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Autore: ZioFaber    29/09/2022    0 recensioni
Amo questa meravigliosa coppia, soprattutto da quando Stefania è andata a casa di Marco, dopo aver scoperto che sua mamma era ancora viva. Ho voluto immaginare alcuni momenti e sensazioni non espresse negli episodi trasmessi, sperando di non divagare troppo. Spero vi piaccia
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Proprio come aveva temuto, quella che Stefania aveva deciso sarebbe stata l’ultima notte trascorsa nella foresteria, si era rivelata la più difficile e dolorosa, sotto tutti gli aspetti. Non riuscì a dormire granché, agitata in pratica come la mattina del lunedì precedente, quando era arrivata alla villa. Ai soliti assillanti pensieri si erano aggiunti quelli dovuti a quanto le era capitato di vivere la sera precedente e la sua agitazione la spinse ad alzarsi molto presto quel venerdì mattina: convenne che l’idea avuta dopo la sconcertante visita del commendatore due sere prima era quella giusta: era giunto il momento di lasciare quel rifugio che le aveva regalato dei momenti di leggerezza e spensieratezza, assolutamente impensabili fino a pochi giorni prima. Era sempre più convinta che quella era la decisione giusta, soprattutto ripensando alla scena presentatasi davanti ai suoi occhi la sera prima; scelta giusta e inevitabile, ma anche straziante e dolorosa.
Continuava a sentirsi confusa e incapace di decifrare tutte quelle emozioni che si accavallavano e si mescolavano nella sua testa. Marco aveva saputo donarle molto più di un posto dove nascondersi dal resto del mondo; era stato un complice discreto, un amico leale, un confidente prezioso, una presenza dolcissima.
Con il suo comportamento lui aveva confermato quanto Stefania aveva intuito fosse nobile, generoso e altruista il suo animo. Ed era felice di averlo potuto sperimentare lei stessa in un momento tanto difficile da affrontare. E pensava a quanto fosse vera la frase che gli rivolse la settimana precedente, ringraziandolo per il suo aiuto e il suo affetto, quando lui la accompagnò a casa delle sue amiche: “Marco, non so dove sarei adesso se non ti avessi incontrato.”
Più che un incontro, in realtà fu l’ennesimo scontro fra loro; solo che questa volta sembrava davvero guidato da un destino che voleva mostrarle una via di uscita da quella situazione catastrofica che aveva appena scoperto.
Un destino non facile da interpretare ma che le aveva regalato, proprio grazie al suo mentore, la possibilità di confidare finalmente a qualcuno tutta quella storia della sua infanzia che non era mai riuscita ad esternare prima di allora. Parlare con lui di tanti  argomenti dolorosi era stato un gesto semplice e spontaneo che aveva concesso ad entrambi un po’ di sollievo, insieme a tanta complicità.
La cosa più difficile restava però quella di ammettere a sé stessa ciò che la presenza di Marco aveva suscitato e continuava a rappresentare nel suo animo e nel suo cuore. Vederlo ogni mattina, puntuale e sorridente, mentre le portava la colazione in camera, con il suo disarmante sorriso e con una dolcezza infinita, l’aveva spinta a chiedersi il perché della sua agitazione e della sfrenata palpitazione del suo cuore. Una sensazione che cominciava ogni mattina ancor prima del suo arrivo, proprio immaginando di scorgere il suo volto mentre gli apriva la porta; e continuava in modo incontrollabile durante quei momenti di intimità che si instaurava fra loro. E cresceva a dismisura quando lui doveva andar via e lei non riusciva a pensare ad altro se non al suo ritorno fra quelle mura accoglienti.
La scena del bacio fra lui e la sorellastra della sera prima opacizzava questo quadretto perfetto che Stefania aveva cominciato a vedere come irrinunciabile; la solita dura realtà che spezzava i sogni e cancellava le illusioni. Purtroppo era abituata a questo finale di programma e decise di accettarlo, cacciando via il groppo che sentiva in gola.
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Si era alzata molto presto quel venerdì; e sicuramente in casa dormivano ancora tutti. Pensò che la prima cosa da fare era finire l’articolo interrotto a causa dell’incidente alla sua stilografica. E, dopo aver riordinato i fogli sparsi nella stanza, si apprestò a concludere il lavoro.
Non sapeva se avrebbe visto Marco quella mattina; non lo sapeva ma ci sperava davvero tanto. Sarebbe stato straziante salutarlo andando via da lì, ma l’alternativa – congedarsi senza vederlo – la sconvolgeva ancora di più.
