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Autore: Scribbling_aloud    19/09/2022    3 recensioni
Siete anche voi dell'idea che un ragazzo come il nostro Harry Potter dopo: infanzia con gravi carenze di affetto e tutori abusivi, traumi pesanti in adolescenza con minacce di morte, perdite di affetti rilevanti nel corso della vita, non avrebbe mai potuto avere una vita troppo facile con una famiglia alla mulino bianco e soprattutto una mente equilibrata e serena?! Secondo me PTSD come se non ci fosse un domani. Questa è una trilogia molto poco magica che, in un crescendo, esplorerà la sua mente e la sua vita famigliare con i suoi mille problemi e difficoltà data da tormenti mai risolti, una popolarità cresciuta a dismisura che non lo fa vivere bene, fragili equilibri nelle sue relazioni che si frantumano. Partiamo diciannove anni dopo, esattamente dove ci ha lasciati la Rowling. Il Natale di quell'anno.
ATTENZIONE: comincia molto leggero, quasi frivolo, ma ci tengo a precisare che non è un testo per bambini. Da più o meno metà del primo libro e poi nel terzo, ci sono parecchi punti intensi, violenza e tratta temi delicati. Specie il terzo libro, dove ho raffinato un po' la mia scrittura quindi le immagini sono più vive.
E' una traduzione dall'inglese.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Teddy/Victorie
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Capitolo 16 – Ho bisogno della mia bacchetta
 

Vagò senza meta strenuamente, non sapeva che strada stesse prendendo e neanche dove stesse andando. Il martellamento nella testa non scemava. Tutti i suoi muscoli contratti e rigidi, tutte le sensazioni soffocate dalla confusione che agitava la sua mente.
Dopo aver marciato alcuni isolati in queste condizioni, rallentò ansimando. La confusione si placò abbastanza da permettergli di recepire cosa lo circondava. Era buio, in una notte invernale, era uscito senza giacca e cominciò a tremare. La sua camicia era lacerata, i tagli che si era inflitto stavano perdendo sangue che doveva essere fermato in qualche modo e la sua mano destra pulsava, due dite erano dolorose e rigide.
Non sapeva dove fosse, perso in un labirinto di strade londinesi, case popolari e piccole viuzze, senza una bacchetta. Vulnerabile. C’era una farmacia non lontano e ci si diresse. La luce bianca lo accecò per un momento e il suo corpo cominciò a tremare una volta che i muscoli si rilassarono nel calore del negozio.
Dietro al bancone, un vecchio babbano pelato con occhiali tondi stava riempiendo delle mensole dandogli le spalle. Quando si girò per servirlo la sua bocca si spalancò; Harry aveva un’apparenza selvaggia e disordinata.
‘Sono stato attaccato e ho bisogno di bende’ Harry spiegò piattamente.
‘Mio caro ragazzo, devi andare all’ospedale.’ L’anziano uomo rispose allarmato ma poi osservando i tagli sul suo avambraccio un po’ troppo precisi, esitò.
‘Mi sembrano dei tagli da vetro…’ aggiunse, mentre il dubbio stava prendendo il posto dell’allarme. Aprì la sua bocca per avere elucidazioni ma Harry lo interruppe ‘Sono stato attaccato e ho bisogno di bende’ Alzò la voce aggressivamente spingendo 20 sterline sul bancone.
L’uomo, spaventato da quel comportamento, sparì velocemente nel retro e tornò con quello che gli era stato richiesto evitando qualsiasi altra comunicazione.
Prendendo tutto, lasciò il negozio. Maldestramente si fasciò stretto il braccio mentre il freddo mordeva di nuovo la sua pelle causando un forte tremore. Ci sarebbero stati molti modi possibili di rimediare alla situazione con una bacchetta ma senza, non tanti. Non con una mente così annebbiata come lo era la sua in quel momento. Non gli diede nessuna altra opzione che tornare a casa. E lo fece, tutte le sue capacità di ragionamento disabilitate.
Ginny e i ragazzi stavano cenando. Non stava ancora registrando bene quello che gli succedeva intorno, neanche che la cucina era tornata a posto. Aveva solo bisogno di una bacchetta.
‘Ho bisogno della tua bacchetta’ disse a Ginny.
‘Harry, cosa…’ Ginny chiese allarmata vedendo la sua camicia e le bende spuntare da sotto.
