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Autore: Scribbling_aloud    17/10/2022    1 recensioni
Siete anche voi dell'idea che un ragazzo come il nostro Harry Potter dopo: infanzia con gravi carenze di affetto e tutori abusivi, traumi pesanti in adolescenza con minacce di morte, perdite di affetti rilevanti nel corso della vita, non avrebbe mai potuto avere una vita troppo facile con una famiglia alla mulino bianco e soprattutto una mente equilibrata e serena?! Secondo me PTSD come se non ci fosse un domani. Questa è una trilogia molto poco magica che, in un crescendo, esplorerà la sua mente e la sua vita famigliare con i suoi mille problemi e difficoltà data da tormenti mai risolti, una popolarità cresciuta a dismisura che non lo fa vivere bene, fragili equilibri nelle sue relazioni che si frantumano. Partiamo diciannove anni dopo, esattamente dove ci ha lasciati la Rowling. Il Natale di quell'anno.
ATTENZIONE: comincia molto leggero, quasi frivolo, ma ci tengo a precisare che non è un testo per bambini. Da più o meno metà del primo libro e poi nel terzo, ci sono parecchi punti intensi, violenza e tratta temi delicati. Specie il terzo libro, dove ho raffinato un po' la mia scrittura quindi le immagini sono più vive.
E' una traduzione dall'inglese.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Teddy/Victorie
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo 8 – La paura più grande
 
Harry urlò, urlò e urlò in agonia. Il sogno reale nella sua mente.
‘Harry, svegliati! SVEGLIATI!’ Ginny lo strattonò con forza per riportarlo alla realtà.
Lui si svegliò di colpo e, nonostante fosse ormai cosciente, l’eco delle sue urla rimbombava ancora con forza, riverberando nelle sue orecchie e sovraccaricando la sua mente.
Ginny era di fianco a lui, i suoi occhi spalancati in allarme. Ma era viva, stava bene, era stato solo un incubo.
Il sollievo fu così travolgente e intenso che portò dei singhiozzi convulsi. La abbracciò stretto ‘Sei viva!’ farfugliò riuscendo a pronunciare quella frase tra i singhiozzi.
‘Sì Harry, va tutto bene, era solo un incubo.’
I ragazzi erano alla porta che li fissavano spaventati, accorsi dalle loro stanze svegliati dagli urli.
‘Va tutto bene, vostro padre ha solo avuto un incubo, tornate a dormire’ lei gli si rivolse.
Loro lo guardarono singhiozzare tra le braccia di Ginny. Non l’avevano mai visto in uno di quegli eccessi dopo i suoi incubi; aveva cessato di averli quando loro erano ancora molto giovani. Esitarono sulla soglia per un momento indecisi ma essendo stati dismessi tornarono lentamente verso le loro stanze.
Harry tenne Ginny contro di lui singhiozzando, il suo cuore pompandogli furiosamente nel petto.
‘Harry, rilassati, sto bene.’ Gli disse accarezzandolo ‘Vuoi raccontarmi il sogno?’
Harry scosse la testa, non voleva raccontarlo, era troppo macabro. Non voleva farla inorridire.
‘Ok, allora calmati… Sono qui e va tutto bene…’
Lui cominciò a prendere dei respiri profondi per calmare il singhiozzo. L’inquietudine lo stava ancora attanagliando, il suo cuore ancora battendo all’impazzata e il silenzio della stanza era così assoluto che gli poteva sembrare di sentirlo pompare. Il disagio non scemava. L’incubo aveva svegliato in lui inquietanti tormenti che non riusciva a lasciar andare.
‘Ginny?’ sussurrò dopo un po’ non sapendo se lei si fosse riaddormentata.
‘Mmmh?’
E un profondo dolore si espanse in lui, l’oscurità e la tranquillità della stanza permise di far affiorare in superficie e dare voce alla sua più grande paura ‘Cosa farei se tu morissi?’
Lei non rispose subito, lo accarezzò, le sue dita passando tra i suoi capelli.
‘Non sto morendo. Sono qui con te.’
‘Tutti sono sempre qui con me finché non muoiono’
Era stato lo stesso per Lily, per Sirius, per Dumbledore, per i suoi genitori. Erano stati lì con lui, vivi e in salute un momento e non più quello dopo. Non c’era modo di sapere quando la morte andava a colpire.
‘Allora se dovessi morire, dovresti solo trovare un’altra donna che ti ami come ti amo io.’
‘Non potrò mai trovare un’altra donna che mi può amare come mi ami tu. Tu sei l’unica per me.’
Stettero lì, immobili, intrecciati in uno stretto abbraccio, il loro bambino nel mezzo, dividendoli e unendoli.
