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Autore: ferao    18/09/2022    5 recensioni
C'è chi conosce un solo linguaggio dell'amore, e chi li parla tutti.
Raccolta partecipante all'iniziativa "Cinque fette di melassa" dell'Angolo di Madama Rosmerta
(La oneshot "Acts of service" partecipa ai 72 prompt in attesa del Natale indetti da Mari e Sofifi sul forum "Ferisce la penna", nonché agli Oscar della Penna)
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arthur Weasley, Audrey, Kingsley Shacklebolt, Percy Weasley, Poppy Chips | Coppie: Audrey/Percy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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- Questa storia fa parte della serie 'Edax Rerum'
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«Ancora tu?!»

Poppy incrocia le braccia e scuote la testa all’indirizzo del ragazzo dinanzi a lei, immobile e un po’ curvo sulla soglia dell’infermeria. «Te l’ho già detto,» continua. «Se tua sorella ti sembra giù di tono devi convincerla a venire qui e farsi visitare, non ti darò altri ricostituenti da…»

«No… no, madama Chips, non è per Ginny che sono qui. Sono…»

Tentenna e alza una mano a sistemarsi gli occhiali, mentre con l’altra tiene ben stretto contro il petto un libro dall’aria consunta. «Sono venuto a… trovare una paziente.»

Poppy solleva un sopracciglio. Gli unici pazienti in infermeria al momento sono gli studenti pietrificati, e quelli di tutto hanno bisogno meno che di visitatori. Senza contare che lei ha da fare, per Morgana, e non ha proprio tempo né voglia di badare a gente in perfetta salute quando ha filtri da preparare e ingredienti da etichettare e sistemare. 

«Sei ben fuori dall’orario di visita, giovanotto. Sono le nove passate, dovresti essere già in dormitorio.»

«Lo so, ma…» Porta di nuovo la mano agli occhiali. «Sono un Prefetto, pertanto rientra tra i miei doveri…»

«…dare il buon esempio. Cosa direbbe la professoressa McGranitt se sapesse che il suo Prefetto gira di notte in spregio a tutte le regole?»

«Non è proprio…»

«Senza contare che le vittime di pietrificazione non sono consapevoli di ciò che le circonda, perciò è del tutto inutile venirle a…»

«Beh, questo non può saperlo.»

Interdetta, Poppy sgrana gli occhi. «Prego?»

«Non può dire con certezza che siano inconsapevoli,» ripete il ragazzo, con una saccenza che le va dritta al sistema nervoso. «Non si sa esattamente cosa abbia provocato la pietrificazione, giusto? Quindi potrebbe trattarsi di un fenomeno diverso da quelli finora documentati, quindi anche gli effetti sulle vittime potrebbero essere differenti, quindi è perfettamente probabile che siano in grado di…»

«Ah-hem.»

Il ragazzo ammutolisce di colpo. «Ti consiglio,» sbotta allora Poppy, «di non mettere in dubbio le competenze di chi può interdirti a vita l'ingresso in infermeria, Prefetto. Allora?»

Lui impallidisce e avvampa in rapida sequenza, segno che il messaggio ha davvero fatto breccia nel suo cervello. «Quello che voglio dire,» riprende in tono assai più umile, «è che se esiste anche solo una possibilità che questi studenti si sentano soli e abbiano bisogno di compagnia, credo glielo si debba concedere.» Sposta gli occhiali per la millesima volta e si impettisce come se dovesse perorare una causa davanti al Wizengamot. «Senza contare che, in quanto Prefetto, ho il preciso dovere di vigilare su tutti gli studenti della scuola e prestare assistenza quando necessario, perciò anche volendo non posso evitarlo.»

Solo la pazienza allenata in molti, molti anni a contatto con gli adolescenti impedisce a Poppy di roteare gli occhi. Sta per aprire bocca e rispedire il “Prefetto” e le sue patetiche scuse per gironzolare di notte al dormitorio di Grifondoro, quando lo sguardo di lui smette di essere concentrato su di lei e si sposta verso un punto oltre la sua spalla. D’istinto Poppy si gira e vede che in quella direzione c’è proprio una dei pietrificati, una Corvonero dai lunghi capelli riccioluti arrivata là insieme all’amica di Harry Potter. Anche lei un Prefetto, se non ricorda male.

