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Autore: Stillathogwarts    15/09/2022    3 recensioni
Malfoy Manor, durante la Seconda Guerra Magica.
Harry e Ron sono costretti ad andarsene, lasciando indietro Hermione.
Il destino della ragazza sembra segnato, quando, all'improvviso, Draco decide di intervenire e portarla in salvo.
DRAMIONE | WHAT IF | (Mini-Long)
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da VII libro alternativo
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Disclaimer: I personaggi e il mondo di Harry Potter in generale non mi appartengono. La fanfiction è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



The Other Side




CAPITOLO 1
Malfoy Manor





 
La mano di Hermione si chiuse su quella di Ron per qualche istante; fece appena in tempo a far scivolare tra le sue dita il capello che Bellatrix aveva perso mentre la torturava e a instaurare un contatto visivo eloquente con lui, prima di venire sbalzata indietro da un incantesimo.
E con lei anche la sua speranza di lasciare quel posto orribile e oscuro.
«Andate!», gridò disperata, cercando ancora di rialzarsi in piedi, ma scoprendo che il suo corpo non aveva le forze per collaborare.
E come avrebbe potuto, dopo le torture che aveva dovuto sopportare?
Sanguemarcio.
Il sangue colava ancora da quell’incisione nella pelle nuda del suo avambraccio.
Marchiata, per sempre, con lo stesso dispregiativo che l’aveva perseguitata fin dal suo ingresso nel mondo magico.
«Andate via e basta!» li sollecitò una seconda volta, prima che Bellatrix Lestrange la prendesse per la maglietta e la sollevasse in aria come se fosse fatta di stoffa e non di carne e ossa.
Hermione sentiva la punta della sua bacchetta premere contro la gola.
Harry e Ron la guardavano con gli occhi sgranati e Hermione poteva vedere riflessa nei loro occhi tutta la tristezza, la disperazione e il dispiacere che provavano; ci poteva leggere il dubbio lacerante di chi non sapeva cosa fare.
Non sapevano se provare a duellare contro i loro aguzzini, provare a riprendersela rischiando di giocarsi la loro unica occasione di fuga, oppure fare quello che la ragazza stava urlando loro di fare.
«Muovetevi!»
Sapevano che c’era troppo in ballo; se fossero morti, la speranza di sconfiggere Voldemort sarebbe morta con loro.
Nessun’altro era a conoscenza degli Horcrux, non l’avevano detto a nessuno; non a Ginny, non a Neville, né a un qualsiasi altro membro dell’Ordine.
Si sentivano dei maledetti stupidi ora, perché a questo non avevano pensato, prima di partire; all’eventualità di essere catturati e uccisi.
Chi avrebbe distrutto quegli oggetti oscuri se loro fossero morti tutti e tre?
Avrebbero condannato l’intera comunità magica, consegnato la vittoria dritta nelle mani di Voldemort e dei Mangiamorte.
Hermione lo capì immediatamente quando realizzarono tutto ciò; il momento in cui ammisero a loro stessi che non avevano scelta: dovevano andare.
«Ti troveremo», urlò il rosso.
«Torneremo a prenderti!» aggiunse Harry, in tono deciso.
I suoi migliori amici si tenevano per mano, mentre Dobby l’elfo domestico li smaterializzava fuori da Malfoy Manor.
Al sicuro.
Lontano da lei.
Mentre lei restava lì, in trappola, alla mercé dei suoi nemici.
Hermione era certa che non avrebbe rivisto mai più nessuno di loro.
Bellatrix urlò di frustrazione; la spinse via, scagliandola verso il pavimento.
Il tonfo dell’impatto del suo corpo contro la fredda pietra non si sentì, però; né lei avvertì alcun dolore.
Il suo corpo era così insensibile ormai? Era già andata?
Poi le percepì, due forti braccia che la sorreggevano e le impedivano di crollare.
Alzò lo sguardo e vide due occhi grigio ghiaccio fissarla stupefatti e sconvolti allo stesso tempo, come increduli delle proprie stesse azioni.
Ma lei non ce la faceva più.
Era stanca, distrutta.
Allora chiuse le palpebre.
Andarsene nel sonno non le sembrava un modo così terribile di morire.
