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Autore: EleAB98    23/10/2022    2 recensioni
Malcom Stone è un pretenzioso caporedattore, nonché affascinante quarantenne con una fissa smodata per le belle donne. Ma arriverà il giorno in cui tutto cambierà e l'incallito casanova sarà costretto a fare i conti con i propri demoni interiori, e non solo quelli... Riuscirà mai a guardare oltre l'orizzonte? Ma soprattutto, chi lo aiuterà nell'ardua impresa?
[...]
Gilberto Monti è un giornalista affermato. Oltre a ricoprire una posizione lavorativa più che soddisfacente, ha appena esaudito uno dei suoi più grandi sogni: sposare la donna che più ama. Ma è davvero tutto oro quello che luccica?
[...]
Alex Valenza, un reporter piuttosto famoso, è alle prese con una drammatica scoperta che lo porterà a chiudersi, a poco a poco, in se stesso. A nulla sembra valere il supporto della moglie. Riuscirà a ritrovare la serenità perduta?
*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo XVII – Uno Strano Sospetto



Fu con largo anticipo che Alex iniziò a raccogliere più informazioni possibili riguardo ai casi e alle procedure di affido. Da quando la sua Marta aveva acconsentito ad accogliere un bambino in casa loro, lui non stava più nella pelle e dedicava buona parte del suo tempo libero a leggere qualche saggio sull'argomento coinvolgendo, alcune volte, la stessa consorte.
In parte ammetteva di vederla preoccupata e non troppo entusiasta – non quanto lui, almeno –, ciononostante cercava comunque di pensare positivo. Non voleva rinunciare alla possibilità di essere completamente felice. E sotto sotto sperava che Marta, prima o poi, volesse considerare anche l'adozione come possibilità.

Il peso del senso di colpa, però, gli gravava tuttora sulle spalle. Avrebbe tanto voluto confessare a Gilberto la verità, ma proprio quando si era deciso a farlo aveva saputo che avrebbe dovuto partire per Bologna e rimanervi per qualche settimana. Quanto ai genitori di Marta... era stato davvero difficile rivelargli che non sarebbero mai diventati nonni.

«Ho ritirato le analisi qualche mese fa», aveva detto Alex in tono sommesso qualche giorno dopo il suo compleanno. Marta, intanto, lo sosteneva per le spalle e gliele stringeva di tanto in tanto, come a dargli coraggio. «Io e Marta vorremmo tentare la via dell'affido. Non possiamo avere bambini.»

Dopo aver pronunciato quella frase a voce alta, gli ci era voluta tutta la forza del mondo per sostenere lo sguardo afflitto dei suoceri. I due l'avevano abbracciato senza pensarci e Alex aveva ricambiato la stretta aggrappandosi a quel sostegno che, da parte loro, non era mai mancato.

Non si erano profusi nel solito ci dispiace, piuttosto avevano sorriso appena per poi dire a entrambi: «il bambino che vi affideranno sarà molto fortunato.»

Quelle parole erano state come un balsamo per Alex. Non si era sentito giudicato, tantomeno compatito. Ancora una volta, si era sentito membro effettivo della famiglia e, una volta tornato a casa, aveva dispensato tutto il suo affetto alla moglie, felice di aver superato la difficile prova che gli aspettava.

Alex ripensò a Gilberto. Era contento che si stesse ricostruendo una vita e avesse trovato la strada per tornare a concentrarsi sul futuro. Ed era ancora più felice del fatto che l'indomani sarebbe tornato a Firenze, così avrebbe finalmente potuto dirgli tutto.

«Disturbo?» Marta bussò alla porta del suo studio e l'uomo la accolse con un sorriso.

«Entra», le fece, mettendo da parte le solite scartoffie.

La consorte posò la tazzina di caffè e il dolcificante sulla scrivania. Era già pronta per uscire e Alex non mancò di gettarle un'occhiata colma di interesse. «Finalmente l'hai indossata», commentò con un sorrisetto, riferendosi alla pregiata camicia di seta rosa con risvolti che le aveva regalato mesi prima. «Credevo che sarebbe rimasta nell'armadio per i prossimi dieci anni.»

Lei gli rifilò un pugno sul braccio. «Stupidino», gli rispose, nascondendo a stento un sorriso. «Stavo giusto aspettando l'occasione perfetta per indossarla.»