L’agitazione non accennava a diminuire e con gli occhi lucidi dall’emozione e dal dolore prese un foglio per scrivere un ringraziamento ed un saluto a Marco, proprio nell’eventualità che non si sarebbero visti quella mattina: “Grazie per avermi dato rifugio in un momento così triste. Non lo dimenticherò mai!”
Inserì il bigliettino fra le pagine del libro di Conrad che il suo mentore le aveva consigliato di leggere qualche giorno prima e, sentendo dei rumori fuori dalla stanza, capì che i domestici della villa erano già in servizio.
Riuscì ad intercettare Italo e, affacciandosi all’uscio della foresteria, lo fermò chiedendogli cortesemente di chiamarle un taxi.
Lasciò quindi la porta aperta mentre preparava i suoi bagagli e si apprestava a quello strappo che – sperava – l’avrebbe aiutata a riprendere la sua vita di sempre, sapendo che non avrebbe più sentito quel calore e quella leggerezza che Marco aveva saputo regalarle.
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Stava per chiudere la valigia quando lui si palesò sull’uscio; sebbene questo fosse aperto, lui bussò dolcemente rendendosi conto che la sua pupilla non si era accorta del suo arrivo.
Ma negli istanti che precedettero quel momento, ciò che vide lo turbò enormemente e deglutendo si accinse ad affrontare quella verità che non voleva assolutamente accettare.
Stefania si voltò verso di lui e con un sorriso amaro lo invitò ad entrare.
Difficile capire chi fra i due soffriva di più in quel momento per quanto stava accadendo; entrambi sentivano una dolorosa sensazione che sapevano essere inevitabile.
La stanza sembrava ovattata e i loro pensieri erano più rumorosi delle loro azioni; intuivano entrambi ciò che succedeva nella mente dell’altro. I loro movimenti erano lenti e impacciati mentre si guardavano senza riuscire a dire nulla.
Lui provò a spezzare quell’incantesimo, ma la sua voce tradiva un’emozione fortissima.
“Quindi hai deciso: vai via!”
La situazione che si era creata fra loro in quei pochi giorni non contemplava nulla di simile nei suoi pensieri e nei suoi desideri; mai avrebbe pensato di dover pronunciare la frase che aveva appena detto. Il suo cuore cominciò a galoppare all’impazzata, attendendo una risposta che conosceva ma che non era pronto ad ascoltare e ad accettare. I battiti erano fortissimi e rimbombavano nelle sue orecchie mentre faceva un passo per avvicinarsi alla sua pupilla.
Lei capì in quel momento quanto sarebbe stato più difficile andar via dopo questo incontro; e il suo cuore seguì quello di Marco in un galoppo sfrenato e incontrollabile.
“È la cosa migliore per tutti, sì!”
Per quanto dolorosa potesse essere quella frase e quella decisione, sapeva che non aveva alternative; il suo cuore era lacerato, ma non poteva fare altrimenti.
Continuò distrattamente ad inserire tutte le sue cose nella valigia, soprattutto per avere una scusa che gli permettesse di evitare il suo sguardo. Avevano entrambi gli occhi lucidi e nessuno dei due era pronto per quel momento.
“Senti, Stefania: se lo fai per quello che ha detto Umberto, io ci ho parlato e sono riuscito a trovare un accordo. Puoi rimanere ancora qualche giorno!”
Marco sapeva, anzi temeva che sicuramente tutto ciò non sarebbe servito, ma non poteva lasciare nulla di intentato.
“Davvero. Grazie! Ho approfittato abbastanza della vostra disponibilità!”
Lei sentiva sinceramente quanto aveva appena detto, ma non riusciva a credere che quel suo sogno si stava infrangendo; e faticava a sostenere lo sguardo di Marco che invece cercava il suo continuamente.
“Guarda che non c’è nessun problema, Stefania, se ti fermi ancora per un po’!”
Forse lei avrebbe preferito che lui non fosse così insistentemente dolce e premuroso; sarebbe stato più facile lasciare quel posto fatato. Si voltò per guardarlo e notò che lui stava soffrendo almeno quanto lei. Ma il pensiero della dura realtà che si apprestava a rivivere e che non poteva ignorare le dettò una frase che avrebbe preferito non dire: “Io devo tornare alla mia vita e tu devi tornare alla tua: ti ho visto ieri con Gemma!”
