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Autore: Marcuc    25/10/2022    3 recensioni
*Sono tornata*
-Dal primo capitolo-
Lei in quel momento, con gli occhi umidi, col panico e i suoi nervi suscettibili, era diventata la nuova Mirtilla Malcontenta in carne ed ossa. Tutti evitavano quel bagno per colpa sua, la nuova infestatrice insopportabile e piagnucolona. «Fantastico!» le scappò detto ironicamente.
....
Dal 4° capitolo:
« No che non va bene... » singhiozzò « sono rimasta sola! » chiuse gli occhi e si lasciò andare ad una vera e incontenibile disperazione, alle lacrime genuine di chi tira fuori le sue angosce e i suoi guai tutti interi.
La guardò impotente senza cercare alcun altro contatto, temendo ciò che una mano su quel volto deformato dal pianto, un abbraccio di consolazione, un pollice che asciugava le lacrime brucianti, avrebbe cambiato tutto troppo in fretta. « Non sei sola, Granger. » le sussurrò stringendo ancora l'unico pezzo di loro che si mischiava.
La scopro anche io con voi, man mano che scrivo. Con la speranza che non siate stanchi delle Dramione!
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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Eccomi, sono tornata dopo due anni e una vita in mezzo. Mi era tornata la voglia di scrivere e so che voi avete sempre letto. Nel frattempo sono diventata mamma di uno splendido bambino e questa nuova era di scrittura coincide con la voglia di uscire da una bruttissima Depressione Post Partum. Spero che apprezziate e grazie se avete atteso!
Sara





IO C’ERO!

 





Granger,
se dovesse essere più freddo del previsto ho un camino nella casa che affitto e mi è avanzato un po’ di alcool in varie forme!
Malfoy
 
Non era un esplicito invito a passare le vacanze primaverili con lui, ma conoscendo Draco Malfoy poteva considerarlo come tale, le fu recapitato a casa nemmeno ventiquattro ore dopo aver inviato la sua lettera personale all’amico.

Era arrivata al lavoro la mattina dopo con una strana sensazione di euforia, pronta a chiedere al Ministro almeno quattro giorni di pausa da passare all’estero. A pranzo le vennero concessi, come il permesso di creare una Passaporta tracciabile, da usare entro tre giorni da quello.

Arrivò alla fine della giornata senza quasi rendersene conto. Mancava mezz’ora e stava finendo di compilare le sue ultime mappe per l’arringa introduttiva, quando bussarono alla sua porta.

«Avanti.» disse senza distogliere lo sguardo dal suo lavoro.

La segretaria fece un passo avanti e disse: « Signorina Granger, c’è un testimone del processo Stoev che vorrebbe parlarle.»

Hermione alzò lo sguardo scocciata: «Non ne posso più gestire di testimoni, passalo a Burrow... lo avrò ripetuto un migliaio di volte. Se protesta sono disposta a fargli vedere la mia lista di oltre 180 persone da gestire.» dichiarò con veemenza.

Lei arrossì di botto: «Ho provato a spiegarlo al signore, ma dice di essere un suo caro amico e ha insistito per incontrarti.» era visibilmente in difficoltà.

Hermione si pentì subito di averla rimproverata, interruppe ciò che stava facendo e chiese con tono più gentile: «Un vecchio amico?» aggrottò la fronte perplessa «Nome?»

«Dice di essere Viktor Krum, non saprei dirle se sta mentendo...» balbettò.

Guardò l’orologio. Voleva dedicarsi alle valige quella sera, perciò disse sconsolata: « Va bene, assicuriamoci che sia Krum almeno. Fallo entrare.» lo disse più per rimediare al tono che aveva appena usato con lei che per vera voglia di assecondare le prepotenze di chicchessia, fosse pure il giocatore più talentuoso del Mondo Magico.  Oltretutto non pensava che Krum, agli onori della cronaca sia per le sue avventure sentimentali che per le sue prodezze sportive, avesse tempo di andarla a trovare per aiutarla con un processo in cui non c’entrava niente: Stoev era diventato Preside a Durmstrang molto dopo che lui si era diplomato e non aveva insegnato lì prima di dirigerla, arrivava da cattedre della Russia siberiana, non potevano conoscersi se non grazie alle reciproche reputazioni.

Joy annuì in silenzio e sparì sorridendo sinceramente, comprendeva che la sua superiore volesse riparare al tono appena usato e che di certo non lo aveva usato per farla stare male, la ragazza era la prima a sapere degli stress a cui era sottoposta e del numero di caffè che ingurgitava al giorno.

Hermione sentì Joy dire qualcosa a qualcuno lentamente e chiaramente, poco dopo apparve alla sua porta un ragazzo poco più adulto di lei, che non la superava di molto in verticale, fiero e sicuro si diresse verso la scrivania attraversando l’ufficio come se ne fosse il padrone.

Hermione avvampò e si alzò di scatto: «Viktor!» cinguettò, imbarazzandosi del tono subito dopo averlo usato. La sua segretaria era decisamente a digiuno di Quidditch e giornali di gossip, pensò tra sé, quello era sicuramente il famosissimo Viktor Krum.

«Hermione!» le sorrise lui mentre lei superava l’impaccio e la scrivania e si preparava ad abbracciarlo.

Si strinsero forte, non si vedevano da tanto tempo, se non sulle copertine delle riviste o sulle pagine dei giornali sgranati e in bianco e nero, o almeno era sicura che lei era quella dei due che incrociava sue foto nei giornali inglesi.

«Che bello vederti!» esclamò Hermione indicandogli una poltroncina dove avrebbe potuto accomodarsi, mentre recuperava il suo posto e dava ordine ad una teiera di servire il tè ad entrambi.

Si persero un po’ in convenevoli, qualche veloce aggiornamento sugli itinerari del giocatore e sulle partite in programma. Non aveva fatto passi da gigante con l’inglese ma era molto più comprensibile di quando lo aveva incontrato al matrimonio di Bill e Fleur. Approfittò di una pausa per prendere un sorso di tè fumante che Hermione gli aveva fatto levitare davanti e incupendosi un po’ svelò i veri motivi della sua visita: «Saputo che Stoev è scoperto. Volere testimone contro lui.» disse lentamente ma con decisione e rabbia.

Lei aggrottò la fronte: «Non mi risulta che tu sia mai stato suo alunno.» disse sistemandosi meglio sulla poltrona, pronta ad ascoltarlo.

Krum scosse la testa e al contempo, con un colpo di bacchetta, fece apparire vari fogli di pergamena che andarono a posarsi davanti alla donna: «Io no, sorella Mila in sesto e settimo anno Stoev arrivato a Durmstrang. Qui mie e sue lettere prima che lui vietare di scrivere a me, perché leggevano nostre lettere.» spiegò.

Hermione non aveva idea che lui avesse una sorella più piccola, pensò che era stato molto bravo a nasconderla alla stampa internazionale. Prese le lettere provò ad esaminarle ma non ci capì molto, erano scritte in alfabeto cirillico. Nonostante questo sembravano autentiche: « Le farò tradurre e autenticare da un esperto, intanto mi faresti un piccolo riassunto? Almeno so cosa aspettarmi.» chiese rispettosamente.

Lui annuì ancora: «Stoev arrivato due ultimi anni mia sorella e scvola diventata peggio. Mi raccontava in prime lettere di incantesimi malvagi che faceva fare a bambini, a professori… a tutti. Lui fare discorsi dove dire che Voldemort non cattivo, che Voldemort fatto bene e male che era morto. Insegnanti che protestava venire fatto uscire per sempre da scuola. Altri insegnanti, anche conosciuti me, o avere accettato o credere veramente un poco a discorsi che fare Stoev.» si passò le mani tra i capelli quasi disperato. «Fu anni terribile, cattivo. Protestavo con Primo Ministro, ma io non ascoltato. Lavoravo tanto con Squadra e non potevo fare di più. O forse io fatto… fingere di non vedere e non cercare verità perché pensato solo a me. Stupido.» disse con severità quasi ringhiando di rabbia contro sé stesso « Però vero che Stoev bloccato gufi di studenti e professori che non d’accordo e mettere dure punizioni a Mila, ho scoprire grazie a moglie di insegnante che parlare me, che marito essere triste per suo lavoro. Ma già troppo tardi per fare qvalcosa. Mia sorella diplomata con bassi voti. Ma lei brava. Intelligente. Non meritava. Miei genitori fare niente, essere molto anziani, poi perché vergogna tanto per bassi voti Mila, non credere lei e me, ma anche paura per qvello che potere fare Stoev. Tante cose.» finì il suo riassunto guardandola disperato. « In fogli anche copia lettere che mandato a vecchio Ministro Magia Bulgaro e prove da parte di mio avvocato di quello che detto ora. Vecchio Primo Ministro cattiva persona. Combattuto per Voldemort, ma in Bulgaria. Ora morto.»

