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Autore: starlight1205    22/10/2022    5 recensioni
Edimburgo, 1996
Diana Harvey è una normale ragazza che vive con la zia e lavora nel negozio di antiquariato di famiglia. Una serie di circostanze e di sfortunati eventi la porteranno a confrontarsi con il mondo magico, con il proprio passato e con un misterioso oggetto.
Fred Weasley ha lasciato Hogwarts e, oltre a dedicarsi al proprio negozio Tiri Vispi Weasley insieme al gemello George, si impegna ad aiutare l'Ordine della Fenice nelle proprie missioni.
Sarà proprio una missione nella capitale scozzese a far si che la sua strada incroci quella di una ragazza babbana decisamente divertente da infastidire.
[La storia è parallela agli eventi del sesto e settimo libro della saga di HP]
- Dal Capitolo 4 -
"Diana aveva gli occhi verdi spalancati e teneva tra le dita la tazza di tè ancora piena.Non riusciva a credere a una parola di quello che aveva detto quel pazzo con un'aria da ubriacone, ma zia Karen la guardava seria e incoraggiante. Il ragazzo dai capelli rossi nascondeva il suo ghigno dietro la tazza di ceramica, ma sembrava spassarsela un mondo. Diana gli avrebbe volentieri rovesciato l'intera teiera sulla testa per fargli sparire dal viso quell'aria da sbruffone."
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Fred Weasley, George Weasley, Mundungus Fletcher, Nuovo personaggio | Coppie: Bill/Fleur
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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                                                “I think I need help
                                                ‘Cause I’m drowning in myself
                                                It’s sinking in
                                                I can’t pretend that I ain’t been through hell”

                                                (“Help” - Papa Roach)


Diana Harvey non era mai stata una persona che esternava i propri sentimenti. 
Trovava difficile dare sfogo alle proprie emozioni anche negli insignificanti momenti di vita quotidiana. Ad esempio, non aveva mai pianto davanti a un film: nemmeno davanti a “Ghost” con al fianco Aileen che singhiozzava senza sosta; non era capace di dire “ti voglio bene” o abbracciare la gente, come facevano la maggior parte delle ragazze. Forse il suo comportamento era frutto di tutto il dolore che aveva già dovuto provare dalla morte della madre. Oppure era stata la totale sfiducia nelle persone che le era derivata dall’abbandono del padre ad averla fatta chiudere come un riccio per difendersi. 

Forse era per quel motivo che, quando aveva visto il corpo di sua zia disteso in maniera scomposta sul pavimento della Tana, non riusciva a credere ai propri occhi. Le era sembrato un brutto sogno. Uno scherzo di pessimo gusto. Qualcosa di sbagliato.
Aveva urlato quasi sperando che così zia Karen si sarebbe potuta risvegliare.
Oppure sperava che il grido avrebbe risvegliato lei stessa dall’incubo in cui sembrava essere scivolata. 
Ma la scena era rimasta vivida e dolorosamente reale: zia Karen immobile e con gli occhi spalancati.
Solo quando Fred aveva tentato di sollevarla e portarla di peso fuori dall’abitazione in fiamme aveva capito che non c’era più niente da fare.

Era rimasta in uno stato di semi incoscienza per qualche giorno. 
Il giorno del funerale era solo un susseguirsi di scene sfocate e sconnesse.
Il dolore era troppo grande per comprenderlo, per viverlo. 

Zia Karen era tutto quello che rimaneva della sua famiglia e ora non c’era più. Era sola al mondo. Non c’era più nessuno dalla sua parte.
Questa presa di coscienza l’aveva colpita violentemente, come una frustata, il terzo giorno dopo il funerale di zia Karen, mentre avvolta in una coperta, fissava la neve vorticare nel giardino della Tana, mentre Fred Weasley bussava insistentemente alla porta chiusa della sua camera senza ricevere una risposta.

Non era riuscita a versare una lacrima. Neanche quando era da sola nella sua camera. Era fuggita da ogni abbraccio, da ogni parola di conforto che le era stata offerta, perchè se si fosse lasciata andare sapeva che sarebbe crollata in mille pezzi. Se si fosse fatta sopraffare dal dolore, avrebbe dovuto ammettere la realtà delle cose.
Così si era costruita una barriera. Una protezione per la sua mente da tutto il male e il dolore che la circondava.
Percepiva i tentativi di Fred di avvicinarsi a lei, di distruggere il bozzolo che si era creata e sapeva, dentro di sè, che probabilmente lui ci sarebbe riuscito a polverizzare le sue difese, perchè lo aveva già fatto prima. O almeno ne era già a buon punto prima che avvenisse l’attacco all Tana.

E così aveva accettato di andare a Villa Conchiglia. Lì, la sua crisalide di bugie sarebbe stata al sicuro. Bill e Fleur non si sarebbe permessi di scuoterla dal suo torpore. Non come avrebbe fatto Fred.