Pronunciare quella frase e quel nome proprio davanti al suo mentore, fece scendere un gelo in quella stanza e divaricò la ferita che sentiva al cuore; riuscì, sebbene a fatica, a sostenere lo sguardo che lui le rivolse. Marco fu il primo ad abbassare gli occhi, imbarazzato ma conscio di quella verità. “Sì! Me ne sono accorto. E per fortuna che lei era distratta!” Era come ammettere a sé stesso che tutto ciò era veramente accaduto; non aveva saputo sottrarsi alle morbose attenzioni della sua fidanzata, insistente e petulante. Avrebbe voluto trovare una scusa, una qualsiasi, per evitare quella serata finta; e avrebbe desiderato confessare alla sua pupilla quanto avrebbe preferito trascorrerla insieme a lei quella serata e molte altre ancora. Ma non ci riuscì; non sapeva esattamente cosa stava accadendo. Ma sapeva che non voleva assistere alla partenza di quella speciale amica, ad un addio già scritto che gli faceva troppo male.
“Sì, esatto. Per fortuna. La mia presenza qui limita la tua vita e io non voglio rappresentare questo; non voglio che il segreto tra di noi ti metta in difficoltà con lei, assolutamente!”, disse mentre armeggiava confusamente con il foulard che cercava di annodare alla borsa. Tutti i suoi gesti, meccanici e incontrollati, le servivano per non sentirsi ancora più inadeguata da quella situazione straziante. Le sembrava di sentire il ticchettio di un enorme sveglia che scandiva un conto alla rovescia per ricordarle i pochi momenti che le restavano; quei piccoli attimi preziosi che avrebbe trascorso ancora in quella stanza, con lui. Il rumore era simile a quello di un gigantesco gong che la facevano sobbalzare ad ogni rintocco. Riuscì finalmente ad annodare il foulard mentre teneva la borsa posata sul letto e gli occhi bassi, persi nel vuoto.
“Stefania, che stai dicendo? A parte che riesco a gestire tranquillamente entrambe le cose… e poi…  quello che ti è successo… mi ha… mi ha toccato molto! Mi stai a cuore!”
Eccola, finalmente, la frase che lui sentiva dentro da giorni. Quelle poche parole che prepotentemente cercavano una via d’uscita dal cuore del ragazzo avevano, infine, trovato lo spazio necessario per essere proferite. La sua voce era calma, almeno apparentemente. Lui aveva fatto una fatica immane per non pronunciarla con un timbro tremolante, ma era felice di averglielo detto e si sentiva bene. Si sentiva come mai si era sentito prima. Aveva detto alla sua pupilla quanto la sua presenza per lui fosse importante. In un attimo aveva stravolto le sue poche certezze per acquisirne una nuova, indissolubile, vera.
Aveva gli occhi lucidi, ma li tenne fissi su di lei in attesa che gli ricambiasse uno sguardo; non sapeva come avrebbe reagito, ma la cosa che più lo appagava era proprio l’aver confessato quel sentimento travolgente che non sapeva più arginare.
Stefania si bloccò mentre infilava il cappotto, gli occhi ancora bassi verso il foulard annodato alla borsa, quest’ultima poggiata sul letto. Non si aspettava una frase simile; sicuramente nel suo intimo ci sperava, ma temeva che non l’avrebbe mai sentita. Il miscuglio dei suoi pensieri riprese senza sosta, spingendola a domandarsi cosa avrebbe potuto significare per lui, per lei… per loro da quel momento in poi. Riprese il comando delle sue azioni e, afferrando i bagagli con poca convinzione, restituì finalmente lo sguardo al suo mentore. “Anche tu!”, riuscì a dire, con enorme difficoltà ma consapevole che quella verità si sarebbe ben presto tradotta in una realtà ancor più dura e lacerante di quanto non avesse immaginato. E riprese, con un respiro affannoso: “Ed è per questo che io ti voglio restituire la tua libertà: devo andare via da qui. Sei stato un amico e… ti ringrazio!”
L’aveva detto. Non avrebbe voluto, ma era stato inevitabile e molto, molto doloroso. Per entrambi. “Devo andare via da qui!”