Hermione non aveva mai avuto certezze che il vecchio Ministro della Magia bulgaro Petar Velikov fosse colluso in qualche modo, ma lo aveva sospettato più volte. In Europa tutti avevano paura di contraddirlo nonostante non avesse più potere di un altro qualsiasi Primo Ministro del Sovraministero. Hermione lo aveva conosciuto in una visita ufficiale poco prima che Velikov morisse, era stato l’incontro più sgradevole che avesse mai avuto in tutti i suoi anni di lavoro e di gente disgustosa ne aveva vista.

Quando aveva preso l’incarico di Pubblico Ministero accanto a Shacklebolt aveva constatato che, anche se Velikov non era più in carica, continuava a esercitare una sinistra influenza sul Parlamento del suo paese tanto da mettere in difficoltà il suo successore, l’attuale Ministro della Magia bulgaro, Dimitri Hristrov.  Quest’ultimo era stato da sempre bendisposto verso la parte democratica e moderata del Mondo Magico, era stato eletto probabilmente per dare l’impressione che la guerra avesse sortito buoni effetti anche in quella parte di Europa, ma era solo un volto pulito nella mano del partito conservatore che agiva alle sue spalle, certi atteggiamenti razzisti erano ben radicati e nascosti in quella società e nei suoi collaboratori da rendergli impossibile il lavoro.

Hermione aveva letto vecchi registri e sapeva che Hristrov si era rivolto al SovraMinistero Europeo numerose volte per chiedere indagini nello stesso partito in cui era stato eletto e per i suoi elettori che sospettava essere stati corrotti, fallendo; non aveva suscitato niente di più di uno sguardo superficiale da parte delle istituzioni, erano risultati perfettamente puliti e limpidi, o almeno così davano l’impressione di essere tutti. Nessuno prima di lei aveva fatto molto. Hermione aveva un ottimo rapporto con Hristrov era stato lui a mettergli la pulce nell’orecchio e a pregarla, tra le righe, di controllare almeno Durmstrang dove sospettava che le regole comuni non fossero seguite per niente a discapito dei bambini che la frequentavano e di chi ci lavorava, aveva cominciato da tempo a tenere d’occhio Stoev.

Quando Kingsley era diventato anche presidente del SovraMinistero, durante il terzo mandato come Primo Ministro Inglese, aveva chiesto ufficialmente ad Hermione di andare in profondità nel buco nero che era l’Est Europa Magico, ben conscio che troppo era stato ignorato e prendendo seriamente gli appelli del primo Ministro Hristrov. Purtroppo, per Hermione e Kingsley, il Presidente del SovraMinistero Europeo precedente non poteva essere perseguito per la sua incapacità nel svolgere il suo mandato o, come la chiamava Hermione quando ne aveva parlato ad Alex, “per la sua schifosa omertà da francese snob”.

«Tua sorella dovrebbe venire a testimoniare.» disse guardandolo e facendo tre copie di ogni foglio che lui le aveva consegnato.

Krum si rabbuiò: «Mia sorella non testimoniare. Mi ha lasciare da qvattro anni, brutto sortilegio preso lei, ammalata, niente da fare.» gli occhi si inumidirono per un solo secondo, per poi tornare duri ed impenetrabili come sempre.

Hermione interruppe il suo scartabellare: «Oh... mi dispiace.» sussurrò guardandolo costernata e in pena per lui. Rimasero in silenzio a lungo, non si sentiva di fare ulteriori domande su quel suo dolore, ma sapeva che quella testimonianza indiretta era carica di un torto mai riconosciuto e appianato, e per questo più terribile nella sua ingiustizia.

Krum indicò i fogli che lei aveva in mano: «Ti porto qvesto per fare giustizia. Per suo ricordo. Piccola donna forte. Come te.» aveva ripreso contegno e la sua voce risuonò dura e decisa. « Sapere che tu sola può fare.»

Hermione arrossì ma non disse nulla di rimando. Se non: «Metterò tutto tra le prove. Grazie Viktor, questa è una testimonianza molto importante, me ne occuperò personalmente. Anche per tua sorella. » in silenzio concluse il compilare di un po’ di scartoffie, ripose i fogli in un piccolo schedario protetto da incantesimi e si preparò a congedarlo aveva ancora tanto tempo per fare le valige: « Se riesci a rimanere qui in Inghilterra, per la prossima settimana diciamo... » consultò l’agenda in cui aveva deliberatamente tolto i quattro giorni per andare in Bulgaria «... che ne dici di lunedì prossimo? Per la deposizione.»

Scosse la testa e ad Hermione le mancò un battito. Quel diniego voleva dire una sola cosa prima che lo esprimesse verbalmente.

«Io rimango Gran Bretagna per tre giorni, possibile farlo domani o domani ancora. Ho partita importante in Sud Africa.»

Ecco. «Veramente...» rimase in sospeso indecisa se dirgli che sarebbe partita per una breve vacanza nelle sue terre, ma gli aveva promesso che si sarebbe occupata lei di lui, inoltre non le sembrava molto opportuno abbandonare quella situazione così delicata per un momento di svago. Lei era una che rispettava le sue promesse: «Va bene... se puoi solo così... va bene.» gli chiese di aspettare un attimo e si affacciò dal suo studio rivolgendosi alla segretaria che stava già prendendo le sue cose per andarsene: « Joy, gentilmente, prima di andare annulleresti il mio viaggio di domani e passeresti all’ufficio trasporti per annullare le mie Passaporte? Segna due ore di straordinari, una per oggi a pranzo e una per adesso.»

«Ma, signorina Granger non saranno neanche venti minuti di lavoro in più sommati insieme, due ore sono eccessive.» anche se sapeva inutile la rimostranza, le rispondeva sempre allo stesso modo.

«Tu segna, domani controllo e se non l’hai fatto ti aggiungo quattro ore di mio pungo.» le fece l’occhiolino « Rimarrò qui queste vacanze. Ma non è necessario che rinunci alle tue ferie di primavera, devo solo prendere una deposizione, riuscirò a farcela anche da sola. Divertiti.» e rientrò dentro subito dopo che la ragazza la ringraziò imbarazzata.

Non le piaceva che i suoi sottoposti non venissero ricompensati adeguatamente se le facevano un favore personale, tanto più se si trattenevano più del necessario.

Joy si era dimostrata fin troppo paziente, il primo giorno di lavoro era rimasta alla sua scrivania fino a che Hermione non se n’era andata, a mezzanotte inoltrata. L’aveva trovata addormentata, la scrivania tirata a lucido, il lavoro di una settimana completato. Si era giustificata dicendo che suo padre le aveva insegnato che non si va mai via prima del proprio superiore e si era scusata per essersi addormentata.

Il giorno dopo Hermione l’aveva chiamata nel suo ufficio, le aveva imposto di andare a pranzo alle dodici spaccate, di togliere le tende alle sei del pomeriggio in punto e che se avesse avuto bisogno di qualcosa l’avrebbe chiesta prima di quell’ora. Aveva messo in chiaro che anche un minuto in più a quella scrivania dell’orario che le aveva dato, avrebbe significato un’ora di straordinari che avrebbe pagato lei stessa. Avevano stabilito insieme una tabella e ogni mese le ore segnate Hermione le decurtava dal suo stipendio e con discrezione le consegnava il sacchetto di galeoni puntuale ad ogni quindici del mese, con un documento firmato.

Inutili le proteste di Joy a cui sembrava eccessiva una soluzione del genere. Hermione le aveva risposto che non avrebbe mai dovuto permettere a nessuno, nemmeno ai suoi superiori, di sminuire il valore del suo tempo.

Quando si risedette alla sua scrivania notò che Viktor non si era mosso dalla sua postazione, sembrava voler rimanere lì ancora a lungo.

«Per oggi non è necessario fare altro, domani puoi venire verso le dieci e mezzo, così cominciamo i lavori di testimonianza. Essendo indiretta sarà sufficiente che scriviamo quanto hai da raccontare. Sarà veloce e sarà trasmesso tutto alla Giuria del Sovraministero durante il processo. Per il processo avrò bisogno solo dell’avvocato che ha convalidato queste lettere.» Spiegò lei.

