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Autore: Futeki    09/09/2022    9 recensioni
"Non si firmava mai, nondimeno era impossibile non sapere chi fosse l’autore di quelle lettere. Di tanto in tanto Scorpius fingeva ignoranza, perché forse era meglio così, forse entrambi avrebbero provato sollievo a non avere certezze – con il dubbio avevano sempre convissuto bene, ai tempi di Hogwarts."
[Storia vincitrice dei premi per la Migliore sceneggiatura non originale e il Miglior Montaggio agli Oscar della Penna 2023 indetti sul forum Ferisce più la penna.]
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Nuova generazione
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Non si firmava mai, nondimeno era impossibile non sapere chi fosse l’autore di quelle lettere. Di tanto in tanto Scorpius fingeva ignoranza, perché forse era meglio così, forse entrambi avrebbero provato sollievo a non avere certezze – con il dubbio avevano sempre convissuto bene, ai tempi di Hogwarts.

 

 

Con amore

Come tutti i martedì, Scorpius informò Tricky che non voleva essere disturbato e si chiuse nel proprio ufficio con un bicchiere di Whisky Incendiario tra le mani. Non che fosse davvero necessario annunciarlo: l’Elfo Domestico conosceva bene le sue abitudini, e comunque nei pochi mesi in cui aveva abitato quella casa non aveva stretto rapporti abbastanza amichevoli da giustificare un’improvvisa visita a quell’ora della sera.

Tuttavia, una volta a settimana sentiva l’esigenza di ritagliarsi uno spazio che fosse dichiaratamente solitario.

Il gufo trovò la finestra aperta e restò in attesa sul davanzale. Scorpius ritirò la lettera e, come al solito, non fece in tempo a offrirgli del cibo che l’animale era già volato via.

Tornò alla propria poltrona, dita tremanti stringevano da una parte la pergamena, dall’altra il bicchiere che rischiava di cadergli. Lo posò.

 

Scorpius,

spero che tu stia bene.

Ti ho pensato molto in questi giorni – e nei precedenti, e in quelli prima ancora. Nei rari momenti in cui mi sento felice immagino come sarebbe condividere quella gioia con te. Maggiormente, ti penso nella tristezza, perché in te ritrovo il mio rammarico e la mia consolazione. Il mio più grande rimpianto resta di averti ferito.

Mi manchi più di quanto riesca a dire, tanto che la tua assenza è per me un dolore fisico.

Ma della tua presenza mi basta soltanto l’ombra, il pensiero delle parole che pronunceresti in risposta alle mie, l’intensità di quelle che hai usato nel tuo libro. L’ho letto, e come può un testo accademico darmi tanto sollievo mi è incomprensibile. Forse è perché in esso avverto ancora la tua voce. Le parole sono magiche, non è vero? Feriscono irrimediabilmente, ma forse, in qualche modo, possono anche curare.

Complimenti per il tuo lavoro: è eccezionale, come ogni cosa che fai.

Con amore.

 

 

Strinse la lettera in una mano, resistendo all’impulso di accartocciarla e gettarla nel camino. Un paio di volte l’aveva fatto e l’indomani se n’era pentito, avido di rileggere quelle parole che lo turbavano e lo consolavano insieme. Le aveva odiate – le odiava ancora – perché nonostante fosse cresciuto, un uomo adulto indipendente e con una carriera avviata, lo facevano sentire di nuovo un ragazzino.

Eppure non riusciva a farne a meno.

 

***

 

Non aveva potuto farne a meno, come ogni volta che qualcosa nella sua vita lo scuoteva profondamente: Scorpius aveva guardato il suo migliore amico negli occhi e gli aveva detto tutto.

«Che vuol dire che vi siete baciati?»

La replica di Albus era stata un misto di incredulità e rifiuto, che lui si era sforzato di ignorare.

«Cosa pensi che voglia dire?», aveva sbottato. «È quello che è. Io e James ci siamo baciati.»