L'uomo l'attirò a sé, stringendole i fianchi. «Ah sì?»

«Pensavo di andare all'opera con te stasera. Che ne pensi?»

«Mmm... non hai mai apprezzato molto l'opera. A cosa devo l'onore?»

Lei fece spallucce. «Cos'è, non posso accontentare il mio uomo di tanto in tanto?»

Alex le regalò un sorriso sospettoso. «Come vuoi tu», si limitò a dire. Si alzò in piedi e continuò ad accarezzarle la schiena ricoperta dal morbido tessuto della camicia. «Ti sta d'incanto», soffiò, tenero. «A che ora inizia lo spettacolo?»

«Ti ringrazio. Verso le nove.»

Alex guardò l'orologio da parete. «Se non fosse che sono già le otto e quindici», le sfiorò con dolcezza le curve del seno, le labbra a un soffio dalle sue, «ti avrei già inchiodata qui sopra», disse, accennando alla scrivania.

Marta ridacchiò. «Puoi sempre farlo al ritorno», scherzò lei.

«Potrebbe essere un'idea», replicò lui, strappandole un bacio.

«Questo è il mio Alex», mormorò Marta, poco prima di staccarsi da lui.

L'uomo sorrise. «Dai, aiutami a scegliere la cravatta», le disse, avviandosi fuori dallo studio.
Non riusciva proprio a capire il motivo per cui Marta voleva portarlo all'opera, ma doveva per forza essercene uno.
La conosceva troppo bene, ed era più che sicuro che a fine serata avrebbe vuotato il sacco.

 

Rivedere un classico di Giuseppe Verdi – La Traviata, per essere precisi – gli scaldava sempre il cuore. Non aveva staccato gli occhi dal palco nemmeno per un istante e persino Marta gli era parsa più interessata del solito, anche se di tanto in tanto sembrava tradire una certa irrequietezza. Dopo quasi tre ore di spettacolo, erano scattati in piedi insieme agli altri ospiti per prodigarsi in un profluvio di applausi sinceri e pieni di entusiasmo.

Mano nella mano, si erano poi avviati verso il parcheggio in perfetto silenzio. Una volta in macchina, Alex inserì la chiave nel quadro ma non ripartì subito. Si voltò verso la consorte e le fece uno strano sorriso. «Devi forse dirmi qualcosa?» le chiese, senza filtri.

Marta sospirò, però gli sorrise. «Non ce la fai proprio ad aspettare il momento giusto, eh?»

Lui le si avvicinò. «Temo proprio di no», le sussurrò nell'orecchio.

«Andiamo a casa, prima», ritrattò lei, carezzandogli la guancia.

Alex annuì. «E va bene. Come vuole lei, signora Visconti.» L'uomo s'immise in Via del Corso e svoltò verso destra. «Allora... ti è piaciuto davvero lo spettacolo?» le chiese, mentre superava un dosso.

«Moltissimo. Quei costumi, poi! Erano davvero sensazionali.»

«Mai quanto la tua camicia», obiettò lui, ancora estasiato di vedergliela indosso.

Dopo una decina di minuti, arrivarono a destinazione e Alex sistemò la sua vettura in giardino effettuando un paio di manovre. Scesero dall'auto e, una volta entrati in casa, si spogliarono delle giacche estive. Alex condusse Marta sul divano, aspettandosi da lei una qualsiasi spiegazione.

Lei fece un bel respiro. «Oggi, per e-mail, mi sono arrivate alcune procedure inerenti all'affido.» Estrasse un foglio dalla tasca dei jeans a sigaretta e lo porse ad Alex. «Magari potrai leggerlo con calma domani.»

Gli occhi dell'uomo si illuminarono. «Ci sono novità?»

«Pare di sì. Se tutto va bene, dovrebbero affidarci un bambino di circa otto anni. Il primo incontro con lui è fissato per le dieci di domani pomeriggio.»

«Sul serio? E... e... come si chiama? Hai una sua foto?»

«No, ma sarà una sorpresa. Questo però sarà soltanto uno dei tanti incontri. Prima di arrivare all'affidamento passerà ancora un bel po', credo. Si chiama Lorenzo.»

«Non se dimostreremo alla responsabile di essere più che meritevoli di un tale onere. Davvero un bel nome, comunque.»