Lui annuì:«Grazie per quello che fare tu.»

«Figurati, che si ottenga giustizia è la cosa più importante.» Lei prese una pergamena bianca e una piuma, scrisse l’orario e il luogo della deposizione e glielo passò, sicura che se ne sarebbe presto andato per darle modo di scrivere a Draco che non si sarebbero visti quelle vacanze.

Ma lui non aveva ancora intenzione di andarsene.

Hermione lo guardò interdetta, non sapendo se salutarlo o meno per prima. «Hai da dirmi altro a proposito di Stoev?»

«No, detto tutto.»

«Bene, allora ci vediamo domani mattina.» disse alzandosi per salutarlo ed accompagnarlo alla porta.

Ma lui non si alzò, la guardò da cima a fondo piuttosto languidamente e si sistemò sulla poltroncina. Hermione si risedette a sua volta, ben decisa a non far emergere l’ennesima scocciatura che le stava arrecando quel giorno, nonostante le facesse piacere rivederlo e lo trovasse ancora affascinante e misterioso, si sentiva che le aveva tolto un diritto fondamentale: prendersi tre giorni di ferie. Ma fu un attimo, ripensò che lui rispetto a lei di ingiustizia ne aveva subita una molto più grande che andava aggiustata.

Attese di scoprire perché non accennasse ad alzarsi, farle completare le preparazioni per il giorno dopo e farla rimanere sola con la sua lettera a Draco.

«Cosa fare tu stasera?» chiese Krum dopo un paio di minuti di silenzio a fissarla.

Hermione si strinse nelle spalle: «Finisco di preparare per domani e torno a casa.» disse indicando la marea di fogli sotto le sue braccia.

«Avere fidanzato che aspetta te a casa?» chiese sfacciatamente ma, in qualche modo, molto sicuro che gli avrebbe detto di no.

«No, vivo sola. » disse arrossendo e ringraziando per il fatto che anche lui fosse digiuno di articoli scandalistici che la riguardavano. Non si voleva certo trovare a rivangare la storia archiviata male con Alex.

Si sporse con malizia e vigorosamente le disse senza chiedere: «Allora venire cena con me in posto trovato in paese poco lontano qui.» le sorrise con malizia, quasi sfidandola a rifiutare.

Per un attimo ricordò di quando le aveva chiesto di andare al ballo con lei e di quanto fosse diverso da quel momento. A quel tempo si erano visti in biblioteca ad Hogwarts, non era la prima volta che lo sorprendeva seduto poco lontano dal suo tavolo da studio preferito. Molto dopo che si era accomodata, aveva sparso sul piano di cedro i libri che le servivano e che lui platealmente aveva iniziato a fissarla, si era deciso e le era andato incontro quasi impacciato, si era inchinato rigido e aveva chiesto, senza guardarla e in un inglese stentato, se volesse farle l’immenso onore di accompagnarlo al Ballo del Ceppo la notte di Natale. In quell’occasione le era sembrato quasi timoroso di un rifiuto.

Era decisamente cambiato da allora e quasi le mancava il vecchio Krum.

Hermione arrossì e balbettò, lei non era cambiata da allora, almeno non in quello: «Io... non... ho ancora un’ora qui... poi... » stava cercando un modo gentile di declinare l’offerta ma non era così sicura di volerlo.

Non sembrò cogliere la riluttanza:«Non importare me. Aspetto te. Valere pena.» disse «Per ringraziare te e tuo lavoro.» chiarì.

Hermione boccheggiò, non era brava a rifiutare qualcosa al suo passato. Annuì:«D’accordo, Viktor. Grazie.» radunò i fogli con il proposito di arrivare un po’ prima in ufficio il giorno dopo per poter completare il lavoro. « Ci vediamo qui davanti alle sette? Va bene?»

Sembrò entusiasta:« Certo. Essere perfetto!» si alzò e finalmente si mosse verso la porta «Grazie di accettare.» disse prima di aprire e di andarsene.

Hermione mentre lo salutava pensò che se fosse andata via all’ora di pranzo, come le aveva suggerito Kingsley, non avrebbe mai dovuto rinunciare alle sue ferie.

Prese un foglio di pergamena vuota e la sua piuma di fagiano :

Caro  Malfoy,
il tuo “invito - non invito” mi aveva del tutto convinta a raggiungerti, purtroppo non posso muovermi da Londra, un testimone molto importante e molto indaffarato altrove è emerso oggi alle cinque e mi ha incastrata. Vorrei poter dirgli di no e lo avrei fatto se fosse stato qualcun’altro.
Quando al processo scoprirai chi è forse sarai contento che sia rimasta. Sottolineo il forse, perché non ne sono così convinta, come non sono così convinta che sia una buona cosa che rinunci ad una bella vacanza in Bulgaria per lui.
Diciamo che lo faccio anche per te.
Insomma, scusa.
Non so quanto tu ci contassi, ma a me dispiace comunque. Spero che la schizofrenica valanga di informazioni ti convinca che mi sento un po’ frustrata da tutta questa situazione.
Porta pazienza. Se non altro, tornerai fra poco più di tre mesi, ci rivedremo allora. Stavolta per sempre.
Passa buone vacanze e fatti un goccio anche per me.
Miseriaccia... Avrei tanto voluto venire...
Con affetto e frustrazione,
Hermione
 

Affidò la sua lettera alla sua civetta che partì subito. Raccolse le sue borse e lasciò l’ufficio.

Non sapeva che quella breve corrispondenza personale si era appena conclusa con quell’ultima dichiarazione di fallimento. Hermione passò a casa a lavarsi in un lampo e a mettere un vestito meno austero.

Puntuale si ritrovò nella Londra Magica fuori da un edificio che ospitava camini pubblici, era vestita con un abito semplice, dai colori tenui, i capelli sciolti, un velato trucco ad armonizzare i suoi colori naturali e un golfino che portava penzolante al braccio. S’incamminò verso il Ministero, le ci vollero parecchi minuti prima di vedere il grande portone d’ingresso stagliarsi imperioso all’inizio della via, lì davanti vide Krum che l’attendeva seduto su una panchina. S’accostò a lui e la loro serata cominciò.

Mangiarono in un ristorantino poco lontano, come le aveva detto il ragazzo, fu una serata piacevole dove si raccontarono molte cose delle loro vite, almeno ciò che non era stato spiattellato sui giornali. Hermione raccontò del suo lavoro per i diritti degli elfi, della sua promozione e accennò alla relazione con Alex, restia a dirle il modo tragico in cui era finita. Lui raccontò dei suoi viaggi, dei retroscena della fama, accennò di Ginny, disse di averla avuta contro in un campionato internazionale e che era un’ottima giocatrice.

A fine serata si spostarono in un bar sempre sulla stessa via per godersi la serata primaverile. Si erano seduti ad un tavolino all’aperto, sorseggiando del vino pregiato.

«Viktor, posso chiederti una cosa un po’... come dire... un po’ più personale?» disse lei dopo un lungo silenzio.

Lui si sporse un po’: « Certo! Tu può chiedere tutto a me.» la guardava talmente intensamente da farla arrossire.

Hermione abbassò lo sguardo concentrandosi sui bordi del bicchiere. Sospirò: « Come si sopporta che la tua vita sia sui giornali...? Insomma. Ogni volta che parlano di me, non a livello lavorativo, io... sono invasa dalla rabbia e dalla vergogna. Mi sento impotente. Non riesco a farci l’abitudine. Tu senti lo stesso?»

Krum si era un po’ abbattuto a quella domanda, forse si aspettava che gli chiedesse altro. Ci pensò su, forse si prese il tempo per capire la domanda, intricata anche se fosse stata posta nella sua lingua madre. Poi rispose: «Non credo di potere spiegare. Io non avuto vita fuori da giornali. Da qvando avere sedici anni. Non credo che fino qvando morire avrò vita diversa.» disse delicatamente « A inizio mi ricordare che qvalche volta pensare che Krum di cui parlare i giornali non essere io. Per sopportare. Capisci?»

