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Autore: LeoniaD    27/10/2022    1 recensioni
Sirius non aveva idea di quanto Rosalynne tenesse a lui. Non era neppure consapevole che avrebbe fatto di tutto pur di proteggerlo, anche cambiare l’evolversi degli eventi. Ad ogni costo. D’altronde era a quello che serviva il suo dono: vedere le cose prima che avvenissero, in modo da poterle modificare. E lo avrebbe fatto. Da lei adesso dipendevano decine e decine di vite, nonché un’infanzia diversa per Harry. Da lei, adesso, dipendeva la salvezza del ragazzo che amava.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Regulus Black, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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14.

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Capitolo Quattordici 

29 Aprile 1978, Sotterranei del Castello

I sotterranei di Hogwarts erano un luogo freddo, cupo e umido. Le pareti in pietra – di un grigio talmente scuro da far apparire quell'ambiente ancora più piccolo e di conseguenza ancora più claustrofobico – erano adornate con lunghe file di torce accese, le cui fiamme prodotte dalle candele tuttavia riuscivano a malapena ad illuminare e riscaldare il passaggio. In effetti la scarsa luminosità rendeva addirittura impossibile accorgersi delle buche presenti sul pavimento, per colpa delle quali più di una volta il povero Peter Minus era ruzzolato a terra.

Quella parte del castello non permetteva l'ubicazione di tante stanze, ma quelle poche che c'erano avevano una grande ampiezza ed erano dotate di un perimetro circolare non indifferente. In sintesi i sotterranei ospitavano la Sala Comune dei Serpeverde insieme ai loro dormitori, l'ufficio del Professor Lumacorno con l'adiacente Aula di Pozioni, lo studio di Gazza e le cucine. Queste ultime si trovavano in fondo al corridoio principale, nell'area più isolata per impedire essenzialmente che i costanti rumori prodotti dagli elfi domestici sempre affaccendati potessero disturbare gli studenti.

Era proprio accanto alle porte chiuse della cucina di Hogwarts che si trovavano in quel momento Sirius e Regulus, uno di fronte all'altro. Il primo aveva le mani incrociate sul petto e un'espressione non molto amichevole stampata sul volto, mentre il secondo aveva gli arti superiori distesi lungo i fianchi e i lineamenti del viso perfettamente immobili. In realtà nessuno dei due era contento di trovarsi lì, considerata la loro palese mancanza di stima reciproca, ma era stato il più piccolo dei Black a richiedere quell'incontro. O per meglio dire, ad imporglielo. Con un biglietto di pergamena consegnatogli direttamente da un primino di Serpeverde, che si era mostrato talmente impaurito dalle minacce di Regulus da non aver esitato neppure un minuto prima di obbedire al suo ordine e avvicinare il Grifondoro per recapitargli quel messaggio. Il ragazzino, bianco come il latte, aveva approcciato Sirius quella mattina fuori dalla Sala Grande. Precisamente dopo la colazione, appena aveva ricevuto il biglietto in questione dall'altro Black accompagnato da uno sguardo così esaustivo da farlo tremare. Uno sguardo che per assurdo gli aveva rivolto anche Sirius, con la stessa intensità.

Non per niente i due erano fratelli e possedevano gli stessi inquietanti occhi grigi, che riuscivano a trasmettere una freddezza tale quando si soffermavano sul soggetto del loro interesse da riuscire quasi a far gelare il sangue al povero malcapitato di turno. 

«Perché mi hai chiesto di incontrarci?» domandò Sirius dopo una manciata di secondi, continuando a fissare il suo interlocutore con astio. «E soprattutto perché proprio in questo luogo?» proseguì, studiando l'ambiente circostante alla ricerca di un qualche probabile pericolo. O magari di un qualche fantasma impiccione, dato che i sotterranei erano il loro posto preferito.

«Dobbiamo parlare» lo informò Regulus, mostrandosi come al solito alquanto sintetico nel suo esporre i fatti. «E qui di sicuro non verremo disturbati» aggiunse con un tono ovvio, indicando il corridoio deserto per rimarcare le sue parole.