Albus era rimasto a fissarlo per secondi interminabili e lui non aveva mai compreso se il problema fosse che lui avesse baciato un ragazzo o che il ragazzo in questione fosse suo fratello.

«Spiegami com’è andata», aveva detto alla fine. «Ma ti prego, ometti i dettagli.»

 

***

 

Recuperò dal cassetto una piuma nuova, come faceva sempre quando si armava di buoni propositi. Pur aspettandoselo, rimase deluso quando prese un foglio di pergamena intonso e le parole non fluirono autonomamente dalla sua mano.

Avrebbe potuto iniziare la lettera con il suo nome, e scriverlo l’avrebbe reso vero e gli avrebbe impedito di sbagliarsi – sebbene non dubitasse realmente delle proprie conclusioni.

A frenarlo era solo il pensiero che la sua risposta non fosse desiderata – e come poteva esserlo se non c’era una firma, un indirizzo, né un gufo disposto ad attendere per più di qualche secondo?

Scorpius sospirò e ripose la piuma. Prese il foglio su cui aveva scritto solo un nome e lo gettò nel camino.

 

***

 

Il Ghirigoro era stracolmo di persone giunte ad ascoltarlo e a farsi firmare una copia del libro. Scorpius aveva presentato Erbe magiche e i loro poteri curativi guardando fisso un gruppetto di ragazze che pendevano dalle sue labbra e che allo stesso tempo sembravano troppo impegnate a sospirare e ridacchiare per ascoltarlo davvero.

Si sedette e prese a lasciare autografi con rapidità, per porre fine al più presto a quella tortura, ignorando le espressioni deluse di chi si aspettava anche una dedica.

Sollevò lo sguardo soltanto quando una mano familiare entrò nel suo campo visivo.

«Mi concedi un autografo?»

Era superfluo chiedere, Scorpius era lì per quello, ma la voce di James Sirius lo fece sussultare – esattamente l’effetto desiderato.

Osservò il libro: lo aveva già letto, forse più volte a giudicare dallo stato delle pagine, nonostante fosse stato pubblicato solo da pochi giorni. Scorpius aprì la copertina e pensò a cosa scrivere. Gli venne in mente la chiusura delle lettere che gli toglievano il sonno da mesi. Con amore.

Ancora in silenzio, optò per un semplice autografo. Restituì il volume con un sorriso.

«È un ottimo lavoro», disse James. «Aiuterà moltissimo nel campo della Medimagia

Sebbene ne fosse l’autore, Scorpius non riusciva a essere d’accordo: quel libro non serviva a niente, le erbe erano inutili sulle ferite peggiori.

Le parole sono magiche, non è vero? Feriscono irrimediabilmente, ma forse, in qualche modo, possono anche curare.

«Non mi aspettavo di vederti.»

«Nemmeno io mi aspettavo di venire.» Un sorriso triste, una carezza distratta sul dorso della mano. Scorpius si chiese se lo preoccupasse ancora l’idea di essere visto a compiere quel tipo di gesto. «Ti va un caffè?»

 

***

 

Non avevano mai potuto prendere un caffè insieme, né tantomeno godersi una passeggiata alla luce del sole come gli altri studenti.

Tutto ciò che avevano erano incontri fugaci al termine degli allenamenti di Quidditch di Grifondoro, quando Scorpius si intrufolava negli spogliatoi in cui James si attardava per una doccia particolarmente lunga.

Si baciavano contro i muri, si prendevano in giro nella riservatezza di un ambiente solitario. James gli rimproverava sempre di averlo fatto aspettare.

«Stavo studiando.»

«Secchione.»

«Eppure ti piaccio.»

Lui non negava mai, ma nemmeno lo ammetteva apertamente.

 

***

 

James aveva scelto il tavolo più in disparte del locale e lo aspettava sfogliando distrattamente le pagine del libro che si era appena fatto autografare.

«Che se ne fa un Auror di quella roba?», esordì Scorpius, prendendo posto di fronte a lui.

