Capitolo Quattordici
29 Aprile 1978, Sotterranei del Castello
I
sotterranei di Hogwarts erano un luogo freddo, cupo e umido. Le pareti in
pietra – di un grigio talmente scuro da far apparire quell'ambiente ancora più
piccolo e di conseguenza ancora più claustrofobico – erano adornate con lunghe
file di torce accese, le cui fiamme prodotte dalle candele tuttavia riuscivano
a malapena ad illuminare e riscaldare il passaggio. In effetti la scarsa
luminosità rendeva addirittura impossibile accorgersi delle buche presenti sul
pavimento, per colpa delle quali più di una volta il povero Peter Minus era
ruzzolato a terra.
Quella parte
del castello non permetteva l'ubicazione di tante stanze, ma quelle poche che
c'erano avevano una grande ampiezza ed erano dotate di un perimetro circolare
non indifferente. In sintesi i sotterranei ospitavano la Sala Comune dei
Serpeverde insieme ai loro dormitori, l'ufficio del Professor Lumacorno con
l'adiacente Aula di Pozioni, lo studio di Gazza e le cucine. Queste ultime si
trovavano in fondo al corridoio principale, nell'area più isolata per impedire
essenzialmente che i costanti rumori prodotti dagli elfi domestici sempre
affaccendati potessero disturbare gli studenti.
Era proprio
accanto alle porte chiuse della cucina di Hogwarts che si trovavano in quel
momento Sirius e Regulus, uno di fronte all'altro. Il primo aveva le mani
incrociate sul petto e un'espressione non molto amichevole stampata sul volto,
mentre il secondo aveva gli arti superiori distesi lungo i fianchi e i
lineamenti del viso perfettamente immobili. In realtà nessuno dei due era
contento di trovarsi lì, considerata la loro palese mancanza di stima
reciproca, ma era stato il più piccolo dei Black a richiedere quell'incontro. O
per meglio dire, ad imporglielo. Con un biglietto di pergamena consegnatogli
direttamente da un primino di Serpeverde, che si era mostrato talmente
impaurito dalle minacce di Regulus da non aver esitato neppure un minuto prima
di obbedire al suo ordine e avvicinare il Grifondoro per recapitargli quel
messaggio. Il ragazzino, bianco come il latte, aveva approcciato Sirius quella
mattina fuori dalla Sala Grande. Precisamente dopo la colazione, appena aveva
ricevuto il biglietto in questione dall'altro Black accompagnato da uno sguardo
così esaustivo da farlo tremare. Uno sguardo che per assurdo gli aveva rivolto
anche Sirius, con la stessa intensità.
Non per
niente i due erano fratelli e possedevano gli stessi inquietanti occhi grigi,
che riuscivano a trasmettere una freddezza tale quando si soffermavano sul
soggetto del loro interesse da riuscire quasi a far gelare il sangue al povero
malcapitato di turno.
«Perché mi
hai chiesto di incontrarci?» domandò Sirius dopo una manciata di secondi,
continuando a fissare il suo interlocutore con astio. «E soprattutto perché
proprio in questo luogo?» proseguì, studiando l'ambiente circostante alla
ricerca di un qualche probabile pericolo. O magari di un qualche fantasma
impiccione, dato che i sotterranei erano il loro posto preferito.
«Dobbiamo
parlare» lo informò Regulus, mostrandosi come al solito alquanto sintetico nel
suo esporre i fatti. «E qui di sicuro non verremo disturbati» aggiunse con un
tono ovvio, indicando il corridoio deserto per rimarcare le sue parole.
In effetti
nessuno frequentava quella parte della scuola, perché gli elfi domestici – per
quanto potesse sembrare indelicato, considerato il ruolo che ricoprivano e la
gratitudine che sicuramente meritavano di ricevere per il loro assiduo impegno
– non rappresentavano un'attrazione di Hogwarts. Non venivano in alcun modo
considerati. Di sicuro non c'era nulla di entusiasmante nel vederli cucinare
per ore e ore, creando quei magnifici banchetti che ogni giorno venivano
serviti in Sala Grande. Almeno non mentre si tiravano le orecchie, si
autopunivano nel più doloroso dei modi quando combinavano qualche pasticcio e
iniziavano a piagnucolare sgocciolando moccio dappertutto.
