Sciolto il
consiglio tutti i presenti vollero
avvicinarsi ai due cavalieri e rivolgere loro una parola. Eragon
rispondeva ai
saluti e alle domande con garbo ma il suo sguardo era alla ricerca di
Par. Scandagliando
i presenti era riuscito a scorgerlo accanto a un sedile, in fondo alla
sala. Lo
aveva seguito per un tratto mentre si allontanava dal resto dei
presenti, per
perderlo subito dopo, quando un’elfa, con una stretta di mano
più calorosa delle
altre, lo aveva distratto. Eragon aveva passando ancora una volta in
rassegna l’intera
sala ma l’elfo sembrava essersi ormai dileguato. Fu allora
che Murtagh gli si accostò
parlandogli ad un orecchio.
- Se
è Par che cerchi, l’ho visto un
attimo fa scambiare una parola con Arold e poi uscire da quella porta -
gli disse
indicandogli dall’altra parte della sala, nella direzione
presa dall’elfo.
Eragon sospirò osservando il re e chiedendosi quanto di
quello che era stato
raccontato loro quella mattina gli fosse stato omesso.
- Cosa ne pensi
di Par, fratello? – gli
chiese Eragon approfittando di un momento di quiete, Murtagh ci
pensò un attimo.
- Non saprei
spiegarti il perché Eragon, ma
credo che possiamo fidarci di lui -
- Dici sul
serio? – chiese Eragon incredulo
corrugando appena la fonte, Murtagh gli sorrise appena –
Sapevo che ti avrei
stupito – a quelle parole Eragon scosse la testa per
ricambiarlo subito dopo
con lo stesso sorriso quindi Murtagh proseguì - quando ha
imposto in quel modo la
sua richiesta ho avuto i miei dubbi su di lui ma la bambina
è coinvolta quanto
noi nella ricerca e portarla con voi non potrà metterla in
percolo più di
quanto non lo sia già, inoltre è
l’unico che abbia viaggiato in quei luoghi –
– Sai,
lo pensa anche Saphira. –
Poco dopo tutti
uscirono via via dalla
sala, si attardarono solo Aglaia e Faramir che insieme si avvicinarono
ad
Eragon, sempre affiancato da Arya, Murtagh e da Jill. La prima ad
accorgersi di
loro fu Arya. L’elfa non disse nulla e senza muoversi dal
fianco di Eragon li osservò
con i suoi grandi e penetranti occhi verdi. Il suo sguardo
andò a incrociare
quelli nocciola di Aglaia, l’elfa non aveva mai avuto
l’occasione di ringraziare
la donna per quello che aveva fatto per Eragon a Zàkhara, ma
quel tacito scambio
di sguardi valse più di mille parole.
- La sola cosa
che veramente mi serve per
affrontare il viaggio è una nuova sella. La mia, purtroppo,
è in mano di Isobel
- stava ricordando Eragon senza nascondere una nota di rammarico nella
voce.
- Non ne abbiamo
di così grandi che si
possano adattare a Saphira – si inserì Aglaia.
Tutti a quel punto si girarono verso
di lei e Faramir.
- Se avessi
delle fasce di cuoio potrei
costruirne una – Rispose Eragon. Aglaia alzò un
sopracciglio meditando per un
attimo sulle sue parole - Faramir ed io potremmo portati dai conciatori
da cui
si servono qui al palazzo anche adesso – disse la ragazza
rivolgendo uno
sguardo al compagno – in questo modo potrai scegliere tu
stesso i pezzi che ti
servono -
Eragon
guardò gli altri con trepidazione,
non voleva lasciare la loro compagnia così presto ma non
poteva evitarlo,
doveva occuparsi della sella e con la partenza così vicina
non poteva rimandare
– Devo andare con Aglaia e Faramir e poi
raggiungerò Saphira - disse rivolgendosi
a tutti - ci vediamo dopo? – chiese loro e guardò
per ultima Arya. Lei gli
rivolse il suo sguardo più fermo e deciso possibile e lui le
sorrise a sua
volta ma quando l’elfa gli strinse forte la mano per un
ultimo saluto Eragon sentì
in quella stretta tutta l’apprensione che non aveva mostrato
prima. - A dopo - gli
disse lui con tutta la tenerezza possibile. Eragon salutò
anche Murtagh e Jill
quindi uscì seguendo Aglaia e Faramir.
L’officina
dei conciatori si trovava appena
fuori città in un’altura in prossimità
di un torrente che scorreva lì vicino. Eragon
iniziò a udire il rumore dell’acqua già
da alcune iarde di distanza, ancor
prima di giungere nelle sue vicinanze. Subito dopo arrivarono gli odori
delle
pelli e dei prodotti usati per la concia. Tutti insieme assalirono i
suoi sensi
una volta entrati in una piccola radura dove erano diversi tavoli
disposti uno
dietro l’altro e su cui erano stese le pelli in varie fasi di
lavorazione. Impastoiati
i cavalli Eragon si guardò intorno osservando
l’ambiente intorno a lui. Dietro
i tavoli si trovavano una serie di vasche in pietra, anche queste erano
disposte in file, ognuna contenenti olii e tannini di diversa natura.