L’altro lo salutò con un sorriso luminoso. «È importante sapersi prendere cura degli altri.»

Lui soffocò il sarcasmo e rimase in silenzio.

James sospirò. «Volevo vederti. Grazie per essere venuto.»

Annuì. «Hai già detto che ti dispiace avermi ferito. Se sei qui per altre scuse…»

«Mi piacerebbe che le accettassi», lo interruppe. «Potremmo ricominciare.»

Scorpius accarezzò l’idea di appartarsi con lui in un bagno. Avrebbe fatto qualcosa che gli avrebbe permesso di smettere di pensare e, lo sapeva, sarebbe piaciuto a entrambi.

Non c’era altro che riuscisse a immaginare di poter avere con lui. Non le cene di famiglia a Natale, né le passeggiate mano nella mano alla luce del sole. Non un bacio privo di vergogna, né, di certo, una relazione.

Aveva sbagliato a incontrarlo.

«Non è orgoglio il mio, James», disse alzandosi in piedi, ignorando il cameriere che veniva a prendere le ordinazioni. «È autoconservazione.»

La sua espressione ferita fu la più chiara delle risposte. «Sono cambiato.»

Scorpius scosse la testa. «Ormai è tardi.»

 

***

 

«È tardi.»

«Sono solo cinque minuti.»

«E se non venisse?»

«Al, le ragazze sono sempre in ritardo.»

Scorpius aveva sopportato tutte le paranoie sviluppate da Albus da quando aveva iniziato a uscire con Olivia, soffocando l’invidia che lo attanagliava quando li vedeva baciarsi in un corridoio o tenersi per mano a Hogsmeade.

«È vero. Il tuo ragazzo ritarda mai?»

«Non è il mio ragazzo.» Come James teneva a precisare. «E no, solitamente sono io a farlo aspettare.»

«Come fa a non essere il tuo ragazzo se uscite insieme?»

Ma loro non uscivano insieme, loro stavano insieme solo dove nessuno poteva vederli.

«Dovresti ripensarci, se veniste con noi a Hogsmeade ci divertiremmo.»

Albus non aveva immaginato che Scorpius ci avesse pensato eccome, che lo avesse desiderato e proposto a James, e che quest’ultimo avesse declinato, come sempre.

«La prossima volta.»

 

***

 

Scorpius gettò nel camino tanta carta da soffocare il fuoco anziché ravvivarlo. Aveva vomitato fiumi di parole sui fogli che poi aveva bruciato, carico di insoddisfazione. Se le parole ferivano e curavano, allora lui avrebbe dovuto essere in grado di scegliere quelle più intrise di veleno.

Alla fine, scrisse una sola frase – e a soffrirne fu lui per primo.

 

Non ti leggerò più.

 

Perché era certo che pur non avendo mai risposto, il suo interlocutore sapesse che riceveva le sue lettere. E forse gli era sufficiente la certezza che lui le leggesse.

Perciò aveva pensato di togliergli quel piacere – magari solo per finta, perché poi avrebbe ceduto alla curiosità e al bisogno di sentirsi rivolgere parole che bramava.

Quando il martedì successivo il gufo arrivò, Scorpius chiuse la finestra e lo intrappolò nello studio. La creatura prese a picchiettare con insistenza sul vetro.

Avrebbe dovuto legargli la propria risposta alla zampa e lasciarlo andare, ma era troppo smanioso di leggere.

Aprì la lettera.

 

Scorpius,

quando immagino la tua vita, i miei pensieri dipingono sempre quanto di meglio riesca a produrre la mia fantasia. Spero che tu sia felice.

A volte ho la presunzione di credere che avrei potuto renderti felice anch’io. Altre volte solo l’ingrata convinzione che tu avresti reso felice me.

Nei momenti in cui mi manchi di più cerco di figurarmi dove sei, cosa stai facendo. Di nuovo, ho l’arroganza di credere di poter indovinare molte delle tue reazioni. Ti è piaciuto firmare autografi al Ghirigoro? O hai odiato ogni secondo di quella notorietà che non hai cercato, com’è tipico di te?