Ah.

Torna a guardare il ragazzo, e stavolta non le serve la pluridecennale esperienza in materia adolescenziale per sapere cosa significhino le ombre nel suo sguardo. Niente di peggio di una pena amorosa a quell’età, quando tutto sembra già troppo grande e troppo piccolo, ogni sentimento troppo intenso e ogni attesa infinita.

Certe volte Poppy ha l’impressione che l’adolescenza sia una malattia a sé stante, una che soltanto il tempo può curare; e come per tutte le malattie, la guaritrice in lei non riesce proprio a non provare pena per chi ne è afflitto.

«Weasley…» Sospira e imprime alla propria voce il tono più morbido possibile. «Non saprà nemmeno che sei qui. Te lo garantisco. Torna tra qualche giorno, ormai le mandragole sono quasi pronte, basta un po’ di pazienza.»

Si aspetta che il ragazzino insista o ribatta con la medesima altezzosità di poco prima, invece lui non apre bocca. Continua a fissare la Corvonero riccioluta, le spalle di nuovo curve sotto quel peso che solo un sedicenne può sentire, e quando infine parla lo fa con una voce piccolissima.

«Per favore?»

Oh, per Morgana. Poppy sbuffa e si passa una mano sugli occhi, ma è più per mantenere l’apparenza di irreprensibilità che per reale esasperazione: dentro di lei la battaglia tra inflessibilità e compassione è già bella che persa.

«Hai esattamente quindici minuti,» borbotta burbera, scansandosi dalla soglia. «Non uno di più. E terrò la porta del laboratorio aperta, quindi niente scherzi.»

Il viso lentigginoso di Weasley risplende per un attimo di luce propria, ma si ricompone immediatamente. Sguscia attraverso la porta come un gatto timoroso di essere lasciato fuori casa dalla padrona, e nonostante le dichiarazioni programmatiche circa il “vigilare su tutti gli studenti della scuola” non degna nemmeno di un’occhiata gli altri degenti mentre si precipita al capezzale della ragazza; annuisce compìto agli ulteriori ammonimenti di Poppy e la ringrazia mentre lei entra in laboratorio e lascia la porta spalancata.

Col cavolo che lascerà una ragazza incapace di intendere e volere incustodita assieme a un sedicenne, ancorché Prefetto e innamorato. Così, mentre è intenta a catalogare le nuove scorte di ingredienti, tiene un occhio e un orecchio puntati verso l’infermeria.

«Ehilà.» La voce sommessa di Weasley scalfisce appena la quiete notturna. Senza far rumore, avvicina una sedia al letto e vi si siede. «Lo so che è tardi, ma questo è l’unico momento libero che ho da giorni. I turni di ronda sono diventati folli, e abbiamo dovuto coprire anche quelli di Diggory che è stato male, e…» si interrompe per sbadigliare, «…e praticamente non sto dormendo più, perché la McGranitt a quanto pare non accetta l’esistenza di un pericolo mortale come giustificazione per saltare i compiti. Mi spiace non essere passato prima a trovarti.»

Come è ovvio, dalla Corvonero riccioluta non proviene risposta. Questo non sembra affatto scoraggiare il ragazzo, che anzi si accomoda meglio sulla sedia. 

«Uhm… suppongo sia inutile chiederti come stai. Spero che tu non ti senta troppo sola qui, ho…» La sua voce si abbassa ancora di più, ma non abbastanza da sfuggire all’udito finissimo di Poppy. «Ho provato a convincere madama Chips che anche tu e quelli nella tua… condizione meritate di ricevere visitatori, ma non sembrava granché convinta. Però nei prossimi giorni proverò a tornare, magari non mi costringerà a insistere di nuovo così tanto.»

Poppy arriccia le labbra per non sbuffare. Ah, bel ringraziamento per il suo atto di compassione! Ha una mezza idea di trasformare il quarto d’ora in cinque minuti e cacciare subito Weasley in dormitorio, ma il prolungato silenzio che sente provenire dall’infermeria la spinge a interrompere l’etichettatura e sporgersi dalla porta, incuriosita.

