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Autore: lulette    13/09/2022    2 recensioni
Dal capitolo 4
[Dei, l'aveva colpito. Così forte! Con tutta la forza che aveva. Aveva colpito quel viso così delicato, così fragile, come fragile era tutto di Merlino. Il suo corpo esile. Il suo cuore sensibile. Come aveva potuto colpirlo così?
Lui era da sempre il suo servo più fidato, il suo suddito più entusiasta ed era suo amico.]
["Che volete Artù?"
"Volevo chiederti perdono!"
"Vi perdono, ma sapete meglio di me che lo schiaffo di oggi non era per la risata" disse serio.
"Cosa vorresti dire?"
"Spiegatemelo voi, sire. Siete voi che siete cambiato nei miei confronti"
Di nuovo Artù si soffermò a guardarlo. Nudo sembrava ancora più fragile, ancora più indifeso ed ora che lo aveva vicino pensò che fosse un uomo incredibilmente attraente, sia per la sua nuova bellezza appena scoperta ma soprattutto per ciò che il ragazzo significava per lui.]
Raccolta di one shot dove oltre all'amore, l'elemento in comune è la presenza quasi magica dell'acqua.
Genere: Angst, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gaius, I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: Lemon, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Bondage, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Rating: Arancione

Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico

Tipo di coppia: Slash

Note: Lime, Missing moments, What if?

Coppie: Merlino/Artù

Contesto: seconda stagione

 

 

 

8725 parole





 

Tutta colpa della natura:

 Un giorno da “dimenticare”







 


 

Di nuovo a caccia: l'ennesima, quel mese.

Sempre loro due, da soli.

'Chi altro avrebbe accettato con quelle condizioni?' 

Lui non aveva di certo potuto scegliere.

In piena estate, alle due del pomeriggio. 

'Certo, meglio che in pieno inverno!' rifletteva, sfinito, Merlino. Quasi non riusciva a rimanere in sella.

 

Due lepri, due pernici, tre fagiani, una cerva, tutti addosso a lui, tutti così puzzolenti di terra, di sangue, di sterco. E quanto pesavano! Non ne poteva più.

 

La cerva legata per le zampe scendeva sulla schiena del servo e quando ondeggiava fino al suo fianco, gli metteva i brividi con quel suo occhio fisso e lucido che sembrava dirgli: 'Perché non l'hai fermato? Perché non mi hai salvato? A cosa serve la tua magia se non la usi nemmeno per salvare le creature innocenti e pure come me?'

 

Merlino sentì una morsa colpevole allo stomaco, ma non aveva voglia di finire alla gogna, come tante volte era già successo in passato, quando aveva fatto in modo che molte prede scappassero ad Artù.

 

Si era già lamentato con Artù? Certamente! Quante volte? Venti? Trenta? E ogni tanto ci riprovava:

"Non abbiamo ancora pranzato, sire. Non vi andrebbe di sedervi all'ombra a rifocillarvi e a riposare un po'?" gli chiedeva cercando di tentarlo.

"Ancora un po' Merlino. Su, quante storie devi fare ogni volta" rispondeva Artù impietoso.

Gli era scappato anche di dire: "Il cavallo deve essere stanco Artù: fa degli strani scossoni che mi fan male alla sella!"

E cosa si era sentito rispondere, molto educatamente?

"Sì, alla sella! Avere il culo secco porta guai, se si va a cavallo, Merlino! Dovresti nutrirti di più e meglio!"

Artù lo stava stuzzicando. Da tanto faceva così, da quando l'aveva conosciuto, il primo giorno che era giunto a Camelot. L'aveva fatto apposta quel gradasso, perché sapeva che quello era il suo punto debole. Non il culo secco, ma il fatto che tutti lo opprimessero per la sua estrema magrezza. Che esagerati! Si facessero i fatti propri! 

Non avrebbe voluto discutere con quel babbeo ma Artù se l'era andata a cercare. Stava per svenire, ma la lingua riusciva ancora a muoverla.

"Con quello che mi pagate é già molto che io non sia morto di fame!" Non era vero: Merlino guadagnava più che dignitosamente, ma la guerra era guerra.

"Se dovessi pagarti per le tue doti di servo, vivresti a pane e acqua per sempre, Merlino!"

"Pane e acqua, in questo momento mi sembrano altamente desiderabili, mio signore!"

 

 

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Un tonfo, seguito da altri più lievi, attutiti. Il principe si girò e vide per terra la cacciagione del mattino. Vide la sella del cavallo del servo vuota, ma non riusciva più a vedere Merlino.

'E adesso dove si sarà cacciato quell' idiota?' si chiese facendo voltare il cavallo e tornando indietro a bordo di Angry, il suo possente destriero. Avvicinandosi lo vide. Era quasi coperto dall'erba alta, sdraiato con le braccia lungo il corpo.

"Ma... sei svenuto?"

"No... sono sceso. Mi spiace Artù, ma io non ce la faccio!"

"Ma perché non l'hai semplicemente detto?" 

Merlino si chiese se il principe l'avesse detto per prenderlo ancora in giro o se davvero non ci arrivasse. A volte era un babbeo tale che probabilmente sul serio non aveva capito niente.

"É più di un'ora che ve lo sto dicendo, maestà. Vi prego: ho solo bisogno di riposare un po'." 

Artù smontò dalla sella e cercò un riparo all'ombra per il suo cavallo e per sé. 

Dopo un po' di tempo Merlino si alzò a sedere in mezzo all'erba, dando le spalle ad Artù che poté notare la giacca del servo completamente bagnata di sudore sulla schiena. Artù si sdraiò sull'erba per riposare. 

Era piuttosto stanco anche lui.

 

Merlino si tolse la giacca con non poche difficoltà, sia a causa delle braccia che sentiva stanche e anchilosate, sia per la giacca che gli si era appiccicata addosso. Poi si attaccò all'otre dell'acqua con voracità. Infine si alzò a fatica, poiché sentiva fitte di dolore alle gambe, alla schiena ma soprattutto alle spalle. Spostò il suo cavallo all'ombra e tirò fuori una coperta che stese a fianco di Artù il quale gli sorrise lievemente e si spostò sopra di essa. Il servo tirò giù dal suo cavallo una bisaccia contenente frutta, pane, formaggio e carne secca, che rappresentavano il pranzo che non avevano ancora consumato. 

"Cosa desiderate mangiare?"

"Un po' di tutto. E siccome vedo che stai morendo di fame, oggi puoi mangiare assieme a me, voglio dire che non dovrai aspettare che io abbia finito per poter iniziare. Serviti pure."

"Non me lo farò certo dire due volte" disse Merlino con occhi luminosi e un sorriso furbo. Poi si rese conto che il suo comportamento non era molto educato. "Voglio dire ... grazie, maestà; questo é molto generoso da parte vostra."

 

Mentre mangiavano, Artù si guardò intorno: "Strano" disse "vengo qui a cacciare da tutta la vita ma non mi sono mai fermato in questo posto e non ho mai fatto caso a quanto fosse tranquillo e piacevole. Il laghetto poi é bellissimo, con questa luce e l'acqua così trasparente."  

Merlino seguì lo sguardo del principe e si accorse che era vero. Quell'acqua lo attirava moltissimo e avrebbe tanto voluto entrarci. 

Una volta finito di mangiare, entrambi si appisolarono. 



 

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Il principe si svegliò qualche tempo dopo a causa del caldo insopportabile che sentiva addosso. L'ombra si era spostata e lui si ritrovò quasi completamente al sole. Si cavò la giacca e si spostò di nuovo all'ombra. Prese una mela rimasta dal pranzo e l'addentò con gusto. 'Ma Merlino dove sarà, adesso?' si domandò, notando che non era più al posto in cui riposava poco prima.