Spero tu apprezzi comunque il riconoscimento delle tue capacità. Io non ho mai avuto dubbi, ma è giusto che tutti sappiano quanto vali. Sono orgoglioso di te, anche se non ne ho diritto. I miei sentimenti sono qualcosa su cui non ho controllo ormai da tempo.

Con amore.

 

 

Scorpius ingoiò il rancore assieme alla nostalgia e a qualcos’altro a cui non voleva dare un nome. Aprì la finestra, e il gufo volò via senza la sua risposta.

 

***

 

«Cosa ti ha risposto?»

«Ha detto di no.»

Albus aveva sbuffato e si era seduto accanto a lui sul divano. «È un cretino.»

Forse lo era davvero, ma Scorpius non riusciva a biasimare James se non voleva uscire con lui alla luce del sole. «Non è facile distruggere l’immagine che tutti hanno di noi per un’altra persona.»

«Certo che non lo è», aveva risposto Albus, a sorpresa. «Nemmeno io ci riuscirei. Ma non avrei mai fatto soffrire te per questo. Mi sarei tenuto dentro tutti i sentimenti che non avrei avuto il coraggio di vivere. Non li avrei scaricati su di te senza essere disposto ad accettarli.»

Scorpius lo aveva fissato, incredulo.

«Non ti merita», aveva decretato l’amico.

 

***

 

Dopo aver atteso dei giorni, per essere certo di aver smaltito l’irritazione, Scorpius si presentò al Ministero della Magia e chiese dell’Auror Potter. James rimase senza parole quando bussò alla sua porta e se la chiuse alle spalle, domandandogli alcuni minuti del suo tempo.

«Non intendo disturbarti. Volevo solo scusarmi per il mio comportamento della settimana scorsa.»

«Non serve. Hai validi motivi per avercela con me.»

Scorpius lo fissò a lungo. «A volte il rancore riemerge.»

«Lo capisco.»

«Sei cambiato davvero?»

James si alzò e gli andò incontro. «Possiamo ripartire da zero, un passo alla volta. Potremmo fare tante cose insieme.»

Non aveva risposto, non lo faceva mai neanche ai tempi della scuola.

Scorpius sorrise amaro mentre l’altro si avvicinava per baciarlo.

Non lo ricordava così delicato e la sua bocca era un misto curioso di conosciuto e inatteso. Sentì le sue labbra morbide contro le proprie, la lingua esitare come non aveva mai fatto e quando un rumore dal corridoio lo fece sussultare e si separò da lui, Scorpius gli rivolse un’espressione sarcastica.

«E dimmi, dovrò nuovamente considerarmi tuo amico

 

***

 

Che era suo amico lo aveva sempre saputo, ma Scorpius aveva compreso quanto Albus lo conoscesse solo quando lui l’ebbe trovato rannicchiato in un angolo della biblioteca con un libro sulle gambe che non stava leggendo.

«Pensavo fossi con Olivia.»

«E io che tu fossi con… lui.»

«Lo ero.»

«È andata male?»

«L’ho lasciato.»

«Hai fatto bene.»

Scorpius aveva singhiozzato. «Farlo mi ha spezzato il cuore.»

Albus si era seduto accanto a lui sul pavimento e lo aveva abbracciato. «Andrà meglio. I cuori infranti sono una metafora.»

Suo malgrado, Scorpius aveva riso. «Come va con Olivia?»

«Abbiamo rotto.»

Non gli aveva mai domandato il perché. Lo aveva solo stretto più forte.

 

***

 

L’indomani sera, Scorpius era pronto. Aveva cancellato e riscritto le stesse frasi una decina di volte, ma alla fine l’inchiostro era fluito perfettamente, arrotondando ogni spigolosa parola che aveva scritto. L’ultima, un addio che gli era costato tutte le sue energie, aveva visto la luce lentamente, così da dargli il tempo di ripensarci.