‘HO BISOGNO DELLA TUA BACCHETTA HO DETTO!’ urlò aggressivamente.
Ginny trasalì, i suoi occhi allargandosi per la sorpresa e la paura. I ragazzini rimasero paralizzati dallo spavento, i loro sguardi sfrecciarono dall’uno all’altro.
‘E’ sul mio comodino’ lei mormorò appoggiandosi al tavolo.
E fu fuori dalla cucina appena ricevuta la risposta. Si chiuse in camera e con la bacchetta di Ginny cominciò a produrre incantesimi per guarire i tagli sul suo avambraccio, fece del suo meglio sulla mano ma era più difficile non sapendo esattamente cosa c’era che non andava. Non sarebbe andato al St Mungo comunque. L’idea di incontrare o parlare con qualcuno gli era insopportabile.
Provò alcuni incantesimi e, alla fine, riuscì ad aprire e chiudere la mano senza dolore. Era sufficiente.
Si sdraiò sul letto completamente vestito pregando di addormentarsi il prima possibile perché essere sveglio era l’incubo da cui si voleva svegliare. Ce la fece ma non fu il riposante sonno che cercava.
Visioni confuse affollarono la sua mente. Brutto sogno dopo brutto sogno si susseguirono l’un l’altro.
Flash di immagini confuse che si trasformavano continuamente. Nuovi e vecchi incubi mischiati in una fangosa pozza di forme e colori. Lily che cadeva a terra colpita da Voldemort, lui legato alla tomba di Tom Riddle nel cimitero, incapacitato a muoversi e Ron era improvvisamente Voldemort che la uccideva e poi la sua faccia demoniaca che si guardava allo specchio. Solo che non era più la sua faccia, era lui, lui era Voldemort! Un feroce Voldemort che uccideva Ron. E poi Lily di nuovo nella neve, i suoi capelli diventare sangue, che fluiva dappertutto, espandendosi in un’accecante pozzanghera rossa intorno al suo corpo, e gli occhi di Ted dove poteva vedere il riflesso della sua anima malata, un’anima malata che colpiva Ron.. E si svegliava un breve instante per ricadere di nuovo nello stesso inquieto riposo, più di una volta, in una successione senza fine di spaventose visioni.
Quella notte, il sonno, non gli offrì il nulla in cui sperava di affondare. Proprio il contrario. Gli fece rivivere tutto quello che era successo il giorno prima di nuovo e di nuovo.
Non si svegliò riposato ma esausto, più di quando era andato a dormire.
Non aveva urlato come in passato avendo i suoi incubi, Ginny l’avrebbe svegliato. L’avrebbe calmato.
Ma Ginny non aveva dormito lì, era da solo.
Una fitta di nostalgia lo pervase per un istante, rimpiazzato velocemente da una irritata amarezza.
Meglio così.
Non voleva essere vicino a nessun essere umano, men che meno Ginny. Non sopportava le sue lacrime. Facevano sentire Harry anche peggio, ancora più arrabbiato. Non voleva esplorare il motivo per cui lo facesse sentire così ma lo sapeva. Voleva solo sopprimere la morte di Lily come aveva fatto con tutto quello che lo aveva fatto soffrire nella sua vita ma il vaso era troppo pieno. E il pianto di Ginny non gli permetteva neanche di provare. Sapeva che si stava comportando in modo irragionevole ma non si sentiva in grado di consolarla e non voleva sentirsi in colpa per non riuscire a farlo. Le sue mani erano già impegnate nel tenere sotto controllo la furia dentro di lui.
Lei era stata nella stanza comunque. Aveva una coperta addosso e la sua bacchetta era sparita, probabilmente non si fidava a lasciargliela.
Considerò le sue opzioni. Sarebbe potuto andare a Shell cottage per recuperare la sua ma avrebbe significato rivedere il posto dove Lily era morta e non riusciva a conciliarsi all’idea.
Doveva uscire in ogni caso, in un impulso di scappare da una famiglia piena di bisogni che lui non poteva soddisfare. Aveva bisogno di stare da solo.
Andare a lavoro era la soluzione migliore. Difficilmente qualcuno sarebbe stato in ufficio il 27 di dicembre. Sarebbe stato sicuro e tranquillo.
Ginny lo stava aspettando al piano di sotto.
‘Dove stai andando?’ gli chiese vedendolo indossare la giacca.
‘A lavoro.’ Rispose brevemente.
‘E’ il 27 di dicembre’
Lui non rispose e andò verso la porta.