§
«Mi dispiace, madre», sussurrò Draco, stringendo nelle mani la bacchetta appena sottratta a Narcissa Malfoy; Potter si era portato via la sua, ma lui non poteva farne a meno, gliene serviva una, ora più che mai.
«Accio», mormorò sottovoce; la borsetta di perline e la bacchetta della Granger volarono via dalle mani del Ghermidore per atterrare nelle sue.
Una piccola elfa apparve al suo fianco in quel momento, rispondendo immediatamente al suo richiamo sussurrato inudibilmente.
Draco schiantò Bellatrix, la quale gli stava urlando contro qualcosa che non fu in grado di distinguere; lei non aveva la bacchetta e persino il suo pugnale era andato, non aveva modo di parare lo Schiantesimo.
C’era solo rumore nelle sue orecchie, mentre guardava un’ultima volta i suoi genitori.
Sapeva che non gli avrebbero fatto del male, anche se Lucius lo stava guardando con disapprovazione e Narcissa aveva gli occhi sgranati dal terrore.
Gli dispiaceva davvero, ma lui non poteva farlo.
Lui non era come loro, non era un Mangiamorte.
Non voleva esserlo.
Non importava che gli avessero impresso quel maledetto Marchio sul braccio.
Lui non riusciva a sopportarlo.
L’elfa gli prese una mano e poi schioccò le dita.
Un attimo dopo, il Manor non c’era più attorno a lui ed era stato sostituito da una folta vegetazione.
Non era così che aveva immaginato di mettere in atto il suo piano di fuga.
Credeva che ci sarebbe stata sua madre con lui, non che si sarebbe trovato a correre per i boschi con Hermione Granger svenuta e a malapena in grado di respirare tra le sue braccia.
Correva a perdifiato; doveva raggiungere la PassaPorta in fretta, perché lì avrebbero potuto ancora trovarli.
Aveva studiato bene quel piano; una PassaPorta, una Smaterializzazione, un’altra PassaPorta e poi un’altra ancora, una Smaterializzazione tramite la magia elfica, un’altra PassaPorta, due ultime Smaterializzazioni e poi la PassaPorta finale.
Irrintracciabile.
Continuò ad avanzare rapidamente lungo un tratto nei boschi stringendo la Granger tra le braccia; il suo petto si alzava e si abbassava in maniera quasi impercettibile ormai.
Quasi non sentiva il suo peso, mentre correva il più in fretta possibile, perché non aveva tempo da perdere: un secondo in più avrebbe potuto costarle la vita, ed evitare la sua morte era proprio il punto di tutta quella faccenda.
Non voleva avere il sangue della Granger sulle sue mani e l’ideologia purosanguista non c’entrava più nulla con ciò.
Gli sembrava di aver camminato per ore, quando finalmente vide il fiume e il campo di margherite; subito dopo, come un miraggio, la casa che aveva comprato sottobanco negli Stati Uniti comparve nella sua visuale.
«Resisti, Granger» sussurrò con il fiato corto. «Resisti
Non era sicuro che la ragazza fosse abbastanza forte per sopravvivere; le torture di Bellatrix non erano di certo un affare facile da cui riprendersi e c’era il rischio che tutti quei viaggi l’avessero indebolita ulteriormente.
Ma quali altre opzioni aveva?
Aumentò la presa su di lei e usò le ultime energie nelle sue gambe per accelerare il passo.
Cinque minuti dopo erano all’interno dell’abitazione.
La adagiò sul divano e la studiò attentamente, cercando di stabilire i danni che aveva subito.
Lì avrebbero dovuto essere al sicuro; quel posto aveva tutti i tipi di protezione a cui era riuscito a pensare ed erano lontani, molto lontani da casa. Neanche lui sapeva precisamente dove si trovassero. Sapeva solo che erano lontani da tutto e per lui era perfetto così.
Sperava che i suoi genitori non venissero puniti per la sua fuga, ma lui non poteva più farlo, non poteva più restare in quell’inferno.
Non aveva avuto altra scelta se non andarsene.
Di certo, avrebbero pensato a qualcosa per proteggersi. Lo facevano sempre, erano maledettamente bravi in quello. Erano un po’ meno bravi a proteggere lui, però, tanto che alla fine aveva optato per il farlo da solo.