Annuì:« E funzionava?» chiese speranzosa. Non la trovava una cattiva idea, fingere che lei non fosse la Granger di cui parlavano, adottare con sé stessa un nome diverso per distaccarsi dai gossip, dalle falsità, dalle pesantezze. Non poteva controllare tutto ciò che scrivevano su di lei, ma non poteva neanche ignorare quanto si sentisse impotente leggendo certi articoli. Poteva smettere di leggere il giornale solo perché quattro o cinque reporter non avevano di meglio da fare che informare la comunità magica di dove preferisse andare a bere un tè o di quale colore preferisse indossare per lavorare? E come faceva a fingere che il suo nome scritto in grassetto nei titoli non attirasse la sua attenzione e che lei leggesse l’articolo perché si sentiva chiamata in causa?

Quando aveva cominciato a considerare l’idea di darsi un nome d’arte con sé stessa, per allenarsi a non leggere come se stessero parlando di star magica qualunque, Krum spezzò ancora le sue aspettative.

«Non tanto. » rise «Gente si fermava davanti mia casa per sapere tutto. Poi mio avvocato... no avvocato...» pensò a qualche fosse il ruolo che cercava di tradurre, optò per:«poi pagare uomo che parlare con giornali posto mio e controllare e io smesso di leggere cose su me. Prima fare tante ore tribunale per cause per falsità. Poi togliere ore su campo Quidditch e lasciare perdere. Tolto ore a Mila per preoccuparmi. Io tribunale giorno che lei morire… contro giornalista che dire falsità su me e mia fidanzata di anni fa. Non essere più entrato in tribunale dopo morte Mila. »quasi si arrabbiò ancora svelando quel ricordo doloroso e carico di senso di colpa. Ma continuò:«Ora basta, io adulto forte dopo tante cose dette, non pagare più nessuno per controllare giornali. Non leggere e basta. Solo se cosa interessante su scommesse o su articoli divinazione per partite.»

Hermione alzò un sopracciglio scettica. Ma poi lo riabbassò in tutta fretta, non era affar suo in cosa credesse Krum.

«Giornali infastidire tanto te? Per cosa infastidire?» chiese per continuare il discorso.

«Eh... su tante cose. » sospirò e si confidò «Non posso prendere una decisione senza che l’Inghilterra -e a volte anche altri Stati-, ci discutano. Una volta hanno scritto un articolo sul numero di caffè che bevevo in una giornata.» ripensò che lo aveva trovato curioso e innocuo finché non aveva sorpreso due funzionari del Ministero discuterne con aria grave prima di una riunione fulminando giudicanti il suo termos pieno, in quell’occasione lei, per soggezione, non aveva osato toccarlo. «Dalle cose più piccole a quelle più grandi, quelle che dovrebbero essere solo mie, l’Inghilterra ne discute e mi giudica. E se faccio qualcosa di sgradito nella mia vita privata anche la mia vita lavorativa viene influenzata. » disse con risentimento «Posso proporre le leggi più belle del mondo ma se il giorno prima ho messo una maglia color mattone -che ho scoperto non starmi bene- molte colleghe e colleghi disapproveranno anche il mio lavoro almeno all’inizio ed io per certe cose devo spenderci il doppio del tempo. È invalidante.» si lamentò ignorando che probabilmente lui del discorso avesse capito la metà o meno.

Krum spostò la sua sedia e si avvicinò molto ad Hermione che s’impose di non indietreggiare per non offenderlo. Almeno finché lui non chiese maliziosamente: « E approvare loro che tu uscita con Krum?»

Hermione lo guardò e scoprì che il suo volto era molto vicino, si sentì libera di indietreggiare leggermente: «Non so. Quando saranno i mondiali? » cercò di prenderla con ironia.

«Tre anni.»

«Allora potrebbero approvare. È una cena tra vecchi amici finchè non ti troveremo contro la nostra nazionale di Quidditch. Altrimenti saremmo stati il nemico pubblico delle masse, o almeno io PM Eroina che flirtavo con il nemico pubblico delle masse. Alto tradimento.» ridacchiò.

«Allora aspettare tre anni così non essere solo cena tra vecchi amici anche per te e per Inghilterra.» non demordeva, Hermione sentiva il suo fiato sfiorarle le gote.

Deglutì leggermente a disagio: «Non lo è per te?»

Chiuse gli occhi rassegnato e ridacchiò tra sé. La stava provocando? La stava corteggiando?

Rimasero ancora in silenzio, per qualche minuto in cui sorseggiarono dai loro calici, ancora molto vicini.

«Giornali rovinare tua storia con Alex?» chiese Krum sinceramente interessato.

«Non del tutto, hanno influito solo in parte. Hanno scritto molto su di me quando abbiamo rotto. Lui essendo babbano non li ha letti.» spiegò.

«Perchè avere rotto?» chiese ritornando sull’argomento di ore prima.

«Per tanti motivi.» Cercò di tagliare corto Hermione, era riuscita tanto bene ad evitare l’argomento, sarebbe riuscita anche in quel momento, era decisa a farlo e anora non del tutto guarita da quel tradimento.

«C’era altro ragazzo?» non demordeva mai, su nulla.

«No. C’era un’altra ragazza per lui.» criptica e anche un po’ bugiarda.

«Mi spiace. » disse catturando il suo sguardo e sorridendo apertamente con soddisfazione.

Sbuffò arrossendo «Che bugiardo.» e scoppiò a ridere.

Lui si unì a lei, fu un momento esorcizzante, Hermione si sentì un po’ alleggerita da quella pena.

«Ok, dispiace solo se tu stata tanto male.» disse lui per riparare alla poca delicatezza dimostrata con la sua convenevole bugia.

«Sono stata un po’ male.» ammise, ma sorrideva ancora.

Con rispetto ritornò sul discorso dei giornalisti: «Qvindi ora giornali non possono dire niente su te e fidanzato se non avere. Di cosa paura? Di parole su caffè, vino, colore bello per te? Tu non dare vista a certe cose. Se tu smettere di vivere per articoli e vivere per come piace te, anche per colore maglia tuo preferito, per vino, caffè… tu stare meglio, altri non leggere più e ascoltare te perché tu sicura di tuo gusto.» disse con sicurezza.

Hermione gli sorrise con dolcezza: «Grazie Viktor, questo è davvero un buon consiglio.» convincere sé stessi per convincere gli altri, nel lavoro così come nelle sciocchezze, era la strategia che aveva scordato di applicare in un grossa parte della sua vita.

«Hermione, poca cosa mie parole.» le sorrise di rimando «Ricordo che anche scuola tu essere preoccupata per ciò che dire giornalista su giornale... con Harry Potter, me... Anche lì troppo preoccupare per opinione altri. Tu per me bella. Ora bella. Se per altri no, noi non importare. Vivere giorni felici.» disse convinto per poi continuare infervorato: «Come Quidditch io fan squadra contro, ma io felice per fan squadra mia. Mentre altra sqvadra avere fan miei contro ma essere contenta per fan suoi. Tutti i fan possono fare i fan. Non potere giocare per essere contenti tutti i fan, perché così dovere giocare per due sqvadre stesso momento. Non possibile. Allora io gioco, altri guardare, tutti loro ruoli. Tu lavorare, amare persona, vestire, bere e mangiare... avere fan, avere contro fan. Tu giocare. Punto. Basta. Tuo ruolo fatto.» gli fece l’occhiolino e continuò «Ah, tua sqvadra essere tu e tua vita. Nessuno che guardare solo può sapere cosa significare giocare in campo. Solo tu può sapere perché fare mossa quella lì o mossa altra. Ad esempio tu avere dormito poco per lavorare tante ore, servire caffè per svegliare. Fan o contro fan non potere sapere. Lasciare parlare. Tu giocare in campo e allenare prima. Sapere che altri non essere te, dovere bastare a sentire libera di fare scelte.»

Era un consiglio sorprendente sagace che usciva da quelle magnifiche labbra. Gli sorrise «Sei diventato molto saggio Viktor.» Non amava le metafore sul Quidditch ma quella le era piaciuta molto.

Ridacchiò: «In bulgaro essere molto più saggio.»

Risero insieme e continuarono a sorseggiare vino costoso, concedendosi un altro calice. Qualche volta la gente che passava si voltava guardarli platealmente, come se stessero osservando due soprammobili curiosi, ma Hermione forte dei solfiti e del consiglio appena ricevuto, si apriva in un sorriso rassicurante e li guardava sorpassarli. Non pensò neanche che sicuramente il giorno dopo ci sarebbero stati articoli chilometrici su quella rimpatriata.