Eragon riuscì
a riconoscere l’odore di alcune particolari sostanze,
sorprendendosi di come anche
a distanze enormi i metodi usati per eliminare il grasso e tutto
ciò che
potesse portare in putrefazione le pelli fossero essenzialmente gli
stessi.
Molti elfi erano
al lavoro, ognuno
intento in qualche attività che richiedevano un intenso
lavoro fisico, chi
tirando e buttando giù le pelli nelle vasche, chi passando
una spatola di
metallo sulla superficie ammorbidite per eliminare grasso e peli, chi
stendendo
le pelli ormai finite per lasciarle essiccare al sole. Nessuno di loro
rimaneva
con le mani in mano per più di qualche minuto
perché c’era sempre qualcosa da
fare.
- Qualcuno
verrà a servirci a momenti – annunciò
Faramir che sembrava conoscere il posto meglio di tutti mentre Eragon e
Aglaia continuavano
a guardarsi intorno.
Poco dopo una
voce giovanile alle loro
spalle gli fece voltare tutti e tre - Spero non ti abbiano fatto
attendere
troppo, Faramir, cosa posso fare per te? – Eragon vide
emergere da dietro una
delle vasche un elfo su per giù della sua stessa
età che si toglieva dei guanti
e veniva loro in contro.
- Sono qui con
un amico, Eragon – rispose
Faramir e lo sguardo dell’elfo si posò su di lui
per alcuni istanti.
- Eragon il
cavaliere dei draghi? – chiese
con un guizzo vivace negli occhi.
- Sì,
sono io – rispose Eragon un po’ a
disagio nell’essere riconosciuto mentre lui non sapeva nulla
dell’altro.
Probabilmente non si sarebbe mai abituato alla notorietà.
- Deve costruire
una sella per la sua
dragonessa e ha bisogno del miglior cuoio per poterla realizzare -
intervenne
Aglaia con voce bassa.
- Se
è il cuoio migliore che stai
cercando questo è il posto giusto per te Cavaliere. Seguimi
– rispose l’elfo con
orgoglio. – A proposito io sono Gregor – Eragon
strinse la mano tesa dell’elfo,
grato per quel gesto; quindi, lo seguì oltre la zona in cui
di trovavano fino
al retrobottega.
Se tra tavoli e
vasche c’era un continuo
via vai di lavoratori, rumori e odori di ogni genere, il retrobottega,
invece, si
distingueva per calma e tranquillità. Qui pochi elfi si
muovevano per selezionare
le pelli da loro conciate dividendole per spessore grandezza e
qualità.
Eragon fece a
Gregor solo qualche domanda
sulla provenienza delle pelli poi senza dire altro si aggirò
tra i vari bachi e
prese di volta in volta i pezzi e i tagli che più si
adattavano alle sue
necessità. Gregor lo osservò con
curiosità e quando alla fine ritornò al banco
con tutte le fasce che gli occorrevano gliele prese osservandole con
interesse –
Sarei curioso di vederti all’opera – disse alzando
il volto e rivolgendogli
di nuovo quello sguardo vivace
di prima - Potrei assisterti mentre la costruisci e, se ti occorrono,
posso anche
fornirti gli arnesi per cucirla -
Eragon
guardò Faramir e Aglaia che allargarono
le braccia come a dire che per loro non c’erano problemi -
Apprezzerei
tantissimo il tuo aiuto Gregor ma lavorare qui non sarà un
disturbo? – l’elfo
scosse la testa divertito.
- Nessun
disturbo. E poi realizzare selle
per draghi sento che potrebbe diventare
un’attività molto richiesta in un
futuro prossimo -
Faramir scosse
la testa divertito – L’ho
sempre detto che il tuo senso degli affari ti avrebbe portato a strambe
idee
Gregor - quindi prese dalle mani di Aglaia un sacchetto che la compagna
aveva
tirato fuori da sotto il mantello - Per ora il re può
offrirti questo – Gregor fece
un fischio di stupore nel riconoscere il conio delle monete. Eragon
guardò la
punzonatura riconoscendo nell’immagine una costruzione che
poteva essere un
porto e una figura alata al centro che reggeva una fiamma.
- Sono monete
per il porto franco di
Gratignàc, un avamposto dove anche gli elfi possono
commerciare con altri regni
che non sono alleati con Isobel – lo informò
Aglaia anticipando la domanda che le
stava per fare.
- Dunque, ci
sono altri regni oltre ai
vostri – aggiunse in una riflessione rivolta più
che altro a sé stesso.