‘Se dovessi morire, morirei con te, sono sicuro che accadrebbe; mi ucciderei il momento dopo. Non potrei sopportarlo. Non potrei sopportare una vita senza di te.’ La sua voce era spezzata, debole, ansietà che colava da ogni sillaba.
‘Harry, mi spaventi. Non dire una cosa del genere.’ Lei rispose allarmata dal suo tono prendendogli il viso tra le mani. Poteva solo vedere il profilo della sua testa contro la pallida luce che veniva da un lampione fuori.
‘Mi devi promettere che non lo faresti. Devi prenderti cura dei nostri figli; avrebbero bisogno di te.’
Lui non rispose sommerso dall’orrore di vivere una vita senza di lei al suo fianco. Sapeva che non ce l’avrebbe mai fatta. Sapeva che la sua mente non avrebbe potuto sostenere un colpo di quella magnitudo. Era già troppo distrutta, troppo tormentata per sopportare una possibilità del genere. L’ombra cupa del suo incubo gli strisciava nella mente in tutta la sua perversità, seminando vivide immagini, e l’angoscia sentita quando capì che lei era morta stava ancora aleggiando, distruggendolo con un acuto dolore.
‘Harry, mi devi promettere che non farai mai niente del genere non importa la situazione’ lei insistette, la sua voce ansiosa da cui trapelava tutto il disagio sentito.
‘Posso solo prometterti che farò del mio meglio per non farlo.’
Ho già fatto del mio meglio per non farlo almeno un’altra volta.
La baciò, oppressione che gli stringeva il cuore. Questo amore che sentiva era una dannazione. Una paura vivente di perderla come aveva perso Lily. Perché doveva amarla così tanto? Non sarebbe stato meglio non amare? Come può una persona vivere sapendo che tutto quello a cui tiene di più può essere spazzato via in un momento?
Ma non poteva fare a meno di amarla con tutta l’anima. Lei era l’unica cosa che lo teneva sano, l’unica forza collante che impediva alla sua mente di sgretolarsi.
Quando si addormentò, lui lasciò silenziosamente la stanza. Era troppo carico di pensieri per potersi riaddormentare.
Scese in cucina e aprì la finestra su una tiepida nottata estiva, la strada era deserta. A Harry dispiacque che non ci fossero stelle visibili; era impossibile avvistarne più di una o due a Londra.
Prese un bicchiere d’acqua e si sedette sul bordo della finestra, guardando il cielo intanto che sorseggiava. Stava pensando a Lily; c’era raramente un minuto in cui la sua mente non andasse a lei. Le mancava terribilmente. Aveva riversato su di lei tutto il suo amore e affetto ed era stato ricambiato con lo stesso, se non di più. Non era mai stato così con i ragazzi. Si erano sempre rivolti a Ginny per la tenerezza, lei era il loro punto di riferimento.
Ma Lily era sempre stata la sua bambina. La sua bambina da amare.
Mentre era perso in queste riflessioni, Albus apparì in cucina, il suo viso illuminato dalla luce proveniente da fuori.
‘Hey’ Harry disse sorridendo ‘Non riesci a dormire?’
Albus scosse la testa.
‘Neanche io’
‘Posso prendere qualcosa da bere?’
‘Certo, prendilo e vieni qui’ disse indicando il davanzale davanti a lui ‘Ci possiamo tenere compagnia’
Albus, dopo aver preso un bicchiere di succo, gli si sedette di fronte.
‘Dev’essere stato proprio brutto l’incubo che hai avuto. Urlavi molto forte e…’ esitò e non finì la frase.
Harry lo guardò comprendendo in un momento la ragione dell’insonnia di suo figlio.
‘Sì, era abbastanza brutto. Qualche volta mi succede di fare questo genere di sogni. Succedeva di frequente prima che tu nascessi. Non ti devi spaventare.’
‘E’ sempre lo stesso? Che cos’hai sognato?’
Nessuna risposta gli arrivò. Non voleva rammentarsi del sogno e ed era comunque troppo orribile per essere raccontato ad un bambino. Era meglio restare in silenzio.
‘Perché non rispondi mai alle mie domande?’
E fu chiesto con così tanta innocenza e disappunto che Harry si sentì obbligato a spiegarne le ragioni.
‘Albus, lo so che vorresti avere delle risposte ma ci sono delle cose di me che è meglio non dire. Non sono belle da ascoltare e non mi piace parlarne.’
‘A scuola tutti dicono che hai fatto delle cose incredibili. Perché se sono incredibili non ne vuoi parlare?’