A mezzanotte inoltrata lasciarono il loro tavolo pagando una lauta mancia e s’incamminarono verso i camini pubblici alla fine della via: «Dove alloggi?» chiese Hermione tirando fuori un sacchetto di Metropolvere dalla borsa.

«Locanda Folletto d’Oro.» rispose lui riluttante.

Lei lo guardò: «Ah, è poco lontano da qui se non ricordo male, forse non hai bisogno della Metropolvere.»

«Sì, essere strada piccola la.» indicò un vicoletto a pochi metri sulla sinistra «Prima di strada grande per Diagon Alley.» Non sembrava molto propenso ad imboccarla. «Tu dove abitare?» chiese con speranza.

Hermione tentennò:«A qualche camino di distanza, al confine con la Londra non magica.» non sapeva cosa si aspettasse lui da quella serata, o forse lo sapeva, ma non sapeva ciò che lei voleva da quella serata.

«Io accompagnare te a camino. Per proteggere.» disse senza possibilità di replica.

Hermione non se la sentì di impedirglielo, aveva ancora parecchi metri da fare da sola e in semioscurità. Ma sapeva che quella concessione aumentava le aspettative di lui.

Era una notte serena e quasi calda. Camminarono in silenzio per un bel pezzo.

«Tu domani venire a pranzare con me dopo deposizione? Io partire sera, non posso offrire cena. Ma pranzo posso offrire.»

Hermione sorrise: «Mi hai già ringraziato tanto stasera.»

«Non essere abbastanza. Tu fare molto per memoria mia sorellina e per pace me. Pranzo essere minore.»

Erano arrivati alla struttura che ospitava i camini pubblici, Hermione aveva già tirato fuori la Metropolvere: «Faccio solo il mio dovere, Viktor, il fatto che ti aiuti è una bella cosa in più. Comunque vediamo quanto tempo ci vorrà per la deposizione e quanto lavoro avrò da fare.» Allargò le braccia per un saluto. «È stata una bellissima serata, ti ringrazio.» disse sinceramente.

Krum quasi si tuffò su di lei e l’abbracciò forte. «Ringraziare io te. Anche per me essere stata bella serata.» disse in un sussurro al suo orecchio che le fece venire i brividi.

Quando venne il momento di staccarsi Krum le posò un bacio delicato sulla guancia, vicinissimo alle labbra. Ma lei non si scostò. Le dava così piacere quella sensazione ritrovata. Così lui prese coraggio e le posò un altro bacio delicato, stavolta a piene labbra, che Hermione accolse. Viktor la strinse a sé e il bacio divenne ancora più audace e lei ne partecipò attivamente.

Hermione tornò indietro nel tempo, a quel bacio in biblioteca, il suo primo bacio, con quel ragazzo divenuto l’uomo che aveva lì. Si sentì ragazzina inesperta come allora, fiore sbocciato scoperto nell’angolo più remoto di una foresta di pino e cellulosa. Si lasciò andare senza pensare, aiutata da quel vino elfico e dalla dolcezza e devozione di Krum, da quel ricordo, senza preoccupazioni spense il cervello e rispose perché in quel momento le serviva quello, perché era facile, perché non voleva pensare che fosse ingiusto.

Dopo un minuto lui si staccò per dire:«Tu venire in Locanda con me.» ansimava, preda dell’eccitazione della vittoria.

E d’un tratto non era più il ricordo di un amore ragazzino, diventò adulto e la riafferrò dalle nuvole in cui era volata. Tornò la donna e la professionista che era tutti i giorni, tornò a dover rispondere ad adulte richieste di qualcosa di più.

Hermione scosse la testa e lo guardò dal basso, rossa in volto come una scolaretta: «Non posso.» sussurrò. Quando aveva parlato l’incantesimo era finito e si era sentita tremendamente pesante e sola, tutta l’ingiustizia di quel bacio l’aveva investita e un volto si era fatto largo tra i suoi pensieri prepotentemente, facendola vergognare.

«Perché?» chiese lui, ma senza accusa, senza giudizio. Chiese e lei avrebbe potuto anche non rispondere.

Avrebbe potuto inventare qualsiasi scusa ma le uscì detta la verità, una verità che non aveva mai detto ad alta voce: «Sono innamorata di un altro.» si morse il labbro vergognandosene.

Lui non la lasciò «E lui amare te?»

Hermione scosse la testa:«No, non credo... non lo so.» si accucciò sul petto dell’uomo vergognandosi: «Mi dispiace, Viktor... »

Lui la strinse a sé pazientemente: « Non importare, Hermione. Tu meritare che qualcuno che tu vuole amare e che ami te, io non rubare cuore che battere peraltro.» disse con delicatezza «Ma non io non mi pentire di avere corteggiato te. » ridacchiò.

Anche Hermione si sciolse in una risata: «Non devi pentirtene, infatti. Non sapevo di essere innamorata di un altro. »

Krum imprecò in bulgaro ma scoppiò in una nuova risata. Rimasero un po’ lì a ridere insieme ed abbracciati.
 
 
***

 
Passarono quattro settimane da quell’appuntamento e quel bacio, quattro settimane da quando aveva ammesso che era innamorata, quattro da quando aveva rinunciato alla sua visita a Draco e lui aveva smesso di scriverle per passare il tempo.

Aveva provato a mandargli un’altra lettera per scusarsi ancora per aver annullato il viaggio, due pagine di giustificazioni a cui Draco non si era degnato di rispondere. Le aveva rimandato Sandy a zampe vuote. Poi il lavoro si era messo in mezzo, quell’immane processo era iniziato e lei non ci aveva pensato quasi più a lui, almeno non in quel senso.

Neanche Krum le aveva scritto, non che se lo aspettasse, il giorno dopo l’appuntamento si era presentato alla deposizione ufficiale, l’aveva portata a pranzo come le aveva promesso senza far accenno a ciò che era successo la sera prima. Non era stato imbarazzante, finalmente era sparita quell’elettricità tra loro che era perdurata per anni, quel bacio ne era stato il degno finale. Sapeva che probabilmente non lo avrebbe rivisto mai più, se ne dispiaceva giusto un po’ ma non disperava per questa consapevolezza, era stato un pezzo importante della sua vita e non se ne pentiva, ma era finita.

Quel lunedì mattina stava preparando gli interrogatori dei primi quattro testimoni portati dalla difesa di Stoev quando un trambusto al di là della sua porta le fece alzare lo sguardo dalle carte per la prima volta dopo ore. Sentì Joy tentare di fermare qualcuno a voce molto alta e con un tono che non le aveva mai sentito usare prima di quel momento. Non fece in tempo ad alzarsi che Dennis Canon, del dipartimento dell’istruzione del Sovraministero, quasi sfondò la porta ed entrò nell’ufficio rosso di rabbia brandendo una pergamena. Hermione ne fu impressionata, lui era di quelli che non perdeva mai la calma. Dietro di lui un’agitata Joy provava a trovare le parole per scusarsi.

Prima che lei potesse dire qualcosa lui urlò: « COSA DIAVOLO È SUCCESSO? VUOLE CHE L’UCCIDO? » le sventolava davanti al volto quella che Hermione aveva intuito trattarsi di una lettera.

Fece un cenno a Joy per farle capire che andava tutto bene e lei si dileguò all’istante poi cercò di calmarlo: «Per favore, di chi è la lettera?» chiese senza perdere le staffe per la furia con cui era stata interrotta e aggredita.

« DEL MANGIAMORTE CHE STO CERCANDO DI RIPORTARE IN PATRIA! » sbraitò ancora. « PRIMA LE TUE FOTO ADESSO QUESTO, DEVO TRASMETTERE TUTTO AGLI AVVOCATI DIFENSORI, COME DIAVOLO NE USCIAMO? GIORNI E NOTTI, UNA FAMIGLIA CHE MI VEDE COSì RARAMENTE CHE MIO FIGLIO NON MI RICONOSCE NEANCHE PIÙ… »

Hermione capì immediatamente di chi stesse parlando anche se non capiva la parte delle foto, decise che stesse solo sproloquiando per arrivare subito al punto: «Non è un Mangiamorte Dennis, fammi leggere la lettera! » disse perentoria porgendogli la mano aperta.

Lui, che si era fermato a qualche metro dalla scrivania, la raggiunse per poi passarle malamente il pezzo di pergamena, girandosi indignato. Non smetteva di sbraitare insulti e mezze minacce, ma Hermione non si fece distrarre.

