedile e finisco con gli occhi al di là del parabrezza, sulla strada che corre sotto le ruote dell’auto.

«Sei stata coraggiosa.»

Sorrido debolmente.

«In verità me la stavo facendo sotto per la paura», ammetto con un pizzico di vergogna, attirandomi una breve risata da parte sua.

«Hai eseguito due arresti in una settimana, è da pochi.»

«Il primo lo hai portato a termine tu.», gli faccio notare.

Mi scruta con la coda dell’occhio senza spegnere il magnifico sorriso che gli marca le labbra «Senza il tuo “sesto senso”, però, non sarebbe successo.»

Sospiro guardando altrove. «A volte, spero che sparisca. E’ come se riuscissi sempre ad attirare tutto il male del mondo su di me.»

A quell’affermazione ho come l’impressione di averlo sentito strozzare un respiro. Mi volto incuriosita verso di lui ma è lì che guarda la strada senza dire una parola.

Quando penso che mi stia per dare della pazza, i suoi lineamenti si rilassano «Sono certo che tu riesca ad attirare anche le cose belle della vita.»

«Mi piacerebbe crederlo.»

Ad un tratto accosta l’auto in procinto di una piazzola di sosta. Attende un momento e poi parla di nuovo «Lili»

Sono totalmente rapita dalla sua voce, da lui, ha tutta la mia attenzione. Troppa, se considero che non c’è nulla a legarci se non delle morti brutali.

Non siamo amici. Non siamo nulla.

E allora perché penso di poter sentire il battito del suo cuore?

Perché desidero nutrirmi del suo odore? Del suo sguardo?

Perché mi fido così ciecamente di lui?

«Dimmi una cosa che ti piacerebbe avere in questo momento.»

«Una cosa che mi piacerebbe…avere?»

Annuisce lentamente «Si, qualsiasi cosa.»

Accenno un sorrisetto strafottente «E cosa farai? Me la procurerai tu? E sentiamo, come?». 

Aggrotta la fronte.

Incrocio le braccia al petto: mi prende in giro. Lo odio.

«Sto dicendo seriamente. Non deve essere necessariamente un oggetto o una persona, ma anche un momento…Qualsiasi cosa.»

Non ha senso tutto questo.

«Non lo so, Roth.»

Sospira spazientito. «Impegnati.»

Davvero, anche se provo a concentrarmi non c’è nulla che vorrei davvero adesso, forse trovare il killer o forse, nemmeno quello voglio più, realmente.

Sono confusa.

I suoi occhi voraci sono incollati al mio viso che sento accaldato.

Di colpo mi sembra che in quest’auto ci sia poco ossigeno.

«Vorrei dimenticarmi per un attimo tutto questo…», mi arrendo infine «Vorrei…», seguo il flusso dei miei pensieri «Essere da qualche parte, lontano mille miglia da qui.»

Mi sento così stanca e sopraffatta dagli eventi.

Vivo preda di ciò che mi circonda, barcollando sulla paura, preda dell’incertezza, scoraggiata dal male. Sono così risucchiata da tutto questo…

«Chiudi gli occhi, Lili», Roth mi fa adagiare contro il sedile delicatamente.

«Fidati di me.»

Non sto capendo molto. Sono intorpidita dalle sensazioni che provo e mi accorgo che la sua voce è sempre più lontana e la sua immagine sempre meno nitida. Ho sonno. Molto sonno.

«Sei al sicuro…»

Quando apro gli occhi la gola scura di un bosco appare davanti a me e invitante, mi chiama al suo interno.

Mentre avanzo, d’improvviso vengo colpita da una strana iridescenza, un sottile brillio che mi invita a voltarmi nella sua direzione. Stringo gli occhi per provare a capire di cosa di tratta e la riconosco: è una lucciola! Sorrido incantata come una bambina, e mi avvicino per osservarla meglio. La luminosa creaturina però si inoltra nel bosco, sfuggendomi.

Incerta, mi fermo accanto ad un albero dalla corteccia spessa e friabile al tempo stesso. So che non è consigliabile addentrarsi in un posto simile da sola, di notte. In fondo però…Che cosa può accadermi? Conosco questo posto, ci sono già stata anche se non ne ho ricordo. Non mi allontanerò troppo.

 Decido di seguire la creaturina fino in fondo alla lingua nera costernata di alberi, fino a quando di fronte agli occhi non mi si para uno scenario fiabesco, rischiarato dalla luce di una miriade di lucciole.