Perfino gli
spettri del castello evitavano con un certo disgusto le cucine, nonostante
fossero abituati a trapassare le pareti e vedere ogni sorta di schifezza
contenuta al loro interno. Ma un elfo domestico in lacrime con il naso intasato
dal muco e le dita scheletriche chiuse malamente nel forno – o in qualche altro
armadietto, oppure in una qualsiasi delle enormi credenze a vetri che
occupavano lo spazio circostante – urtava anche la loro sensibilità, nonché i
loro già fragili nervi. Insomma, i fantasmi di Hogwarts avevano cose più
importanti da fare durante il giorno. Ad esempio gestire i risvolti della propria
morte. Non avevano quindi il tempo di occuparsi anche di quegli esserini
fastidiosi e lamentosi, che trovavano puntualmente il pretesto per
autoflagellarsi. Perfino una forchetta fuori posto o in alternativa una piccola
macchia di salsa su uno qualunque dei piatti da portata per loro era
inaccettabile, come pure sinonimo della loro incapacità.
«Bene
allora, parla» lo invitò Sirius, cercando di contenere la sua irritazione e la
sua irrefrenabile voglia di prendere suo fratello a pugni. Odiava il suo
aspetto sempre così composto e la sua aria inscalfibile, ogni tanto avrebbe
voluto vederlo in presa ad un impeto di rabbia o almeno minimamente sconvolto
per qualcosa. «Anzi perché non inizi raccontandomi del tuo fidanzamento?»
gli propose, sputando l’ultima parola come se fosse un insulto.
«Non l’ho
voluto io» precisò Regulus, sottolineando la sua mancata intromissione in
quella scelta che era stata presa dai loro genitori.
«Da quanto
tempo lo sai?» si interessò tuttavia il Grifondoro, senza più nascondere il suo
fastidio.
«Dalla cena
di Natale» ammise il minore dei Black, sospirando. «Nostro padre ha redatto il
contratto l’indomani, ma credo che l’accordo definitivo con Cornelius sia stato
raggiunto pochi giorni fa» raccontò, ripensando al compiacimento con cui Orion
la notte della vigilia lo aveva introdotto ai suoi amici. Come lo aveva spinto
verso il Signor Lestrange, iniziando poi a parlare con l’uomo dei suoi successi
accademici e del suo carattere così accomodante. Accomodante, lui.
Regulus
aveva pensato come uno sciocco che suo padre si fosse finalmente accorto di
lui, invece solo in un secondo momento – dopo aver origliato nel corso della
serate varie discussioni – aveva capito che era solo una pedina per quell’uomo.
La conferma definitiva l’aveva avuta quella stessa sera quando, ritornati a
Grimmauld Place, Orion lo aveva fatto accomodare nel suo studio e mentre beveva
uno dei sui pregiati liquori dal costo spropositato lo aveva informato con
evidente orgoglio del suo destino.
«È ora che
inizi a fare la tua parte per questa famiglia, figliolo». Gli aveva comunicato con un tono
serio, facendolo irrigidire sulla poltrona in velluto nero sulla quale si era
accomodato non solo per la sua improvvisa autorevolezza ma soprattutto per l’appellativo
in apparenza affettuoso con il quale l’aveva apostrofato. Mai i suoi genitori
aveva riservato a lui o a suo fratello maggiore parole amorevoli, eppure in
quel preciso momento suo padre lo stava trattando con un garbo che non gli
apparteneva. «Quando finirai la scuola, ti unirai a tua cugina Bella e suo
marito per seguire la causa del Signore Oscuro» aveva concluso con una
strana luce negli occhi, definendo finalmente le sue vere intenzioni. «E
farò in modo che tu venga sostenuto dalle persone giuste».
Lo aveva
venduto a Lord Voldemort come uno dei suoi servi, mentre intesseva la rete del
suo futuro sotto ogni altro aspetto: il suo ruolo in società, la sua vita
sentimentale, i suoi doveri. Sarebbe stato marchiato come un animale e
diventato a tutti gli effetti un Mangiamorte, senza possibilità di replica.