Ma non aveva cambiato idea.

Quando il gufo arrivò, gli legò la pergamena alla zampa prima ancora di ritirare la propria lettera. Poi lo guardò volare via.

 

Scorpius,

qualcuno mi ha detto che sono uguale a com’ero ai tempi della scuola. Ho sorriso, perché è vero. Talvolta mi sento bloccato.

Tu, al contrario, sei cambiato. Hai inseguito i tuoi obiettivi e oggi sei la persona che meritavi di diventare. Eppure sento di conoscerti come allora. Forse è un’illusione dovuta a quello che provo per te. O forse è un tentativo della mia mente di placare il dolore fantasma di ciò che non è stato.

Mi riprometto di non farlo, invece continuo a riversare i miei sentimenti su di te. Non sono troppo diverso da lui, non è vero?

Il rimpianto è qualcosa che non ho mai imparato a gestire. Forse, quando ho ferito te, ho ferito anche me stesso in un modo che non mi aspettavo. E forse certi dolori sono troppo reali per crederli una metafora.

Perdonami, perché io non riesco a perdonare me stesso.

Con amore.

 

***

 

Aveva quasi ultimato i preparativi per la partenza quando sentì suonare il campanello. Tricky si affacciò in camera sua per informarlo che il signor Potter chiedeva di vederlo.

«Mandalo via», tagliò corto Scorpius, perché l’ultima persona che aveva voglia di ricevere era James.

«Il signor Albus Potter», si sentì in dovere di precisare l’Elfo, quasi gli avesse letto nel pensiero.

Scorpius rimase interdetto. «Fallo entrare.»

Non si voltò quando udì dei passi in avvicinamento, né lo fece al suono di una mano che batteva sul legno della porta aperta per attirare la sua attenzione. Scorpius rimase concentrato sulla valigia che aveva di fronte, sforzandosi di ricordare se avesse dimenticato qualcosa.

«Stai partendo?»

La sua voce toccava corde sepolte dentro di lui in un modo che gli rese impossibile ignorarlo ancora. Quando finalmente lo guardò, scoprì che negli anni in cui non si erano visti Albus era cambiato. Forse impercettibilmente – era un po’ più magro, i capelli erano cresciuti e gli coprivano gran parte della fronte – ma il suo sguardo era così diverso che a lui sembrava quasi di non riconoscerlo.

«Ciao», gli sfuggì in un soffio.

Albus rimase in silenzio.

«Sì, sto partendo.»

Tornò alla valigia e spostò una camicia che invero non aveva motivo di cambiare sistemazione in uno spazio già perfettamente organizzato.

«Dove andrai?»

La sua voce si era fatta più vicina, quindi Scorpius si voltò di nuovo, per evitare di trovarselo a pochi passi di distanza senza accorgersene. «In America.»

Albus si incupì. «Di nuovo?»

«Gli anni che ho passato lì hanno dato ottimi frutti. Voglio iniziare una nuova ricerca.»

L’altro tacque.

«Hai sentito la mia mancanza quando sono partito dopo la scuola?», lo provocò.

Erano quasi quattro anni che non si vedevano. Gli sembrava assurdo – a volte aveva la percezione che una parte di Albus fosse rimasta legata a lui, come un residuo sotto pelle di cui non si sarebbe mai liberato – eppure era così. Non aveva realizzato quanto gli fosse pesata quella lontananza fino a quel momento.

«Sì», confermò Albus dopo un lungo silenzio.

«Avresti potuto scrivermi.»

«Se solo ti fossi reso raggiungibile lo avrei fatto.»

«Intendo dopo», precisò Scorpius, con una punta di sarcasmo. «Quando sono rientrato.»

Albus non raccolse. Gli offrì solo un mutismo ostinato, ma nel suo sguardo Scorpius lesse emozioni diverse da quelle che si sarebbe aspettato: non irritazione, ma dispiacere; non biasimo, ma senso di colpa.

