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Autore: Scribbling_aloud    11/10/2022    1 recensioni
Siete anche voi dell'idea che un ragazzo come il nostro Harry Potter dopo: infanzia con gravi carenze di affetto e tutori abusivi, traumi pesanti in adolescenza con minacce di morte, perdite di affetti rilevanti nel corso della vita, non avrebbe mai potuto avere una vita troppo facile con una famiglia alla mulino bianco e soprattutto una mente equilibrata e serena?! Secondo me PTSD come se non ci fosse un domani. Questa è una trilogia molto poco magica che, in un crescendo, esplorerà la sua mente e la sua vita famigliare con i suoi mille problemi e difficoltà data da tormenti mai risolti, una popolarità cresciuta a dismisura che non lo fa vivere bene, fragili equilibri nelle sue relazioni che si frantumano. Partiamo diciannove anni dopo, esattamente dove ci ha lasciati la Rowling. Il Natale di quell'anno.
ATTENZIONE: comincia molto leggero, quasi frivolo, ma ci tengo a precisare che non è un testo per bambini. Da più o meno metà del primo libro e poi nel terzo, ci sono parecchi punti intensi, violenza e tratta temi delicati. Specie il terzo libro, dove ho raffinato un po' la mia scrittura quindi le immagini sono più vive.
E' una traduzione dall'inglese.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Teddy/Victorie
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo 4 – Il bambino della violenza
 
Quando Ginny scoprì di essere incinta, fu spaventata dalla possibile reazione di Harry.
Non avevano cercato nessuno dei loro figli; tutti frutto di disattenzioni. James per colpa della loro giovinezza, impetuosità e passione, Albus un errore nella contraccezione, Lily perché erano ubriachi.
Per questa ragione, Ginny era in ansia nel doverlo comunicare. Si era mostrato capace di essere violento e imprevedibile e, nonostante lei non avesse più menzionato quello che lui le aveva fatto solo qualche mese prima appena dopo Natale, Harry era sicuro di aver inflitto una ferita e non aveva modo di sapere se si fosse rimarginata nel frattempo.
In ogni caso, era stato contento nello scoprire della gravidanza. Si trovava in uno stato d’animo che favoriva l’idea di avere un piccolo essere umano ad occupare la loro casa vuota e da amare.
Ed in più aveva trentacinque anni ormai. Sicuramente più maturo di quando erano nati i ragazzi; sperava di aver imparato dai suoi errori passati ed era certo che sarebbe stato un padre migliore di quello che era stato per James e Albus, essendo già stato un padre migliore per Lily.
Restava però vero che era sempre stato inescusabilmente disattento sulla contraccezione, lasciando l’intera responsabilità a lei. Consapevole di questa sua mancanza, nonostante non fosse stato entusiasta delle rispettive gravidanze, non ne aveva fatto colpa a lei ma solo a sé stesso, e per la presente ancora meno. Si rendeva benissimo conto del disordine emotivo che Ginny si era trovata ad affrontare e non aveva considerato, neanche per un momento, di rimproverarglielo. Tutto il contrario; era stato contento, per una volta, della sua disattenzione.
Non si era mai soffermato a pensare al momento in cui era successo. Accecati dal dolore e bisognosi di tenerlo a bada, avevano fatto l’amore molte volte dopo che Albus e James erano partiti per Hogwarts. Avrebbe potuto essere stato uno qualsiasi di quegli incontri dolce amari.
Ne era ancora all’oscuro quando un pomeriggio stava mangiando una mela in cucina mentre Ginny preparava una torta. Il suo sguardo si posò su alcuni fogli del St. Mungo relativi alla gravidanza. Cominciò a studiarli non avendo niente di meglio da fare e la sua attenzione fu catturata dalla possibile data di concezione. Il ventotto di dicembre. Aggrottò la fronte. Non ricordava niente di quel giorno. Si rammentava perfettamente del trentuno e quelli successivi ma non il ventotto.
‘Ginny, perché al St. Mungo hanno messo come data di concezione il ventotto? Si devono essere sbagliati’ continuando a frugare nella sua mente.
Notò in lei un momentaneo irrigidimento a quell’affermazione ma quando si voltò verso di lui stava sorridendo serenamente. Gli prese il foglio dalle mani.
‘Sì, si saranno sbagliati’ disse chiudendolo in un cassetto e ritornando alla sua torta.