Aglaia
annuì – Esattamente, sono per lo
più piccole realtà autonome che si sono mantenute
indipendenti, le più grandi,
purtroppo, hanno tutte aderito all’alleanza che Isobel ha
creato e che le rende
di fatto dei veri e proprio protettorati di Zàkhara
–
- Hai ragione
Aglaia- intervenne Faramir
- Ma non dimenticare di dire al nostro amico che anche se ci permettono
di
commerciare, questo non lo deve trarre in inganno, la mostra presenza
non è
sempre accettata di buon grado. Noi elfi siamo tollerati solo fino a
quando
portiamo moneta sonante ad arricchire le casse dei loro commercianti
– aggiunse
con un tono di amarezza nella voce che non sfuggì
né a Eragon né ad Aglaia. Il
cavaliere la vide andargli vicino e stringerlo a sé mentre
lui si limitò ad annuire
registrando in silenzio quelle informazioni. Il fatto che Faramir fosse
un elfo
e Aglaia un’umana non doveva aver reso la loro relazione
facile. Lui stesso
aveva vissuto sulla pelle i pregiudizi degli abitati di
Zàkhara nei loro confronti.
Una volta
sistemate le pelli su un banco
libero Eragon si mise subito a lavoro insieme Gregor. Dato che avrebbe
viaggiato
con un passeggero in più doveva includere nel progetto anche
la presenza di Par.
Eragon
spiegò a gradi linee a Gregor i
passaggi che avrebbe eseguito. Gregor ascoltò attentamente
suggerendogli qua e
là soluzioni più semplici che Eragon accolse di
buon grado.
Una volta
stabilito cosa c’era da fare gli
ci vollero tutto il resto della mattina e parte del pomeriggio per
terminare
l’opera. Eragon mangiò a malapena qualcosa che gli
venne offerto dagli elfi ma
per il resto del tempo si concentrò nel suo lavoro con
costanza e caparbietà.
Il sole aveva
raggiuto il suo apice e
iniziato a
discendere lentamente quando
Eragon alzò la testa posando sul tavolo l’ago e il
filo con cui aveva cucito
l’ultimo lembo di cuoio.
- Ed ora come
farai a trasportarla? – gli
chiese Gregor che non aveva visto nessun tipo di trasportino con le
loro
cavalcature - Eragon gli sorrise e gli mostrò come gli
inserti e tutte le
pieghe che avevano creato gli permettesse di ripiegare la sella
riducendone il
volume e poterla caricare sul proprio cavallo. – Sei stato tu
a inventare
questo metodo? – Eragon scosse la testa – No, non
sono stato io, me lo ha
insegnato uno dei miei maestri, anche lui era un cavaliere –
gli disse con una
nota di nostalgia nella voce nel ricordare il padre.
–
Della gente davvero sorprendente questi
cavalieri – gli fece Gregor facendo scappare a Eragon un
mezzo sorriso. – Sì lo
sono stati davvero. Spero un giorno di essere almeno la metà
della loro
grandezza –
Aglaia e Faramir
apparvero poco dopo, mano
nella mano. Avevano passeggiato per un tratto lungo il torrente prima
di risalirlo
e tornare alla conceria.
Una volta
caricata la sella i tre salutarono
Gregor per riprendere la strada per la città. Quando furono
abbastanza vicini Eragon
allargò la sua mente verso Saphira. Non avevano mai chiuso
del tutto il loro legame
ed Eragon l’aveva costantemente tenuta aggiornata mandandole
qua e là delle
immagini mentali di quello che stava facendo ma ora sentiva che la
dragonessa
era curiosa di sapere di più – Non vi dispiace,
vero, se ora proseguo da solo? Devo
raggiungere Saphira – disse rivolgendosi ad Aglaia e Faramir
dietro di lui – Anche
lei vi ringrazia per l’aiuto che ci avete dato –
aggiunse Eragon e, con estrema
naturalezza, pronunciò le parole del saluto elfico posando
una mano sulla
fronte e poi sul cuore- Atra
esterní ono thelduin. Mon'ranr lifa unin hjarta onr. Un
du evarínya ono varda (*) – disse per poi
girarsi e spronare il suo
destriero a un passo più veloce.
Saphira lo
attendeva in una piccola
radura all’interno del boschetto del parco
all’interno del palazzo.
Eragon aveva
lasciato il cavalo alle
scuderie quindi si era caricato la sella sulla spalla e aveva
proseguito a
piedi. Trovò Saphira acciambellata da un lato mentre gli
ultimi raggi di sole
si rispecchiavano sulle sue squame zaffiro in tanti riflessi
arcobaleno. Gli
occhi di Eragon si riempirono di meraviglia di fronte a quello
spettacolo.
Saphira
alzò il collo e lo allungò verso
il suo cavaliere. Cosa aspetti piccolo mio, vuoi farmi
provare o no questa sella?
Eragon le sorrise Certo! Mentre la
montava le raccontò altro del
lavoro fatto con Gregor e dopo aver stretto gli ultimi legacci
indietreggiò di
qualche passo per osservare il risultato finale.
Come la senti,
ti stringe troppo?