Pochi giorni dopo l’arrivo a Villa Conchiglia, Remus Lupin, pallido e con la solita espressione stanca, si era materializzato nel vialetto mentre Diana, accoccolata su una vecchia sedia a dondolo in vimini recuperata tra i cimeli nella cantina, osservava le onde infrangersi sulla scogliera senza che i suoi pensieri avessero una direzione precisa.
- Ho un po’ di notizie... - aveva iniziato a dire Lupin afferrando una sedia e trascinandola per accomodarsi di fronte a Diana, mentre Bill, in piedi accanto alla porta, ascoltava interessato. Fleur non era ancora rientrata dal suo breve viaggio di lavoro.
La vecchia valigetta di pelle rovinata e stinta si era aperta e Lupin ci aveva infilato la mano fino a che il braccio non vi era sparito dentro fino al gomito, estraendo un paio di volumi dalle pagine ingiallite.
Bill si era avvicinato incuriosito e anche Diana aveva allungato impercettibilmente il collo per sbirciare i libri, risvegliandosi il minimo indispensabile dalla sua apatia.
- Non sono riuscito a parlare con Silente - Lupin, sospirando, si era messo a sfogliare le pagine di un libro dalla copertina grigia - sapete in questo periodo è un po’...occupato...con tutto quello che sta accadendo!
- Che hai scoperto? - lo aveva incalzato Bill raccogliendosi i capelli rossi in una coda.
Lupin, in tutta risposta, aveva smesso di girare le pagine del volume e, ruotando il libro verso di loro, aveva indicato un’immagine animata, come di consuetudine nel mondo dei maghi.
Un uomo sospeso a mezz’aria che teneva in mano oggetto dal quale fuoriusciva un raggio di luce azzurra e lo indirizzava verso una strana creatura che veniva scagliata all’indietro.
Un’immagine tremendamente famigliare, anche se l’uomo sembrava brandire quello che indubbiamente era un Blackhole decisamente con maggiore cognizione di causa di Diana. Come se stesse usando un’arma.
- Si può usare per...attaccare? - aveva chiesto Bill perplesso mentre si chinava per osservare meglio la figura.
- A quanto pare si...ma ci vuole molto allenamento e si deve instaurare una specie di connessione con l’oggetto...una volta che il Blackhole e il possessore sono in sintonia è possibile che si riesca a utilizzare come lui - aveva picchiettato l’indice sulla figurina dell’uomo sul libro e osservava Diana con aria indagatrice.
- E’ già successo - Diana aveva parlato dopo così tanto tempo chiusa nel silenzio che quasi aveva faticato a riconoscere la sua stessa voce - anche se io non l’ho fatto apposta. Anzi penso che il Blackhole abbia fatto tutto da solo...
- E’ vero - aveva annuito Lupin pensieroso - questo mi fa pensare che il collegamento si sia creato quasi inconsapevolmente. Forse perchè lo possiedi da anni o perchè era della tua famiglia. Questo non lo so...l’unica cosa che sappiamo e che sapevamo già è... - e in quel momento si era interrotto con uno sguardo preoccupato che si era spostato da Diana a Bill - ...che è rischioso. La magia con cui è creato è oscura e instabile, per quanto si possa imparare a dominarla, non sappiamo se ci sono...ehm, effetti collaterali.
- Questi libri non dicono nulla su come distruggerlo? - aveva domandato Bill afferrando l’altro libro e iniziando a sfogliarlo.
Lupin non aveva fatto in tempo a rispondere, perchè Diana, incredibilmente cosciente e presente, aveva esclamato scandalizzata: - Non voglio distruggerlo! Voglio imparare a usarlo, come lui - aveva indicato il libro che Lupin teneva ancora aperto, alludendo al misterioso e antico possessore di un altro Blackhole.
- Ma... - aveva iniziato a protestare Bill - se ti dovesse succedere qualcosa...
- Non ho più granchè da perdere - aveva risposto Diana amaramente.
- Forse dovresti parlarne con Robert e Benjamin... - aveva ipotizzato Lupin in tono accomodante e con un sorriso tiepido.
- Non voglio parlare nè con Robert nè con Benjamin nè con nessun altro. Voglio difendermi. Io non posso agitare una bacchetta come fate voi...senza il Blackhole non sono niente.
Nessuno era riuscito a trovare niente da obiettare in risposta, perchè raramente Diana era stata così risoluta in quei giorni in cui aleggiava grigia e tetra come lo spettro di sè stessa. Così Lupin se ne era andato, promettendo di tornare se avesse scoperto altro.

- Ok, se sei proprio decisa a fare...questa cosa...ti posso dare una mano - aveva detto Bill con espressione molto seria.
Diana si era costretta a sorridere al primogenito Weasley perchè gli era davvero grata per quello che lui e Fleur stavano facendo già solo ospitandola lì e occupandosi di lei.
- Ehm... - aveva continuato Bill un po’ a disagio, con la stessa espressione di chi camminava titubante su una lastra di ghiaccio - non vuoi scrivere a Fred...e George?
- No - aveva risposto Diana in tono risoluto alzandosi in piedi - altrimenti verrebbero qui e...
- Lo sai che prima o poi Fred verrà comunque, vero? 
Diana si era limitata ad annuire a labbra strette, sperando solo che quel momento potesse essere posticipato il più possibile. Ci avrebbe pensato a tempo debito: non era ancora pronta a fronteggiare la consapevolezza di provare dei sentimenti. Gioia. Rabbia. Dolore. Non avrebbero fatto altro che indebolire la barriera che si era costruita e siccome Fred, normalmente, era in grado di farglieli provare tutti nel giro di cinque minuti, era meglio tenersene lontana.