In effetti nessuno frequentava quella parte della scuola, perché gli elfi domestici – per quanto potesse sembrare indelicato, considerato il ruolo che ricoprivano e la gratitudine che sicuramente meritavano di ricevere per il loro assiduo impegno – non rappresentavano un'attrazione di Hogwarts. Non venivano in alcun modo considerati. Di sicuro non c'era nulla di entusiasmante nel vederli cucinare per ore e ore, creando quei magnifici banchetti che ogni giorno venivano serviti in Sala Grande. Almeno non mentre si tiravano le orecchie, si autopunivano nel più doloroso dei modi quando combinavano qualche pasticcio e iniziavano a piagnucolare sgocciolando moccio dappertutto.

Perfino gli spettri del castello evitavano con un certo disgusto le cucine, nonostante fossero abituati a trapassare le pareti e vedere ogni sorta di schifezza contenuta al loro interno. Ma un elfo domestico in lacrime con il naso intasato dal muco e le dita scheletriche chiuse malamente nel forno – o in qualche altro armadietto, oppure in una qualsiasi delle enormi credenze a vetri che occupavano lo spazio circostante – urtava anche la loro sensibilità, nonché i loro già fragili nervi. Insomma, i fantasmi di Hogwarts avevano cose più importanti da fare durante il giorno. Ad esempio gestire i risvolti della propria morte. Non avevano quindi il tempo di occuparsi anche di quegli esserini fastidiosi e lamentosi, che trovavano puntualmente il pretesto per autoflagellarsi. Perfino una forchetta fuori posto o in alternativa una piccola macchia di salsa su uno qualunque dei piatti da portata per loro era inaccettabile, come pure sinonimo della loro incapacità.  

«Bene allora, parla» lo invitò Sirius, cercando di contenere la sua irritazione e la sua irrefrenabile voglia di prendere suo fratello a pugni. Odiava il suo aspetto sempre così composto e la sua aria inscalfibile, ogni tanto avrebbe voluto vederlo in presa ad un impeto di rabbia o almeno minimamente sconvolto per qualcosa. «Anzi perché non inizi raccontandomi del tuo fidanzamento?» gli propose, sputando l’ultima parola come se fosse un insulto.

«Non l’ho voluto io» precisò Regulus, sottolineando la sua mancata intromissione in quella scelta che era stata presa dai loro genitori.

«Da quanto tempo lo sai?» si interessò tuttavia il Grifondoro, senza più nascondere il suo fastidio.

«Dalla cena di Natale» ammise il minore dei Black, sospirando. «Nostro padre ha redatto il contratto l’indomani, ma credo che l’accordo definitivo con Cornelius sia stato raggiunto pochi giorni fa» raccontò, ripensando al compiacimento con cui Orion la notte della vigilia lo aveva introdotto ai suoi amici. Come lo aveva spinto verso il Signor Lestrange, iniziando poi a parlare con l’uomo dei suoi successi accademici e del suo carattere così accomodante. Accomodante, lui. 

Regulus aveva pensato come uno sciocco che suo padre si fosse finalmente accorto di lui, invece solo in un secondo momento – dopo aver origliato nel corso della serate varie discussioni – aveva capito che era solo una pedina per quell’uomo. La conferma definitiva l’aveva avuta quella stessa sera quando, ritornati a Grimmauld Place, Orion lo aveva fatto accomodare nel suo studio e mentre beveva uno dei sui pregiati liquori dal costo spropositato lo aveva informato con evidente orgoglio del suo destino.

«È ora che inizi a fare la tua parte per questa famiglia, figliolo». Gli aveva comunicato con un tono serio, facendolo irrigidire sulla poltrona in velluto nero sulla quale si era accomodato non solo per la sua improvvisa autorevolezza ma soprattutto per l’appellativo in apparenza affettuoso con il quale l’aveva apostrofato. Mai i suoi genitori aveva riservato a lui o a suo fratello maggiore parole amorevoli, eppure in quel preciso momento suo padre lo stava trattando con un garbo che non gli apparteneva. «Quando finirai la scuola, ti unirai a tua cugina Bella e suo marito per seguire la causa del Signore Oscuro» aveva concluso con una strana luce negli occhi, definendo finalmente le sue vere intenzioni. «E farò in modo che tu venga sostenuto dalle persone giuste».