Saphira
aprì le sue ali e fece qualche movimento
per saggiarne la resistenza e la tenuta poi inarcò il collo
in segno di
soddisfazione.
È
perfetta piccolo
mio, Brom non avrebbe saputo fare meglio gli disse
dandogli un piccolo buffetto sulla spalla. Eragon le sorrise
e le accarezzò la punta del naso. Grazie Saphira
allora socchiuse gli
occhi e quando li riaprì il suo sguardo guizzò
subito alle spalle del cavaliere
Abbiamo visite
Eragon. Il ragazzo si
girò subito nella direzione
indicata dalla dragonessa e vide un vecchio elfo farsi avanti con aria
deferente
- Cavaliere
Eragon, il re vuole parlati -
L'elfo fece un
inchino e da dietro avanzò
re Arold.
Il vecchio
sovrano guardò Cavaliere e
Drago con aria di approvazione quindi rivolgendosi direttamente a
Eragon disse:
- Aglaia mi ha
informata del vostro
problema con la sella ma che avete provveduto –
- Sì
è così Maestà –
- Molto bene. Le
provviste per il viaggio
sono state preparate. Par vi aspetta domani ai Grandi Cancelli per
partire –
Perché
tante riserve intorno a questo confine e a
Par gli fece Saphira
mentalmente
Non lo so,
potremmo chiederglielo
Va bene, ma stai
attendo a come poni la domanda gli fece lei in
ammonimento.
Arold si era
fermato ad osservare i due
compagni, aveva compreso che stavano parlando tra loro e il suo sguardo
si era
riempito di stupore e di curiosità.
- Io e
Saphira ci stavamo domandando cosa abbia potuto vedere Par nelle terre
selvagge
da farle temere così tanto – chiese infine Eragon.
La risposta del
sovrano venne quasi spontanea. – È una domanda che
si sono posti in tanti ma, aimè,
nessuno fino ad ora è mai riuscito a dare una risposta.
Confidiamo tutti nella vostra
impresa perché possiate gettare luce su questo. Non sono in
grado di dire altro
–
È una
grande responsabilità quella che ci sta dando. Gli fece eco
Saphira. Come a leggere
nei loro pensieri Arold continuò
- La mia
risposta non vi soddisfa affatto e sicuramente starete pensando che vi
stia
dando una responsabilità che nessuno dovrebbe darvi a cuor
leggero – Eragon
fece per protestare ma il re lo fermò subito. –
non essere dispiaciuto, l’ho
letto chiaramente negli occhi di Saphira e ha pienamente ragione.
Come suo re
potrei imporre a Par di raccontarmi quello che vide allora, e lui
sarebbe
obbligato a farlo, ma credetemi quando vi dico non posso. Sarei un
mostro se lo
facessi.
Dovete
sapere che dal giorno del suo ritorno da quella maledetta missione,
undici anni
fa, Par non parlò per quasi cinque anni e quando tornammo a
udire la sua voce quello
che usciva dalle sue labbra erano per lo più frasi
sconnesse.
Tutto
è
cambiato con l’arrivo della stella cometa, il Par che avete
visto questa
mattina non esisteva da tempo per molti di noi. Vederlo uscire dal
guscio di
solitudine in cui si era rintanato e riprendere a parlare è
stata una vera e
propria sorpresa - il re trasse un profondo respiro. –
credetemi quando vi dico
che abbiamo potere su di lui non più di quanto ne avremmo
sulle onde del mare -
È
sincero gli
sussurrò
Saphira di rimando.
- E noi
apprezziamo la tua sincerità Sire
- disse Eragon chinando il capo in segno di gratitudine.
Dopo quella
breve conversazione il re si congedò ed Eragon tolse la
sella dal dorso di Saphira
per poi sedersi contro il suo fianco. Cullato dal calore del suo ventre
Eragon
lasciò che tutta la tensione che lo aveva tenuto in piedi da
quella mattina
scivolasse via.
Dovresti
cercare Arya lo sai? gli
disse improvvisamente Saphira destando Eragon che si era quasi del
tutto
assopito. Il ragazzo si stiracchiò un poco e
guardò pigramente la dragonessa dal
basso Io farò. Le rispose per nulla
intenzionato a muoversi.
Io non la
farei aspettare. Domani non ci sarà molto tempo con la
nostra imminente partenza
insistette lei,
Eragon era del tutto sveglio adesso e si alzò in piedi. D’accordo
Saphira,
sto andando. Le rispose subito. Saphira sbuffò e
dandogli un colpetto con
il muso sulla spalla lo spinse delicatamente lontano da lei. Tu
sai qualcosa
che io non so… disse improvvisamente incuriosito
e divertito da quella insistenza.