Marta annuì appena, lo sguardo perso nel vuoto.

«Tesoro? Che hai?»

Lei non rispose, limitandosi a stringergli la mano.

«Hai paura, eh?» Alex sospirò e le mise un braccio intorno alle spalle.

«Un po'», ammise lei, riluttante.

«Anche io ne ho.»

«Davvero?» Si scostò per guardarlo finalmente negli occhi. «Credevo non vedessi l'ora di fare questa esperienza.»

«Infatti è così. Ma non passa giorno senza che non mi chieda se sarò davvero all'altezza del compito.»

«Lo sarai di sicuro. Anche perché...» Marta si ammutolì di colpo.

«Anche perché?»

«Niente, caro. Niente.»

Alex fece spallucce. «Ti ho visto un po' pensierosa nelle ultime due settimane», riprese poi. «Immagino sia stato per questo.»

«Sì», gli disse lei. D'improvviso, ad Alex sembrò che Marta volesse dire molto più di quel , ma quella sensazione non durò che pochi istanti. «Che dici, andiamo a letto?»

Alex sorrise, malizioso. La trascinò su di sé e le disse: «intendi proprio letto, oppure—»

«E dai, Alex!» ridacchiò lei, sussultando non appena l'agguantò con dolcezza per i fianchi sfiorandole il ventre. «Lo sai benissimo che domattina dobbiamo alzarci presto.»

Ad Alex quella risatina sembrò nervosa, però decise di non dar credito a quella sensazione. «Hai ragione. Ma spero che l'opzione scrivania sia ancora valida.»

«Sì», soffiò lei. «Ma non stasera.»

«Ma qualche ora fa avevi detto—»

«Lo so. Ma in realtà non posso proprio.» Gli fece uno sguardo inequivocabile e lui capì al volo.

«Ah, okay. È arrivata la solita sorpresa mensile», ridacchiò lui, baciandola sulla punta del naso. «Vorrà dire che ti ringrazierò come si deve per avermi portato all'opera in uno dei prossimi giorni.»
Le diede un caloroso abbraccio e iniziò a pregustare con gioia la giornata di domani. Non vedeva l'ora di conoscere quel bambino.


 

*

 

«Come ti chiami?» Questa fu la prima frase di rito che Alex pronunciò non appena vide il ragazzino dai folti capelli castani e dallo sguardo timido e curioso al tempo stesso.

Lui farfugliò un Lorenzo che i coniugi sentirono a malapena.

Dopo aver chiacchierato fittamente con la responsabile, questa li aveva condotti di fronte a Lorenzo. Alex aveva notato che, non appena il bambino aveva visto Marta, gli occhi verdi di lui si erano tinti di una luce particolare. Davvero strano, aveva pensato, senza esprimere il proprio dubbio alla moglie. Chinandosi sul bambino, concentrò tutta l'attenzione su di lui. Marta restò a guardare, come incantata.

«Io e Marta speriamo di averti presto con noi», disse a Lorenzo.

L'altro fece un amaro sorriso. «Non rimarrei per molto, vero?»

Alex scrollò le spalle e si girò verso la moglie. «I tempi non li dettiamo noi, purtroppo. Ma faremo il possibile perché tu possa trovarti bene a casa nostra», lo rassicurò. Dentro di lui, si fece spazio uno strano sospetto. Il bambino sembrava già ben disposto a essere accolto. E pareva tutto fin troppo facile.
Certo, in alcuni libri aveva letto di bambini particolarmente socievoli e poco scontrosi che accettavano volentieri di andare di famiglia in famiglia. Ma era anche vero che di casi come questi non ve n'erano molti. Per la maggior parte, i ragazzi destinati all'affido non erano poi così aperti ai molteplici cambiamenti a cui andavano incontro.

«Le precedenti famiglie sono state buone con te?» domandò Alex, cauto.

Lorenzo ci pensò su per un istante e scandagliò Marta. Lei fece un cenno di assenso, incoraggiandolo a proseguire.

«Non mi hanno trattato poi così male, anzi», fece lui, scrollando le spalle. «Però... non so, non mi sono molto integrato.»

«Sapresti dirci perché?» Sempre se vuoi, disse Alex.

«Non lo so. Suppongo che l'essere troppo piccolo non mi abbia aiutato.»