Lo aveva venduto a Lord Voldemort come uno dei suoi servi, mentre intesseva la rete del suo futuro sotto ogni altro aspetto: il suo ruolo in società, la sua vita sentimentale, i suoi doveri. Sarebbe stato marchiato come un animale e diventato a tutti gli effetti un Mangiamorte, senza possibilità di replica. Perché era ovvio che Regulus non aveva alcuna possibilità di disobbedire e tirarsi indietro. E mentre fissava con una certa insistenza la superficie in legno dell’enorme scrivania di suo padre, cercando di mantenere il controllo sulle sue emozioni in modo da apparire imperturbabile come suo solito per non far intendere ad Orion quanto in realtà fosse preoccupato, aveva notato in cima ad una plica di fogli ingialliti uno strano documento in pergamena. Un documento appena redatto – almeno in base al colore acceso dell’inchiostro che macchiava la carta – con il suo nome sopra, insieme a quello di Rosalynne. Gli stemmi della famiglia Lestrange e della famiglia Black erano stati impressi in alto, vicino alla dicitura che certificava un contratto di fidanzamento. Il suo fidanzamento. Con Ros.

In quel preciso istante, mentre tutto diventava maledettamente chiaro e il suo futuro programmato da altri sembrava farsi beffa di lui, Regulus aveva davvero iniziato ad odiare i suoi genitori. Aveva capito che suo padre non si era improvvisamente reso conto della sua presenza in quella casa, ma lo stava usando come una pedina. Ancora. Perché Orion aveva rivolto tutte le sue attenzioni sempre e solo a Sirius, perché per quanto lo detestasse per le sue idee e il suo spirito ribelle non poteva fare a meno di provare un certo orgoglio nei confronti del suo erede. Così forte, determinato, carismatico. Come lui. Regulus invece era soltanto il fragile figlioletto silenzioso facilmente influenzabile, che preferiva la calma a scenate senza senso. E adesso era diventato lui il diretto discendente dei Black, l’ultimo in grado di portare avanti con onore il nome della famiglia. Colui che avrebbe dovuto sacrificarsi, diventando un mostro e accettando ogni ordine di suo padre. Per questo aveva cominciato a detestare quell’uomo che era in pratica uno sconosciuto, così attaccato all’onore della sua casata da sacrificare chiunque – perfino i suoi stessi figli – pur di mantenerlo, e con la stessa intensità aveva rivolto il suo disprezzo a Walburga. Quella stessa madre che non gli aveva mai rimboccato le coperte, non lo aveva mai consolato dopo un incubo e non gli aveva mai mostrato alcun segno di affetto. Non gli aveva rivolto nemmeno un sorriso durante la sua fanciullezza. Mai, se non per deriderlo e terrorizzarlo.           

«E non hai pensato di dirmelo?» si infuriò Sirius, facendo uno scatto nella sua direzione. «O almeno di avvisare Rosalynne?» continuò, riferendosi all’altra persona interessata.

«In realtà nemmeno io avrei dovuto esserne al corrente» specificò, pensando alle altre informazioni che aveva raccolto quella sera ed erano altrettanto importanti. Tuttavia sapeva che informare Rosalynne di quella notizia l’avrebbe sconvolta al tal punto da non riuscire a mantenere la calma nei mesi successivi, rischiando di mandare tutti i suoi piani a monte. E poi... poi lo aveva fatto anche un po’ per egoismo, perchè lui non era pronto a ricevere un suo rifiuto. Vedere nei suoi occhi la sofferenza causata dalla decisione presa dai loro genitori, una decisione che – se le cose fossero andate davvero in quel modo – li avrebbe legati in eterno. Non amava Ros, provava per lei solo sentimenti fraterni e di genuina amicizia, ma aveva paura che l’obbligo di quel fidanzamento l’avrebbe definitivamente allontanata da lui. Le avrebbe fatto capire che non valeva la pena continuare a sopravvivere in quel mondo composto da finte gentilezze e assurde pomposità, perciò lo avrebbe lasciato. Allora era rimasto in silenzio, aspettando l’inevitabile.     

«Quindi hai creduto bene di fare finta di nulla» lo rimproverò comunque suo fratello, iniziando a dargli noia. «Come tuo solito, d'altronde non potevo aspettarmi altro da te».