Perché era ovvio che Regulus non aveva alcuna possibilità di disobbedire e
tirarsi indietro. E mentre fissava con una certa insistenza la superficie in
legno dell’enorme scrivania di suo padre, cercando di mantenere il controllo
sulle sue emozioni in modo da apparire imperturbabile come suo solito per non
far intendere ad Orion quanto in realtà fosse preoccupato, aveva notato in cima
ad una plica di fogli ingialliti uno strano documento in pergamena. Un
documento appena redatto – almeno in base al colore acceso dell’inchiostro che
macchiava la carta – con il suo nome sopra, insieme a quello di Rosalynne. Gli
stemmi della famiglia Lestrange e della famiglia Black erano stati impressi in
alto, vicino alla dicitura che certificava un contratto di fidanzamento. Il
suo fidanzamento. Con Ros.
In quel
preciso istante, mentre tutto diventava maledettamente chiaro e il suo futuro
programmato da altri sembrava farsi beffa di lui, Regulus aveva davvero iniziato
ad odiare i suoi genitori. Aveva capito che suo padre non si era
improvvisamente reso conto della sua presenza in quella casa, ma lo stava
usando come una pedina. Ancora. Perché Orion aveva rivolto tutte le sue
attenzioni sempre e solo a Sirius, perché per quanto lo detestasse per le sue
idee e il suo spirito ribelle non poteva fare a meno di provare un certo
orgoglio nei confronti del suo erede. Così forte, determinato, carismatico.
Come lui. Regulus invece era soltanto il fragile figlioletto silenzioso
facilmente influenzabile, che preferiva la calma a scenate senza senso. E
adesso era diventato lui il diretto discendente dei Black, l’ultimo in grado di
portare avanti con onore il nome della famiglia. Colui che avrebbe dovuto
sacrificarsi, diventando un mostro e accettando ogni ordine di suo padre. Per
questo aveva cominciato a detestare quell’uomo che era in pratica uno
sconosciuto, così attaccato all’onore della sua casata da sacrificare chiunque
– perfino i suoi stessi figli – pur di mantenerlo, e con la stessa intensità
aveva rivolto il suo disprezzo a Walburga. Quella stessa madre che non gli
aveva mai rimboccato le coperte, non lo aveva mai consolato dopo un incubo e
non gli aveva mai mostrato alcun segno di affetto. Non gli aveva rivolto
nemmeno un sorriso durante la sua fanciullezza. Mai, se non per deriderlo e
terrorizzarlo.
«E non hai
pensato di dirmelo?» si infuriò Sirius, facendo uno scatto nella sua direzione.
«O almeno di avvisare Rosalynne?» continuò, riferendosi all’altra persona
interessata.
«In realtà
nemmeno io avrei dovuto esserne al corrente» specificò, pensando alle altre
informazioni che aveva raccolto quella sera ed erano altrettanto importanti.
Tuttavia sapeva che informare Rosalynne di quella notizia l’avrebbe sconvolta
al tal punto da non riuscire a mantenere la calma nei mesi successivi,
rischiando di mandare tutti i suoi piani a monte. E poi... poi lo aveva fatto
anche un po’ per egoismo, perchè lui non era pronto a ricevere un suo rifiuto.
Vedere nei suoi occhi la sofferenza causata dalla decisione presa dai loro
genitori, una decisione che – se le cose fossero andate davvero in quel modo –
li avrebbe legati in eterno. Non amava Ros, provava per lei solo sentimenti
fraterni e di genuina amicizia, ma aveva paura che l’obbligo di quel
fidanzamento l’avrebbe definitivamente allontanata da lui. Le avrebbe fatto
capire che non valeva la pena continuare a sopravvivere in quel mondo composto
da finte gentilezze e assurde pomposità, perciò lo avrebbe lasciato. Allora era
rimasto in silenzio, aspettando l’inevitabile.
«Quindi hai
creduto bene di fare finta di nulla» lo rimproverò comunque suo fratello,
iniziando a dargli noia. «Come tuo solito, d'altronde non potevo aspettarmi
altro da te».
Già, non
poteva aspettarsi nient’altro. Perché Regulus era sempre stato quello che
preferiva nascondersi piuttosto che reagire, quello che conservava tutto dentro
piuttosto che manifestare anche il minimo accenno di sentimenti. Quando loro
madre iniziava ad urlare come una bestia inferocita, Regulus correva in
camera sua e si nascondeva nell’armadio pur di non incombere nella sua ira
mentre lui invece la affrontava. Quando venivano rimproverati per un nonnulla,
lui era quello che interveniva per ribellarsi alle assurde punizioni di Walburga
mentre il piccolo Reg al contrario si congelava sul posto e non proferiva
parola. Era sempre stato così, fin da quando erano bambini.