Non sarebbe
la prima volta che accadeva. Saphira aveva mantenuto molti segreti con
lui nel
corso della loro battaglia contro Galbatorix. Prima con Brom e poi con
Oromis e
la stessa Arya avevano scelto Saphira e non lui, per condividere certe
informazioni che lo riguardavano e che la dragonessa gli aveva rivelato
solo quando
aveva ritenuto opportuno. Questa volta, però Eragon
intuì che si trattava di
qualcosa di diverso. Percepì una sorta di apprensione e di
felicità nelle
sensazioni della sua compagna di cuore e di mente, emozioni che la
coinvolgeva
come non le era mai capitato prima.
Eragon fece
un altro tentativo per farle dire qualcosa ma la dragonessa fu
inamovibile;
quindi, sconfitto andò alla ricerca di Arya. La
trovò che riposava nel piccolo
salottino antistante la loro camera. Quando Arya lo vide varcare la
soglia
della porta lo raggiunse e lo abbracciò con tale forza da
lasciarlo spiazzato.
Eragon dopo un attimo di smarrimento la strinse a sua volta sentendola
tremare
– Arya… – mormorò iniziando a
preoccuparsi. A quel punto l’elfa si distaccò
appena da lui e lo guardò negli occhi sorridendo, il suo
volto emanava una luce
particolare che Eragon non seppe riconoscere subito.
- Per anni sono
stata ambasciatrice del mio popolo tra i Varden mediando ogni genere di
messaggio
tra elfi e umani – esordì l’elfa
guidando le mani di Eragon sui suoi fianchi.
Il ragazzo la lasciò fare abbassando lo sguardo e riuscendo
solo a pensare a
quanto fossero piccole e delicate le sue mani sopra le sue. Arya allora
gli prese
il mento tra le dita facendogli alzare il volto - ed ora, di fronte a
te, non trovo
le parole per dirti quello che ci sta succedendo. – Eragon
era sempre più
confuso, ma cercò di non mostrarlo – Non temere
per quello che devi dire, fallo
e basta, qualsiasi cosa l’affronteremo insieme – le
disse tutto di un fiato, senza
pensarci. Arya sospirò mentre un velo di tristezza le
passava sul volto.
- Tu e
Saphira state per partire. Se lo facessi ti darei un onere troppo
grande da
portare – Eragon cercò le parole giuste per
proseguire, aveva imparato da tempo
che nelle discussioni con Arya era una questione di logica.
- Tu lo stai
portando in questo momento, se è un onore che riguarda noi
due è giusto che anche
io sappia e che lo condividiamo insieme – Eragon la vide
tornare a sorridere
ancora come se quel peso si fosse appena fatto più leggero.
-
D’accordo Eragon,
volevo essere certa che tu lo volessi davvero – gli disse
prendendogli le mani
e posandole sue sul ventre.
- Quello che
ho scoperto questo pomeriggio è che qui dentro sta iniziando
a crescere una
nuova vita, Eragon, si tratta di nostro figlio –
Eragon
batté
più volte le palpebre prima di trovare di novo la voce -
Vuol dire che, che sarò…
padre? – le sussurrò Eragon senza voler togliere
la sua mano dalla pancia di
Arya che ancora non mostrava alcun cambiamento evidente ma a breve
sarebbe iniziata
a crescere per fare posto al bambino.
- Sì
Eragon,
sarai padre, ma non pensare che te lo abbia detto per chiederti di
rimanere e rimandare
la missione per stare al mio fianco – le disse riportando la
sua attenzione alla
loro imminente separazione.
- Lo avrei
fatto se me lo avessi chiesto, ma so anche che sei forte abbastanza per
affrontare tutto questo anche in mia assenza – disse
rendendosi conto di non
sapere quanto tempo la missione gli avrebbe chiesto e improvvisamente
ebbe
paura. Paura di tornare troppo tardi e perdere i primi passi della
giovane vita
che stava per venire al mondo o peggio ancora di non tornare affatto e
lasciare
così il bambino senza un padre. Come a leggergli nel
pensiero Arya lo prese per
mano e lo guidò verso uno dei divani su cui era stata seduta
fino a poco tempo
fa - Vieni qui – gli disse facendolo sedere e andandosi a
poggiare anche lei con
la testa sul petto del cavaliere. Eragon sentì che
l’amore che da sempre provava
per lei si era come dilatato per andare ad avvolgere quella vita che
avevano
creato insieme ma che ancora non conosceva. Con quella nuova
consapevolezza la
voce di Arya lo colse quasi di sorpresa - Lo sai che mi mancherai come
non mi è
mancato nessun’altro, perché ti ho scelto come mio
compagno di vita e perché sarai
il padre del nostro bambino. Non vorrei mai che ci separassimo ma posso
farcela
a sopportare questa distanza sapendo che ti impegnerai per tornare da
me e vedere
tuo figlio crescere. – gli disse lei facendo ruotare la testa
per poterlo
guardare. Eragon fece un profondo respiro, anche se la paura era ancora
lì, non
poteva permetterle di offuscare il suo giudizio.
- Fino a pochi
minuti fa il mio pensiero era tutto rivolto alla partenza di domani,
ora il
viaggio mi sembra qualcosa di così lontano e la sola cosa a
cui riesco a
pensare è stringerti a me il più forte possibile.