All’Attenzione del Responsabile del Dipartimento
dell’Istruzione del SovraMinistero Europeo,
con la presente intendo esprimere la volontà di rimanere in maniera permanente a servizio della Scuola di Magia e Stregoneria di Durmstrang come insegnante di Pozioni.
Poiché è ancora in vigore il regolamento secondo il quale a “nessuno che porti il Marchio Nero potrà essere permesso di entrare permanentemente in posti pubblici e quindi di fare carriera”, trovandomi in tale situazione di impossibilità non mi sento in grado di partecipare degnamente alla vita sociale e lavorativa Britannica.
Dato il cambiamento dell’assetto gerarchico nel corpo docenti di Durmstrang, dato che lo svolgimento del processo (qualsiasi sia l’esito) dovrebbe comunque tenermi al sicuro anche in questa sede, non vedo motivi per tornare in Patria.
Presto farò domanda per la residenza permanente in Bulgaria.
Cordialmente,
                                                                                                   Draco Malfoy


Hermione era allibita da ciò che aveva letto. Distruggeva non soltanto le speranze di rivederlo ma era una potenziale catastrofe per il processo che si stava svolgendo. Metteva in pericolo la sua credibilità e quella del SovraMinistero tutto. Non poteva capacitarsi che avesse fatto una cosa del genere dopo mesi ad accumulare prove… dopo tutto ciò che si erano detti.

Canon continuava ad imprecare da solo, lei cercò di raccogliere la calma ma era pericolosamente vicina ad esplodere nello stesso turpiloquio.

«Dannis ci parlo io. » disse dopo parecchi minuti e con tanto sforzo.

Lui si voltò, aveva il volto paonazzo e la furia non aveva abbandonato il suo volto «Quella lettera è stata scritta, il punto non è fargli cambiare idea! Potrebbe aver vanificato il lavoro di più di un anno. UN ANNO.» era così arrabbiato che quando urlava tremava violentemente.

«Può essere stato costretto a mandare questa lettera, magari gli altri docenti lo hanno minacciato…» provò a ipotizzare ma non ne era tanto convinta. Non citava a sproposito quella legge e tra quelle scritte, in quella calligrafia malferma e rabbiosa, aveva letto altro.

Il collega le arrivò ad un palmo dalla faccia sporgendosi sulla scrivania: «Non ha una squadra di protezione che è lì proprio per evitarlo?»

«Possono averla raggirata… » provò ancora a giustificarlo.

«Quindi mi stai dicendo che nella migliore delle ipotesi ci aspettano altri mesi di indagini sfiancanti anche sul nostro Dipartimento della Difesa, mentre nella peggiore dovremmo costruire daccapo un caso che era praticamente già chiuso?» la interruppe.

«Senti Dannis ci lavoro quanto… anzi più di te a questo caso e da più tempo, levati dai Boccini che me la sbrigo da sola.» disse afferrando cappotto e ventiquattrore e camminando a passo svelto verso la porta dell’ufficio. Se la sbattè alle spalle lasciando il ragazzo a sfogare lì la sua rabbia.
 



Quattro ore dopo mezzogiorno Hermione atterrava con una Passaporta Speciale in un campo aperto in Bulgaria, a passo marziale superava gli incantesimi attorno alla scuola seguita a debita distanza da Harry e Ron completamente terrorizzati dal volto di lei e dalla rabbia che la circondava come un’aurea letale. Varcarono a passo spedito l’ingresso, sapevano di essere stati annunciati dal vice di Shacklebolt via camino solo un’ora prima. In poco tempo arrivarono al corridoio dell’Ala Insegnanti di Durmstrang, fuori imbruniva, lì erano già le sei del pomeriggio passate, le lezioni erano terminate ed era certa di trovarlo nelle sue stanze prima della cena. Il silenzio che li seguiva era la quiete prima della tempesta.

Solo le sue scarpe alte facevano un rumore infernale sulla pietra dei pavimenti e nonostante lì fossero abituati a conoscere rabbia e furia, chiunque tra studenti e docenti che avevano la sfortuna di vedere quell’ingresso intuirono che probabilmente anche il suo sguardo potesse mandare Maledizioni.

Arrivò alla porta dell’appartamento che Draco occupava in quella scuola, non rivolse la parola ai due Auror di guardia, -subito fermati da Harry appena tentarono di bloccarla - e con il pugno chiuso batté sulla porta più volte e con tutta la forza che aveva in corpo. Si accanì su quel legno per più di un minuto finché una voce all’interno la maledì e le disse di andarsene.

Hermione scoppiò. Sguainò la bacchetta nessuno riuscì a fare niente, la furia animò il suo bastone di vite e corda di cuore di drago e appena la puntò alla porta questa saltò in aria con fragore. Lei non mosse neanche un muscolo mentre i quattro Auror attorno a lei, che erano impegnati in una conversazione di spiegazioni, reagirono sconvolti sguainando le bacchette a loro volta.

Hermione non aspettò che il casino si placasse, superò i detriti e la porta a pezzi e con la bacchetta ancora sguainata si fiondò sulla figura che tossiva in mezzo alla nuvola di polvere. Draco Malfoy era sconcertato, terrorizzato e un cumulo di tufo polverizzato lo aveva appena investito togliendogli sensi e fiato.

Per poterlo uccidere doveva vederlo bene, pensò Hermione. Con altri quattro incantesimi non verbali riparò il disastro, fece sparire la nuvola di polvere, sigillò e insonorizzò muri e porte e liberò i polmoni di lui che prese un respiro profondo come un naufrago che annaspava dopo che era stato tratto in salvo dai fluttui.

«TU PEZZO DI STERCO! » urlò puntandogli la bacchetta alla gola.

«Granger… » provò a dire lui.

«SILENZIO STRONZO! » con la mano libera prese la sua lettera dalla tasca e gliela sbatté letteralmente in faccia «UN ANNO E DUE MESI PER INIZIARE QUESTO PROCESSO E TU MANDI TUTTO A PUTTANE! » mai si era sentita Hermione Granger imprecare in quel modo volgare.

Ma Draco che fino a poco prima era stato storidito dalla devastazione, si riprese e scaraventò la pergamena a terra, tirò fuori la bacchetta e la puntò alla gola di lei. Si fissarono negli occhi pieni di furia e risentimento, per un minuto intero.

«Fallo Granger. » sibilò lui guardandola dall’alto « Vuoi che non lo sappia che desideri uccidermi da quando mi hai visto in quel bagno?» disse con convinzione.

Gli occhi di lei non cambiarono espressione né la rabbia scemò: « Smettila di fare la vittima, Malfoy. » sputò lei alla sua mercé guardandolo da un po’ più in basso « Non esisti solo tu in questo mondo. Al tuo caso ci lavorano tante persone, per te abbiamo rivoltato un intero dipartimento del SovraMinistero.»

«Nessuno te lo ha chiesto SangueMarcio.» disse con ancor più violenza.

Fu un decimo di secondo ma le labbra di Hermione tremarono leggermente colpita da quell’insulto, ritornò in sé immediatamente e spinse ancora di più la bacchetta nella sua gola. « Se non te ne frega niente di te e del tuo destino, Malfoy, non rovinare quello di altri. Fatti i cazzi tuoi, vivi la tua vita da ricco viziato sotto le gonne di mamma e papà, o sparisci emigrando, impiccati o fatti uccidere. Io non farò più niente per salvarti. Ma non farmi da ostacolo, non distruggere il mio lavoro, la mia vita e quella di tanti altri.» disse senza tristezza « Ci ho provato ad includerti, ci ho provato a convincerti in tutti i modi che puoi ricominciare. Ora basta, Malfoy. »

« Allora perché sei qui Granger? Per farmi la ramanzina? » la schernì « Pensi che mi serva a qualcosa la tua morale? » solo in quel momento alzò la mano sinistra e portò alla bocca una bottiglia di Whisky Incendiario prendendone un lungo sorso.

Hermione lo guardò, ma non aveva voglia di compatirlo o comprenderlo. Abbassò la bacchetta e la ripose nella borsa frugandoci per altro:«Io non sono un guaritore Malfoy, non posso aiutarti a far pace con il tuo cervello. Io con questo caso vado avanti, ma non me ne frega più niente di farlo per te. Sono qui per dirti addio. Non sei più tenuto a presentarti in tribunale a luglio, ti lascio i moduli di rifiuto sulla scrivania.» la rabbia era quella di una persona che si era resa conto di aver perso tempo. Tanto tempo. Dopo il tradimento di Alex non aveva sentito altrettanto, in quel momento sentiva di poterlo fare a pezzi, ricomporlo e farlo ancora a pezzi. Il tradimento era stato totale, coinvolgeva i suoi sentimenti ma anche il suo lavoro e il suo volto pubblico.