Ma quella reazione aveva insospettito Harry che cominciò a riflettere sul possibile significato. Il ventotto, solo tre giorni dopo Natale. Era sicuramente ancora sconvolto dalla morte di Lily, aveva cominciato a riprendersi solo quando… e un’orribile ipotesi apparì forzatamente nella sua mente, la sola possibile spiegazione.
‘L’hanno scritto perché tu gli hai detto che era quella la data, vero?’ azzardò titubante. Doveva chiedere anche se temeva la possibile risposta, anche se avrebbe preferito restare in un confortante oblio.
Ma una volta che un dubbio si infiltra nella mente non si può arginare, velenoso, sgattaiola in ogni possibile anfratto rendendo impossibile il ritorno a una rassicurante ignoranza.
La risposta non arrivò, che fu di per sé come una risposta.
Si alzò e le si avvicinò frastornato; il dubbio si stava trasformando velocemente in certezza.
Lei concentrò studiosamente la sua attenzione sull’impasto e non alzò gli occhi su di lui.
Un altro brutto segno.
‘Ginny, è il ventotto il giorno che io…?’ non riuscì a completare la domanda.
Lei non replicò neanche a questa.
Orrore fluì nella sua mente mentre sentiva tutto il sangue defluirgli dal corpo.
‘Mi stai dicendo che sei rimasta incinta quella volta?’ le chiese inorridito.
Si sentì immediatamente nauseato. Questo bambino che aveva portato così tanta gioia e felicità nella famiglia era il risultato della sua violenza e brutalità. Era un pensiero da incubo. Come avrebbe fatto a guardarlo una volta nato senza essere ricordato della sua colpa? Era il prodotto del peggio che c’era in lui.
Ginny continuava ad impastare studiosamente ‘Harry, non importa…’
‘Importa invece!’ replicò ‘Importa a me!’ la fece girare verso di lui ‘E’ stato quel giorno?’
Lei lo scrollò via senza rispondere.
‘Lo è…’ sussurrò ‘Oddio…’ era troppo sgomento per dire altro.
Il pensiero che l’aveva salvato dalla depressione solo quattro mesi prima si stava rivoltando contro di lui.
Sentì tutto questo disgusto per sé stesso crescere e, in un impulso, per sfogarlo, sferrò un pugno violento alla porta della cucina.
Ginny, che gli stava dando la schiena, saltò per lo spavento sentendo solo il rumore ‘Cosa diavolo….!’ Esclamò con uno strillo acuto e vedendo Harry davanti alla porta, ora con un avvallamento tondo nel mezzo, lasciò velocemente il banco cucina per raggiungerlo ‘Harry, per l’amor del cielo! Cos’hai combinato?!’
Dopo il primo momento, quando la rabbia ancora in lui che lo aveva insensibilizzato, sparì, si strinse il pugno pulsante nella mano e ruggì dal dolore.
Ginny lo prese per darci un’occhiata ‘Ti sei sicuro rotto qualcosa! Non sono sicura di poterlo aggiustare!’ disse in agitazione facendo apparire del ghiaccio dal nulla ‘Di tutte le cose stupide…’ bofonchiò avvolgendo il ghiaccio in uno straccio e spingendoglielo nella mano sana ‘Tienici questo sopra e vai in salotto! Provo a vedere se Ted può venire’ Disse severamente rovistando nel vaso della metro polvere e continuando a borbottare sottovoce.
Harry meccanicamente strinse l’involucro e si diresse in salotto. A malapena connetteva con quello che gli accadeva intorno. Si sedette. Si alzò. Camminò per la stanza cercando di calmarsi. Poi si sedette di nuovo per contenere l’impulso di fare a pezzi tutti i mobili della sala. Ma poi scattò di nuovo in piedi, non riuscendo a stare fermo, e camminò ancora un po’ in giro per la stanza, la sua mano dolorante e pensieri negativi che gli frullavano nella testa.
Questo bambino sarà il mio rimprovero. La mia punizione.
Era frastornato da questa rivelazione e non riusciva a superare lo schifo che sentiva verso sé stesso. Aveva cercato di dimenticare quei giorni terribili che seguirono la morte di Lily ed era stato fin troppo facile. Voleva dimenticare. Ginny voleva che lo dimenticasse ma ora si rese conto che non era giusto. L’aveva ferita e non poteva scordarlo come se non fosse successo nulla. Si meritava questa punizione. Si meritava l’infelicità.
Fu appena consapevole del fatto che Ted apparve nella stanza; era a casa quando Ginny aveva chiamato e si era diretto da loro velocemente con la metro polvere.