Dopo il rientro di Fleur, Diana era sprofondata nella lettura dei libroni che Lupin le aveva lasciato affinchè si documentasse il più possibile sull’argomento Blackhole.
- Ok... - aveva detto Bill un giorno sfregandosi i palmi delle mani mentre scendevano verso la spiaggia - penso che dovremo cominciare da un po’ di allenamento fisico...può sempre essere utile e i maghi non se lo aspettano...insomma, non sono abituati a lottare in quel senso...
Diana aveva inarcato un sopracciglio senza capire.
Bill aveva indicato la parte finale della spiaggia con un sorriso: - Vediamo chi arriva per primo là in fondo - e poi si era messo a correre verso il punto indicato evitando le onde che cercavano di lambirgli i piedi. Diana non aveva potuto fare altro che cercare di stargli dietro, con la milza in fiamme e il fiato corto.
Iprimi giorni erano stati i più duri e Diana si sentiva una completa incapace. 
Non riusciva a percorrere la spiaggia senza fermarsi almeno un paio di volte, piegata in due per lo sforzo.
Oltre alla corsa, Bill le aveva proposto altri esercizi che le provocavano dolori in parti del corpo che nemmeno sapeva di avere. La sera si addormentava stremata con i muscoli che sembravano gelatina. E poi man mano era diventata più veloce, più resistente e i muscoli le facevano sempre meno male. Mangiava poco e aveva perso parecchio peso. A volte, durante gli allenamenti, la testa le girava forte e si sentiva sul punto di svenire, ma non lo aveva mai detto a Bill, perchè sicuramente avrebbe interrotto il suo addestramento.

Invece, Fleur Delacour si era autoeletta a sua guida spirituale.
- Diana, lo sai che se vuoi parlare di come ti senti...con me lo puoi fare... - le aveva detto Fleur più o meno per la centesima volta da quando si trovavano a Villa Conchiglia.
- Si, ma non ho voglia di parlare e non ho niente da dire - aveva risposto Diana fotocopiando la stessa frase che aveva usato ogni volta che le era stata posta la precedente domanda.
Siccome, forse anche Fleur stava iniziando a gettare la spugna con lei, si era limitata a cambiare argomento con uno sbuffo.
- Ti devi concentrare - le aveva detto, mentre Diana fissava il Blackhole con astio, come se così sperasse di attivarlo, ma il vecchio orologio era immobile e inerte appoggiato sulle sue gambe incrociate sul legno umido del patio di Villa Conchiglia - libera la mente.
- La fai facile - si era lamentata Diana sbuffando e sfregandosi gli occhi per la stanchezza, mentre si rimetteva il Blackhole al collo.
- Prova a chiudere gli occhi...magari aiuta - Fleur aveva fatto spallucce mentre sorseggiava una tazza di tè - sai, i Babbani fanno una cosa che si chiama yoga, dicono che aiuta a liberare la mente e concentrarsi...hai mai provato?
- A fare yoga? - aveva chiesto Diana storcendo il naso - no, l’ho sempre trovato piuttosto noioso...e tu?
- Ho provato e secondo me ti aiuterebbe... - aveva continuato Fleur con l’aria di chi la sapeva lunga - chiudi gli occhi e focalizzati solo sui rumori della natura...
Non molto convinta, Diana li aveva chiusi, lasciando che il rumore delle onde e del vento entrassero dentro di lei e si muovessero a tempo con il suo respiro. Stava per spazientirsi e sentirsi una completa deficiente, quando aveva sentito qualcos’altro: un ronzio basso e vibrante che le aveva ricordato le fusa di un gatto. Sembrava provenire da dentro di lei e riecheggiare nella sua testa.
- Ho sentito qualcosa... - aveva boccheggiato Diana stupita riaprendo gli occhi e chinando lo sguardo sul ciondolo che emanava un leggero alone azzurrino che era sparito quasi subito.
Fleur le aveva sorriso incoraggiante.
Dopo vari tentativi che le avevano provocato parecchi mal di testa, con gli occhi chiusi, lasciava che il rumore del Blackhole le invadesse la mente e il corpo, fino a che non aveva riconosciuto la medesima sensazione di quando Bellatrix Lestrange aveva cercato di rubarglielo: un calore e un formicolio che si dipanavano dal ciondolo in ogni parte del suo corpo.
All’inizio, l’unico effetto che riusciva a produrre era un bagliore fioco e intermittente, ma dopo sforzi, sudore e emicranie, il Blackhole emanava una sorta di raggio di energia. Controllarlo, però, era un altro paio di maniche.
Il più delle volte si attivava senza che lei lo volesse: i tentativi erano brancolanti, perchè nè lei, nè Bill, nè Fleur sapevano come procedere. Seguendo l’istinto, Diana aveva provato mentalmente a riportare il calore che il Blackhole elargiva al suo corpo verso l’oggetto stesso. La cosa sembrava funzionare, perchè con i denti stretti  per lo sforzo, un raggio ben definito era scaturito dal vecchio orologio. 

Durante un allenamento con Bill, un fascio di energia aveva colpito il braccio del ragazzo lasciandogli una piccola bruciatura. Lo sforzo l’aveva sfinita e fatta cadere carponi con lo stomaco ribaltato dalla nausea, mentre cercava di scacciare dalla mente il ricordo del gufo dei gemelli che quella mattina aveva consegnato un’altra lettera a lei indirizzata che, come al solito, non aveva nemmeno voluto aprire, lasciando a Bill l’incombenza di rispondere.
Siccome Diana, mortificata, si era prodigata in una serie di scuse a non finire, Bill aveva fatto apparire una specie di fantoccio con cui avrebbero potuto allenarsi senza doversi preoccupare di fare del male a qualcuno.
Avevano provato ancora e ancora, fino a che Diana non aveva vomitato in mare, con la fronte imperlata di sudore e il corpo scosso da brividi.