 

Poi lo vide. E quasi gli si fermò il fiato nell'osservare quella scena. Merlino stava tornando verso di lui e teneva i cavalli per le briglie, uno per parte, verosimilmente dopo averli portati al lago a bere. Stava sussurrando loro qualche parola incomprensibile, con insolita dolcezza e i cavalli lo seguivano docilmente. Si era tolto la maglia. Era scalzo con i pantaloni arrotolati fino ai polpacci. Non aveva mai visto Merlino a torso nudo. Era inondato di sole, sorridente e sereno. Artù rimase sorpreso da quanto stesse bene con quel suo fisico asciutto e tonico. La vita così sottile metteva in risalto il torace, molto più ampio di quanto avesse potuto credere. Le spalle e le braccia erano ben definite e l'addome piatto mostrava delle lievi linee d'ombra. Il tutto risultava ben proporzionato e gradevole alla vista.

 

E chi l'avrebbe mai detto? Aveva sempre pensato che la parte più bella di Merlino fosse il suo viso. Con la sua pelle chiara, i morbidi capelli neri, ma soprattutto con i suoi grandi occhi blu, a mandorla, molto espressivi. E invece adesso doveva ricredersi. Credeva che Merlino fosse un ragazzo magro e gracile, ma non era così. Gli sembrava quasi di avere a che fare con uno sconosciuto. Si sentiva leggermente a disagio. 

 

Il ragazzo gli ricordava una di quelle statue antiche, quelle raffiguranti gli uomini più giovani, sottili ma con una bella muscolatura scolpita. Basta! Cos'erano tutti questi pensieri sul corpo del giovane moro? E poi si trattava di Merlino, il suo pessimo servo, più-che-idiota, quasi-amico Merlino. Aveva spesso visto i suoi cavalieri in costume adamitico: erano uomini con fisici notevoli e pieni di muscoli; erano belli ma non gli avevano mai fatto nessun effetto. Doveva essere colpa di quell'atmosfera bucolica in cui si trovavano, immersi com'erano in quella natura sfacciatamente lussureggiante. 

 

E Merlino era il protagonista indiscusso di quella scena campestre. 

 

Il servitore lo raggiunse e quando lo vide sveglio gli sorrise con calore. Eccolo "il" sorriso: come aveva potuto dimenticarlo? Merlino aveva bocca, denti e labbra bellissimi che calamitavano sempre lo sguardo, ogni volta che parlava: peccato solo per le parole che spesso uscivano da quella bocca. Sempre a sindacare ogni minima questione, a dare retta a dettagli insignificanti, a brontolare per ogni decisione presa dal principe, che lo coinvolgesse o meno.

 

Quando sorrideva invece, tutto il suo volto sorrideva, soprattutto gli occhi; quasi si illuminava e non potevi non essere contagiato dalla gioia, dalla briosità che ti trasmetteva. Merlino aveva tanti amici, tante persone che lo amavano, forse anche a causa di quel sorriso aperto e sincero. Era anche stato un po' geloso di quei suoi amici, qualche volta. Certo, lui aveva la priorità, solo che l'aveva a causa del suo ruolo di principe, anche se Artù sperava intimamente non fosse solo per quello.

 

"Perdonatemi per come mi presento a voi, Artù, ma ho messo ad asciugare la camicia e credevo dormiste ancora un po'..." mormorò il valletto, abbassando lo sguardo.

 

"Oh, figurati Merlino. Pensa che non me n'ero neanche accorto!" mentì Artù spudoratamente e siccome ormai gli si era avvicinato parecchio, ne approfittò per guardarlo un altro po'. Da vicino il suo servitore era ancora meglio.

 

Merlino arrossì e abbassò lo sguardo per terra. Non era abituato a essere osservato in quel modo da nessuno, soprattutto se si ritrovava a stare a petto nudo di fronte a qualcuno, specialmente se quel qualcuno era il principe. Si sentiva vagamente indifeso in quello stato, esposto al suo giudizio. Avrebbe voluto fregarsene! Certo, per Artù era più facile. Era sempre stato molto sicuro della propria avvenenza. Avvenenza del viso e avvenenza del corpo. D'altronde Artù aveva un fisico statuario con sopra un viso d'angelo dai tratti puri ed eleganti che gli ricordavano i dipinti più belli che avesse visto..

 

E della bellezza del principe, Merlino aveva modo di accertarsene ogni giorno, quando Artù faceva il bagno e sempre si stupiva delle fattezze di quello zuccone. Il servo aveva visto anche altri uomini belli o più alti e muscolosi di Artù, ma c'era qualcosa che solo lui aveva, che faceva passare gli altri in secondo piano. Può una testa di fagiolo avere tutto questo carisma? Gli dava quasi fastidio: tutte queste doti in una sola persona. Non era giusto!

 

Merlino sapeva che il principe era assolutamente conscio dell'effetto che il suo aspetto e il suo fascino aveva sugli altri. Lo leggeva nello sguardo adorante di tutte le dame e nell'apprezzamento sincero della maggior parte degli uomini. E poi Artù gli occhi per guardarsi li aveva anche lui. Questa consapevolezza aumentava ulteriormente la sua sicurezza rendendolo per certi versi ancora più irresistibile. Un circolo virtuoso! Virtuoso per lui! Non che l'avesse mai fatto pesare più di tanto. Conoscendolo si sarebbe potuto inghirlandare molto di più. Quando poteva si vestiva semplicemente ed era anche leggermente sciatto, anche se il suo ruolo non glielo permetteva spesso. Fosse stato per lui si sarebbe lasciato crescere la barba, che però non gli donava. Tranne quella corta barbetta ispida di due o tre giorni che gli scuriva i contorni del volto rendendolo un po' più emaciato, un po' più maturo ma estremamente virile. Almeno secondo Merlino.

 

Per nascondere il disagio che lo stava frustrando in quel momento, Merlino si girò per legare i cavalli agli alberi.

Artù non potè fare a meno di guardare quella schiena d'alabastro, più larga sopra e stretta sui fianchi e notò le graziose fossette che facevano bella mostra di sé subito sopra l'orlo dei pantaloni, lievemente abbassato attorno alla vita del servo.

 

Artù si sentiva sempre più nervoso e confuso. Non capiva perché quel giorno Merlino gli sembrasse così ... 'piacente'. Solo perché gli aveva visto un po' di pelle in più? Non pensava di essere così superficiale. Superficiale? Qui il problema non era certo quello di sentirsi superficiale: era molto peggio. Merlino era un uomo!

 

Quando Merlino si girò, all'improvviso, si accorse dello sguardo fisso su di sé, da parte di Artù. Sospirò e scosse in fretta la testa.

"Potete dirmi cosa c'è che non va? Meno di un minuto fa avete detto che non c'erano problemi. Potevate dirlo subito che vi dava fastidio!" disse con un po' di stizza prendendo in mano la sua maglia e fece per indossarla.

Artù che era trasalito al tono alto della voce di Merlino, si alzò in piedi e si avvicinò all'altro. Si era distratto e si era fatto beccare da Merlino a osservarlo come un beota! Però il ragazzo ora stava esagerando. 'E che sarà mai?' si disse cercando di minimizzare con sé stesso. "Merlino, no! Che sciocchezze stai dicendo? Lascia stare quella maglia!" e gliela strappò di mano.

"Ridatemela, maestà, per favore!" fece il servo serio.