Pronunciò una serie di incantesimi, facendo scorrere la sua bacchetta lungo il corpo della Granger; poi ordinò alla piccola elfa di lavarla e cambiarle i vestiti, di sistemarla in una stanza al piano di sopra.
La casa non era grande, ma aveva tutto ciò di cui necessitavano per sopravvivere.
A Draco non serviva altro.
Si sentiva stupido ora per il modo in cui aveva glorificato il Manor nel corso della sua vita; quella piccola casa in mezzo al nulla, priva di comfort, gli sembrava meno opprimente di quella in cui era cresciuto. Gli sembrava di essere tornato a respirare per la prima volta dopo due anni e ci aveva appena messo piede.
§
Hermione si svegliò all’improvviso con la testa che le girava vorticosamente.
Si sentiva confusa, molto confusa.
Non riusciva a riconoscere il posto in cui si trovava.
Sembrava pacifico, però, come se fosse una piccola oasi lasciata intaccata dalla guerra.
Si chiese se fosse morta o se quel luogo fosse un’illusione prodotta dalla sua mente provata.
Le gambe e le braccia le tremavano spaventosamente.
Notò che gli abiti che aveva addosso non fossero gli stessi che portava il giorno in cui erano stati catturati dai Ghermidori; il profumo che emanava il suo corpo non era quello del suo bagnodoccia.
Qualcuno l’aveva lavata, dedusse e la cosa la fece sentire a disagio.
Provò ad alzarsi dal letto, ma crollò sul pavimento un secondo dopo.
Non riusciva a camminare.
Dannazione, non riusciva nemmeno a restare ferma sui suoi piedi!
Continuò a lottare contro il suo stesso corpo, facendo leva sul letto in cerca di sostegno, ma anche le braccia non sembravano in grado di restare ferme.
Tutto d’un tratto, la porta si spalancò con veemenza e una familiare testa bionda fece capolino nella stanza.
La guardò con un’espressione di disappunto dipinta sul volto e scosse la testa.
«Sei proprio stupida, Granger.»
Era ancora in trappola, ancora nelle mani del nemico.
Il biondino si piegò sulle ginocchia per studiarla e lei gli lanciò uno sguardo di sfida.
Draco quasi le rise in faccia.
Quella volta non poteva biasimarlo; doveva sembrare proprio ridicola ad ostentare caparbietà quando era praticamente un relitto.
Le mise un braccio sotto le ginocchia e uno dietro le spalle e la sollevò, per poi riportarla sul letto.
Era più magra di quel che ricordava; Draco si chiese quando fosse stata l’ultima volta che la ragazza aveva mangiato un pasto decente.
La studiò per qualche minuto, cercando di capire in che stato si trovasse, di identificare le conseguenze di ciò che Bellatrix le aveva fatto per capire come curarla a dovere; sperando di essere all’altezza della situazione.
«Qual è l’ultima cosa che ricordi, Granger?»
Lei non rispose, non lo guardava neanche.
«Ricordi quello che è successo?», la sollecitò ancora.
Hermione gli scoccò un’occhiataccia carica di odio.
La gola le faceva male se cercava di parlare, allora ruotò l’avambraccio verso di lui, ignorando la fitta di dolore che si irradiò in tutto il suo corpo a causa di quel movimento.
Sanguemarcio.
Draco deglutì.
«E poi?» mormorò. «Ricordi altro?»
Hermione scosse il capo.
Un rumore improvviso al piano di sotto la fece sobbalzare; i suoi occhi dardeggiarono in direzione della porta, terrorizzati.
«Calmati, Granger», le disse. «Ci sono solo io, qui.»
Lei corrugò la fronte, perplessa.
Quella notizia avrebbe dovuto tranquillizzarla?
«Non siamo più al Manor.»
«D-dove?» riuscì a chiedere solamente, la voce roca e tremante.
Quanto aveva urlato?
«Onestamente, non lo so», rispose lui.
Le sembrava sincero, ma non comprendeva come fosse possibile.
«Nel mezzo del nulla, da qualche parte negli Stati Uniti.»
Gli occhi della ragazza si allargarono per lo stupore.
«Al sicuro», aggiunse lui.
Una risata amara lasciò involontariamente la gola di Hermione e una smorfia di dolore comparve sul suo viso, quando una nuova scarica di fitte le attraversò tutto il corpo.