- Prova a tenerlo in mano invece che al collo - le aveva suggerito Bill un pomeriggio in cui Diana era riuscita abbastanza agevolmente ad attivare il Blackhole a suo piacimento, colpendo senza problemi il fantoccio di legno che era già tornato illeso grazie ad almeno una decina di incantesimi.
- Ed esattamente cosa dovrei fare? - aveva chiesto Diana con il fiato corto mentre teneva il Blackhole per la catena - oscillarlo davanti a un nemico e ipnotizzarlo? - ma nel frattempo stava già cercando di convogliare il formicolio nel braccio destro, avvolgendo le dita meccanicamente intorno alla catena e facendo ruotare l’orologio su sè stesso.
Il bagliore azzurro si era liberato forte, deciso e con portata maggiore rispetto a quanto aveva fatto fino a quel momento, tanto da far barcollare all’indietro Diana, stordita da quell’improvvisa ondata di potenza.
Al quarto tentativo, Diana era riuscita a indirizzare l’abbondante flusso di energia verso il promontorio roccioso e un masso grande quasi quanto Villa Conchiglia si era staccato con un enorme frastuono, cadendo in mare.

Si era quasi sentita bene nel vedere i progressi che stava facendo.
Era una strana sensazione quella di riuscire a controllare un potere soprannaturale. Si sentiva come se dentro al suo petto si accendesse una luce, calda e scoppiettante, e a lei bastasse seguirla per sapere che direzione prendere. Lentamente, l’usare il Blackhole era diventato meno faticoso e sempre più naturale, come riprendere ad andare in bicicletta dopo tanto tempo.

Una sera, sepolta dalle pesanti coperte, si era ritrovata assurdamente a pensare che cosa avrebbe pensato di lei suo padre, vedendola padroneggiare la magia. Non era la magia dei maghi, ma era sempre qualcosa di...speciale. Quel pensiero, come un uccello in volo, era arrivato e se ne era andato, senza suscitarle nessuna nostalgia verso Daniel Harvey.
Controllare il Blackhole riusciva a farla sentire più sicura e in grado di controllare un po’ di più anche i propri timori. Ora non solo era in grado di difendersi, ma poteva attaccare. Non era più solo una ragazza qualunque, indifesa e spaventata. Solo quel pensiero le dava la forza per alzarsi ogni giorno e per mettere qualcosa sotto ai denti per mantenersi in vita.
Solo gli allenamenti davano un senso alla sua esistenza. Solo quello riusciva a farle sentire qualcosa. Il resto del suo corpo era insensibile. La sua mente impenetrabile, ormai corazzata da una crisalide resistente. Non sentiva più niente. Nessun’emozione. Il suo corpo era solo un involucro che proteggeva la sua mente troppo fragile dal dolore che altrimenti avrebbe minacciato di distruggerla.
Fino a quando non era arrivato Fred Weasley.

Quando il ragazzo era apparso insieme a Fleur in cima alla scogliera, era stato come cercare di vedere il cielo da sott’acqua. L’immagine era confusa e irreale. Quando lui l’aveva salutata e le aveva fatto delle domande era stato come sentire una voce provenire da molto lontano.
Ma quando, nella cucina di Villa Conchiglia, Fred l’aveva presa per le spalle e aveva iniziato a metterla alle strette era stato come trovarsi all’epicentro di un terremoto: la sua protezione, la sua crisalide aveva vacillato, incrinandosi.
Diana aveva sperato che lui lasciasse perdere. Che si arrendesse. Che la lasciasse vivere addormentata nel suo torpore anestetizzato.
Ma non si ricordava che Fred Weasley era più testardo di un mulo.

E poi Fred l’aveva baciata. 
Le labbra calde e furiose avevano aggredito le sue. Il calore si era irradiato in ogni parte del suo corpo. 
Un formicolio le aveva percorso i muscoli, come quando si rimane troppo a lungo seduti e il sangue smette di circolare e poi, improvvisamente, riprende a scorrere.
Era come tornare a respirare a fondo dopo aver passato troppo tempo in apnea, quando i polmoni bruciano per l’ossigeno che bramavano. 
Era come una medicina amara che però portava alla guarigione. 
Era come un corpo morto che ritorna in vita.
Si era ritrovata a ricambiare il bacio sentendosi finalmente pienamente cosciente di tutto ciò che la circondava e anche di cose che prima non aveva mai nemmeno notato: Fred era sempre stato così alto? La luce del sole aveva sempre illuminato i suoi capelli in quel modo? L’aria umida della Cornovaglia era sempre stata così piacevole?
Il suo corpo premuto tra la parete e il petto di Fred sembrava trovarsi perfettamente a proprio agio in quella posizione che nemmeno aveva mai osato immaginare.
La sua lingua si era lasciata travolgere da quella di Fred. 
Le mani del ragazzo sul suo viso erano come un salvagente che la trascinava brutalmente verso la riva.
Il suo corpo si era rivitalizzato senza che lei lo volesse e stava rispondendo d’istinto.
La sua mente ci aveva impiegato un attimo in più per diventare consapevole di ciò che stava succedendo.