 

"Eddai, ascolta, ti stavo guardando perché... sono sorpreso. Tutto qui. Mi dispiace se ti ho messo in imbarazzo" disse cercando un modo di giustificare il suo comportamento un po' sfacciato.

"Non mi avete messo in imbarazzo. Ma non trovo giusto che pensiate male di me, giudicandomi solo per come appaio esteriormante, quando é chiaro che anch'io, pure imbranato e idiota come sono, ho dei sentimenti e provo delle emozioni."

Artù boccheggiò più volte. Merlino non aveva capito niente, anzi aveva capito tutto il contrario di quello che stava pensando. 

Credeva che lo stesse giudicando male. Ma se lui era preoccupato perché invece gli piaceva anche troppo. 'Non posso certo dirglielo, ma non posso neanche lasciare che si senta così offeso.'

 

"Merlino, scusa ma mi viene da ridere. Non ci siamo affatto capiti. Sei un ragazzo molto insicuro, lo sai? E' vero che ti stavo guardando perché mi hai stupito, ma in bene! Non sei male come ragazzo! Non noti le ragazze che ti sorridono e ridacchiano quando passi, perché ti trovano carino? Hai sempre avuto un bel viso, a parte le tue orecchie che fanno ombra, e hai anche un bel fisico. Credevo fossi decisamente più magro."

"Spero non mi direte che sono grasso!" disse Merlino facendo finalmente un piccolo sorriso e riportando lo sguardo sul suo. 

"Stai forse alludendo a qualcosa?" disse Artù improvvisamente serio.

"No, sire, vi giuro che non alludevo a niente, parlavo di me" disse sollevando i palmi aperti come in segno di resa.

"Beh ...tutto sommato... vestito sembri più esile invece così, da quel che posso notare, sei... sei..." 

Artú si riscosse. Si può sapere a cosa stava pensando e soprattutto cosa stava per dire al suo servo? Stava per dire 'bello'? O 'affascinante'? O attraente? Il caldo gli aveva forse fritto il cervello? Attraente? Merlino? Un mucchietto d'ossa con qualche muscoletto qua e là. 

Cosa c'era in quella mela?

 

Cercò qualcosa da dire di sensato, ma riuscì solamente a cambiare argomento:

"Direi che ormai potremmo metterci in marcia, Merlino."

"Artù, io ...volevo chiedervi se potessimo tardare ancora qualche minuto prima di tornare a casa." 

"Perché?"

"Non mi sembra che oggi abbiate cose particolarmente importanti da fare. Ma la decisione come sempre è vostra. Io mi sento sporco e sudato e vorrei tanto fare un bagno. L'acqua é così bella e la trovo praticamente irresistibile." 

"... ma tra poco dovrai rimetterti addosso gli animali morti che ho cacciato e puzzerai come adesso..."

Merlino fece due o tre passi indietro, sgranando leggermente gli occhi, con fare turbato.

"Si sente così tanto, dunque?"

"Ehi, nemmeno io profumo di rose in questo momento!" Artù guardò Merlino che rimaneva imbarazzato a debita distanza da lui e gli sorrise: 

"Vai a goderti il tuo bagno: devo dire che oggi, con la fatica che hai fatto, te lo sei guadagnato! Mi sa che la cerva da sola pesa più di te."

Merlino era stupito: mai era riuscito a strappare un così veloce consenso ad Artù e temendo che cambiasse idea, raccolse in fretta vestiti e coperta e si inoltrò per un sentierino che portava in un punto del lago un po' più nascosto.

 

Arthur rifletteva su di sè: 'Cosa mi ha portato ad essere così magnanimo con Merlino? Forse il suo essere così poco vestito centra qualcosa? Mi son fatto corrompere solo per questo? Se ne sarà accorto? Non mi piace dargli quest'impressione, altrimenti corro il rischio di trovarmelo a petto nudo ogni volta che vorrà chiedermi qualcosa.' 

 

"Merlino, quasi quasi faccio un bagno anch'io: aspettami!" gridò Artù.

Ma quando Artù si girò, Merlino non si vedeva più!

'Peccato!' pensò il principe.

'Oggi sparisce in continuazione, mentre in genere me lo trovo sempre tra i piedi. Per una volta che avrei voluto degnarlo della mia presenza... vai a capirlo! Prima mentre lo guardavo avrebbe dovuto sentirsi lusingato per l'interesse dimostrato da me nei suoi confronti; gli ho fatto anche dei 'misurati' complimenti e invece sembrava l'avessi insultato. Era rosso come un pomodoro e non riusciva più a guardarmi in faccia. Ogni giorno un po' più strano. Ogni giorno sempre più un enigma' rifletteva tra sé il principe.

 

Era piuttosto seccato, con se stesso e con Merlino. Con se stesso perché non gli andava di sentirsi così interessato a Merlino, e con l'altro perché faceva di un filo di paglia, un pagliaio! Anche Artù sentiva di avere esagerato nella sua mente la leggera confusione provata poco prima. Non moriva mica nessuno, se trovava piacevole la vista del suo servo. Merlino era carino e stava bene senza maglia: tutto qui!

 

E comunque peggio per Merlino se si vergognava del suo corpo: non gliel'aveva mica chiesto lui di starsene lì mezzo nudo. E ben gli stava se adesso che se ne stava da solo a fare il bagno da qualche parte, si fosse annoiato, mentre sarebbe potuto essere divertente condividerlo con lui.

 

Decise lo stesso di spogliarsi e si buttò in acqua.

 

 




 



 

Cielo! Cos'aveva quell'acqua? Era forse magica?

 

Artù si mise a nuotare in lungo e in largo, poi fece le capriole sott'acqua. Correva sulla riva del lago fino ai punti più alti e si tuffava, urlando a squarciagola, come non aveva più fatto da quando era ragazzino. Salì persino sui rami degli alberi, gettandosi in acqua da lassù.

 

Non era riuscito a vedere Merlino che, a quanto pareva, quel giorno si divertiva ogni tanto a sparire davanti ai suoi occhi.

 

'Non so nemmeno se sa nuotare! Quello s'annega in un bicchier d'acqua, chissà qui!' e cominciava davvero a preoccuparsi.

Raggiunse un punto dove il verde del bosco era più fitto, tanto da far sembrare più buia quella zona rispetto al resto del lago.

 

Si trovò di fronte una specie di biforcazione: da una parte il lago continuava il suo espandersi e dall'altra, sulla destra di Artù, c'era una via d'acqua più stretta. Si chiese quale parte avesse scelto Merlino, cercando di far mente locale e immedesimandosi per un attimo nei panni del servo. 

 

'Non voglio assolutamente farmi da vedere da Artù! Oh, no! No, davvero! Se prendo questa strettoia, forse non mi troverà!' e gli scappò una risata, sentendosi un po' scemo a pensare di essere Merlino, ma svoltò decisamente a destra, senza pensare neanche per un secondo di lasciar stare quel pudico idiota.

 

Poco dopo, sulla riva intravide qualcosa di simile a degli stracci e avvicinandosi si rese conto che erano i vestiti di Merlino.

Proseguendo si ritrovò in mezzo a fitte fronde di salici che penzolavano sull'acqua e nascondevano alla vista ciò che c'era dietro.

 

Superato il muro di fronde, Artù si trovò davanti a un nuovo scenario. Anche questa parte del lago era incantevole e la luce del sole la raggiungeva a tratti formando giochi magici sulla superficie dell'acqua. C'era un forte odore di muschio e di pino, di terra e di erba. L'acqua qui era più fredda e Artù si sentiva più tonico e rinvigorito che mai.