Nella sua espressione ferita distinse chiaramente le parole che gli avrebbe rivolto se solo avesse potuto scriverle su carta anziché pronunciarle.

L’ho fatto.

 

***

 

L’aveva fatto l’ultimo giorno di scuola, quando era stato certo di poter sfuggire al peso della propria confessione lasciandosi Hogwarts alle spalle. Scorpius aveva detto al suo migliore amico che provava qualcosa per lui e Albus era rimasto in silenzio. Poi lo aveva abbracciato.

Si erano separati senza rancori, con solo un leggero imbarazzo a velare la consueta complicità. Poi Scorpius era tornato a casa e aveva deciso che lasciarsi Hogwarts alle spalle non era abbastanza: il suo cuore non ne poteva più del peso che lo opprimeva – poteva anche essere metaforico, ma non per questo era meno gravoso.

Nel giro di un paio di settimane aveva stabilito un contatto con un professore di Erbologia americano e si era trasferito in un altro continente.

 

***

 

La prima lettera era arrivata poche settimane dopo il suo rientro dall’America, un martedì sera in cui stava lavorando a quello che sarebbe stato il suo libro. L’inchiostro parlava di un sentimento e una devozione che Scorpius non aveva mai sperimentato sulla propria pelle, tanto che se non fosse stato indicato chiaramente come destinatario avrebbe pensato a uno scambio di persona. Aveva finto di non riconoscerne la grafia minuta, distorta da una mano tremante – forse appartenente a qualcuno troppo ubriaco per sapere ciò che stava facendo – e aveva tentato di dimenticarne le parole.

La seconda lettera era arrivata una settimana dopo, carica di scuse vergate da un tratto molto più preciso. Scorpius era stato colpito dal rammarico di quella lettera molto più che dall’intensità dei sentimenti della precedente.

La terza era stata l’ultima a giungere inaspettata – tutte le successive le avrebbe attese, bramate – e la prima a fargli sperare che quella bizzarra comunicazione a senso unico diventasse un’abitudine.

Quando guardò Albus, infelice per la sua partenza, ma chiaramente risoluto a non opporsi a essa, Scorpius realizzò che la distanza tra la realtà e le parole in quelle lettere era piccola quanto una goccia d’inchiostro a fine pagina, lasciata cadere in un punto al termine dei saluti, che negava ogni possibilità alla presenza di una firma.

Con amore.

«Devo smetterla di restare aggrappato al passato», provò a giustificarsi, ora che il viaggio gli sembrava soltanto una nuova fuga.

«A James?» Nel suo sguardo lesse la consapevolezza che si erano visti. Scorpius non gli chiese da dove venisse. Si domandò se sapesse anche del loro bacio, ma anche a quel pensiero non diede voce.

«E a te.»

«Noi non abbiamo quel genere di passato.»

«Tu lo vorresti?»

Non lo avrebbe voluto, non allo stesso modo. Sapeva che Albus non avrebbe desiderato mai niente che significasse farlo soffrire, ma il senso della domanda era un altro, e lo sapevano entrambi. Per questo non rispose.

Scorpius scelse di dare al suo silenzio il significato che preferiva.

«Allora chiedimi di restare.»

«Non sarebbe giusto.»

Non aveva esitato in quella replica, perché il suo benessere sarebbe stato sempre al primo posto, al di là di ogni tentennamento. Scorpius ne sorrise.

«Dovrai pur fare qualcosa.»

«L’ho fatto.»

Sentirglielo dire lo colpì così intensamente che chiuse gli occhi. Con un cenno del capo, dettato più dall’istinto che da un pensiero razionale, indicò il cassetto in cui conservava le sue lettere.

«E vuoi andare avanti così? Farò in modo che tu possa continuare a scrivermi, se è ciò che vuoi. Ti farò avere un indirizzo.»

Tornò a guardarlo.

Albus piegò un angolo della bocca. «Credevo volessi lasciarti tutto alle spalle.»