«Cosa avrei
dovuto fare, Sirius?» gli chiese il diretto interessato, stringendo i denti per
evitare di alzare il tono della voce e urlargli contro. Come sempre non stava
prestando attenzione ai sottointesi, troppo concentrato sulle parole che
uscivano dalla sua bocca. «Presentarmi al cospetto di Orion e puntare i piedi
come un moccioso viziato? Rifiutarmi forse di obbedirgli?» proseguì,
cominciando seriamente ad alterarsi. «Sai benissimo che non avrei ottenuto
nulla».
«Non puoi
sposarla» disse allora Sirius in modo categorico, esponendo il suo punto.
«Se non lo
faccio io, lo farà di sicuro qualcun altro» lo mise al corrente il suo
interlocutore, pensando alle intenzioni di Cornelius e alla sua smania di
consolidare i suoi rapporti con le altre dinastie di purosangue. «Il signor
Lestrange ha privilegiato la nostra famiglia per l’antica alleanza che ci lega,
non certo per altri motivi» cercò di farlo ragionare, ricordandogli come
funzionava il loro mondo. «E nostro padre a sua volta ha pensato che questa
unione potesse in qualche modo avvantaggiarci, per questo ha accettato».
«E quando
sarebbe il matrimonio?» domandò il ragazzo, costringendosi quasi a pronunciare
quelle parole ad alta voce.
«Tra due
anni» lo mise al corrente Regulus, ricordando la lettera che gli era arrivata
il giorno prima della pubblicazione del suo fidanzamento ufficiale sulla
Gazzetta del Profeta. Almeno i sui genitori avevano avuto la decenza di
informarlo, piuttosto che fargli apprendere la notizia direttamente dai
giornali come era successo per Rosalynne. Orion nella sua missiva aveva
aggiunto anche qualche informazione in più, come appunto la presunta data delle
nozze – fissata a giugno del 1980, perché Ludmilla aveva insistito per
celebrare la cerimonia all’inizio della stagione estiva – e quello che si
aspettava dal suo nuovo erede. «Quando entrambi avremo finito di frequentare
Hogwarts e io avrò occupato il mio posto in società». Ovvero dopo la sua
iniziazione come Mangiamorte, ma questo evitò di dirlo.
«Quindi ho
due anni di tempo per mandare tutto a monte» ragionò Sirius, senza preoccuparsi
di nascondere le sue intenzioni al Serpeverde. D'altronde era ovvio che avrebbe
fatto di tutto per impedire quel matrimonio, quindi non era necessario
mantenere un certo riserbo riguardo alla situazione o ai suoi possibili piani.
«Buona
fortuna, fratello» gli augurò di conseguenza il giovane Black, usando un tono
strano. Come a prenderlo in giro, come a sottolineare quanto la sua fosse
un’impresa impossibile.
«Tutto
questo ti diverte, vero?» gli chiese dunque in modo retorico, facendo un passo
avanti e fulminandolo nel frattempo con lo sguardo. «Scommetto che provi anche
una certa soddisfazione in questo momento, visto che finalmente hai vinto»
proseguì, manifestando la sua rabbia. Cominciò infatti ad alzare la voce,
mentre stringeva le mani a pugno come ad impedirsi di aggredirlo. «Non è forse
così, Regulus? D'altronde hai sempre desiderato quello che era mio» dichiarò,
pensando alla loro rivalità. Dannazione, già da mocciosi si contendevano i
biscotti preparati dalla loro elfa come se fossero la coppa del mondo di
Quidditch. «Ed ecco che ora ti viene addirittura servito su un piatto
d’argento: la piena attenzione dei nostri genitori, l’eredità dei Black,
Rosalynne…».
Non ebbe il
tempo di concludere il discorso, perché all’improvviso venne sbattuto con
violenza contro il muro alle sue spalle e le mani di suo fratello si serrarono
sul tessuto della sua camicia. Lo spintonò, facendogli colpire la parete
con una certa forza e il Grifondoro si ritrovò a gemere sia per la sorpresa di
quel’assalto sia per il dolore provocatogli dal contatto della sua schiena con
le pietre gelide.