E così Diana aveva allontanato Fred. 
Aveva interrotto bruscamente la connessione tra i loro corpi, perchè sentiva di nuovo la consapevolezza di ciò che la circondava. 
Era riemersa dalla sua bolla protettiva. 
Aveva spezzato il bozzolo della crisalide.
E il dolore era divampato. Così forte. Così prorompente e inaspettato l’aveva travolta come il primo momento in cui aveva visto zia Karen senza vita.
I lembi della voragine nel suo petto si erano riaperti lacerando le cuciture che ci aveva messo così tanto per creare. Ma Diana non voleva più soffrire. Non voleva più sentirsi impotente. Voleva aggredire il dolore. Prenderlo a pugni.
Quando aveva messo a fuoco il viso di Fred, di fronte al suo, che la guardava con gli occhi lucidi come quelli di un ubriaco e le labbra dischiuse, aveva capito che la sua crisalide era andata definitivamente in frantumi. 
Il pugno aveva colpito la mascella del ragazzo di fronte a lei prima ancora di rendersene conto.

- Ma sei impazzita? - chiese Fred incredulo massaggiandosi la guancia e toccandosi il punto in cui Diana lo aveva colpito - ma tutti quelli che ti baciano li tratti così? 
Diana lo fissò. Sentiva gli occhi pieni di lacrime e le nocche doloranti per l’impatto.
Le lacrime. Da dove erano arrivate?
Il dolore era lì, acciambellato comodamente sopra il suo petto ad impedirle di respirare.
Diana corse fuori di casa, inspirando freneticamente dal naso alla ricerca di ossigeno. Doveva allontanarsi da Fred, doveva proteggersi. Ma, dopo tanto tempo, sentiva finalmente le lacrime rompere gli argini e inondarle il viso.
Sull’estremità della scogliera che si protendeva aspramente verso il mare agitato, Diana si fermò di scatto senza nemmeno ricordare quando e come fosse arrivata in quel punto.
La punta delle scarpe sporgeva nel vuoto.
Sentiva Fred dietro di lei trattenere il respiro, spaventato. 
Diana, allora, con un profondo respiro tremante ritornò sui suoi passi, si voltò verso Fred e scoppiò in un pianto disperato e da troppo tempo represso. 
I singhiozzi le scuotevano il petto. 
Urlò. 
Urlò fino a che la gola non le fece male. I capelli, prima raccolti in una coda, si erano sciolti e il vento li scuoteva fino a frustarle il viso. 
Cadde in ginocchio e continuò a urlare fino a che la sua voce non si perse nell’ululato furioso del vento.
Pesanti gocce di pioggia avevano iniziato a cadere dalle gonfie nubi che si stavano addensando sopra il promontorio.
Il Blackhole iniziò ad emettere bagliori intermittenti come quelli di una lampadina sul punto di fulminarsi e poi, mentre Diana dava sfogo al suo dolore, il coperchio dell’orologio si aprì rilasciando improvvisamente un’onda d’urto che creò un cerchio nel terreno e avrebbe sbalzato Fred all’indietro di qualche metro, se solo lui, prontamente, non avesse sfoderato la bacchetta per evocare un incantesimo di protezione.
Fred rimase in piedi a fatica. Le scarpe avevano lasciato dei solchi nel terreno dove era stato sospinto all’indietro dall’onda di energia. 
Quando Diana riaprì gli occhi Fred era ancora di fronte a lei. Impietrito, ansimante e con la bacchetta ancora sollevata in posizione difensiva. Probabilmente pensava fosse pazza e pericolosa. Probabilmente a breve sarebbe scappato a gambe levate.
Invece, mentre Diana si copriva il viso con le mani, incapace di fermare le lacrime, sentì altre due mani, che ormai conosceva bene, scostarle le sue e due braccia forti e calde la avvolsero per rimetterla in piedi. 
Per rimetterla al suo posto nel mondo.

                                                                                          -------------


Fred sentiva le orecchie fischiare e la testa girare, mentre il petto si sollevava e si abbassava in un respiro irregolare. Non sapeva esattamente cosa fare, mentre vedeva Diana andare alla deriva nel dolore davanti ai suoi occhi.
L’unica cosa sensata che era riuscito a fare era stata abbracciarla e riportarla in casa, dato che la pioggia era aumentata d’intensità e li stava velocemente inzuppando.
Fred, con il braccio destro a cingere Diana, sentiva le spalle della ragazza sussultare ad ogni singhiozzo sotto al suo tocco.
Passarono davanti a Fleur e Bill, che con delle espressioni preoccupate, erano in piedi davanti alla finestra del soggiorno, cosa che fece intuire che stessero osservando la scena attraverso i vetri.
- Che è successo? - chiese Fleur preoccupata.
- Diana, stai bene? - le si era accodato Bill facendo un passo verso di loro.
Diana annuì cercando di frenare le lacrime, senza successo.
- Voglio..voglio andare in camera mia - sussurrò Diana tirando su con il naso rumorosamente.
Fred lasciò la presa sulle spalle di Diana, che si guardò intorno con aria spaesata per poi puntare lo sguardo in quello di Fred.
- N-non v-vieni? - farfugliò lei smarrita, asciugandosi gli occhi e il viso con la manica della camicia e tornando a osservare Fred timidamente.
Lui cercò di non indugiare sulla camicia bianca e bagnata della ragazza e, con un sorriso, rispose: - Certo!