Indossava un outfit accecante: una t-shirt bianca aveva preso il posto del maglione invernale, jeans scolorati e strappati aderentissimi sulle sue gambe magre. Era a piedi scalzi, i capelli del solito bianco purissimo e i suoi occhi, che lo fissavano con preoccupazione, azzurro ghiaccio.
Ginny era dietro di lui che gli spiegava la situazione ‘Ha dato un pugno alla porta e penso che si sia rotto qualcosa’
Ted guardò dietro le sue spalle l’ammaccatura nella porta ‘Ah…’ disse solamente muovendo il suo sguardo inquisitorio verso Harry che stava ancora marciando rigido nella stanza, le sue sopracciglia così aggrottate che praticamente si toccavano.
‘Ok Ginny, se vuoi riparare la porta e continuare con la tua torta, io mi occupo della sua…’ si fermò, Harry avendo appena ruggito e colpito l’aria davanti a sé con un pugno ‘della sua mano…’ concluse schiarendosi la gola.
Ginny diede un’altra occhiata a Harry indecisa ma vedendo l’aria sicura di Ted, annuì e sparì dalla stanza.
Ted chiuse la porta, si sedette sul davanzale della finestra non degnando Harry di uno sguardo, solo osservando il cielo nuvoloso fuori.
Harry ripagò l’inattenzione con la stessa inattenzione, ma mentre da una parte non c’era che pace mentale, dall’altra c’era un groviglio di tormenti. Lo sconforto lo seguiva come un’ombra. Attraversò ancora la stanza due o tre volte nella stessa rigidità ma poi, eventualmente, per gradi cominciò a calmarsi, i suoi muscoli si rilassarono e si sedette mollemente sul divano fissando Ted che nel frattempo non si era mosso.
Percependo lo sguardo di Harry e il suo cambio di umore, però, saltò immediatamente giù dal davanzale.
‘Fammi vedere la mano’
Il ghiaccio era in via di scioglimento, lo straccio inzuppato gocciolava sul tappeto dove una pozzanghera si stava lentamente formando.
La pelle delle sue nocche era rossa e graffiata in alcuni punti, il ghiaccio aveva anestetizzato il dolore ma non lo spiacevole pulsare. Lo estese a Ted che lo palpò leggermente con le sue lunghe dita affusolate.
‘Sono sicuro che non è niente di grave’ gli disse fissandolo attentamente negli occhi.
‘E’ grave, Ted’
Nessuno dei due stava parlando della mano.
‘Non lo è’ ribatté rassicurante prendendo la bacchetta dalla tasca ‘Episkey’ mormorò colpendo leggermente le nocche di Harry. Un piccolo ‘crack’ seguito da un pizzicotto succedette l’incantesimo e la sua mano era come nuova. La aprì e la richiuse ‘Grazie...’ mormorò sovrappensiero ancora aggrovigliato nel suo disagio.
‘Figurati’ lui rispose sedendosi di nuovo sulla finestra, tornando a fissare fuori.
Harry osservava malinconicamente il suo pugno, guarito ma ancora graffiato, la sua mente che lavorava furiosamente.
‘Pensi che io sia una cattiva persona?’ chiese quasi sottovoce dopo qualche momento. La domanda gli era scappata, e non era al corrente di averla formulata finché non fu fuori.
Ted lo guardò scuotendo la testa ‘No, secondo me no’
Harry sospirò ‘Ma lo so sono… Tutti sono convinti che io sia questo grande eroe ma sono una persona orribile in realtà’
‘Perché dici così?
Harry non rispose, si sentiva di ricominciare a fare su e giù per la stanza un altro paio di volte ma non si mosse. Si passò una mano dietro il collo massaggiandolo; si sentiva tutti i muscoli irrigiditi.
‘Riguarda il bambino?’ Ted chiese.
Harry non riuscì a sopportare di stare ancora seduto. Si alzò e camminò verso il camino e, nonostante non ci fosse fuoco essendo estate, tenne il suo sguardo fisso lì per evitare quello di Ted dietro di lui.
‘O è per via di Ginny?’
Harry posò le mani sul bordo fissando l’interno vuoto.
‘Forse entrambi…’ aveva poi dichiarato sottovoce.
‘Con tutte le fottute volte che abbiamo fatto sesso doveva proprio essere quel giorno?’ si lasciò sfuggire rabbioso.
‘Che giorno?’ Ted chiese sorpreso.