- esordì Eragon con un
sorriso messo - Ma non posso ignorare l’impegno che ho preso
come cavaliere e non
posso farti alcuna promessa o vincolare la mia parola
all’antica lingua perché non
so fino a dove mi porterà questo viaggio. –
continuò mettendo a nudo la propria
anima. – ma qualsiasi cosa accada, farò di tutto
per tornare da te, da voi. –
Eragon le baciò la mano e avvicinando il suo viso le
sussurrò - Vel Einradhin
iet ai Shur’tugal (La mia parola di cavaliere) -
finì di dire in antica
lingua.
***
Rebekha si
era appena addormenta quando Serena si chiuse la porta della loro
stanza alle spalle.
La ragazza era crollata presto dalla stanchezza dopo le forti emozioni
della
giornata, la donna, invece, non riusciva a prendere sonno. Il suo
pensiero
andava continuamente al figlio, Reafly. Secondo le parole di Oliviana,
era lui
il motivo per cui erano trattenute a palazzo ma, da quando erano
arrivate, non
era stata fatta a loro nessuna domanda a riguardo. Rebekha, come era
giusto che
fosse per una giovane della sua età, si era subito adattata
alla nuova situazione
accogliendo con entusiasmo tutte le attenzioni che le erano state
riservate nel
corso della giornata. Serena invece non si fidava ancora e senza
lasciare la
sicurezza di quelle stanze e si andò a sedere su una delle
sedie del salottino
che faceva da anticamera alle loro camere da letto.
Non era
riuscita a tenere al sicuro Reafly ed ora il pensiero di perdere anche
Rebekha
la spaventava paralizzandola. La donna si coprì il volto con
le mani e si piegò
in avanti dondolandosi
- Phill
cosa
dovrei fare? –
chiese in un sussurrò al marito che non cera
più da tempo. In quel momento la porta della stanza si
aprì ed Isobel entrò
nella stanza con grandi falcate. Serena si asciugò in fretta
il viso e si
sistemò il lembo della gonna mentre si alzava in piedi in
presenza della donna.
Se la regina si era accorta del suo disagio non lo diede a vedere.
- Stai pure
comoda mia cara – le disse in tono mellifluo. –
Spero che tu e tua figlia stiate
trovando la sistemazione qui a palazzo di vostro gradimento.
–
- Certamente,
è tutto di nostro gradimento Maestà –
Serena esitò un attimo prima di
continuare - ma non vorrei abusare della vostra generosità.
State cercando
informazioni su mio figlio Reafly ma io o non posso darvele. Non so
dove dive
si trovi in questo momento né con chi è
– Serena arrossì di sdegno quando Isobel
scosse la testa divertita da quella affermazione e si
avvicinò di un passo
verso di lei sorridendo di gusto.
- Ma non ho
alcun
bisogno di sapere dove si trova tuo figlio. So esattamente
dov’è e con chi si
trova, ma, cosa più importante, so cosa è
diventato Serena da Alagaësia – si
affrettò a informarla Isobel che con quest’ultima
allusione lasciò la donna in
totale confusione.
- È
con gli elfi
oscuri ad Ardéa, è diventato un cavaliere dei
draghi – a quelle parole Serena crollò
sulla sedia mentre l’ombra di Galbatorix e dei suoi
rinnegati, con tutta la loro
scia di follia e sofferenze tornava a incombere sulla sua vita.
- La mia
intenzione
è quella di riportarlo qui, naturalmente, ma non posso farlo
da sola. Se il
sangue non mente anche Rebekha può diventare un cavaliere
come il fratello. Ed
è del suo aiuto di cui avrò bisogno. –
nell’udire il nome della figlia, Serena
tornò a guardare la regina con nuovo interesse.
- Voglio
introdurla
allo studio dell’antica lingua per prepararla al compito che
le attende – Nel
vedere la sua interlocutrice irrigidirsi Isobel sorriso.
- Venendo da
Alagaësia sai cosa voglio dire -
Serena
annuì.
Anni fa Phill le aveva confidato i suoi sospetti sul coinvolgimento
della magia
nel conflitto con gli elfi. Serena aveva creduto che stesse esagerando
ma la sua
morte improvvisa gli aveva aperto gli occhi su ciò che stava
realmente accadendo
nel regno. Isobel non era poi tanto diversa da Galbatorix. Da allora la
sua
unica preoccupazione era stata quella di proteggere i suoi figli. Si
era adeguata
al resto della popolazione seguendo in maniera passiva tutto quello che
veniva loro
raccontate dalla propaganda della regina. Aveva continuato a farlo
anche dopo l’arrivo
dei draghi e dei loro cavalieri. Dentro di sé Serena non si
era stupita che
Reafly ne fosse rimasto subito affascinato ma la donna aveva continuato
a
mantenere comunque quella farsa solo per tenerlo lontano dai guai
confidando in
Xavier.