«Sono ancora un ostaggio, però, no?»
Draco la fissò intensamente, mentre si bagnava il labbro inferiore con la lingua.
«Non ti farò del male, Granger.»
La vide provare a deglutire.
Chiaramente non si fidava.
Perché avrebbe dovuto?
«Andiamo, se avessi voluto ferirti lo avrei già fatto», cercò di farla ragionare. «Sei stata priva di coscienza per tre giorni.»
«Q-questi non sono i miei abiti», constatò lei dopo una pausa di silenzio, una nota interrogativa nella sua voce, accompagnata da una leggera punta di panico.
Il modo in cui si stava comportando Malfoy non aveva alcun senso.
«Tilly si sta occupando di te», la informò lui. «La mia elfa domestica.»
Hermione riuscì a deglutire a fatica.
«Non capisco.»
«Ti ho portata via dopo che quei due idioti ti hanno veramente lasciata indietro», le raccontò, facendo ruotare gli occhi al pensiero di Potter e Weasley e di come l’avevano abbandonata.
Non credeva che lo avrebbero fatto veramente; la cosa lo scioccava ancora, quando ci ripensava.
«Avevo un piano di emergenza.»
«P-perché?» chiese debolmente lei, la confusione ben visibile nel suo sguardo.
«Perché se le cose fossero peggiorate ulteriormente per me e mia madre avrei avuto bisogno di un piano B, ti pare?»
Hermione alzò impercettibilmente gli occhi al cielo. «Perché ora? Perché mi hai portata con te?»
«Ti avrebbero uccisa», disse enfaticamente il biondino, deglutendo. «Ti avrebbero torturata ancora e poi ti avrebbero uccisa. O avrebbero chiesto a me di farlo.»
Hermione gli rivolse un’occhiata indecifrabile a quelle parole.
«Non sono un assassino, Granger.»
Draco le porse una pozione e le consigliò di berla; le spiegò che si trattava di una pozione di guarigione, che non si era ancora ripresa dalle torture infertele da Bellatrix.
Evitò di dirle che l’unico progresso che aveva fatto da quando erano arrivati al rifugio era stato tornare cosciente, perché non aveva senso agitarla in quel momento; doveva restare tranquilla e già venire a patti con quello che le stava raccontando non doveva essere semplice per lei.
«Perché dovrei fidarmi della tua parola?», gli chiese scoccandogli un’occhiata circospetta, scrutandolo con gli occhi ridotti a due fessure.
«Sarebbe stupido da parte mia disertare i Mangiamorte, abbandonare la mia famiglia, farmi in quattro per tenerti in vita per tre giorni e poi farti del male, Granger, non trovi?»
Il biondino sapeva di avere instillato il dubbio dentro di lei, glielo leggeva negli occhi, ma non era abbastanza.
Sospirò. «Prova di fiducia reciproca, Granger», mormorò arrendendosi.
Si portò una mano nella giacca e tirò fuori la bacchetta da una tasca interna, con estrema lentezza.
Hermione sussultò a quel gesto e Draco alzò le mani in aria per tranquillizzarla.
E poi la riconobbe.
Era la sua bacchetta.
Lo osservò sorpresa mentre la poggiava sul comodino.
«Te la restituisco», le disse. «Ma tu prometti di non provare a fuggire.»
«Come se potessi farlo», commentò lei sarcasticamente.
Non riusciva neanche a reggersi sulle sue gambe, dove sarebbe potuta andare in quelle condizioni?
Non avrebbe avuto alcuna speranza di riuscire a scappare via da lui, se ci avesse provato veramente.
Non aveva neanche la minima idea di dove si trovasse ed era comunque troppo lontana, se l’aveva portata davvero negli Stati Uniti.
Draco restò vicino al suo letto per qualche istante, aspettando che gli chiedesse altro o che dicesse qualcosa, ma quando vide che non aveva intenzione di aprire bocca si diresse verso la porta.
Esitò un momento, voltando leggermente il capo per guardarla con la coda dell’occhio.
«Non sei prigioniera, Granger», sussurrò prima di andarsene.
§
«Tilly le ha portato la cena, signorina» esordì la piccola elfa con una voce acuta. «Tilly vuole sapere se ha bisogno di altro, signorina.»