 

"Merlino!" prese a chiamare. Forse si era sbagliato e magari il servitore se ne stava già presso i cavalli ad attenderlo. No, prima avrebbe sicuramente recuperato i suoi vestiti: 'Figuriamoci!'

 

Tese le orecchie per udire un'eventuale risposta. Qualcosa percepiva in realtà: una specie di fruscio lontano, ma nessuna voce umana.

 

Si mosse verso quel rumore e presto capì di cosa potesse trattarsi. Davanti a sé il lago si apriva in un'ampia zona e proseguendo, aldilà di una nuova ansa, Artù vide una meravigliosa piccola cascata. Il principe rimase a bocca aperta per quello spettacolo inatteso. Era una limpida cascata, lunga un paio di metri, anche se non molto alta: l'acqua scaturiva dalle rocce no troppo in alto rispetto ad Artù, che si arrampicò su varie rocce e si posizionò sotto il getto dell'acqua con le braccia aperte, la testa all'indietro e gli occhi chiusi, godendo del massaggio dell'acqua sulla pelle. Poi chinò il capo in avanti in modo che il getto lo colpisse sulla nuca e la parte alta della schiena e rabbrividì di freddo e di piacere. Era completamente rilassato e per la prima volta dopo tanto tempo, riuscì a non pensare a nulla.

 

Non sentiva più il canto degli uccelli o il frinire delle cicale, ma solo il fragore dello scroscio della cascata e non si accorse della presenza dietro di lui.

 

Sentì qualcosa toccargli il polpaccio. Artù trasalì e cacciò un urlo di spavento, girandosi terrorizzato: l'unica cosa a cui riusciva a pensare era la sua spada e a quanto avrebbe voluto averla con sé in quel momento.


Si asciugò gli occhi con le dita, più velocemente che poté, con i sensi acuiti al massimo, con gli arti pronti a colpire o a scappare, a seconda di cosa si sarebbe trovato di fronte.

 

Mise a fuoco e per un attimo non credette ai suoi occhi.

Non c'era molta luce, ma capì di trovarsi all'interno di una grotta, abbastanza ampia, anche se con il soffitto piuttosto basso e dentro c'era acqua ovunque.

 

Sentì una risata argentina riverberare all'interno della cavità: c'era questa leggera eco che rendeva quella risata un po' inquietante.

 

"Chi sei?" urlò Artù.

 

"Come chi sono? Sono Merlino, maestà e sono davanti a voi! Davvero non mi vedete?"

 

Gli occhi del principe non si erano ancora abituati alla penombra della grotta, ma ora riuscì a intravedere una sagoma. Al centro dello specchio d'acqua, c'era appunto il suo servo, in posizione accovacciata, proprio di fronte a lui.

 

"Eccoti! Tu lo sai che dovrei farti mettere alla gogna a vita? Ti rendi conto che stavi per farmi morire di crepacuore?"

 

"Mi dispiace, Artù. Non era mia intenzione. Vi ho chiamato, gridando più che potevo, ma la cascata fa un rumore tale che non riuscivo a farmi sentire. Forse sarebbe stato meglio non manifestarvi la mia presenza!"

"Conoscevi questo posto?" disse Artù sorvolando sul discorso.

"No, l'ho trovato prima per caso."

"Laggiù c'è una luce!"

"Sì, la grotta é aperta anche da quella parte, dove c'è un'altra cascata, più piccola di questa però."

"Sei andato a vedere?"

"Sì, ero curioso e sinceramente merita!"

"Voglio vederla anch'io: vieni con me?"

"Vedete Artù... ehm... poco fa ho messo male un piede e dev'essersi storzato un po'!"

Era ovviamente una bugia, ma a Merlino non andava giù il fatto di doversi mostrare nudo ad Artù. Era sicuro che se l'altro l'avesse saputo non gli avrebbe più dato pace. Per questo si era infilato in quella strettoia del lago e poi dentro la grotta. Ma Artù lo aveva trovato lo stesso. Quando se l'era ritrovato di fronte sotto la cascata, gli era preso un accidente, ma aveva pensato fosse meglio farsi notare per primo, per non dare al principe l'idea che volesse evitarlo, nel caso si fosse girato.

 

Non gli faceva piacere essere così a disagio, gli sembrava di essere un po' paranoico, ma se Artù lo aveva fissato a lungo mentre stava a petto nudo, cosa avrebbe fatto adesso? Non voleva assolutamente saperlo, ma qualcosa di imbarazzante certamente.

 

Prima che il reale tornasse, Merlino si spostò a sedere su delle rocce, in una zona dove l'acqua forse era un po' più profonda, mezzo metro e non di più e posizionò le mani e le braccia in modo da coprirsi senza però darne troppo l'impressione. 'Avrei dovuto tornare a riva molto prima. Adesso come faccio?'

 

In quel momento invidiò l'altro e il suo essere così allegramente impudico: Artù si muoveva da nudo, con la stessa naturalezza che mostrava da vestito.

Come avrebbe voluto riuscire a fregarsene in quel modo anche lui! Se non avesse avuto scelta, avrebbe dovuto farlo comunque. E se Artù avesse voluto che tornassero fino a riva, insieme? Era plausibile. Questo non doveva succedere e Merlino cominciò a pensare a una soluzione.

 

"Ehi, é fantastico laggiù e anche questa grotta é bellissima!" disse Artù, tornando.

"Sì, talmente bella che non sembra far parte di questo pianeta!"

"Intendi dire che é magica?"

"No, solo che lo sembra!" rispose Merlino.

"É quello che credo anch'io: prima ho pensato che l'acqua fosse magica! E ora, puoi farmi vedere dove ti sei fatto male?" chiese Artù, inginocchiandosi di fronte a lui.

"Non si vede nulla, ho controllato, ma... grazie. Non é neppure gonfia..." disse Merlino a disagio.

"Riesci a camminare? Oppure posso portarti in braccio!"

"Piuttosto mi faccio divorare da un wildreon!"

"Che esagerato!"

"D'accordo, ma sono certo di farcela!"

"E comunque ti ho già portato in braccio, ricordi?"

"Quando si dice 'testa di fagiolo'!" mormorò il servo. Poi, suo malgrado, Merlino era scoppiato a ridere fragorosamente e Artù lo seguì a ruota.

"Pensa se ci vedesse qualcuno! Che brutta figura!" disse il principe ridendo ancora più forte.

 

Dopo essersi ripresi, provò a nuotare in quell'acqua così bassa, ma le mani toccavano il fondo e proprio non si riusciva.

"Prova anche tu, Merlino. Se riesci a nuotare in un'acqua così, sei proprio un mago!"

Merlino scosse la testa, sorridendo: "Così poi mi farete tagliare la testa? No, grazie!"

"No, Merlino! Perché dici così?" lo fissò Artù, sconcertato. "Io non credo... se, per assurdo, tu lo fossi davvero, credo che ti metterei... sotto la mia protezione. Certo, ci vorrebbe un po' di tempo per abituarmi all'idea!"

"Avreste solo un modo per proteggermi veramente: quello di non farne mai parola con nessuno!"

"Una volta re, potrei consentire l'uso della magia, ma solo quella per fini benefici!"

Merlino avvertì un tuffo al cuore. Sperava così tanto che fosse vero!

"Scusa, Merlino, ma cosa facevi qua dentro da solo? Ti stavi nascondendo da me?"

Merlino avvampò di colpo e fu grato alla semioscurità della grotta che nascondeva il suo rossore.