Alex rimase sbalordito da quella risposta formulata da un bambino di soli otto anni. Doveva essere cresciuto davvero in fretta – ed era altrettanto sveglio e intelligente. E non meno maturo. «Perché adesso sei un ometto», asserì Alex, scuotendogli con affetto la chioma scura. «Sai che ti dico? Sì... sei proprio un bell'ometto.»

Lui accennò un sorriso. «Io adoro suonare il pianoforte, sai?» se ne uscì, dopo qualche minuto.

Alex spalancò gli occhi per la sorpresa. «Anche Marta lo adora. Lo sapevi?»

Lorenzo scosse prontamente la testa. «Però mi piacerebbe suonare qualcosa insieme», disse poi, rivolgendosi con aria timida a Marta.

Lei gli regalò un sorriso dolce. «Lo faremo di sicuro, Lorenzo. Tutte le volte che vorrai.»

Alex rimase estasiato. Quel bambino sembrava disposto ad affezionarsi a loro con impressionante naturalezza.

«Perché non ora?» domandò Lorenzo, con un lampo di luce negli occhi. «Dai, ti prego!» insisté, davanti al breve silenzio di Marta.

«D'accordo», convenne lei dopo qualche istante, senza battere ciglio.

Lorenzo sorrise, entusiasta, quindi le fece strada in una saletta dall'aria piuttosto tranquilla ma non meno asettica. Pareti bianche, pavimento tirato a lucido. E un grande pianoforte a coda nell'angolo della stanza. Alex seguì Marta con lo sguardo. Non sembrava affatto a disagio, anzi. Aveva accolto la proposta del bambino senza manifestare indecisione o qualsiasi altro genere di sentimento che poteva soltanto suscitare meraviglia ai più. Il sospetto tornò prepotente. Quel bambino era molto, troppo socievole con Marta. Quando Lorenzo incrociò i suoi occhi, Alex sorrise, di riflesso. In fin dei conti, non poteva che essere contento del fatto che Marta stesse prendendo confidenza con lui. Anche se... c'era qualcosa, nello sguardo di lei, che gli faceva pensare che c'era dell'altro. Una melodia a lui sconosciuta prese immediatamente il posto di quei tortuosi pensieri. Come ipnotizzato, seguì il movimento delle dita di entrambi, perfettamente coordinate, tanto che Alex maturò l'impressione che i due suonassero insieme già da tempo. Non appena terminarono – avevano suonato il Canon in D di Johann Pachebel –, Alex scattò in un caloroso applauso, complimentandosi con entrambi.

«Chi ti ha insegnato a suonare così?» gli domandò, nella mente gli risuonava ancora quella dolce quanto allegra melodia.

Lorenzo si rabbuiò. «Mia madre. Poco prima che... che morisse.»

Alex non disse niente, però l'abbracciò teneramente. Uno strano senso di pace l'avvolse nello stesso istante in cui le sua braccia strinsero l'esile schiena del bambino. Non avrebbe mai voluto che il suo sorriso potesse spegnersi, e gli fece male al cuore pensare di non essere stato poi così delicato. Lorenzo, però, non diede segno di essersi offeso dalla sua domanda, tantomeno pianse o fece altre scenate. Quando si staccò da Alex, si limitò a salutare entrambi e si augurò di rivederli presto. Alex, dal canto suo, aveva gli occhi lucidi. Sapeva bene cosa significasse perdere la propria madre, ma di certo non sapeva cosa si provasse a perderla ancor prima di poterla davvero conoscere.

«Avanti, torniamo a casa», disse Marta al marito poco dopo, sfiorandogli la spalla. «Torneremo la prossima settimana, come d'accordo.»

«Tu lo sapevi? La storia di sua mamma, intendo.»

Lei scrollò le spalle senza guardarlo. «Come avrei potuto saperlo?»

«Non lo so, tu e lui mi siete sembrati, come dire... molto in confidenza. Come se vi conosceste da tempo. C'è forse qualcosa che non so?»

Marta esitò per un momento. «Certo che no», gli disse infine, tornando a sorridergli.

Ma Alex, che pur si guardò dall'insistere, non ci cascò. Tirando dritto verso la macchina, continuò a conversare con lei e nel frattempo sperava che, presto o tardi, potesse tradirsi. Non gli erano mai piaciuti i segreti.

   
 
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