Marco non avrebbe potuto sentire una frase più terrificante per il suo cuore. E la cosa lo torturava maggiormente proprio per la breve frase che lei aveva pronunciato prima: “ti voglio restituire la tua libertà!” Ma a che prezzo?, si domandava. Come avrebbe potuto considerare quella sensazione una libertà? Che senso aveva avere una libertà che lo catapultava in un passato tetro e doloroso, distante solo pochi giorni ma che sembravano secoli. Una libertà che gli avrebbe permesso di ricominciare la sua vita fasulla, frivola, vuota e scialba. Circondato da falsi amici e costretto a recitare un copione che disprezzava al cospetto di una fidanzata che sentiva sempre più estranea. Avrebbe preferito mille anni di esilio, in foresteria con la sua meravigliosa Stefania, al posto di un solo giorno di quella che non poteva chiamarsi “libertà”.
Lei si avvicinò alla porta, sperando che il suo taxi non tardasse ad arrivare; ogni minuto in più trascorso in sua compagnia rappresentava un inasprimento delle sue pene e, sebbene lasciarlo fosse l’ultimo fra i suoi desideri, non vedeva l’ora di scappare via.
“Beh, gli amici servono a spalleggiarsi a vicenda, no?”, riuscì a rispondere lui, quasi balbettando dall’emozione, restando un po’ distante da lei per cercare di non rendere ancor più straziante quella partenza. Non riusciva però a staccare i suoi occhi da quelli della sua pupilla, che vedeva ancora più splendente e bella, nonostante la tristezza che esprimevano.
“Non diremo niente a Gemma!”, aggiunse Stefania, conscia della gravità che ciò avrebbe comportato se mai la sorellastra avesse scoperto quel segreto.
Con fatica aveva ancora nominato quel nome ostico che le ricordava – ancora – quale ruolo avesse lei in quella storia.
Anche lui accolse come fosse stonato il nome della fidanzata in quel contesto, ma si accinse a dare il suo assenso alla richiesta della sua pupilla: “No, meglio di no! Beh, abbiamo un altro segreto da condividere!”
“L’ultimo!”, aggiunse lei, con amarezza. Anche se sapeva che non era giusto si sentiva delusa dal finale di quella settimana che aveva saputo offrirle dei momenti straordinari e dolcissimi. Aveva pensato che finalmente, dopo aver sofferto tanto nella sua vita, finalmente assaporava una gioia inaspettata e assolutamente meravigliosa. Temeva che da quel momento il rapporto con il suo mentore sarebbe cambiato e voleva tenere vivi i ricordi di quanto aveva condiviso in quei pochi irripetibili giorni.
Aveva ancora gli occhi dentro quelli di Marco quando sentì un leggero bussare alla porta. Era Italo che, con la sua solita delicatezza, la avvisava che il suo taxi era arrivato.
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Marco avrebbe voluto urlare con tutto il fiato che aveva per dirle di fermarsi, di non andar via. Si sentiva come se qualcuno lo costringesse a trattenere il respiro senza permettergli di riprendere a fiatare… un’apnea dolorosa che gli toglieva tutte le forze e gli sbatteva in faccia una tristissima realtà. Era davvero tutto finito!
Perché non riesco a dirle cosa provo? Perché devo accettare questo strazio senza lottare per lei, per noi? Perché non ho visto prima la grandezza e la bellezza del cuore di Stefania?
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Nella mente di Stefania rimbalzavano praticamente le stesse sensazioni. E chiudendo gli occhi mentre seguiva Italo che la accompagnava verso l’uscita, avvertiva nuovamente i battiti del suo cuore impazziti e il respiro affannoso. E sognava di poter essere fermata dalla voce suadente di Marco che la esortava a restare ancora lì, insieme a lui.
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Deglutirono entrambi con grande fatica, cercando inutilmente di trattenere le lacrime che sgorgarono copiose sui loro volti.
E mentre lei saliva sul taxi che l’avrebbe riportata in quel mondo ostile, Marco cercò con frenesia il carillon; con le mani tremanti, lo caricò e – posatolo sul comodino – osservò, quasi fosse ipnotizzato il perpetuo balletto della ballerina triste.
Crollò sul letto che ancora tratteneva il profumo della sua dolcissima Stefania, inebriandosi con quella fragranza e stringendo il cuscino che aveva accolto la sua testa, i suoi capelli, le sue labbra, le sue lacrime. Pianse amaramente, promettendo a sé stesso che non si sarebbe accontentato del profumo della sua pupilla e delle note malinconiche di quella scatolina magica: quelle sensazioni che non riusciva più a frenare, lo spinsero a voler rivalutare le sue priorità.
Aveva finalmente capito cosa fosse quel magone allo stomaco. E quel nodo alla gola. E quella sensazione di cadere perenne.
   
 
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