Vide Artù spostarsi e sedersi accanto a lui sulla sponda di quello specchio d'acqua. Il principe portò le braccia dietro la schiena, appoggiando le mani lontano da sé e inarcando il busto in avanti.

Merlino con la coda dell'occhio intravide le nudità di Artù. 'Ci risiamo' pensò il servo. 'Da come stiamo seduti, si possono comprendere i nostri caratteri, decisamente opposti. Artù col viso verso l'alto, rilassato e un po' arrogante, che tiene il suo mondo in pugno. Io, col capo chino, gobbo e frustrato, praticamente un perdente.'

 

Artù, nonostante la poca visibilità, osservò di sbieco la schiena di Merlino, la bella schiena che aveva scoperto soltanto quel giorno.

Così da vicino notava la pelle bianca, le scapole in rilievo, le famose fossette e intravide nell'acqua il sedere rotondo di Merlino. 

'O dei! Ancora con questi pensieri!'

E cambiò posizione per non essere tentato di guardare ancora. Se Merlino se ne fosse accorto? Avrebbe sempre potuto dire che osservava quel muschio particolare che ricopriva quelle rocce! Che idiozia!

Merlino trovò il coraggio di rispondere: "Non stavo scappando da nessuno, Artù! Stavo solo qui a pensare a cose, diciamo... personali, ad esempio a cosa farò in futuro della mia vita!"

"Perché? Cosa vorresti fare, Merlino? Stai cercando di andartene?"

"Cosa dovrei fare? Voi pensate che dovrei sempre restare accanto a voi? É già da qualche anno che sono al vostro servizio e la mia vita non mi dispiace. Si tratta però sempre di lavoro e prima o poi vorrei riuscire a sistemarmi per conto mio, fare dei progetti, niente di strano: una casa, una famiglia mia."

"Pensavo che tu avessi trovato con me, qualcosa più di un semplice lavoro" disse Artù con la delusione dipinta sul volto. “Speravo che ti sentissi appagato anche come affetti ed amicizia e, perché no, anche come famiglia!”

Merlino non capiva cosa volesse dire Artù. "A chi vi riferite?"

"Beh, a Gaius, per esempio, non sei tu che lo consideri come un padre? Ma anche ai cavalieri, che sono tutti amici tuoi."

"Certo, tengo molto a loro." 

"E a me! Sono davvero solo 'lavoro'? Non significo nient'altro per te?"

"No, Artù... cosa dite? Voi siete la ragione principale... voi... siete il futuro re di Camelot!"

 

Artù fece una smorfia: "Già! Proprio quello che pensavo!" e si alzò in fretta, spruzzando involontariamente Merlino e dirigendosi verso la cascata. Il valletto provò a dire: "Artù...fermatevi...per favore!"

Ma il principe non si girò nemmeno: "Ti lascio qui a pensare al tuo futuro, Merlino!" disse freddamente e sparì dietro la cascata.

 

Merlino era dispiaciuto che Artù fosse rimasto così male. 'Non capisco, cosa ho detto di così terribile per farlo offendere in quel modo!' Invece di sentirsi sollevato di poter ritornare a riva, senza l'invadente presenza di Artù che lo tormentava con i suoi sguardi indiscreti, Merlino si sentì improvvisamente triste e solo. Aspettò ancora per decidere il da farsi e si maledì, perché istintivamente, si era alzato di corsa per inseguire l'altro.

Uscì dalla grotta correndo a fatica nell'acqua che gli arrivava fino al petto. Si guardò intorno: "Artù?" chiamò così piano che non avrebbe potuto udirlo nessuno. "Artù?" osò, alzando la voce un po' di più. Infine prese un ampio respiro e gridò con tutto il fiato:

"Tornate qui, Artù!"

 

Il principe, dallo spavento quasi cadde dal ramo sul quale stava appollaiato. Non ce l'aveva fatta ad andare via, come aveva fatto credere al servo, e si era arrampicato su un grosso albero dal fogliame fitto, qualche decina di metri più avanti, subito prima delle tende di salici.

Ormai non poteva più rispondere: che razza di figura avrebbe fatto? Sperò che Merlino rientrasse nella grotta, così da potersene sgattaiolare via come un ladro.

 

Merlino invece restava lì e con i pugni cominciò a colpire l'acqua: "MALEDIZIONE! Maledizione, maledizione!" Artù pensò per un attimo che il suo valletto fosse impazzito. Non l'aveva mai visto così isterico. Cominciò a sentirsi a disagio. Gli sembrava di spiarlo in un momento privato, cosa che in effetti stava facendo. Ma ormai poteva solo restare nascosto.

"PERCHÉ?" urlò ancora Merlino. "Perché, perché, PERCHÉ?" Era davvero infuriato.

"SCEMO!" e Artù sgranò gli occhi. A chi si riferiva?

"Sono uno scemo!"

Artù tirò il fiato.

 

Merlino lentamente si mosse verso di lui, lungo la strettoia d'acqua. Poco prima di giungere all'altezza di Artù, Merlino si fermò e il principe perse un anno di vita. Vide il servo sparire lentamente sotto il pelo dell'acqua per poi riaffiorare qualche metro più in là e ancora rifarlo più e più volte.

Era praticamente sotto il suo albero, quando Merlino si mise a fare le capriole sott'acqua, proprio come aveva fatto anche Artù poco prima. La vista da lassù lasciava ben poco all'immaginazione. Artù si sentiva accaldato e a disagio per cui chiuse gli occhi per non guardarlo più, per rispetto di Merlino e per la sua pace interiore. Il rumore dell'acqua cessò completamente e Artù dovette aprire gli occhi per non perdere di vista l'altro.

Merlino era ora sdraiato sull'acqua, con gli occhi chiusi e un'espressione rilassata sul viso. Artù perse il respiro: se l'altro avesse aperto gli occhi in quel momento, il principe avrebbe potuto benissimo morire di vergogna.

La tensione e la vista del suo servo, affrettarono i battiti del cuore di Artù, che non osava muovere un'unghia.

Concentrò l'attenzione sul corpo che vedeva: era perfetto. Quello che prima gli mancava per completare lo schema corporeo del servo, era lì, adesso, sotto di lui. Il corpo di Merlino era del tutto armonico e bello come non avrebbe creduto possibile. Come poteva un corpo nudo maschile, pur così diverso dal suo, essere così... soave?

Non c'era traccia di volgarità in esso, probabilmente perché apparteneva a Merlino, eppure lui ne era turbato. Era affascinato dall'estetica di quel corpo ma spaventato dalle emozioni di intimo scombussolamento che provava nel contemplarlo. Il corpo di Merlino era puro ma le sue sensazioni forse non lo erano altrettanto e questo lo infastidì: non voleva ‘sporcare’ il servitore con le idee sordide che aveva, ad esempio, per le ragazze. Artù si sentiva strano: in quel posto magico o maledetto che fosse, lui era cambiato e lo era Merlino e lo erano le loro dinamiche personali che si erano in parte capovolte.

 

Merlino ricominciò a nuotare verso il lago aperto e superò le fronde dei salici, sparendo alla vista di Artù: adesso era il momento di tagliare la strada attraverso il bosco. Il principe voleva farsi trovare da Merlino più avanti di lui, perché non pensasse di essere stato spiato. Doveva essere silenzioso e veloce, il più veloce possibile. Infatti dopo solo due passi sull'albero, Artù pestò la radice appuntita di un ramo sottile, avvertendo un dolore atroce, sotto la pianta del piede nudo. Cacciò un terribile urlo e precipitò in acqua di schiena, con un bel tonfo.