Queste furono le parole che colpirono lui e aiutato dall’alcool reagì:  «Il tuo nuovo ragazzo ti aspetta e hai fretta di tornare a casa che non puoi neanche aspettare che io li firmi? » ridacchiò maligno senza degnare di uno sguardo la pila di fogli che lei sbatteva sulla sua scrivania.

«Sei ubriaco Malfoy, ed io non voglio stare nella stanza con un ubriaco.» in realtà voleva dirgli che non voleva stare in stanza con lui. Non colse l’allusione, non aveva voglia di pensare, solo di distruggerlo e ricominciare.

«Hai avuto la tua occasione di dividere questo Whisky d’annata con me, hai preferito un altro.» disse barcollando mentre finiva una bottiglia e ne afferrava un’altra da una cassa posata affianco alla scrivania.

Lei non rispose, lo guardò solo disgustata, non provò neanche a togliergli l’alcool dalle mani.

Si sentì autorizzato a continuare: «Cos’è che mi hai scritto a marzo, Granger?» la schernì ancora lui strappando via il tappo con i denti e sputandolo lontano, lo disse nel tentativo di provocarla per farla rimanere « Vorrei poter dirgli di no e lo avrei fatto se fosse stato qualcun’altro. » rise sguaiatamente «Non potevi dirmi la verità, vero? Invece di farla passare come un sacrificio per me? Non potevi dire che rimanevi a farti le “ferie” » e mimò le virgolette «con un Giocatore di Quidditch ricco e famoso? »

«Di cosa stai parlando? » finalmente un po’ della nebbia lasciò spazio all’udito, ma non alla voglia di capire.

Draco barcollò verso il sofà, afferrò un giornale e glielo lanciò tra le braccia. Era La Gazzetta del Profeta e in sesta pagina, quella ripiegata lì tra le sue mani, c’erano lei e Krum che stavano ridendo al tavolino di un locale di Londra. Erano in atteggiamenti intimi e il titolo dell’articolo recitava RITORNO DI FIAMMA PER GRANGER E KRUM. Ovviamente era firmato da Rita Skeeter.

Hermione non lesse oltre, ma la rabbia le risalì in gola, coprì con due falcate la distanza che li separava e arrotolato il giornale lo picchiò fin dove poteva arrivare. «E tu mandi a puttane il lavoro di… un anno… perché sei… geloso?» le veniva in mente solo quello, non poteva essere altro.

Draco si riparava con braccio e bottiglia dalla scarica di frustate ma alla parola “geloso” cambiò espressione, si raddrizzò e afferrò la mano di lei che lo stava picchiando. «Io non sono geloso, Granger.» per poi spingerla lontano.

Ad Hermione le si spezzò il cuore ma non cedette ancora alle lacrime che già la minacciavano. «Allora perché?» urlò.

Draco fu attraversato da un moto di sincerità: «Non sai quanto orgoglio mi è costato quell’invito.» disse lentamente ma con sicurezza «Mi hai dimostrato che se ti avessi avvertita prima, direttamente, di ciò che stava succedendo qui, non saresti venuta tu a cercarmi, non valgo il viaggio nemmeno quando t’imploro. Non sei venuta ed io ti ho aspettata.» Non sembrava parlare solo di quelle vacanze di primavera, ma di tutti quei sette anni.

Le sembrò un’ingiustizia. Nonostante tutto ciò che aveva dimostrato si trovava ancora a ridiscutere dell’importanza di Draco nella sua vita, con Draco stesso. Era reduce dal lavoro di più di un anno, tutti i giorni, festivi compresi, dormiva solo lo stretto necessario per non sembrare un cadavere e riuscire a mantenere lucidi i pensieri, si nutriva di panini schifosi e beveva caffè a litri, i suoi genitori erano disperati perché non riuscivano a vederla se non per poche ore dopo tanti giorni. « Guardami, Draco. Cosa vuoi che ti dimostri ancora? Ho l’aspetto di una persona con una vita equilibrata e sana? Questo è l’effetto che fa lavorare per riportarti a casa.» urlò ancora a pieni polmoni puntandosi le mani addosso per fargli vedere quel corpo quasi scheletrico e ricurvo su sé stesso.

Ma lui si voltò scuotendo la testa.

«GUARDAMI!» i polmoni rischiavano di uscirle fuori dal petto con tutte quelle urla.

Non obbedì, sapeva che lei aveva ragione. Sapeva che rimproverarle quelle mancate ferie era ingiusto, che stava facendo tanto per lui, ma quei giorni…Quegli anni lei non c’era stata e quando le aveva chiesto di esserci, aveva preferito un altro. Non riusciva a dimenticarlo.

Lei non si arrese, lo raggiunse e gli si parò davanti costringendolo in un angolo. « Sei tu che te ne sei andato, Malfoy. Sei tu che non ti sei fidato di me non scrivendomi in questi anni.» disse, non si sentiva tutta la responsabilità sulle spalle, se fosse rimasto si sarebbero frequentati spesso e… forse…

«Sì, lo so.» disse soltanto serrando gli occhi per non guardarla. Era così terribile da arrabbiata e ferita, era così terribilmente bella e forte. Sapeva che quella rabbia era effetto di qualcosa di grande, ma se dava un nome a quello di lei, rischiava di dare un nome allo stesso che sentiva lui.

La percepì calmarsi un po’, la sentì trarre un lungo respiro profondo. «Se lo sai perché me lo stai rimproverando? » disse con calma, ma non con dolcezza.

«Non mi hai cercato.» disse quasi in un sussurro «E quando l’ho fatto io non sei venuta.» quella constatazione mostrava una ferita sanguinante che nemmeno i litri di alcool di quel mese erano riusciti a disinfettare. Era purulenta e dolorosa, era qualcosa di cui vergognarsi.

«Viktor è venuto per portare la sua testimonianza, aveva delle urgenze e lo faceva in memoria di sua sorella che è morta senza avere giustizia, svalutata solo perché aveva osato denunciare i metodi che usava Stoev qui.» spiegò ma sembrava che niente potesse convincerlo a guardarla, a cominciare a parlare come persone e non come animali ringhianti. « Metti in dubbio tutto ciò che sto facendo per te, a causa di due foto che non mostrano niente se non due amici che si bevono del vino elfico in un locale?»

Funzionò ma non come sperava lei. Draco aprì gli occhi e la sua bocca si piegò in un ghigno sinistro, guardò verso le mani di lei che stringevano ancora il giornale «Vedo che non hai notato la foto a pagina sette.» disse compiaciuto.

Hermione sbiancò e capì prima ancora di constatarlo. Srotolò e voltò il giornale. Quello era proprio il suo bacio con Krum in una foto a tutta pagina.

Era un bel problema per il caso, ma decise che non se ne sarebbe occupata in quel momento. Per un attimo usò il metodo suggerito proprio quel ragazzo che le stava dando un bacio appassionato su quel giornale. Non era lei. Quella non era lei. Spostò lo sguardo alla data, era del giorno prima, quando Draco aveva deciso di rimanere lì. La Skeeter aveva aspettato l’inizio del processo per insinuare nell’opinione pubblica un conflitto d’interessi, come se tutte le prove non venissero controllate e ricontrollate da tutti. Una volta tornata avrebbe dovuto risolvere anche quel problema. Era stata stupida, ma non ci avrebbe pensato in quel momento. Si costrinse a non pensarci ancora.

Fece qualcosa che non aveva mai tentato prima di allora. Doveva fingersi un'altra, tanto valeva farlo fino in fondo. Doveva sapere il perché di tutta quella rabbia di lui, di quel casino in cui si erano cacciati per una lettera.

«Mi sono fatta un mio ex, cosa c’è di grave?» lo sfidò spavalda e lui ne rimase così stupito che non seppe cosa rispondere, la guardò ad occhi spalancati « Mi dai un motivo plausibile perché ti da tanto fastidio che io sia una donna con degli istinti e magari dei sentimenti? »

Draco sbiancò e barcollò pur non avendo mosso un muscolo: « Sentimenti? »

Continuò quella sceneggiata, era decisa ad esagerare a finché non avesse ammesso di essere geloso, che aveva montato quel casino solo per riportarla lì arrabbiata a ricordargli che tutto ciò che faceva lo stava facendo per lui. Era un narcisista ma doveva vincere lei. Il suo orgoglio era più saldo.