Salirono le scale di legno ingrigito dalla salsedine: lei gli faceva strada e lui la seguiva titubante, mentre il temporale fuori infuriava e il mare in tempesta plasmava suoni inquietanti.
Una volta entrati in stanza, Diana si sedette sul letto, nuovamente disciolta in un pianto che non accennava a fermarsi.
Fred rimase in piedi.

Di solito, le ragazze in sua compagnia ridevano. Di certo non scoppiavano in un pianto irrefrenabile, quindi non sapeva esattamente cosa fare. Forse l’idea migliore era lasciare che si sfogasse, anche perchè a furia di piangere in quella maniera, si sarebbe presto prosciugata. Quante lacrime poteva contenere un corpo così piccolo?

Si accomodò sul letto di fianco a Diana con una delicatezza che non gli apparteneva: come se avesse paura di rompere qualcosa. Se avesse spostato il ginocchio verso destra di mezzo centimetro avrebbe sfiorato quello della ragazza.
Diana continuava a singhiozzare senza sosta e, in un gesto decisamente non da Diana, si chinò ad appoggiare la testa sulla spalla destra di Fred per poi nascondere il viso nel suo maglione, andando a mescolare le lacrime con la pioggia che già lo inzuppava.

Gli spifferi si insinuavano gelidi e violenti tra i vecchi infissi in legno, mentre Bill e Fleur, al piano di sotto, si affaccendavano a chiudere tutte le finestre.

Per contrasto, secondo Fred, nella stanza faceva, invece, parecchio caldo.
- Scusa - bofonchiò Diana con il viso ancora sepolto dalla stoffa - mi dispiace.
- Va bene... - si schiarì la voce Fred - non c’è bisogno di scusarti...
- Si, invece - si disperò lei riprendendo a singhiozzare - sono stata orribile, imperdonabile, una stronza colossale...
Fred non sapeva se Diana si stesse riferendo al fatto che per mesi non si fosse fatta sentire o se invece si riferisse al pugno che gli aveva dato pochi minuti prima, ma preferì evitare di chiedere perchè lei sembrava già abbastanza inconsolabile. Si limitò a darle dei colpetti sulla schiena: aveva visto suo padre farlo con sua madre quando lei piangeva per Percy.
Parve funzionare, perchè il pianto, lentamente, rallentò.
Allora, Fred si issò con entrambe le mani per spingersi indietro sul letto e appoggiare la schiena alla testiera in ferro battuto. Diana lo seguì poco dopo, rannicchiandosi e appoggiando la testa sul suo petto.
Faceva davvero davvero caldo.

- Ehm... - si scusò Fred facendola sollevare - scusa, mi tolgo il maglione...è bagnato e mi dà fastidio...
Diana si alzò per il tempo necessario a Fred per sfilarsi il maglione e rimanere a mezze maniche per poi tornare nella posizione precedente.
Rimasero così: lui sdraiato con le spalle appoggiate alla testiera del letto in ferro battuto e lei raggomitolata sul suo petto a piangere tutte le lacrime che non era riuscita a versare nei mesi passati.
Fred la lasciò sfogare perché non sapeva bene che altro potesse fare per lei.
Non riusciva a vederla in viso, ma dopo parecchio tempo, i singhiozzi si fecero più bassi e radi e il suo respiro si fece regolare. Fred si mosse in avanti quel tanto che bastava per accorgersi che Diana si era addormentata. 
Si arrischiò ad accarezzarle i capelli biondi e umidi scostandoli dal viso: un gesto che non si sarebbe mai sognato di fare se Diana fosse stata sveglia.
Rimase a guardarla, preoccupato, fino a che non sentì le palpebre pesanti.

Fred si svegliò qualche ora dopo con il collo dolorante e la spalla che si trovava sotto al corpo di Diana priva di sensibilità. Fuori era notte fonda e Diana dormiva ancora.
Lentamente Fred si mosse e cercò di sgusciare dalla stretta della ragazza. Aveva di nuovo caldo e voleva scendere a bere un bicchiere d’acqua, ma Diana sussultò, strinse le mani alla sua maglietta e con la voce impastata di sonno, mugugnò: - Non andare via...
- Vado solo di sotto a prendere un po’ d’acqua... - la rassicurò lui sorridendo - ne vuoi un po’?
Diana sollevò appena la testa per guardarlo negli occhi. Aveva il viso chiazzato di rosso e gli occhi gonfi per le troppe lacrime versate, ma abbozzò un sorriso e annuí.

Quando Fred lasciò la stanza, Diana si raggomitolò in attesa. Si strofinò gli occhi rossi e congestionati e con le dita si sfiorò le labbra ripensando a quello che era successo poche ore prima. La mano destra le faceva ancora parecchio male.

Fred scese le scale cercando di riacquistare la sensibilità a tutti gli arti. Bill e Fleur si erano addormentati sul divano, completamente vestiti. Lui era seduto con il collo reclinato all’indietro sullo schienale, mentre lei si era sdraiata con la testa appoggiata sulla gamba del futuro marito. 
Prese la brocca d’acqua e due bicchieri cercando di non fare rumore e risalì al piano superiore, sentendo i muscoli piacevolmente contratti in una strana sensazione di leggerezza.
Fred spinse la porta socchiusa con una spalla e tornò nella stanza di Diana, facendo sobbalzare la ragazza seduta a gambe incrociate sul letto.
Rimasero svegli per un po’ a parlare evitando di portare l’argomento su quanto accaduto tra loro, come se parlarne avesse potuto cancellare le sensazioni che entrambi avevano provato.