 

Merlino sussultò e tornò indietro sbucando dalle tende di fronde con aria preoccupata, per poi andare verso Artù.

"Dei, Artù! Vi siete fatto male?"

"Merlino!...Sì... il piede mi fa un male cane! Aiutami, per favore!"

"Cosa devo fare?"

"Fammi appoggiare a te, almeno finché mi fa così male!"

Artù portò un braccio intorno alle spalle di Merlino che afferrò con la mano destra il polso destro del principe e gli cinse la vita con l'altro braccio per sostenerlo.

 

Artù cercava di non infierire su Merlino con il suo peso; senza neanche farlo apposta avevano sincronizzato i loro passi.

Merlino sorrise ironico: "Cosa dicevate prima? Che mi avreste portato in braccio?"

"Me n'ero scordato, Merlino! Il tuo piede!"

"Non sento più alcun dolore. Non preoccupatevi!"

"E quindi sei tu che porti in braccio me!" disse Artù un po' umiliato.

"Non proprio! Non ne sarei in grado! Voi siete troppo pesante per me!"

"Stai dicendo che sono grasso?" provò a scherzare Artù.

"Mmmh, no! Grasso no! Ma neanche magro, però!"

"Beh, io so di pesare molto!" disse Artù con una smorfia!

"E io so di non essere forte!"

"In realtà sei più forte di quello che credessi!"

"Vi ringrazio, maestà, ma non siete molto convincente come bugiardo!"

"Sta zitto, Merlino!"

"Vi conviene trattarmi bene! Siete nelle mie mani e potrei decidere di lasciarvi qui...in balìa dei pesci!"

Artù scoppiò in una risata allegra.

 

A Merlino quel contatto stretto non dispiaceva. Per forza di cose risultava essere piuttosto intimo. La sola cosa che lo preoccupava era il fatto di cominciare a far davvero fatica. 

 

Erano giunti da poco nella parte più ampia del lago ed erano ancora parecchio lontani da dove sostavano i cavalli.

Merlino sudava e ansimava. Appena poté Artù gli chiese di aiutarlo a sedersi presso un gruppo di rocce che affioravano non lontano dalla sponda.

 

Il servitore si inginocchiò nell'acqua, sia per controllare il piede di Artù che per nascondersi. Cominciava a pesargli quella sensazione di imbarazzo che lo ostacolava ad ogni movimento. A questo punto non gliene sarebbe dovuto importare più niente.

 

Osservò la ferita di Artù: era un foro profondo che sanguinava.

 

"Se tu sapessi quanto poco mi interessa il fatto di vedere le tue nudità, soprattutto in un momento come questo, la smetteresti con tutta questa scena!"

 

Merlino non si scompose, raccolse un po' di limo dal fondo del lago e lo spalmò sotto il piede dell'altro. Artù sussultò per il dolore.

"Ahi!... Non ti rendi conto che così, mi viene solo da essere più curioso. Mi fai venire il dubbio che tu abbia una qualche menomazione spaventosa!"

"Uh, quanto parlate, maestà! Potreste chiudere gli occhi per un attimo, e magari anche la bocca? Se vi rilassate, farà meno male."

 

Artù chiuse gli occhi, come richiesto e Merlino sussurrò una formula veloce: in un attimo la ferita smise di sanguinare.

 

"Perché non accettate semplicemente il mio pudore, come una cosa che fa parte di me, anche se non vi piace?"

 

La ferita era adesso molto meno profonda.

"Oh, Merlino! Non mi fa quasi più male! Grazie!"

"Mi fa piacere... "

 

Non aveva potuto guarirla completamente, altrimenti Artù avrebbe capito.

 

"Comunque credo che il tuo problema sia una cosa che ti porti dietro fin da piccolo e che non riesci a superare!" ribadì il principe.

"Ci sono difetti peggiori!"

"Sicuramente, ma io lo dico per te... ora, credo di poter camminare da solo!"

Fatti due o tre passi, Artù si mise addirittura a corricchiare nell'acqua.

 

"Hai mai pensato che potresti fare il medico, invece che il servo? Sei molto bravo! Visto che vorresti fare qualcosa di più della tua vita? Quando Gaius non ci sarà più, e non dovrebbe mancare più molto, visto che per età ormai ha superato anche Matusalemme, tu potresti prendere il suo posto e diventare medico di corte. Potrei anche farti affiancare da un collaboratore-aiutante come fai tu con Gaius"

 

"Non ci ho pensato e forse non mi dispiacerebbe ma... povero Gaius!"

"Tu sai che gli voglio bene, non soppesare sempre troppo le parole!"

"E se volessi viaggiare per conoscere il mondo?" chiese speranzoso Merlino.

"Ti porterò con me, in missione e quando verrò invitato in altri regni, lasciandoti del tempo libero per esplorare!"

"Sarebbe grandioso! Se dovessi studiare per poter diventare medico?" 

"Farò venire a corte un bravo insegnante o un medico..."

 

"Ma... se volessi crearmi una famiglia?" disse Merlino stavolta un po' a disagio. Era stato ad ascoltare le parole del re ed era a dir poco entusiasta. Possibile che Artù fosse così aperto e disponibile nei suoi confronti? Però ...forse l'ultima richiesta era un po' eccessiva?

 

Artù si irrigidì impercettibilmente ma rispose comunque con calma: "Potrai farlo. Quelli che lavorano per me, una famiglia ce l'hanno. Ti sarà dato più tempo libero, se l'avrai... quando l'avrai..."

 

"Io non ho parole per dirvi quanto sono meravigliato dalla vostra comprensione e dalla vostra generosità" disse il servo guardandolo con occhi grati.

 

Artù era felice di ciò che l'altro gli aveva appena detto con parole così sentite e cominciò a canticchiare.

 

"Ahi, bocca..."

 

"La conosco Artù!" sorrise Merlino.

 

"Fa' sentire!"

 

"Ahi, baci..."

 

Poi cantarono insieme: "Ahi, lingua..."

 

Artù offrì la mano a Merlino che vi pose la sua sopra.

 

"Cara e dolce lingua..."

 

Camminarono in cerchio, portando le mani giunte prima in alto poi in basso.

 

"Datemi tant' umore..."*

 

E fecero un profondo inchino reciproco.

Poi a entrambi venne da ridere.

 

"Artù, è uno dei canti più licenziosi che conosco!"

"Ma cosa dici? Guarda che è un canto assolutamente romantico: é un madrigale d'amore dei popoli italici!"

"Ah, gli italici! Sempre a pensare a queste cose!" disse Merlino, scuotendo il capo velocemente!

"E all'arte!" 

"E al cibo!" aggiunse Merlino.

"Loro sì che sanno godersi la vita!" sospirò nostalgico Artù. "D'altra parte conosco canti molto più arditi di questo!"

"Vorrei sentirne uno!"

"Non voglio mica averti sulla coscienza, Merlino! Tu sei un puro! Pensi che non abbia notato come ti nascondevi le pudenda da me, prima, nella grotta?" sorrise Artù malizioso.

 

"Sicuramente non sono un narciso esibizionista come qualcun altro! Non avete pensato che potesse essere una forma di rispetto verso la vostra persona? Siete pur sempre il principe, per quanto asino!"

 

Artù lo guardò torvo: "No, non ho pensato nemmeno per un secondo che fosse per rispetto a me. Tu sei... un bambino vergognoso, Merlino!"

"Ah sì? E voi invece siete inverecondo, sire!"

"E perché mai, di grazia?"