‘Harry…’ lo seguì e cercò di fermarlo allungando una mano verso di lui, ma i suoi riflessi erano buoni. Le afferrò il polso prima che potesse toccarlo.
Era così magro e fragile che sentì che avrebbe potuto romperlo facilmente se solo avesse voluto.
Le guardò il suo viso bianco e spaventato, sapeva che le stava facendo leggermente male ma non la lasciò ancora. Parlò lentamente per essere sicuro che recepisse ogni parola di quello che stava per dire, di nuovo dovette avvertirla.
‘Per il tuo bene, e il mio, stai lontana da me.’
Quel semplice contatto con la sua pelle stava innescando qualcosa di crudele in lui, il suo nuovo pericoloso se stesso stava supplicando di essere rilasciato. Doveva essere controllato. Usò tutte le forze che aveva per lasciarla andare. Un secondo dopo era fuori nella strada piovosa di Londra, camminando il più veloce possibile per distanziarsi da quella casa, per non farle male.
Come aveva previsto il Ministero era quasi vuoto. Solo poche persone erano lì. Nessuno cercò di avvicinarlo, probabilmente vedendo dalla sua espressione o a sensazione che non era la cosa giusta da fare. Poteva intuire dalla pietà sui loro volti però che lo sapevano.
Certo! Tutti sanno quello che succede ad Harry Potter!
Ne era così nauseato. Questo era il motivo per cui gli piaceva il mondo dei babbani. A nessuno fregava niente di lui lì.
Si tenne occupato fino a sera. Era paradisiaco avere la sua mente su qualcosa di concreto e si sentiva leggermente meglio mentre lavorava. Era su un nuovo caso, un potenziale pericoloso stregone che era sospettato di aver utilizzato di già qualche volta l’Imperius su alcuni babbani per farli seviziare l’uno l’altro in modi raccapriccianti. Le immagini allegate a questo file avrebbero fatto sentire chiunque non era abituato a queste genere di cose estremamente male.
Era pieno di questi pazzi criminali in quei giorni. Alcuni erano solo idioti che cercavano attenzioni mentre altri si rivelavano essere particolarmente pericolosi, come questo per esempio. Tutti erano uniti nell’utilizzare sottili variazioni nel nome di Voldemort. Stavano tenendo il dipartimento veramente impegnato e c’era sempre del lavoro da fare. Ma era tutto difficile senza una bacchetta, cancellare parole dalla pergamena, riempire la bottiglietta di inchiostro, mettere in ordine fotografie e files… Si sentiva a disagio e impacciato. Doveva riprendersi la sua.
Quando aveva fatto per la giornata, raccolse la sua giacca e prese l’ascensore per il piano terra. Era completamente tranquillo ora e i suoi passi risuonavano sul pavimento di marmo nello spazio ampio e vuoto.
Dopo la battaglia di Hogwarts, quando aveva diciassette anni, la statua era stata cambiata di nuovo. All’inizio si era parlato di costruirne una di lui con la sua bacchetta puntata verso Voldemort sdraiato e sconfitto ma si era opposto al piano con tale violenza che avevano dovuto abbandonarlo. Alla fine, optarono per una, bianca e scintillante, dove uno stregone e una strega stavano nel mezzo e di fianco a loro un centauro e un elfo domestico. Tutti con uno sguardo fiero e ai loro piedi il corpo di Voldemort. Stava a rappresentare l’unità tra le differenti razze di fronte al pericolo.
Non riportava esattamente la verità.
I centauri dopo aver partecipato alla battaglia erano spariti nuovamente nella foresta rifiutandosi da allora di aver qualsiasi contatto con umani e la maggior parte degli elfi domestici erano ancora schiavizzati. I più per loro scelta ovviamente. Hermione stava ancora combattendo la sua battaglia per aiutarli e lentamente tramite l’educazione dei più giovani le cose stavano cominciando a cambiare, alcuni erano stati liberati, alcuni l’avevano chiesto ed erano ora assunti e pagati per il loro lavoro. Ma era la minoranza, erano ancora in una posizione molto debole nel mondo della magia.
Non usò la Metro polvere per tornare a casa. Voleva camminare sentendosi abbastanza sedato. Ma non durò a lungo, l’inquietudine ricominciò a prendere il possesso di lui avvicinandosi a casa. Ginny e i ragazzi erano lì, confusi e terrorizzati dal suo comportamento, così differente da quello che era stato in passato. Non era più l’Harry che conoscevano e amavano, un nuovo Harry incontrollabile, pieno di odio e risentimento ne aveva preso il posto.