‘Perché non sono incredibili. Quando sarai un po’ più grande forse te lo spiegherò ma ora come ora è meglio di no.’
Albus non replicò. Un immobile silenzio, indisturbato da suoni provenienti dal di fuori, si impose su di loro fino a che una tenue increspatura lo interruppe ‘Mi manca Lily’ Albus sussurrò stringendo forte il bicchiere, il suo sguardo fisso.
‘Manca anche a me’
Ogni minuto di ogni giorno.
Uno sbuffo di vento si infiltrò dalla finestra spalancata disturbando la tristezza che aleggiava nella stanza. Era rinfrescante e piacevole portando con sé una voglia di essere all’aperto in quella bella nottata.
‘Ti piacerebbe uscire?’ Harry propose ad Albus.
‘Ora?’ lui replicò perplesso ‘Siamo nel bel mezzo della notte’
‘Tanto meglio. Non c’è nessuno un giro. Perché? Hai paura?’ chiese stuzzicandolo.
‘Non ho paura’ Albus rispose indignato.
‘Possiamo farci una volata! Che ne dici?’
Albus acconsentì eccitato al prospetto di un’avventura notturna.
‘Vai e vestiti. Mettiti una giacca, lassù farà freddo e fai piano. Non vogliamo svegliare la mamma.’
Sfrecciò svelto al piano di sopra. Harry lo seguì per prepararsi anche lui. Era contento di questa idea che aveva avuto. Il suo spirito aveva bisogno del conforto dell’aria aperta ed era altrettanto contento di condividere questo momento con Albus. Gli aveva insegnato come volare quando era ancora molto giovane ma essendo a Londra non c’erano molte opportunità di farlo. Questo tempo insieme era necessario. Fino all’anno precedente era stato a casa con loro e la mancanza della sua compagnia si era fatta sentire.
Per colpa di quello che era successo a Natale erano parecchi mesi dall’ultima volta che avevano avuto del tempo per loro due, padre e figlio.
Albus era più tranquillo di James e molto meno polemico. Era più facile per Harry rapportarsi con lui. E lo sentiva molto di più ora che James gli era così avverso.
Quando furono pronti presero le loro scope dallo sgabuzzino. Quella di Albus era ancora un modello per ragazzini.
‘Sai cosa?’ Harry disse colpito da un’idea ‘Puoi prendere una delle mie, sono più veloci. Penso che ormai sei grande abbastanza per usarne una da adulti.’
Gli occhi di Albus luccicarono; Harry aveva molte scope, più di quelle necessarie considerando quanto poco poteva concedersi il piacere di usarle e solitamente ne era molto geloso, ma voleva far felice suo figlio.
‘Quale?’ Albus chiese con un ampio sorriso famelico.
‘Prendi questa’ scegliendone una di mogano lucido ‘Non è troppo difficile da gestire ed è abbastanza veloce’
Albus la prese reverenzialmente accarezzandone il manico ‘E’ una Nimbus’ balbettò eccitato.
‘Sì’ Harry rispose ridacchiando ‘Andiamo’
Passarono dalla finestra di Albus, che dava sul retro della casa, e furono presto in aria.
Come al solito la sensazione di libertà nel lasciare il terreno esaltò Harry, risollevando il suo spirito in un lampo.
Albus era dietro di lui che lo tallonava senza problemi. Harry voleva che testasse la scopa per vedere se era in grado di tenere il passo, fece due loop nell’aria, imitato da suo figlio.
‘Stai andando benissimo’ urlò accostandoglisi ‘Ora accelero, cerca di starmi dietro, ok?’
Albus annuì chiaramente entusiasta dalle prestazioni della nuova scopa.
Harry accelerò più che poté, la città espandendosi a vista d’occhio, il vento tiepido che sferzava il viso e toglieva il respiro. Albus era al suo fianco, piegandosi in avanti sul manico per accumulare velocità, la sua espressione concentratissima.
Raggiungendo la massima accelerazione, Harry si tuffò, seguito da Albus. Quando quasi toccarono il suolo, in un parco giochi deserto sotto di loro, lui virò di scatto verso l’alto. Era una sfida per mettere alla prova Albus. Virò molto prima di quello che avrebbe normalmente fatto se da solo. Non voleva rischiare troppo ma voleva testare la sua abilità.
Se la cavò senza problemi e Harry ne fu colpito e orgoglioso, Albus aveva un talento naturale.
Rallentarono raggiungendo il Tamigi; era piacevole galleggiare a pochi centimetri dall’acqua, le luci della città che ci si riflettevano sopra. Si abbassò sul manico permettendo al flebile movimento del fiume di cullarlo.