Già, non poteva aspettarsi nient’altro. Perché Regulus era sempre stato quello che preferiva nascondersi piuttosto che reagire, quello che conservava tutto dentro piuttosto che manifestare anche il minimo accenno di sentimenti. Quando loro madre iniziava ad  urlare come una bestia inferocita, Regulus correva in camera sua e si nascondeva nell’armadio pur di non incombere nella sua ira mentre lui invece la affrontava. Quando venivano rimproverati per un nonnulla, lui era quello che interveniva per ribellarsi alle assurde punizioni di Walburga mentre il piccolo Reg al contrario si congelava sul posto e non proferiva parola. Era sempre stato così, fin da quando erano bambini.

«Cosa avrei dovuto fare, Sirius?» gli chiese il diretto interessato, stringendo i denti per evitare di alzare il tono della voce e urlargli contro. Come sempre non stava prestando attenzione ai sottointesi, troppo concentrato sulle parole che uscivano dalla sua bocca. «Presentarmi al cospetto di Orion e puntare i piedi come un moccioso viziato? Rifiutarmi forse di obbedirgli?» proseguì, cominciando seriamente ad alterarsi. «Sai benissimo che non avrei ottenuto nulla».

«Non puoi sposarla» disse allora Sirius in modo categorico, esponendo il suo punto.

«Se non lo faccio io, lo farà di sicuro qualcun altro» lo mise al corrente il suo interlocutore, pensando alle intenzioni di Cornelius e alla sua smania di consolidare i suoi rapporti con le altre dinastie di purosangue. «Il signor Lestrange ha privilegiato la nostra famiglia per l’antica alleanza che ci lega, non certo per altri motivi» cercò di farlo ragionare, ricordandogli come funzionava il loro mondo. «E nostro padre a sua volta ha pensato che questa unione potesse in qualche modo avvantaggiarci, per questo ha accettato».

«E quando sarebbe il matrimonio?» domandò il ragazzo, costringendosi quasi a pronunciare quelle parole ad alta voce.

«Tra due anni» lo mise al corrente Regulus, ricordando la lettera che gli era arrivata il giorno prima della pubblicazione del suo fidanzamento ufficiale sulla Gazzetta del Profeta. Almeno i sui genitori avevano avuto la decenza di informarlo, piuttosto che fargli apprendere la notizia direttamente dai giornali come era successo per Rosalynne. Orion nella sua missiva aveva aggiunto anche qualche informazione in più, come appunto la presunta data delle nozze – fissata a giugno del 1980, perché Ludmilla aveva insistito per celebrare la cerimonia all’inizio della stagione estiva – e quello che si aspettava dal suo nuovo erede. «Quando entrambi avremo finito di frequentare Hogwarts e io avrò occupato il mio posto in società». Ovvero dopo la sua iniziazione come Mangiamorte, ma questo evitò di dirlo.

«Quindi ho due anni di tempo per mandare tutto a monte» ragionò Sirius, senza preoccuparsi di nascondere le sue intenzioni al Serpeverde. D'altronde era ovvio che avrebbe fatto di tutto per impedire quel matrimonio, quindi non era necessario mantenere un certo riserbo riguardo alla situazione o ai suoi possibili piani.

«Buona fortuna, fratello» gli augurò di conseguenza il giovane Black, usando un tono strano. Come a prenderlo in giro, come a sottolineare quanto la sua fosse un’impresa impossibile. 

«Tutto questo ti diverte, vero?» gli chiese dunque in modo retorico, facendo un passo avanti e fulminandolo nel frattempo con lo sguardo. «Scommetto che provi anche una certa soddisfazione in questo momento, visto che finalmente hai vinto» proseguì, manifestando la sua rabbia. Cominciò infatti ad alzare la voce, mentre stringeva le mani a pugno come ad impedirsi di aggredirlo. «Non è forse così, Regulus? D'altronde hai sempre desiderato quello che era mio» dichiarò, pensando alla loro rivalità. Dannazione, già da mocciosi si contendevano i biscotti preparati dalla loro elfa come se fossero la coppa del mondo di Quidditch. «Ed ecco che ora ti viene addirittura servito su un piatto d’argento: la piena attenzione dei nostri genitori, l’eredità dei Black, Rosalynne…».

Non ebbe il tempo di concludere il discorso, perché all’improvviso venne sbattuto con violenza contro il muro alle sue spalle e le mani di suo fratello si serrarono sul tessuto della sua camicia. Lo spintonò, facendogli colpire la parete  con una certa forza e il Grifondoro si ritrovò a gemere sia per la sorpresa di quel’assalto sia per il dolore provocatogli dal contatto della sua schiena con le pietre gelide. 