Il ragazzo non sta più parlando; stringe forte tra le dita il libro che ha portato con sé e guarda la Corvonero con lo stesso sguardo desolato di poco prima. «Mi manchi, Penny,» mormora in poco più che un soffio. «Mi manca vederti, mi manca parlarti, mi manca… tutto. Non faccio che pensare a quando mi hai detto che non passiamo abbastanza tempo insieme, a quanto avevi ragione, e io avrei dovuto trovare il modo di esserci di più e…»

Si ferma e deglutisce forte. «E lo so che è ridicolo da parte mia sentirmi così, che nel giro di qualche giorno sarà tutto a posto e non è il caso di farne un dramma, però… mi dispiace. Mi dispiace tanto non esserci stato per te. Lo so che è tardi per chiedere scusa, ma… mi dispiace. Scusami.»

Stavolta il silenzio che segue è così profondo che Poppy ha l’impressione di sentire il respiro dei pietrificati. Weasley tace ancora per qualche istante, poi si riscuote e riprende a parlare con una sorta di forzato buonumore.

«Beh, ora sono qui, perciò che ne diresti di approfittarne per fare qualcosa insieme? Giusto per passare il tempo. Dev’essere terribilmente noioso starsene qui tutto il giorno senza niente da fare…» 

Si aggiusta gli occhiali e sposta la sedia con un lievissimo cigolio. «In altre circostanze ti proporrei una partita a scacchi o Gobbiglie, ma ho idea che non ci sarebbe soddisfazione a batterti così, quindi per stasera ho portato questo.»

Poppy stringe di nuovo le labbra, stavolta per non ridere, mentre Weasley alza il libro e lo mostra con fierezza alla ragazza inerte. «Esatto, è uno dei tuoi preferiti. Volevo leggerlo da quando me ne hai parlato, ma non ho mai trovato il tempo. Ti va se lo leggiamo insieme? O rileggiamo, nel tuo caso? Mh? Oh beh, chi tace acconsente.»

Si schiarisce la gola, si sistema contro lo schienale della sedia e apre il libro alla prima pagina. 

«Allora… “Dai ricordi del dottor John H. Watson, ex ufficiale medico dell’esercito britannico.” Medico e militare? Tutti i Babbani hanno due professioni? Questa cosa non me l’avevi detta, sarà difficile incontrare gli standard dei tuoi genitori. “Parte prima, Il signor Sherlock Holmes. Nell’anno 1878 mi laureai in medicina all’Università di Londra”, ah, quindi è come dire che ha terminato la formazione in Guarigione, chiaro, “e mi trasferii a Netley per seguire il corso previsto per i chirurghi militari. Completati i miei studi lì, fui destinato al 5° Reggimento Fucilieri Northumberland come assistente chirurgo.” Oh Merlino, e ora cosa diamine dovrebbe essere un “fuciliere”?! Penny, sai che mi piaci e mi fido di te, ma spero che questo libro migliori presto o lo rispedirò nell’angolo più remoto del mio baule…»

Nonostante la protesta, continua a leggere commentando qua e là con un divertimento ben celato sotto lo strato di seccatura. Poppy lo ascolta per un altro minuto o due, incapace di trattenere un sorriso, e quando decide di tornare al lavoro socchiude la porta del laboratorio.

Magari può mandare via Weasley dopo venti minuti invece dei quindici promessi – in fondo è facile perdere il senso del tempo, quando si catalogano ingredienti. E magari la prossima volta non lo costringerà a insistere così tanto per far visita alla sua ragazza.

Ha degli argomenti convincenti, dopotutto.

 







Note:

Il libro che Percy legge a Penelope è "Uno studio in rosso" di A.C. Doyle. Il motivo di questa scelta è la mia passione per avere sempre un filo conduttore, anche minuscolo, nelle mie storie: in "Omne Trinum Est Perfectum" ho scritto che Penelope era fan di Sherlock Holmes e ne ha trasmesso la passione a Percy, perciò mi sembrava una buona scelta citarlo anche qui.
   
 
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