«Sei uno
stupido» lo insultò il fratello minore, guardandolo dritto negli occhi e
facendogli comprendere la sua ira.
«Regulus» lo
richiamò allora lui, stupito da quella reazione.
Suo fratello
non si era mai comportato in quel modo, non aveva mai messo così a nudo la sua
anima e i suoi sentimenti. Con una voce così tremante. Non era mai scattato
dopo una provocazione, lui lo sapeva bene visto che aveva passato tutta la sua
fanciullezza cercando di trascinarlo con sé nelle sue brevi avventure
spronandolo inutilmente anche con parole poco carine, e di certo non aveva mai
manifestato così palesemente le sue emozioni. Eppure era furioso, in quel
momento. I suoi occhi grigi sembravano quasi volerlo incenerire, mentre le sue
gote erano arrossate a causa dello sforzo e della sua rabbia.
«Uno stupido
babbeo che non vede ad un palmo dal proprio naso» continuò il diretto
interessato, ignorando il suo ammonimento e offendendolo di nuovo con maggiore
enfasi. «Sempre presuntuoso, sempre arrogante» elencò, sottolineando i suoi
difetti. «Dovrei sposarla, sai» disse subito dopo, rivolgendogli un ghigno
colmo di cattiveria. «Dovrei portartela via, solo per farti un dispetto» continuò,
stringendo ancora di più la presa sulla blusa del fratello e rischiando
addirittura di fargli saltare qualche bottone per colpa della sua impetuosità.
«Invece sono uno sciocco, esattamente come te!» esclamò, ridacchiando come un
pazzo e schernendosi. «Perché al posto di godermi la mia vittoria, come ti
piace tanto insinuare, sono venuto ad incontrarti in modo da trovare insieme
una soluzione».
«Mi vuoi
aiutare» dichiarò con sincero sgomento Sirius, cogliendo il senso della sua
ultima frase.
«Non te»
sottolineò però con immediatezza l’altro, come se fosse un’idea assurda pensare
di potersi alleare con lui. «Lo faccio per Rosalynne» proseguì subito dopo,
spiegandogli per quale motivo si era esposto in quel modo. Per la sua migliore
amica, per quella ragazza che gli aveva promesso di non abbandonarlo nonostante
tutto. Quella ragazza che avrebbe mantenuto la sua promessa anche se lui si
fosse dimostrato uno stupido, come aveva già fatto mesi prima. Ignorandola. Lei
avrebbe accettato ogni cosa pur di non tradirlo, pur di onorare la loro
amicizia. E lui invece avrebbe fatto qualsiasi cosa fosse necessaria per non
inimicarsi la sua stessa famiglia. Ma che alternative aveva? Quando pensava di
lasciarsi tutto alle spalle, un nodo gli serrava la gola. Perchè in fondo era
un codardo. Lo sapevano entrambi, lo sapevano tutti. Lui non aveva alternative,
non conosceva altro che quella vita. Non era come Ros, consapevole di avere
qualcuno là fuori che l’avrebbe sempre amata incondizionatamente. Non era come
Sirius, circondato di amici fidati e talmente coraggioso da non temere
l’ignoto.
Loro padre
Orion non era comunque così sciocco da schierarsi apertamente con il Signore
Oscuro, considerate le ultime indagini condotte dal Ministero e i rischi che
poteva correre – sia a livello economico nonché quello personale – se fosse
rientrato nella lista dei sospettati degli Auror. Non condivideva nemmeno
con troppa enfasi le sue idee radicali, come facevano al contrario i Lestrange,
perché sapeva che a quel punto si sarebbe trovato coinvolto in quella guerra
senza neppure accorgersene. In effetti lui non avrebbe rischiato il suo
patrimonio, il nome della sua famiglia e perfino un ipotetico futuro ad Azkaban
per degli spregevoli sanguesporco che contaminavano la magia. No, non avrebbe messo
tutto in gioco. Solo il suo nuovo erede. Era pronto a mostrare la sua fedeltà a
Lord Voldemort offrendogli in cambio il suo figlio più devoto, per renderlo suo
servitore. Era quello il patto. Ma Regulus non avrebbe portato giù con sé anche
Ros, per questo avrebbe fatto di tutto per salvarla. Se per lui era troppo
tardi, perchè non poteva certo tirarsi indietro ormai, per lei c’era ancora
speranza.
Per questo
si era rivolto a Sirius.