«Sei uno stupido» lo insultò il fratello minore, guardandolo dritto negli occhi e facendogli comprendere la sua ira.

«Regulus» lo richiamò allora lui, stupito da quella reazione.

Suo fratello non si era mai comportato in quel modo, non aveva mai messo così a nudo la sua anima e i suoi sentimenti. Con una voce così tremante. Non era mai scattato dopo una provocazione, lui lo sapeva bene visto che aveva passato tutta la sua fanciullezza cercando di trascinarlo con sé nelle sue brevi avventure spronandolo inutilmente anche con parole poco carine, e di certo non aveva mai manifestato così palesemente le sue emozioni. Eppure era furioso, in quel momento. I suoi occhi grigi sembravano quasi volerlo incenerire, mentre le sue gote erano arrossate a causa dello sforzo e della sua rabbia.

«Uno stupido babbeo che non vede ad un palmo dal proprio naso» continuò il diretto interessato, ignorando il suo ammonimento e offendendolo di nuovo con maggiore enfasi. «Sempre presuntuoso, sempre arrogante» elencò, sottolineando i suoi difetti. «Dovrei sposarla, sai» disse subito dopo, rivolgendogli un ghigno colmo di cattiveria. «Dovrei portartela via, solo per farti un dispetto» continuò, stringendo ancora di più la presa sulla blusa del fratello e rischiando addirittura di fargli saltare qualche bottone per colpa della sua impetuosità. «Invece sono uno sciocco, esattamente come te!» esclamò, ridacchiando come un pazzo e schernendosi. «Perché al posto di godermi la mia vittoria, come ti piace tanto insinuare, sono venuto ad incontrarti in modo da trovare insieme una soluzione».

«Mi vuoi aiutare» dichiarò con sincero sgomento Sirius, cogliendo il senso della sua ultima frase.

«Non te» sottolineò però con immediatezza l’altro, come se fosse un’idea assurda pensare di potersi alleare con lui. «Lo faccio per Rosalynne» proseguì subito dopo, spiegandogli per quale motivo si era esposto in quel modo. Per la sua migliore amica, per quella ragazza che gli aveva promesso di non abbandonarlo nonostante tutto. Quella ragazza che avrebbe mantenuto la sua promessa anche se lui si fosse dimostrato uno stupido, come aveva già fatto mesi prima. Ignorandola. Lei avrebbe accettato ogni cosa pur di non tradirlo, pur di onorare la loro amicizia. E lui invece avrebbe fatto qualsiasi cosa fosse necessaria per non inimicarsi la sua stessa famiglia. Ma che alternative aveva? Quando pensava di lasciarsi tutto alle spalle, un nodo gli serrava la gola. Perchè in fondo era un codardo. Lo sapevano entrambi, lo sapevano tutti. Lui non aveva alternative, non conosceva altro che quella vita. Non era come Ros, consapevole di avere qualcuno là fuori che l’avrebbe sempre amata incondizionatamente. Non era come Sirius, circondato di amici fidati e talmente coraggioso da non temere l’ignoto.

Loro padre Orion non era comunque così sciocco da schierarsi apertamente con il Signore Oscuro, considerate le ultime indagini condotte dal Ministero e i rischi che poteva correre – sia a livello economico nonché quello personale – se fosse rientrato nella lista dei sospettati degli Auror.  Non condivideva nemmeno con troppa enfasi le sue idee radicali, come facevano al contrario i Lestrange, perché sapeva che a quel punto si sarebbe trovato coinvolto in quella guerra senza neppure accorgersene. In effetti lui non avrebbe rischiato il suo patrimonio, il nome della sua famiglia e perfino un ipotetico futuro ad Azkaban per degli spregevoli sanguesporco che contaminavano la magia. No, non avrebbe messo tutto in gioco. Solo il suo nuovo erede. Era pronto a mostrare la sua fedeltà a Lord Voldemort offrendogli in cambio il suo figlio più devoto, per renderlo suo servitore. Era quello il patto. Ma Regulus non avrebbe portato giù con sé anche Ros, per questo avrebbe fatto di tutto per salvarla. Se per lui era troppo tardi, perchè non poteva certo tirarsi indietro ormai, per lei c’era ancora speranza.