Nel folto degli alberi scorre tranquillo un fiumiciattolo mentre se avanzo posso intingere i piedi in quello che sembra essere un lago pieno di orchidee ed altre piante magnifiche. C’è odore di pino e resina. E’ così intenso da invitarmi a chiudere gli occhi per assaporare meglio la sensazione.

C’è pace attorno a me, non mi sono mai sentita così serena.

Avanzo di qualche passo e i piedi affondano nella melma sotto la coltre dell’acqua. Mi piace la sensazione avvolgente del fango sotto i piedi.

Indosso un lungo abito bianco: tanti piccoli ritagli di stoffa cuciti fra loro che ondeggiano ogni volta che mi muovo. 

Sembro…Un Angelo. Ad un tratto però sento qualcosa, come un fruscio in lontananza. Mi volto e guardo nella direzione da cui proviene il rumore, ma è inutile, c’è troppo buio per distinguere alcunché. 

«C’è qualcuno?», mormoro eterea uscendo dall’acqua.

Il suono si fa sempre più intenso finché dopo pochissimi secondi, lo avverto proprio davanti a me.

Nell’ombra scura risuona un ringhio minaccioso e inconfondibile: quello di un lupo.

Mi abbasso lentamente e raccolgo un grosso pezzo di legno ai miei piedi, poi indietreggio con cautela, senza staccare gli occhi dal cespuglio di fronte.

Sento l’animale avanzare, fino ad uscire allo scoperto. E’ ancora più minaccioso di quanto immaginassi: le orecchie sono abbassate, i muscoli sono tesi e i suoi occhi sono pietre luminescenti.

Mi mostra le zanne lunghe e affilate.

Sarei morta per un motivo tanto stupido come una lucciola?

Mi maledico per averla seguita. Quella lucciola…La mia curiosità.

Attirata dal pericolo costantemente, così è la mia esistenza.

Eppure sapevo di questo bosco. Sapevo di quella creatura.

Il lupo è pronto, mi sta per attaccare. Con uno slancio viene verso di me: d’istinto mi paro il viso con le braccia.

Ecco, è la fine.

Il tempo si ferma. Passano lunghissimi secondi in cui l’unico suono che le mie orecchie sentono è un guaito lontano e il silenzio un attimo dopo.

Incerta, riapro gli occhi e mi accorgo che l’animale di fronte a me non è più in posizione d’attacco. Abbassa la testa in atteggiamento di sottomissione e guaisce. Rimango immobile quando, ancora con il cuore in gola, vedo due occhi verdi e luminosi.

E’ Roth? Che ci fa qui?

Il ragazzo avanza fuoriuscendo dal buio che gli copre metà viso. E’ etereo, come un sogno. Attorno a lui, un alone di luce innaturale si irradia debolmente.

E’ serio. Stupendo.

«Che ci fai da sola nel bosco?»

«Io…Non lo so.»

Non avverto più nessuna sensazione di pericolo. Altro, adesso, scalpita nel mio petto.

Qualcosa di antico e profano.

Roth viene verso di me, ma non arretro.

Piuttosto sono in difficoltà. Smaniosa di qualcosa che non mi appartiene e che mai e poi mai, dovrebbe farmi gola.

Quando è ad una spanna da me, le sue dita si intrecciano ad una ciocca chiara dei miei capelli. La sposta dal viso, portandola dietro il lobo del mio orecchio. Non mi guarda Roth. I suoi occhi sono concentrati sulle mie labbra e mormorano pensieri che mi fanno avvampare.

«E’ pericoloso starsene qui soli», dice. La sua bocca è così vicina. 

Sono assorta, in trance, privata di ogni freno inibitore.

Nelle sue mani, mi affido.

Non è naturale. E’ questo ciò che voglio davvero?

Quando sollevo il mento verso di lui, i suoi occhi si irradiano di un verde ancora più marcato. La luce che balugina in essi non è umana.

«Cosa sei…?».

Poggia il pollice sul mio mento e al solo tocco, mi rendo conto che brama qualcosa di più di un semplice bacio.

«L’essere più pericoloso che esista e quello che dovresti desiderare di più», sussurra contro le mie labbra.

«Io ti desidero già.»

Non riconosco la mia voce. 

Cosa mi sta succedendo?

«Abbandonati al tuo destino, Elisabeth.»                                     

   
 
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