‘Sei stato il più giovane trovatore del secolo, eh papà? Hai cominciato a giocare quando eri al tuo primo anno, no?’ Albus chiese volando al suo fianco.
E finalmente c’era un argomento di cui poteva parlare senza disagio.
‘Sì. Era la prima volta che volavo e mi venne naturale. L’ho adorato subito.’
‘Perché hai smesso di giocare?’
Aveva smesso perché la famiglia e il lavoro non glielo permettevano. Era stato richiesto da alcune squadre quando aveva lasciato Hogwarts ma aveva rifiutato. Si erano fatte praticamente una guerra per contenderselo, un sacco di soldi erano stati offerti insieme con la possibilità di giocare subito senza cominciare dalla panchina come di consuetudine. Certamente era perché aveva del talento e poteva migliorare con un allenamento professionale costante ma il probabile motivo era dovuto al prestigio di averlo nella squadra. A quell’epoca non aveva ancora compreso questo motivo nascosto ed era stato lusingato dall’interesse dimostrato, ma allo stesso tempo non era interessato a giocare professionalmente. Non era attratto dalla promessa di soldi facili e aveva visto cosa comportava dal punto di vista popolarità con Krum, e non desiderava lo stesso. Voleva solo una vita tranquilla, nell’ombra. Ma non aveva funzionato. Spiegò tutto questo ad Albus.
‘Non ti piace tutta questa popolarità, vero?’ Albus chiese interessato.
‘La odio, è ingiustificabile e non voluta’
‘Perché non chiedi alle persone di smetterla?’
‘Non è facile, Albus. Ed è anche pericoloso. Devo stare attento. Vedi cos’è successo con lo zio Ron.’
‘Avete fatto pace?’
‘No’ Harry rispose incupendosi.
‘E’ per via di Lily?’
Harry optò per una parziale onestà; voleva che Albus capisse la situazione ma non voleva, né poteva, rivelare troppo.
‘E’ complicato. Non è cominciato per lei ma ora lo è, e per tante altre ragioni’
‘Non farete mai pace, quindi’
‘No Albus, non penso’ rispose sinceramente. Dopo qualche minuto di silenzio aggiunse ‘Dovremmo tornare indietro ora’
Quando furono in vista della finestra, il cielo stava incominciando ad essere più chiaro. C’erano alcuni tocchi di rosa che facevano intuire l’inizio di una giornata limpida che corrispondeva perfettamente al sentimento di serenità che stava provando Harry. Era stato terapeutico condividere quel momento con Albus; aveva curato le ferite che i suoi cupi pensieri avevano inflitto alla sua mente.
Quando smontarono dalle scope, Harry chiese in un sussurro per non svegliare nessuno ‘Allora, ti piace la scopa?’
‘E’ spettacolare! Mi è piaciuta un sacco!’
‘Bene’ rispose sorridendo ‘Perché ora è tua. Puoi averla. Visto che l’anno prossimo potrai giocare nella squadra, con questa puoi partecipare alle selezioni se vuoi.’
‘Sei serio?????’ Albus chiese in un profondo stupore, a malapena contenendo la sua gioia ‘pensi che dovrei?’
‘Serissimo, hai un talento naturale. Dovresti assolutamente provare.’
‘Grazie Papà! E’ fighissima!’ rispose fissando rapito la sua nuova possessione ‘Me ne prenderò cura! Te lo prometto!’
‘So che lo farai’
Ma, mentre stavano sistemavano le scope nello sgabuzzino, la porta di James si aprì di scatto. Lì sull’uscio, in pijama, li fissò.
‘Siete stati fuori a volare’ dedusse vedendo i loro vestiti, la sua espressione ferita ‘Perché non mi avete svegliato?’
Harry si sentì il cuore sprofondare a quell’espressione delusa ‘Stavi dormendo, non ti volevamo disturbare’
Lo sguardo di James si trasformò da ferito in aggressivo ‘Non me ne importa proprio niente. Non sarei venuto comunque’ replicò amaramente chiudendogli la porta in faccia.
Harry sapeva bene che in quel momento avrebbe dovuto confrontarlo ma non ne ebbe la forza. Era stanco, aveva bisogno di dormire almeno un’ora o due prima di andare al lavoro e non se la sentiva di litigare con il rischio di svegliare Ginny. Augurò la buonanotte ad Albus con tutte le cattive emozioni, che era riuscito a dissipare, di nuovo sulle spalle.
Si sdraiò vicino a Ginny la sua mente su James, chiuso nella sua stanza, con il probabile sentimento di rifiuto che stava sperimentando, e quel pensiero non lo aiutò molto ad addormentarsi.
 
   
 
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