«Ti tratta bene?», le chiese invece lei. «Malfoy?»
L’elfa la guardò confusa, sbattendo i suoi occhioni verdi.
«Il Padroncino è gentile con Tilly, signorina. Tilly non capisce il senso della domanda.»
Hermione sospirò, ma alla fine annuì.
Non aveva le forze per battersi per i diritti degli elfi in quel momento.
«Grazie, Tilly.»
L’elfa le sorrise, poi sparì con un sonoro pop!
Draco andò a trovarla qualche ora dopo.
«Riesci ad alzarti?», le domandò, studiandola con attenzione.
Hermione provò a mettere i piedi giù dal letto.
Riuscì a malapena a fare un passo, prima di perdere l’equilibrio.
Ma non cadde, perché le braccia di Draco si materializzarono attorno a lei prima che rovinasse sul pavimento di legno, sorreggendola e guidandola nuovamente verso il letto.
Il biondino le porse un paio di fiale contenenti due pozioni dai colori diversi.
Hermione ne riconobbe soltanto una, ma non chiese molte informazioni riguardo all’altra.
Che senso aveva? Non poteva stare peggio di così e non aveva altra opzione se non quella di fidarsi di lui.
Di Malfoy.
Le veniva quasi da ridere al pensiero.
Si chiese se in realtà non la stesse avvelenando, ma opporsi non sarebbe servito a nulla; non ci avrebbe messo niente a obbligarla, debole com’era.
«Come fai a sapere che non ci troveranno?» chiese reprimendo un gemito di dolore, mentre si sistemava a sedere sul letto.
«La casa non è registrata. Tilly appartiene a me, non mi tradirebbe», le spiegò conciso. «Siamo arrivati qui tramite spostamenti volutamente complicati. Non hanno modo di rintracciarci.»
Draco era sempre breve e diretto quando le dava le informazioni che richiedeva.
Hermione annuì. «Sai cosa succede a casa?»
Lui scosse la testa. «Siamo completamente tagliati fuori, Granger.»
«Perché mi stai aiutando?», domandò ancora.
Non era la prima volta che gli porgeva quel quesito, ma era anche l’unico a cui non rispondeva mai.
E infatti, Draco scrollò le spalle e andò via.
Non avrebbe saputo cosa dirle, comunque.
Sapeva di averla portata via dal Manor perché temeva che gli chiedessero di torturarla, o peggio ucciderla; sapeva che aveva odiato ogni minuto in cui Bellatrix l’aveva torturata; sapeva che l’aveva salvata perché non voleva che morisse; sapeva che la stava curando perché non voleva restare solo.
Ma non sapeva tante altre cose; perché non provava più alcun odio nei suoi confronti, per esempio, né perché non riusciva più a trattarla con l’usuale dose di astio che le buttava addosso a scuola.
È solo un ragazzo”, aveva sentito dire una volta sua madre discutendo con Bellatrix della missione che il Signore Oscuro gli aveva assegnato.
Forse dopo tutto ciò a cui aveva assistito, Draco aveva capito che anche Hermione era solo una ragazza.
E come lui non aveva esattamente avuto alcuna scelta in merito alla partecipazione in quella maledetta guerra.





______________
Salve!
Ho iniziato a scrivere questa storia in qualche momento tra Fine Line e Moondust e l'ho finita solo di recente.
Si tratta di una piccola what if in formato mini-long (10 capitoli circa), con aggiornamento regolare perché l'ho già finita
e mi sembra inutile far aspettare chi deciderà di leggerla se ho i capitoli quasi pronti (il tempo di fare un'altra revisione prima di pubblicare, insomma).
Ho scelto come titolo "The Other Side" perché secondo me l'omonima canzone di Ruelle sarebbe un soundtrack perfetto per questa storia, il che lascia presagire sarà leggermente più drammatica delle altre che ho scritto (non che quelle non siano 80% sofferenza e 20% felicità, ma sorvoliamo).
Grazie a chiunque deciderà di seguirmi nella mia ennesima storia su Draco e Hermione e soprattutto a chi sarà così gentile da darmi un riscontro, fa sempre piacere leggere le vostre opinioni!
Vi ricordo inoltre che scrivo anche su Wattpad con lo stesso nick ;)
A presto :)
   
 
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