-
Perciò
quale è la tua risposta? – chiese infine Isobel.
Serena non
aveva molte scelte di fronte a quella richiesta. Rifiutarsi le avrebbe
precluso
di stare vicino alla figlia.
-. Puoi
addestrarla come tuo cavaliere
***
La mattina della
partenza di Eragon
Saphira, Reafly si svegliò molto presto. Era
all’alba e il giovane si andò a sciacquare
in gran fretta andò a sciacquarsi di buono ora il viso con
l’acqua fresca e indossò
dei pantaloni e una casacca comodi; quindi, prese tra le braccia il
cucciolo dorato
ancora addormentato ai piedi del suo letto facendo attenzione a non
ferirsi con
le squame appuntite del suo dorso. Il piccolo drago protestò
appena mentre lo
tirava su per poi addormentarsi l’attimo dopo contro il suo
petto una volta usciti
dalla stanza.
Quella mattina
avrebbero celebrato Arya e
il bambino in arrivo con un piccolo cerimonia, ma Reafly doveva prima
fare una
cosa di estrema importanza. Ma Reafly aveva una cosa importante da fare
prima La
sera precedente Saphira si era rivolta direttamente a lui parlandogli
nella
mente e chiedendogli di poterle concedere un po’ di tempo con
il suo cucciolo.
Reafly era stato
più che contento di
assecondare la sua richiesta, lo avevano fatto sentire di nuovo
importante dopo
aver appreso da Xavier delle decisioni prese alla riunione del giorno
precedente a cui non gli era stato chiesto di partecipare.
Reafly raggiunse
i giardini esterni dove
lo stavano attendendo Saphira e Castigo. Grazie Reafly per
essere venuto. Rimbombò
la voce delicata di Saphira. Non devi. Eragon e Murtagh sanno
che sono qui? Chiese
titubante rendendosi conto solo ora di non averne fatto parola con
nessuno. Reafly
sentì la dragonessa gorgogliare in una risata. Certo
cucciolo. Lo abbiamo
deciso insieme di rompere le vecchie regole dell’ordine.
A voi draghi non
era permesso incontrare i vostri genitori? Chiese il
ragazzo stupito abbassando lo sguardo sul cucciolo.
La risposta della dragonessa lo raggiunse subito dopo.
Noi draghi
percepiamo molte cosa da dentro i nostri gusci. È difficile
da spiegare ma in
qualche modo noi conosciamo i nostri genitori nei nostri cuori.
Fu
l’ordine dei
cavalieri a stabilire che si potesse creare un legame solo con il
proprio
cavaliere.
Sono felice che
non dobbiamo seguire più queste regole commentò
Reafly con semplicità
Ancora
addormentato tra le braccia di
Reafly, Saphira sfiorò piano le tenere squame dorate del
cucciolo. Il piccolo
si destò piano e fu grande la sua sorpresa quando vide i
grandi occhi zaffiro
della dragonessa. Una domanda inespressa emerse dalla mente di Reafly.
Il
ragazzo non ci mise molto a capire che proveniente dal piccolo drago. Sì,
piccolo, questa è la tua mamma
gli
disse emozionato.
Il cucciolo come
ad aver capito si avvicinò
timidamente alla dragonessa e Reafly ne approfittò per
allontanarsi, facendo più
piano possibile. Sfortunatamente nel metter un piede a terra
pestò accidentalmente
un rametto facendo girare il cucciolo di drago che si guardò
freneticamente
intorno prima volgendo i suoi occhi verso Reafly, poi verso Saphira e
Castigo
ed emettendo una serie di pigolii confusi. Reafly allora gli
mandò una serie di
immagini rassicuranti e imprimendo più forte che
poté il suo ritorno.
Mentre il
piccolo drago si acquietava Reafly
si accorse degli sguardi di Eragon e Murtagh poco distanti da loro che
lo
attendevano. Si allontanò per raggiungerli quando avvenne
una cosa inaspettata,
nella sua mente si stamparono due nomi Reafly… Gleadr era stato il piccolo
a inviarglieli continuando a ripeterli
fino a quando il loro contatto non si affievolì per poi
sparire del tutto.
Con il nome del
suo drago nella testa Reafly
seguì i due cavalieri per raggiungere Arya, Jill, Xavier con
Aglaia e il compagno
Faramir.
Fu una
celebrazione parca. Aglaia, Faramir
e Xavier erano consapevoli di star partecipando a un evento
estremamente
riservato. Tutti si felicitarono con Arya ed Eragon lasciando fuori dai
loro
discorsi ogni riferimento a ciò che sarebbe accaduto
nell’imminente futuro. In
quel momento si celebrava solamente la vita come era stata la
volontà di Arya.
Terminata la
celebrazione i tre cavaliere
si separarono dagli altri che non gli avrebbero seguiti ai Grandi
Cancelli e
ognuno di loro salutò Eragon.
Per ultima Arya
lo strinse forte a sé.