«Qual è il
tuo piano?» gli chiese allora quest’ultimo, per nulla scosso dal comportamento
irruento del fratello minore e concentrandosi invece su Rosalynne.
«Dovremo
avere pazienza per i prossimi due anni» disse il giovane, allontanandosi
finalmente dal suo interlocutore e liberando la sua camicia dalla sua stretta.
«Poi, quando arriverà il momento, capirai le mie intenzioni» concluse,
mostrandosi fin troppo criptico per i gusti del Grifondoro.
Regulus
stava tramando qualcosa, in pieno stile Serpeverde. In modo subdolo, arguto e
perfettamente ben studiato. Non come lui, invece, che era istintivo e ribelle.
Lui che non seguiva affatto le regole, amava improvvisare e adorava l’azione.
Se fosse stato per Sirius, il giorno del matrimonio si sarebbe materializzato
in mezzo alla sala del ricevimento con la bacchetta spianata e la chiara
intenzione di portare via Rosy vestita da sposa preparandosi a schiantare
chiunque si fosse opposto.
Odiava non
sapere cosa passasse per la testa di suo fratello, soprattutto in quel caso
quando stavano parlando del futuro della ragazza che amava, ma d’altronde era
da anni che provava quella frustrazione. Fin da quando erano entrambi bambini e
i loro caratteri, così diversi nonché all’apparenza inconciliabili, si erano
forgiati.
«Tutto qui?»
domandò dunque Sirius con evidente sgomento, trattenendosi dallo scuotere a sua
volta il ragazzo. «Capirò le tue intenzioni? E in che modo?» si interessò,
cercando di raccogliere altre informazioni. Quel mostrarsi così approssimativo
lo rendeva inquieto.
«Lo farai,
fidati di me» ripeté Regulus di nuovo, senza sbilanciarsi. «Allora verrà il tuo
turno di prenderti cura di Rosalynne e questa volta farai meglio a metterla al
primo posto».
C’era un che
di definitivo in quella frase e la cosa allarmò il maggiore dei Black, che
tuttavia fece di tutto per non mostrare il suo panico e rimanere impassibile.
Sirius era comunque consapevole di non potersi aspettare altri dettagli da
parte del fratello, in effetti era ovvio che il diretto interessato non volesse
condividere con lui le fasi del suo piano forse perché certe cose era meglio
che restassero segrete. E non poteva nemmeno mostrargli la sua preoccupazione,
dato che Reg l’avrebbe considerata un insulto. Come se lo intendesse un debole.
«È sempre
stata al primo posto per me, anche se tu credi il contrario» affermò Sirius con
decisione, rimarcando i suoi sentimenti per la strega. Quelli che all’inizio,
quando erano bambini, consistevano in una dolce amicizia e si erano trasformati
poi del tutto involontariamente in qualcosa di più. «Ma renderlo evidente
avrebbe solo peggiorato le cose» gli fece notare, ripensando a quel pomeriggio
nel giardino di Lestrange Manor e allo sguardo soddisfatto di Walburga.
Non era stato bravo come aveva creduto durante quell’occasione nel mostrarsi il
solito menefreghista, tuttavia la consapevolezza della sua imminente fuga e il
pensiero di quello che considerava un addio definitivo a Ros gli avevano fatto
abbassare la guardia. Che sciocco era stato. Proprio nel momento meno
opportuno, quando era pronto a lasciarla, aveva commesso un errore. Ma forse
l’aveva salvata proprio andando via, perchè in quel modo sua madre non aveva
potuto usarla come una pedina.
«Allora
adesso non devi fare altro che dimostrarlo» lo provocò il fratello, mettendolo
allo stesso tempo alla prova.
«Abbiamo un
patto, quindi» dichiarò alla fine il maggiore dei Black, allungando il braccio
verso il suo interlocutore per porgergli la mano.
«Abbaiamo un
patto» confermò Regulus, imitando il gesto.
Suggellarono
quell’accordo con una stretta, fissandosi reciprocamente negli occhi con
serietà. Perché stavano per cambiare il futuro che Orion Black insieme a
Cornelius Lestrange avevano scritto, per quanto potesse essere difficile e
sembrare quasi impossibile. Ma lo avrebbero fatto, per Rosalynne. Per l’amore,
così simile eppure diverso, che provavano per lei.