- Sembra che tu e il Blackhole siate tipo...collegati? - ipotizzò Fred ricordando quello che era successo in cima alla scogliera - com’è possibile?
- Si...Non so come sia possibile, ma ora lo sento... - spiegò Diana giocherellando con la coperta. Sembrava essere sollevata nel parlare di un argomento neutro come il Blackhole.
- E’ per questo che ora lo riesci ad usare? - chiese Fred, curioso appoggiando il bicchiere sul comodino - come funziona?
- Non è che si sappia molto, ma quello che abbiamo capito è che se vengo colpita da un incantesimo diventa più potente. Come se si caricasse...tipo un parafulmine...
Fred la guardò perplesso perchè non aveva idea di che cosa fosse un parafulmine.
- Quando è carico - continuò Diana - lo percepisco: è caldo ed emette un suono...particolare...poi lo riesco ad indirizzare dove voglio.
- E quanto dura questa carica?
- Boh...dipende, abbastanza per lottare per un bel po’...man mano si affievolisce, anche se non svanisce mai del tutto!
Diana raccontò anche tutte le altre cose che Lupin aveva scoperto e Fred cercava di assimilare le nuove informazioni con un’espressione concentrata.

- Dovremmo distruggerlo - sentenziò Fred a denti stretti dopo che Diana gli aveva detto di sentirsi sempre stanca e spossata dopo aver usato il vecchio orologio.
- No! - sbottò Diana contrariata - è l’unico oggetto che mi rimane della mia famiglia ed è anche l’unica arma che ho per difendermi.
Fred sollevò il labbro in una smorfia per costringersi a non replicare.
Diana sprofondò con la testa nel cuscino, mentre la tempesta fuori dalla finestra sembrava essersi placata.
- Fred - iniziò a dire lei con voce triste fissando il soffitto - mi dispiace davvero per non aver risposto alle vostre lettere e per essere sparita...
- Non avevo mai visto morire una persona - rispose di getto Fred con lo sguardo basso. Era la prima volta che parlava davvero di come si era sentito vedendo Karen Harvey morta.
Diana parve attraversata da una scossa nel capire a chi Fred si riferisse: - Io si - rispose continuando a studiare con concentrazione il soffitto.
- Tua madre? - chiese Fred sedendosi sul letto, perchè Diana non aveva mai raccontato molto della sua vita.
La ragazza annuì e sospirò profondamente, girandosi su un fianco con il viso rivolto verso il muro perchè era più facile rivelarsi senza guardare Fred direttamente in viso.
- Era ammalata - spiegò Diana al muro più che a Fred - ogni giorno era sempre più debole, fino a non riuscirsi ad alzare più dal letto. E’ stato orribile...vederla andarsene...lentamente senza poter fare nulla...
Fred si distese al suo fianco, osservando a sua volta il soffitto.
Visto che sembravano essersi avventurati nel territorio inesplorato delle confidenze, Fred disse: - Pensavo ti volessi buttare dalla scogliera, prima...
- Ho avuto paura anche io... - ammise Diana.
Se si fosse azzardato ad abbracciarla si sarebbe beccato un altro pugno? Si maledisse mentalmente. Da quando si faceva tutte quelle domande? Scrollò la testa e la abbracciò.
Lei si irrigidì facendogli temere il peggio, ma un sorriso che Fred non poteva vedere fece capolino sul suo viso, dopo tanto tempo.
Con un brivido, si rilassò appoggiando la schiena contro il petto di Fred e chiuse gli occhi.