Per questo si era rivolto a Sirius.

«Qual è il tuo piano?» gli chiese allora quest’ultimo, per nulla scosso dal comportamento irruento del fratello minore e concentrandosi invece su Rosalynne.

«Dovremo avere pazienza per i prossimi due anni» disse il giovane, allontanandosi finalmente dal suo interlocutore e liberando la sua camicia dalla sua stretta. «Poi, quando arriverà il momento, capirai le mie intenzioni» concluse, mostrandosi fin troppo criptico per i gusti del Grifondoro.

Regulus stava tramando qualcosa, in pieno stile Serpeverde. In modo subdolo, arguto e perfettamente ben studiato. Non come lui, invece, che era istintivo e ribelle. Lui che non seguiva affatto le regole, amava improvvisare e adorava l’azione. Se fosse stato per Sirius, il giorno del matrimonio si sarebbe materializzato in mezzo alla sala del ricevimento con la bacchetta spianata e la chiara intenzione di portare via Rosy vestita da sposa preparandosi a schiantare chiunque si fosse opposto.

Odiava non sapere cosa passasse per la testa di suo fratello, soprattutto in quel caso quando stavano parlando del futuro della ragazza che amava, ma d’altronde era da anni che provava quella frustrazione. Fin da quando erano entrambi bambini e i loro caratteri, così diversi nonché all’apparenza inconciliabili, si erano forgiati.

«Tutto qui?» domandò dunque Sirius con evidente sgomento, trattenendosi dallo scuotere a sua volta il ragazzo. «Capirò le tue intenzioni? E in che modo?» si interessò, cercando di raccogliere altre informazioni. Quel mostrarsi così approssimativo lo rendeva inquieto. 

«Lo farai, fidati di me» ripeté Regulus di nuovo, senza sbilanciarsi. «Allora verrà il tuo turno di prenderti cura di Rosalynne e questa volta farai meglio a metterla al primo posto».

C’era un che di definitivo in quella frase e la cosa allarmò il maggiore dei Black, che tuttavia fece di tutto per non mostrare il suo panico e rimanere impassibile. Sirius era comunque consapevole di non potersi aspettare altri dettagli da parte del fratello, in effetti era ovvio che il diretto interessato non volesse condividere con lui le fasi del suo piano forse perché certe cose era meglio che restassero segrete. E non poteva nemmeno mostrargli la sua preoccupazione, dato che Reg l’avrebbe considerata un insulto. Come se lo intendesse un debole.

«È sempre stata al primo posto per me, anche se tu credi il contrario» affermò Sirius con decisione, rimarcando i suoi sentimenti per la strega. Quelli che all’inizio, quando erano bambini, consistevano in una dolce amicizia e si erano trasformati poi del tutto involontariamente in qualcosa di più. «Ma renderlo evidente avrebbe solo peggiorato le cose» gli fece notare, ripensando a quel pomeriggio nel giardino di Lestrange Manor e allo sguardo soddisfatto di Walburga. Non era stato bravo come aveva creduto durante quell’occasione nel mostrarsi il solito menefreghista, tuttavia la consapevolezza della sua imminente fuga e il pensiero di quello che considerava un addio definitivo a Ros gli avevano fatto abbassare la guardia. Che sciocco era stato. Proprio nel momento meno opportuno, quando era pronto a lasciarla, aveva commesso un errore. Ma forse l’aveva salvata proprio andando via, perchè in quel modo sua madre non aveva potuto usarla come una pedina.

«Allora adesso non devi fare altro che dimostrarlo» lo provocò il fratello, mettendolo allo stesso tempo alla prova.

«Abbiamo un patto, quindi» dichiarò alla fine il maggiore dei Black, allungando il braccio verso il suo interlocutore per porgergli la mano.

«Abbaiamo un patto» confermò Regulus, imitando il gesto.

Suggellarono quell’accordo con una stretta, fissandosi reciprocamente negli occhi con serietà. Perché stavano per cambiare il futuro che Orion Black insieme a Cornelius Lestrange avevano scritto, per quanto potesse essere difficile e sembrare quasi impossibile. Ma lo avrebbero fatto, per Rosalynne. Per l’amore, così simile eppure diverso, che provavano per lei.

   
 
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