Eragon cercò di imprimere il più possibile il suo
ricordo in quell’abbraccio
quindi la lasciò andare.
Nel tragitto i
due fratelli caddero in un
insolito silenzio. Eragon guardava a terra come assorto nei suoi
pensieri
mentre Murtagh aveva lo sguardo puntato in avanti, anche lui in qualche
maniera
assente.
Improvvisamente
parlarono all’unisono.
–
Volevo dirti… – dissero entrami.
Sotto lo sguardo
interrogativo di Reafly i
due fratelli si guardarono negli occhi e risero, quindi Eragon
parlò di nuovo -
Ti prego, inizia tu – Murtagh annuì.
- So che nessuno
di noi due ha voglia di
aprire questo argomento ma dobbiamo stabilire a chi poter diffondere la
notizia,
soprattutto adesso che stai per partire. Se questa informazione cadesse
nelle
mani sbagliate renderebbe la tua posizione oltremodo pericolosa
–
- Lo so Murtagh,
possiamo fidarci sono di
noi per il momento – rispose Eragon riferendosi alle altre
persone presenti
alla cerimonia oltre a loro tre - Non dovremmo dirlo nemmeno al re per
il
momento –
- Da me non
sapranno nulla, avete la mia
parola di Cavaliere – intervenne Reafly che fino ad ora aveva
seguito la loro
conversazione in silenzio. Eragon lo guardò con gratitudine.
- Grazie Reafly
- gli disse per poi
scompigliandogli i capelli con la mano.
Poi venne
raggiunto dalla mente di
Saphira stava sorvolando i Gradi Cancelli con Castigo e Gleadr. Eragon
sorrise
dentro di sé nello scoprire il nome scelto dal drago senza
rivelarlo ad alta
voce.
- È
il momento di andare –
Una piccola
folla si era già riunita ai Grandi
Cancelli a osservare la delegazione alla cui testa vi era re Arold
insieme a
una parte del consiglio. L’atterraggio dei draghi venne
accolto con alcune esclamazioni
di stupore. Saphira si accucciò a terra e abbassò
il busto per mostrare Gleadr accoccolato
sull’incavo della sella. Il cucciolo si era addormentato da
poco sul dorso della
madre. Reafly si avvicinò e lo prese in braccio osservando
il piccolo ventre
che si gonfiava al ritmo regolare del suo respiro.
Saphira
li guardò entrambi con tenerezza ed Eragon
avvertì delle sensazioni contrastanti provenire dalla
dragonessa. Doveva essere
difficile per lei staccarsi ora dal suo cucciolo. I suoi pensieri erano
forti e
investirono Eragon che d’istinto si avvicinò a
Saphira, e le accarezzò il muso,
in silenzio.
Non
ti devi preoccupare per me piccolo mio le disse la
dragonessa inarcando lievemente il
collo in segno di gratitudine poi, strofinando la punta del suo naso
sul palmo
del ragazzo, concluse; Ma tu stammi vicino.
Eragon
allora posò la fronte sulle squame del suo
muso e rimase così per alcuni minuti.
Poco
dopo comparve anche Par. Arrivò quasi in
sordina uscendo dal nulla e causando un attimo di silenzio.
- Sono pronto
Eragon. Ho tracciato il percorso su queste mappe. La prima tappa a Blow
e poi alla
volta del varco, come nei nostri accordi – disse mentre
alzava una sacca con
una pergamena arrotolata al suo interno. Il suo volto era stanco
notò Eragon.
L’elfo doveva aver passato tutta la notte su quelle carte per
mantenere fede
alla sua parola.
- Come nei
nostri accordi – ripeté Eragon
per poi invitarlo con la mano a raggiungere Saphira. Aveva percepito in
un
breve sondaggio della sua mente che l’elfo era in apprensione
per il volo. Il
suo stupore fu grande quando vide la sella su cui avrebbe viaggiato.
- Grazie Eragon,
hai fatto una cosa molto
bella per me –disse sincero, Eragon contento delle parole
lo aiutò a
salire per poi issarsi a sua volta sul dorso della dragonessa e
posizionarsi di
fronte a lui.
In quello stesso
momento Saphira aprì le
sue ali.
Vogliamo andare
dolcezza? la
invitò con affetto Eragon.
Saphira emise un
lento ruggito di assenso,
poi spiccò un potente balzo e, richiudendo le sue ali, prese
rapidamente quota.
Il terreno sotto
di loro si fece sempre
più piccolo. Dietro di lui Eragon poté sentire
Par stringere i denti. L’elfo
aveva stretto le sue mani alle maniglie tanto forte da sbiancare le
nocche mentre
l’aria scompigliava con violenza i capelli dei due
passeggeri. Una volta
raggiunta quota Saphira aumentò la sua andatura
stabilizzando la rotta.
Eragon
continuò più volte a voltarsi in
direzione della costa, fino a quando non divenne una sottile linea
sull’orizzonte, per poi sparire alla loro vista.