Li avrebbe feriti, loro e se stesso perché non era quello che volevano che fosse. Non era più quella persona.
Come si aspettava, Ginny era lì, che lo attendeva. Una presenza che lo faceva solo confrontare con la sua inadeguatezza in un muto rimprovero.
Non la salutò o baciò affettuosamente come soleva fare ritornando da lavoro. Si tenne ad una distanza di sicurezza.
‘Ho bisogno della mia bacchetta’ disse austero ‘Devi andare a Shell Cottage a prendermela’
Ma di fronte a lui non c’era più la Ginny in lacrime e spaventata dei giorni precedenti. Era quella forte a cui Harry era abituato.
Un lampo di fuoco le passò negli occhi.
‘Non sono la tua schiava. Non ti permetterò di darmi ordini.’
‘Ci vado da solo allora.’ Lui concluse sorpassandola per andare in camera.
‘Non la troverai lì’ gli disse.
‘Perché?’
‘Sono stata lì oggi, ce l’ho qui con me.’
‘Dammela allora’ le disse allungando la mano.
‘No. Ho bisogno di parlarti di una cosa e mi devi ascoltare. Quando ho fatto la potrai riavere’
Forse perché la sua faccia era così severa senza nessuna traccia di lacrime e così determinata, lui la seguì in soggiorno, ma non si sedette. Avrebbe ascoltato e poi se ne sarebbe andato.
‘Ho mandato Albus e James ai Burrow. Ho pensato che fosse la cosa migliore visto che…’ Non completò la frase ma lui poté completarla per lei.
Visto che mi sto comportando da fuori di testa e sono positivamente pericoloso.
Non lo disse ad alta voce e aspettò il resto. Sicuramente non lo stava trattenendo solo per quello. Dopo qualche secondo di silenzio però, irritato, la sollecitò ‘Stai aspettando la mia approvazione o cosa?’
Lei scosse la testa perdendo sicurezza. Ma perdendo sicurezza stava anche perdendo la stretta su di lui.
‘Sono preoccupata per te. Penso che dovresti venire al St. Mungo per…’
Lui la interruppe ‘Non vado da nessuna parte. Il mio braccio è a posto. Ci ho pensato io.’
‘Non sto parlando del tuo braccio.’ Lei ripose guardandolo fisso.
Harry intuendo il sottointeso sbraitò ‘Mi stai dando del pazzo?’
Ginny non rispose esitando sotto il suo sguardo.
‘Non ti voglio più parlare. Dammi la mia bacchetta.’
‘Ti devo parlare anche di Ron’ lei si lasciò scappare velocemente, impaurita dalla sua possibile reazione.
‘Ho detto che non ti voglio più parlare, specialmente di Ron. Niente di quello che mi devi dire su di lui può minimamente interessarmi. Voglio la mia bacchetta’
Lei cominciò ad andare in panico, agitandosi e parlando più veloce ‘Harry, mi devi ascoltare. Devi parlare con le persone giuste per liberarlo. E’ in Azkaban, ha provato…’
Harry non la fece finire ‘Ginny, smetti di parlare in questo istante. Credi veramente che me ne freghi qualcosa?’ urlò in preda all’irritazione ‘Credi veramente che userei la mia influenza, che per inciso non ho mai usato, per liberarlo?’
Era stupefatto da quello che gli veniva chiesto. Come poteva credere che avrebbe fatto qualcosa di questo tipo per Ron dopo quello che era successo?
‘Forse ti stai illudendo che quando ho picchiato Ron ero sotto shock e non sapevo quello che facevo. Ti stai sbagliando. Sapevo quello che stavo facendo. Lo volevo uccidere. Lo farei di nuovo se ne avessi la possibilità.’
Stava parlando lentamente e bruscamente ora, e poteva vedere lo shock sul viso di Ginny. Continuò ‘Per quello che mi riguarda, si può fottere e morirci lì dentro.’
Come lo disse, lasciò la stanza, non gli importava più della sua bacchetta, voleva solo allontanarsi da lei. Non si fidava di se stesso.
Ginny rimase lì, guardandolo andarsene. Non cercò né di rincorrerlo né di parlare.
Rimase solo lì, in silenzio.
   
 
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