L’alba era passata da poco quando la porta della stanza si aprì di botto.
- Merlino, ma ormai è un’abitudine! - borbottò George irrompendo nella stanza e vedendo Fred e Diana che dormivano abbracciati e siccome i due non accennavano ad aprire gli occhi, con un sorriso furbo e con un colpo di bacchetta aprì le tende facendo entrare la luce del sole proprio sui loro visi.
Fred si svegliò per primo schermandosi gli occhi e mugugnando tutto il suo disappunto. Diana si sollevò su un gomito guardandosi intorno con i capelli ridotti ad un’arruffata balla di fieno.
- Buongiorno Freddie! Pixie, è bello rivederti! - esclamò George sorridendo - non sia mai che dormiate ognuno nel proprio letto, eh!
- George, puoi evitare di urlare? Ho un mal di testa... - si lamentò Diana ficcando la testa sotto al cuscino e poi con la voce ovattata che arrivava attraverso l’imbottitura, continuò - non sia mai che tu ti faccia i cazzi tuoi!
- Delicata sempre come un Erumpent - la prese in giro George - vedo che il tuo principe azzurro ti ha fatta tornare in te!
Un cuscino piroettò per la stanza colpendo George.
Fred sorrise perchè forse, lentamente, le cose sarebbero tornate alla normalità.
Lui e George uscirono dalla stanza lasciando Diana a riposare ancora un po’ e scesero al piano di sotto, dove Bill Weasley aspettava ai piedi delle scale con un’espressione corrucciata da fratello maggiore e le braccia conserte.
- ‘Giorno, Billy - lo salutarono in coro i gemelli con aria angelica.
- Allora? - chiese lui con una certa curiosità.
- Allora cosa? - chiese Fred lanciando un Incantesimo di Appello in direzione dei biscotti appoggiati alla credenza e lasciandosi cadere sulla sedia della cucina.
- Che è successo ieri sera? - chiese Bill puntando un dito contro Fred e poi verso le scale per incolpare Diana. Il fratello maggiore prese a massaggiarsi il collo con una smorfia dolorante.
- Che hai fatto al collo, Bill? - chiese Fred cercando di cambiare argomento e fingendo un esagerato interesse per il malessere del fratello.
- Mi sono addormentato sul divano - si lamentò lui con un sorriso sofferente - non sono mica più giovane come un tempo!
- Non preoccuparti, Bill - Fred gli diede una fraterna pacca sulla spalla indicando sè stesso e George - saremo le stampelle della tua vecchiaia!
Bill roteò gli occhi al cielo prima di rispondere alla pacca fraterna colpendo con un altrettanto fraterno ceffone la nuca di Fred.
- Già, Freddie, che è successo ieri sera? - chiese George riportando l’attenzione sulla domanda principale.
- Tu da dove sei arrivato, tra l’altro? - domandò Bill perplesso come se si accorgesse solo in quel momento della presenza di George.
- Esatto, Georgie... - constatò Fred con aria interessata - che ci fai sveglio alle sei del mattino?
- Beh, mi sono accorto che non sei rientrato e mi sono preoccupato - scrollò le spalle George e poi punzecchiando le costole del gemello con la bacchetta riprese - ma non cambiare argomento!
Fred si limitò a raccontare del crollo emotivo di Diana senza soffermarsi sui particolari.
In quel momento, Fleur uscì dal bagno e raggiunse la cucina: - Ciao ragazzi - salutò i gemelli prima di scoccare un bacio a Bill e sparire al piano di sopra.
George scrutò il gemello mentre si ingozzava di biscotti e domandò: - Che hai fatto alla faccia? -  notando il livido che si stava formando sul suo viso.
- Oh - rispose Fred noncurante - Diana mi ha dato un pugno...
- Cosa? - esclamò Bill incredulo.
- E perchè? - chiese George senza capire.
- Perchè l’ho baciata - alzò le spalle Fred massaggiandosi il punto in cui Diana lo aveva colpito e poi rivolto a Bill - a proposito, il tuo allenamento ha funzionato alla grande, perchè mi ha fatto davvero male...
Bill e George si scambiarono uno sguardo. Bill soffocò una risata portandosi una mano a coprirsi la bocca, mentre George scoppiò sguaiatamente a ridere.
- L’ho fatto solo per farla reagire - si giustificò Fred vedendo le espressioni allusive dei fratelli - sapevo che si sarebbe arrabbiata!
- Menomale che non hai usato questo metodo quando eri a scuola per far arrabbiare Gazza - esclamò Bill ridendo.
- Bill - lo richiamò all’ordine Fred mettendogli una mano sulla spalla come per rivelare una scomoda verità - io e George siamo quelli simpatici, tu sei quello bello! Cerchiamo di mantenere i nostri ruoli!
- Dai, Freddie...raccontala a qualcun altro questa - lo blandì George riferendosi al precedente discorso e rubandogli il contenitore di biscotti dalle mani chiedendo poi - e il crollo emotivo lo ha avuto prima o dopo che le infilassi la lingua in bocca?
Fred puntò lo sguardo in quello identico del gemello e con la bocca piena di biscotti bofonchiò: - Dopo...
- Ah beh, allora è vero che baci da schifo! - lo prese in giro George, mentre Bill guaiva dalle risate.
- Pensa per te, Mollelingua! - lo prese in giro Fred per sviare l’attenzione da ciò che era successo e per appellare di nuovo il contenitore dei biscotti - quella Corvonero che ti sei portato al Ballo del Ceppo non ha fatto altro che raccontare a tutta Hogwarts che la tua lingua le è arrivata fino a qua - terminò la frase indicando un punto imprecisato alla base della gola.
- Non chiamarmi più così! E’ successo secoli fa!- lo fulminò con lo sguardo George cercando di trattenere il sorriso, perchè Bill era piegato in due dalle risate, mentre il contenitore dei biscotti sfrecciava avanti e indietro tra i due gemelli.

- Che succede? - chiese Diana scendendo l’ultimo gradino e raggiungendo la cucina con un sorriso sulle labbra nel vedere i tre fratelli ridere e scherzare.
Fred, preso alla sprovvista si voltò per guardarla, e il contenitore dei biscotti lo colpì in testa facendo ridere ancora di più Bill e George. 
Un’altra risata, inaspettata, si unì alle loro.
E allora anche Fred, massaggiandosi la testa, sorrise perchè forse qualcosa di buono era riuscito a farlo.



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Allora... questo capitolo super lungo spero che vada a risolvere un po' di questioni sul Blackhole! Vi avevo promesso un passo indietro e infatti si è visto ciò che ha passato Diana! Come ogni capitolo in cui si parla del Blackhole sono sempre super dubbiosa di aver fatto le cose per bene...ma mi direte voi! Finalmente si sta sciogliendo il clima cupo e triste e già a fine capitolo c'è un po' di allegria :) 
Attendo con ansia di sapere che ne pensate e spero di non aver annoiato con questo mega capitolo (erano due inizialmente, ma poi mi sono accorta che che avrebbe avuto poco senso)!
Grazie di cuore a chi segue questa storia e trova sempre il tempo per un commento ❤️
A presto :)

 
  
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