«Che io legga o meno le tue lettere, tu non lo saprai mai.»

«Finora le hai lette, a quanto pare.»

«Smetterò.»

S’incupì e, di nuovo, serrò le labbra. Quando Scorpius gli si avvicinò, però, non si ritrasse. «Dammi un motivo per restare.»

Albus allungò il braccio e gli prese la mano. Sembrava un gesto compiuto senza riflettere, mentre i suoi pensieri vagavano alla ricerca delle parole giuste. «Io non voglio ferirti.»

«Lo hai già fatto.»

«Con le lettere?»

«Con il silenzio.»

Albus tacque.

Le parole sono magiche, non è vero? Feriscono irrimediabilmente, ma forse, in qualche modo, possono anche curare.

«Io non sono diverso da James», ammise di punto in bianco. «Non sono più coraggioso di lui, non sono io il Grifondoro della famiglia.»

«Non mi serve coraggio.»

«Sì, invece. Non avrei dovuto aprirmi in quel modo, non se poi finirei per chiudermi nuovamente sotto gli occhi degli altri.»

«Non mi importa degli altri.»

«Scorpius…» Si accorse improvvisamente che gli stava ancora tenendo la mano, quindi la lasciò andare.

«Credi che James mi abbia ferito con la sua reticenza a mostrarsi con me?», gli disse amareggiato. «Tuo fratello non riusciva a superare la ritrosia neanche quando eravamo soli. Non mi ha mai detto cosa provasse per me. Non ha mai accettato di definirmi in modo diverso da un semplice amico, nemmeno quando c’eravamo soltanto io e lui.»

Vide Albus deglutire e serrare la mascella, ma a Scorpius quel genere di ricordi non faceva più male come una volta. Di tanto in tanto provava rancore e l’idea che James si fosse presentato a lui con una proposta di ricominciare senza essere cambiato affatto lo faceva innervosire. Ma la sofferenza era sparita da tempo, curata dagli abbracci di un amico e dalle risate che aveva saputo strappargli.

C’era stato un momento in cui aveva cercato consolazione tra le braccia di Albus e vi aveva scoperto un bisogno che era al di là del conforto. Nei giorni più audaci lo aveva guardato dritto negli occhi e gli aveva aperto il cuore con il silenzio dei propri pensieri – e avrebbe giurato di aver ricevuto un’analoga, muta risposta.

«Se quello che hai scritto lo pensi, se ci credi davvero, a me basta per cominciare.»

Albus esitò. Non somigliava a James, non per lui che conosceva il suo viso meglio di chiunque altro. C’era una battaglia profonda nel suo sguardo, ma anche il desiderio evidente di preservare lui dal suo conflitto interiore.

Mi manchi più di quanto riesca a dire.

Scorpius avrebbe potuto baciarlo e lui non si sarebbe tirato indietro, come mai si era tirato indietro quando lo aveva cercato ai tempi di Hogwarts. Avrebbe potuto chiedergli di ripetere ad alta voce quello che aveva scritto nelle sue lettere e lui, con fatica, lo avrebbe fatto – perché ci credeva eccome.

A volte ho la presunzione di credere che avrei potuto renderti felice anch’io. Altre volte solo l’ingrata convinzione che tu avresti reso felice me.

Albus gli prese di nuovo la mano. Nel suo sguardo c’era una luce nuova, che gli diede speranza. Scorpius pensò a tutte le parole che lui gli aveva rivolto nella sicurezza di un finto anonimato, traghettate da carta e inchiostro.

I miei sentimenti sono qualcosa su cui non ho controllo ormai da tempo.

Lo vide sospirare e gli rivolse un sorriso di incoraggiamento.

Albus sorrise a sua volta. «Per favore, resta.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Grazie a Legar per le correzioni.

[Storia vincitrice dei premi per la Migliore sceneggiatura non originale e il Miglior Montaggio agli Oscar della Penna 2023 indetti sul forum Ferisce più la penna.]

   
 
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