"Anche se nella grotta mi sono coperto le ...pudenda, come dite voi, vi siete comunque rifatto gli occhi con qualcos'altro! Non sono poi così ingenuo!"

 

Artù rimase a bocca aperta. Era lui quello scandalizzato adesso. Dei, era convinto di essere stato discreto! Però gli venne anche da ridere, per l'impertinenza e il coraggio dimostrati da Merlino. In fondo era la verità!

 

"Siete rimasto senza parole?" continuò Merlino "perché ho forti dubbi sul fatto che non mi abbiate spiato anche mentre tornavo in qua e vi dirò che se così fosse, non lo troverei affatto corretto!"

 

"No. Mi ero fermato solo perché dovevo fare la pipì!"

 

"La pipì più lunga della storia! Ma che bisogno c'era? Non la potevate fare nell'acqua?"

 

"Sono inorridito, Merlino! Se tutti facessero la pipì nel lago, l'acqua non si potrebbe più bere!"

"Non ho prove, per cui lascerò perdere. Inoltre non sono affatto sicuro di volerlo sapere!"

"Ti dirò giusto questo, Merlino: volendo avrei potuto guardarti, ma non ne avevo voglia!"

"State ancora divagando."

"Cosa vuoi?"

"Sto aspettando il vostro canto osceno, Artù, o temete di essere stonato come un campanaccio..."

"Io sono un cantore nato e ti stupirò Merlino, ma se io lo farò, dovrai poi fare qualcosa anche tu..."

"E cosa?" domandò Merlino, aggrottando le sopracciglia.

"Nulla di troppo sconveniente, forse. Accetti?"

"Così a scatola chiusa?"

"Esattamente!"

 

Artù sapeva che Merlino non avrebbe resistito. Non resisteva mai alle sfide, almeno a quelle che gli proponeva lui!"

 

"Accetto, mio signore" rispose Merlino stringendo gli occhi.

 

Artù gli s'avvicinò, sorrise, gli prese le mani tra le sue per muoversi con lui a tempo di musica.


"Sdraiata sul mio cuore,

t'inebrierò d'amore,

la tazza sopra il piolo,

morire mi farai"


Il ritmo era lento, la melodia dolcissima ed era vero che Artù se la cavava molto bene a cantare. Artù sempre tenendo le mani di Merlino, allargò le braccia, girando in tondo. Erano molto vicini e il servo gli sorrise.


"Ed ora che son donna,

sollevo la tua gonna,

la tazza sulla tazza, 

morire mi farai"


Artù si spostò a lato del servitore, con il viso verso ovest e quello di Merlino verso est, poi cinse con un braccio la vita del moro, che lo imitò e girarono lentamente. 


"Ed ora che son uomo,

e uomo pure tu, 

il piolo dentro l'antro, 

son di Merlino e Artù"**


Merlino scoppiò in una risata quasi soffocante: "Ma non esiste un canto così, ve lo siete appena inventato!"

"É fatto apposta così. Bisogna creare una strofa, aggiungendo il nome di chi ascolta!

"Ho capito, ma perché vi siete messo pure voi?"

"La rima mi é venuta così. Mi sembrava divertente, ma... ora tocca a te!"

"Cosa devo fare?" sbuffò appena, Merlino.

"Una prova di grandissimo coraggio: devi saltare!"

"Tutto qui?"

"Sì! Più a lungo che puoi, più in alto che riesci e più velocemente che si può, ma qui... ora...!"

Merlino guardò l'acqua che gli arrivava alla vita e comprese il tranello di Artù.

"Oh, non credo proprio che lo farò. Per cosa poi? Soddisfare la vostra voglia da guardone?"

"Non capisci niente! Hai accettato la sfida!"

"Il vostro canto non era per niente osceno, per cui la sfida non vale!"

"Non l'hai capito? Parla di tre coppie: un uomo e una donna, due donne, due uomini!"

"É più romantico del primo canto. A me non sembra affatto sconcio!"

"Ma lo é, cavolo Merlino, lo é! Va bene, non saltare, non m'importa. Meglio tornare dai cavalli, sono incustoditi da troppo tempo."

 

Il servitore non capiva perché Artù fosse così burbero all'improvviso.

 

Non era vero, l'aveva capito benissimo. Era perché non aveva voluto saltare. 'Se é così, é proprio un asino!'

Dopo un po' che camminavano, Artù si volse indietro, ma Merlino non si vedeva più.

 

"Merlino!" chiamò 'Ma dov'è?'

 

"Sono qui, Artù!"

 

Artù guardò in alto: Merlino si trovava su un punto molto alto della riva, proprio sopra di lui. 

 

"Lasciatemi dire che siete l'uomo più viziato ed egoista della Terra" disse gridando forte Merlino che prese la rincorsa e si tuffò, abbracciandosi le ginocchia e inondando completamente Artù. Poi si mise a saltare con tutta l'energia che aveva, urlando e ridendo, cadendo sfinito in acqua quando non ne poté più. 

 

Il principe era rimasto inizialmente esterrefatto, ma poi si era messo a ridere fino a sentirsi scoppiare. Merlino era un commediante nato, un vero spasso! Ed era anche coraggioso: non credeva che l'avrebbe fatto davvero!

 

Merlino era soddisfatto di sé. Tremava decisamente come una foglia, ma era contento. Non tanto di aver accettato la sfida di Artù, quanto di avere vinto quella con se stesso. Era stata forse la cosa più difficile che avesse mai fatto e sperava intimamente di non doverla rifare mai più, ma era stata anche incredibilmente liberatoria.

 

Si sentiva come nuovo ora che il suo profondo disagio era sparito. Era una bella sensazione essere finalmente a proprio agio dopo tutti quei tentativi di celarsi. Almeno in quel momento non provava più vergogna e non doveva più invidiare Artù per la sua estrema naturalezza. E forse, chissà, Artù l'aveva sfidato per liberarlo da quelle fisime e non solamente per soddisfare la sua curiosità. Non l'avrebbe mai saputo veramente, ma ormai non aveva più importanza.

 

Giunti nei pressi dei cavalli, Merlino si sdraiò sulla riva del lago con la parte superiore del corpo all'asciutto e l'altra metà ancora a mollo. Il calore del sole sul viso e sul petto era una sensazione molto piacevole. Artù lo imitò e rimasero a lungo sdraiati senza parlare.

 

Merlino non aveva voglia di terminare quel bagno e non sapeva che Artù ne aveva ancora meno voglia di lui.

Artù si volse su un fianco, verso il servo: sembrava volesse dirgli qualcosa ma rimase in silenzio. Merlino tirò su il capo e spostò il peso sugli avambracci; anche lui aprì la bocca più volte per parlare ma aveva la mente vuota.

 

Artù si spostò verso di lui con uno scatto veloce, gli afferrò la nuca e lo baciò: un breve bacio, rude.

 

Il valletto ebbe un motto di sorpresa, lo guardò con aria grave, poi lasciò scivolare a terra, testa e spalle, chiudendo gli occhi e respirando affannosamente.

 

Quando riaprì gli occhi, vide che il principe non si era mosso: lo guardava confuso, colpevole forse ma anche speranzoso: sembrava attendere un segno da Merlino e anche lui respirava rumorosamente. 

 

Come poteva resistere Merlino, anche solo un altro istante a quel viso emozionato e in ansia per lui? Pose quindi le mani attorno al collo di Artù, avvicinandolo alla sua bocca e si lasciò andare.

 

Ad Artù sfuggì un gemito di sollievo e quando le morbide labbra di Merlino si schiusero per lui, gli sembrò di andare a fuoco e sentì anche l'altro bruciare assieme a lui.