Harry si sedette di nuovo prendendosi la testa tra le mani. Poi si afflosciò contro lo schienale irrequieto ‘Ted, sappiamo entrambi molto bene cos’ho fatto a Ginny…’ disse aborrito nell’ammetterlo ad alta voce.
Ted non rispose a questa affermazione, i suoi occhi rannuvolati con la comprensione di quello che disturbava Harry. Sospirò e guardò fuori dove un anziano stava portando un piccolo carlino per una passeggiata. Loro lo vedevano ma lui non vedeva loro protetti dal Fidelius.
‘Non sono in grado di fare il marito; non sono in grado di fare il padre. Non sono in grado neanche di essere un amico! Faccio solo del male alle persone che mi circondano. E questo bambino me lo ricorderà finché campo.’
‘Harry, non è vero… Non importa com’è stato concepito…’
Harry lo interruppe cominciando ad agitarsi ‘Lo è! Lo è! Non hai idea di com’è stato!’ si fermò sentendo repulsione in ogni fibra ‘Era feroce e… violento… Avevo tutto questo odio dentro di me! Volevo farle male.’ Esitante, faceva fatica a trovare le parole ‘Ho riversato in lei tutto quello che di mostruoso c’è in me. Questo bambino è un bambino concepito nella violenza.’
‘Cos’è successo dopo?’
‘Cosa intendi? Dopo che l’ho fatto?’
Aveva pianto per il dolore e il rimorso. Non lo disse ad alta voce. Non ce n’era bisogno. Ted lo sapeva.
‘E Ginny cos’ha fatto?’ Ted chiese come se avesse parlato.
‘Lei…’ lei l’aveva consolato, l’aveva perdonato e tranquillizzato la sua angoscia. Si strofinò il viso, il cuore costretto ricordando quei momenti.
‘Perché secondo te?’ chiese di nuovo senza aspettare la fine della frase che non sarebbe mai arrivata.
Harry ci rifletté: si era resa conto che stava soffrendo, gli aveva perdonato quell’atto brutale perché aveva capito che era fuori di sé. Perché lo amava. Non se lo meritava ma lei lo amava comunque, nonostante quello.
Ted lo osservava riflettere e lo interrogò di nuovo ‘Cos’hai provato in quel momento?’.
Aveva provato rimorso e una profonda gratitudine per questa donna che sebbene avesse visto il peggio in lui, riusciva ancora a trovare la forza di amarlo. Era vero, aveva fatto qualcosa di orribile, ma era stato seguito da molte cose buone. Aveva cominciato a gestire la sofferenza e aiutato Ginny con la sua. E, malgrado tutto, questa gravidanza li stava decisamente aiutando.
‘Stai giudicando questo bambino e tutta la tua relazione con lei solo da questo atto. Ma c’è così tanto di più. Ci sono anni prima. Se ti ama è perché te lo sei guadagnato.’
Cos’ho fatto per meritarmelo?
Perché lo amava? L’avrebbe amato comunque se non fosse mai stato marcato da Voldemort? Si ricordava una Ginny di dieci anni che lo adocchiava dal binario. L’avrebbe notato se fosse stato solo un ragazzo normale come tutti gli altri?
Ted aveva spostato il suo sguardo fuori dalla finestra.
Harry lasciò cadere la testa contro il divano e chiuse gli occhi. Le parole di Ted avevano toccato una corda in lui.
Ma c’erano ancora così tanti dubbi e insicurezze che affollavano la sua mente.
Cosa sono a parte il ragazzo sopravvissuto?
 
  
Sogno inquietante stanotte.
Eravamo al St. Mungo, Ginny stava avendo il bambino. Quando l’infermiera me lo porse non era un bambino normale.
Era Voldemort prima della sua resurrezione, con gli occhi rossi e ripugnante come lo ricordavo. L’infermiera voleva che lo prendessi in braccio ma non potevo, ero disgustato. Le ho detto che c’era un errore; non poteva essere mio figlio. Mi rispose che lo era. Non era di Ginny ma era mio. Disse che aveva i miei occhi. C’era uno specchio nella stanza, mi ci sono guardato ed ero io ma un io diverso. Stavo sorridendo malevolo, la mia espressione odiosa, demoniaca. I miei occhi rossi.
Paura e disgusto.
Mi sono svegliato. Non sono più riuscito a dormire. Sveglio per tutta la notte.
Non l’ho condiviso con Ginny. Non la volevo spaventare.
   
 
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