«Sì sentimenti. Capita. Ci si rivede, si ripercorre il viale dei ricordi. È bello, ricco e famoso, ho commesso peccato mortale? Non mi pare. Sono singol e ho 26 anni, avrò pure il diritto di svagarmi. »

Lo vide rabbrividire: « Ma tu chi sei?» riuscì a dire soltanto disgustato.

Incrociò le braccia con violenza: «Te l’ho appena spiegato. Una donna di 26 anni, singol e sembra ancora piacente. Ho colto l’occasione e lui anche. Continuo a non vedere il problema.» disse.

«Allora hai problemi di vista, cara. » sgusciò dall’angolino in cui l’aveva stretto e andò verso il camino acceso.

Lei lo seguì: «Prendiamo per buona questa ipotesi, Malfoy: ho problemi di vista. Illuminami tu.» disse fissandolo senza che lui trovasse il coraggio di sostenerla. «Qual è il problema?»

Aveva capito dove lei voleva arrivare, non gliel’avrebbe data vinta. «Da ubriaco non dirò niente di cui posso pentirmi o ricordarmi.» pronunciò buttandosi sul divano in pelle.

A quel punto non ne voleva sapere più nulla e si arrese: «Bene. Sei solo un codardo.» sentenziò «I moduli mandali pure in ufficio. Così sarai libero subito di fare ciò che vuoi. Addio.» andò verso la porta della stanza, sciolse gli incantesimi e abbassò la maniglia.

Non la guardò andarsene ma le disse in un ultimo tentativo di farla restare:«Chiedi agli amici di Potter qui davanti perché ho mandato quella lettera. Non sei l’unica che non mi vuole a Londra, ma sei l’unica che mi ha convinto a non tornarci. Congratulazioni.» non aveva voglia di ridere di quella disgrazia.

Amici di Potter? Non era l’unica a non volerlo a Londra? Come lo aveva convinto a non tornarci? Tutte quelle domande pretendevano risposte. La pazienza era finita: «Ok, Malfoy. Se non collabori giuro che ti uccido versandoti in gola una bottiglia di Veritaserum. » disse tornando indietro e parandosi tra lui e il camino « Io sono venuta qui perché … » ma si bloccò ancora senza coraggio, non voleva essere lei la prima ad ammetterlo. Restò a fissarlo con occhi umidi ed enormi, incatenati a quelli di lui.

Dopo qualche minuto lui distolse lo sguardo da lei, deluso:« Non riesci neanche a dirlo… poi sono io il codardo, Granger?» Chiese retoricamente sorseggiando dell’altro liquore.

Sospirò:«No, non riesco Malfoy, mi piacerebbe avere più coraggio per farlo. » ammise sconfitta « Ma in tutto questo tempo l’ho dimostrato e voglio che torni per continuare a dimostrarti quanto non riesco a dire. Ti prego, dammi tempo.» lo implorò « Viktor… c’è stato solo quel bacio. Spero che tu possa credermi anche se ho cercato fino adesso di convincerti del contrario. Mi conosci e hai capito tutto anche tu.» non distolse lo sguardo «Non m’importa se non provi lo stesso, ma non farlo diventare anche tu un problema dell’Gran Bretagna, ti supplico. Non rovinare il processo. Ti prometto che sarai libero di fare ciò che vuoi finito tutto questo.» lo implorò.

«Non so cosa sia ciò che provi, Granger.» disse lui alzandosi e avvicinandosi a lei, pericolosamente.

Lei indietreggiò di un passo frapponendo una mano tra loro. «Non posso. Non adesso.» raccolse tutte le sue forze e andò verso la porta «Se deciderai di non firmare i moduli basta un gufo, indirizza la tua decisione al mio collega, lo conosci. Sistemeremo tutto, non mi manca la voglia di farlo. » lo rassicurò « Dirò ad Harry di indagare sui suoi.» e questa volta se ne andò davvero.

Qualche ora dopo, passata la sbronza, Draco prese i Moduli per buttarli tra le fiamme. Abbassò lo sguardo solo per un secondo e notò che non si trattava di moduli precompilati come i soliti, nè di qualcosa di formale. Legate insieme dalle cordicelle da pacco c’erano tutte le lettere che lei gli aveva scritto in sette anni di lontananza e che lui non aveva mai ricevuto per colpa di Stoev. Un biglietto sventolava attaccato alla prima lettera “ IO C’ERO”.


***
 

Il ministero era deserto vicino alla mezzanotte del trenta giugno e da qualche parte Auror guardiani facevano il loro turno di ronda per i corridoi. Solo un ascensore continuava il suo lavorio per un passeggero proveniente dall’Ala del Dipartimento Applicazione della Legge Magica, mentre un altro si era appena riposto a riposo insieme ai suoi omologhi dopo essere tornato dal dipartimento di Regolazione Trasporti.

Draco Malfoy si avvicinò alla fontana al centro dell’ingresso del Ministero della Magia della sua patria. A sovrastare sul flusso d’acqua- in quel momento addormentato e tranquillo- vi era una statua diversa da quella che ricordava, molto diversa anche da quella che vi era ancor prima dell’infiltrazione dei Mangiamorte durante la Guerra.

In questa nuova opera, fatta di un marmo luccicante, c’erano varie figure che si tenevano per mano e formavano un cerchio, alcune erano umane, altre erano creature magiche. Riuscì a riconoscere sirene, centauri e un elfo in abiti eleganti senza più traccia della federa sdrucita che era abituato ad associargli. Sicuramente quell’insopportabile Granger aveva a che fare anche con quelle modifiche altamente democratiche. Ridacchiò tra sé e si sedette sul bordo della fontana in attesa, perché sapeva che c’era qualcuno da attendere.

Poco dopo la porta di un ascensore si aprì, sentì la voce metallica indicare il piano e il cancelletto richiudersi. Il ticchettio di un paio di scarpe alte si propagò velocemente nell’ingresso quasi deserto. Draco si alzò e cominciò a circumnavigare la fontana, lentamente. La vide avvicinarsi da lontano, aveva la testa bassa, le braccia cariche di fascicoli e una borsa enormemente gonfia la seguiva preda di un incantesimo. I capelli, seppure per la maggior parte ancora insieme in uno chignon, tradivano una lunga e stancante giornata di lavoro, il tailleur nero era sgualcito e la giacca indossata malamente sopra una camicetta di seta piena di pieghe. Il ragazzo sorrise nel vederla, fu un riflesso spontaneo.

Gli era quasi arrivata davanti che lui decise di frapporsi tra lei e i camini. Hermione sentì il movimento d’aria e alzò lo sguardo di scatto. Lo guardò interdetta prima di realizzare chi fosse, poi si aprì in un sorriso radioso che fece sparire dai suoi tratti la stanchezza.

«Draco!» esclamò Hermoione con enfasi.

«Granger.» sorrideva ancora ma non si aspettava quello che accadde dopo.

Hermione lasciò cadere i documenti di cui si era caricata, si sparsero sul pavimento con un gran fragore, si avventò su di lui con urgenza cercando un abbraccio che, per un altro riflesso, lui assecondò immediatamente. La strinse così forte che si dimenticò di ciò che stavano facendo e di quanto fosse strano.

Dopo parecchi minuti lei sospirò:«Che bello vederti!» era accoccolata sul suo magro petto, aveva gli occhi chiusi e le narici piene di un odore che le ricordava la pace.

Non la lasciava andare, non voleva. Anche lui respirava il suo profumo, il cuore ubriaco di euforia che gli rimbalzava in petto. «Deve essere stata una giornata d’inferno.»

«Un po’.» ridacchiò sulla sua spalla, anche lei non voleva lasciarlo andare: «Bentornato!»

«Grazie, Granger!» un po’ per tutto era quel grazie. Un po’ per essere riuscito a tornare in Inghilterra per merito suo, un po’ per averla davvero trovata lì a quell’ora, un po’ per essere la prima che rivedeva della sua terra e molto perché lo aveva perdonato. Era stata una vocina nel suo cuore a dirgli che lei era ancora al lavoro, che doveva fermarsi ad aspettarla per sentirsi a casa.

Non sapevano che qualcuno aveva documentato nei minimi dettagli quella riunione così insolita.
 

 
  
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