 

Merlino cinse la testa e la schiena di Artù, stringendolo forte. Il principe lo baciava con un trasporto che non aveva mai provato prima con nessuno e istintivamente si sdraiò sopra l'altro, impazzendo quando sentì il servo cominciare a muoversi contro di lui.

 

Come aveva fatto a non capirlo prima? Come era possibile non essersi accorto di desiderarlo così tanto. Merlino era un uomo, ma in quel momento non gli importava niente. Era Merlino, era suo, era fatto così ed era perfetto. Se poteva desiderarlo in quel modo, allora tutto quello era davvero giusto. 

 

Pensò di amarlo. Lo amava. Si era innamorato di lui senza saperlo. Forse lo sapeva da tempo, ma non aveva voluto considerarlo possibile. Ora invece...

 

Si strisciò più forte sul suo corpo e pose fine al lungo bacio per portare la bocca sul collo dell'altro.

 

"Merlino... finalmente"

 

"State zitto, per favore"

 

Succhiò con passione la pelle del collo bianco di Merlino, adorando quell'aroma di bosco e fiori selvatici. Il servitore emise un forte gemito, poi si bloccò.

 

"Artù! No! Vi prego, basta! Lasciatemi!"

 

Artù non capiva. Perché faceva così? Perché un istante prima lo abbracciava e ora teneva le mani premute forte contro il suo petto per allontanarlo da lui, dopo averlo stretto e baciato in quel modo? Era deluso, offeso e triste.

 

Merlino riuscì a liberarsi, si alzò e corse vicino ai cavalli:

"Che cosa c'è che non va, Merlino? gli urlò Artù quasi con rabbia.

"Lo sapete... é sbagliato... non possiamo!"

"Siamo noi che decidiamo se possiamo o no. Io posso... e voglio!"

"Voi non potete volerlo e anche se così fosse... non posso io!"

"Volere é potere, Merlino!" Artù non sapeva più cosa fare. "Hai visto cosa mi hai fatto? Vorresti lasciarmi così?"

Merlino diede uno sguardo all'eccitazione del principe e provò una fitta di dolore: "Mi dispiace molto. Ho sbagliato... perdonatemi!"

"Sbagliato? A me non sembra. Hai visto cosa ho fatto io a te?" disse Artù indicando con il mento, l'erezione di Merlino. "Anche tu mi vuoi! Perché lo neghi?"

"Il mio corpo vuole, ma il resto di me, no!"

"Bugiardo!" urlò Artù, portandosi disperato una mano tra i capelli.

Merlino tremava e cominciarono a scendergli alcune lacrime sul volto. Era spaventato.

 

"Vedete? Abbiamo appena provato e sta già andando tutto a rotoli! Voi state male e anch'io!"

 

Il servo corse via: doveva andare a riprendere i suoi vestiti, dimenticati sulla riva lontano. Là si fermò a piangere e a riflettere a lungo.

 

Quando tornò, Artù si era rivestito e sedeva sull'erba con una mano a coprirgli gli occhi. Merlino si sentì morire nel vederlo così. Raccolse in silenzio le ultime cose lasciate in giro. 

 

Stava per salire a cavallo quando Artù si alzò da terra e gli si avvicinò. Merlino aveva preso una decisione difficile, nel caso Artù non avesse rinunciato ai suoi propositi.

 

Fece due passi indietro. Il principe lo guardò con dolore. "Perché ti allontani? Perché hai cambiato idea?"

"Perché é giusto così!"

"Ho sbagliato qualcosa? Tu non mi vuoi?"

 

Merlino deglutì a fatica. "Certo, ma non andrà mai come noi vorremmo!"

"Io non ho fretta. Se per ora vuoi fermarti ai baci, per me va bene!" 

"Non é per questo. Io non so nemmeno cosa desiderare per me... per noi!"

"Stare insieme, amarci, non é sufficiente?"

"Amarci, dite?"

"Almeno... io ti amo!"

 

Merlino cominciò a piangere, come se le parole di Artù l'avessero ferito, invece che dargli gioia. "Davvero? ...Anch'io vi amo!"

 

Il principe aveva gli occhi lucidi e sorrise. Prese il servo tra le braccia e lo strinse forte, baciandolo tante volte, felice.

 

A sua volta Merlino lo strinse e ricambiò disperatamente tutti i suoi baci, poi lo guardò con gli occhi gonfi di lacrime, dicendo: "Perdonatemi, maestà. Vi ho sempre amato!"

 

All'improvviso Artù vide gli occhi di Merlino illuminarsi d'oro e udì parole indecifrabili uscire dalle sue labbra. Artù spalancò gli occhi spaventato e incredulo, ma non ebbe il tempo di fare o dire nulla che si accasciò svenuto tra le braccia del suo servo.


Quando riprese conoscenza, vide il dolce sorriso di Merlino, sopra di sé.

"Che sta succedendo? Dove siamo?"

"Ci stavamo riposando dalla caccia e voi avete dormito molto!"

"Mi avrai fatto addormentare con il tuo continuo brontolare!" disse facendo ridacchiare Merlino.

"O dei! Che sogni strani ho fatto!"

"Sogni, dite?" lo guardò attento Merlino.

"Sì, c'era una cascata, ... io e te cantavamo..."

 

Merlino s'irrigidì: "E poi?"

 

"Poi... niente. Mi sono svegliato!"

Merlino sospirò: "Bene, Artù! Direi che possiamo ripartire."

"Peccato che abbia dormito tanto in una giornata così bella. Sarebbe stato divertente fare qualcosa insieme!"

Il servo abbassò gli occhi e la sua voce tremò: "Ci saranno altre occasioni... Artù, guardate che meraviglioso tramonto!"

Era davvero uno spettacolo e Artù sospirò felice.

 

Due giovani a cavallo tornavano a casa dopo una normale giornata di caccia.

Due uomini dai caratteri opposti che per un attimo, quel giorno, si erano trovati uniti.

Uno dei due aveva la testa leggera e sgombra.

L'altro portava un enorme fardello nel cuore.

Aveva scelto di portare quel segreto dolceamaro, tutto da solo.

Se ne era preso la responsabilità e ne avrebbe sostenuto per sempre il peso.

Aveva deciso per entrambi.

Si era arrogato, senza averlo, il diritto di scelta anche del principe.

Non aveva intravisto nessuna possibilità per loro due.

 

Il suo compito era di proteggerlo e non di contribuire alla sua rovina.

Era stato debole ed egoista.

E avrebbe pagato caro questo momento di debolezza.

Lo stava già pagando!

 

Erano partiti da poco quando Merlino si accorse di aver dimenticato la selvaggina al lago.

Forse Artù si sarebbe molto arrabbiato più tardi. 

Quasi lo sperò!

Non vedeva l'ora che le cose tornassero alla normalità. 


Almeno per uno di loro...









 

*Parole tratte da "Sì, ch'io vorrei morir!" di Claudio Monteverdi del 1603. Reminescenza di storia della musica. Mi rimase impresso per la modernità dei concetti. Umore é la saliva.

 

**Questo canto obbrobrioso é mio: mi serviva qualcosa di diverso per introdurre chiaramente il tema dell'omosessualità a quei tempi. La tazza e il piolo sono rispettivamente il sesso femminile e quello maschile (questo non l'ho inventato!)

 

Ciao. Non é finita bene, lo so. E pensare che adoro i lieto fine. Ma questa storia é nata proprio da qui, dalla fine. Spero vi piaccia lo stesso. Un bacio!  

   
 
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