Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Segui la storia  |       
Autore: Eneri_Mess    02/11/2022    3 recensioni
Otto anni non sono una vita. Anche se il tempo separa le strade, non è detto che queste non si incrocino di nuovo. Quando però la persona che hai lasciato indietro non è più la stessa, i sensi di colpa sono l’unica radice reale a cui aggrapparsi.
----
«Perché sei tornato?»
Fissò quel ritaglio di realtà, come la fotografia di un ricordo sovrapposta a quello che sarebbe dovuto essere un tetto vuoto. Non lo era. Kacchan era seduto lì, con l’aria di qualcuno in attesa da un tempo indecifrabile, spoglio di emozioni se non di uno sguardo che aveva già deciso come la storia sarebbe andata avanti.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'In the middle of our life'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

On the wrong side of Heaven



 

Capitolo 7




 

I'm tired of being
what you want me to be
Feeling so faithless,
lost under the surface
Don't know what
you're expecting of me
Put under the pressure
of walking in your shoes

[Numb - Linkin Park]






 

Con tutti i capricci di Luglio, Deku si sentì tradito dal proprio mese. 

Le nuvole si rincorrevano nel cielo, assembrandosi in masse via via più scure e rispecchiando significativamente il suo umore. Non aveva controllato le previsioni e non aveva intenzione di farlo in quel momento, per farsi cogliere impreparato dall’arrivo di Bakugou. 

Tornare a casa prima della mezzanotte sarebbe dovuto servirgli per dormire qualche ora in più, ma la sua memoria recente aveva scelto di torturarlo e gremire il silenzio con quello che era accaduto con la prima domanda. Il regalo lasciatogli da Daisuke era stato il biglietto per spegnere quella voce nostalgica e invadente, ma non un toccasana per il resto del corpo e il poco che aveva dormito.

Restò a fissare le nuvole grigie addensarsi insieme all’odore della pioggia che, presto o tardi, sarebbe caduta. Finché non fosse arrivata, avrebbe dovuto sopportare l’umidità calda contro la pelle. 

Il pensiero passò in secondo piano quando avvertì Katsuki alle proprie spalle. 

«Oggi niente salti.» 

Izuku sentì tutta l’imposizione nella sua voce come una mano stretta sulla nuca. Iniziavano male. 

«Finché non piove è sicuro» iniziò, fingendo con se stesso noncuranza, ma anche chi non lo conosceva avrebbe potuto intuire l’astio malcelato nel tono. «Se non te la senti, puoi restare qui. Per me va bene. Non so se riuscirai però a sentire la mia risposta alla tua domanda di oggi.» 

Ancora una volta, l’eroe ridusse, passo dopo passo, la loro distanza fisica, fino a piantarglisi di fronte. 

«Da quant’è che non dormi?» 

Izuku faticò a non tirargli un pugno. Bakugou era diventato capace di minare la sua pazienza in una manciata di parole, toni e atteggiamenti molto più velocemente di un tempo. Gli faceva saltare addosso l’impulso di imprimergli con violenza quello che a voce non capiva.

Stai zitto. 

Tieniti queste premure inopportune. 

Dimmi quello che ti serve a lavarti la coscienza e poi lasciami in pace

«L’estate non è il mio periodo preferito.» 

«Già. Al nerd piacevano i colori dell’autunno e i profumi della primavera, eh?» replicò annoiato Katsuki, per poi assottigliare lo sguardo. «Che hai fatto al labbro?»

«Fammi capire, ti ricordi quali stagioni preferisco, ma non il mio compleanno?» 

Izuku avrebbe voluto schiaffarsi una mano sulla bocca prima di parlare, ma quell’accusa infantile gli rotolò fuori con l’impeto di una cannonata. 

«Cos’è, volevi degli auguri?» nel replicare, l’Hero distolse lo sguardo, osservando il cielo che andava incupendosi, come il suo cipiglio. Schioccò la lingua, irritato. «Non l’ho dimenticato. So perfettamente che giorno sei nato. Non era tra i miei pensieri quella sera, chiaro? Non ero lì per festeggiarti.» 

Izuku aveva le dita così contratte da fare male. Artigliò l’aria invece di colpire Bakugou. Non era stata sufficiente la conclusione disastrosa del giorno prima, il dover toccare - bruciarsi, nel suo caso - ricordi che avrebbe voluto sminuzzare e spargere così lontani per rendere impossibile a chiunque rimetterli insieme. 

«Qual è la tua domanda di oggi?» sibilò, cambiando argomento per riuscire a calmarsi. 

«Prima dimmi che hai fatto al labbro.»

Deku scattò senza rendersene conto. Il suo corpo si mosse da solo. Prese le distanze e i suoi occhi registrarono il bordo del palazzo con un istante di anticipo rispetto alla decisione della sua mente. 

La mano che si strinse sul retro della sua maglietta quasi gliela strappò e smorzò del tutto lo slancio. 

«Niente. Salti.» 

«Allora fammi questa domanda del cavolo e piantiamola qui!» urlò Deku dopo avergli schiaffeggiato via il braccio. 

Non toccarmi

Ogni fibra di sé dovette gridarlo abbastanza forte da far incazzare l’eroe, ma anche da tenerlo al posto per una volta. 

Bakugou non smise di fissargli il labbro, ma a costo di stare a urlare per un’ora, Deku si sarebbe rifiutato di raccontargli qualsiasi cosa di quello che faceva nel suo tempo libero, nella sua vita. 

Il cielo rumoreggiò sopra di loro in un tentativo di mettersi in mezzo, tuttavia nessuno dei due lo ascoltò. 

«Perché hai rinunciato a diventare un eroe?»

Fu come se a Izuku avessero tolto la batteria. La sua rabbia di sciolse prima in un’espressione scoordinata, a metà tra l’incredulità e la delusione, per assestarsi in una che rifletteva il pensiero di quelle chiacchiere sprecate. 

«Io davvero faccio fatica a capirti, Kacchan.»

Avrebbe voluto caricare il tono di sarcasmo, di qualcosa che facesse sentire l’Hero stupido e patetico, ma vibrava ancora una brace di furia a lambire le sue parole. 

«Ho già risposto a questa domanda e tu lo sai, conosci il motivo. Lo sai benissimo il perché, cazzo!»

Anche senza un quirk... si può diventare un Hero?

No. Non si poteva. Lo aveva imparato da sé. 

La memoria di quel fugace incontro con All Might bucò qualsiasi sua difesa. Pensò a come si fosse risparmiato una risposta ovvia e patetica da parte dell’eroe numero uno perché non c’era stato il tempo di parlare. A otto anni di distanza era una cicatrice. Un silenzio così scontato da rimbombare e fare male alle orecchie. 

Izuku non si era reso conto di essersi afferrato la stoffa della maglietta all’altezza del petto. Non si era accorto neanche di aver urlato, di nuovo. 

«Ci ho provato! Lo sai perfettamente che ci ho provato! L’umiliazione all’esame di ingresso alla Yuuei è stato abbastanza! Non sono riuscito a fare niente, niente! Cosa mi ero messo in testa!?» 

Lasciò andare di colpo la presa e si guardò il palmo. C’erano i suoi fallimenti lì tra quelle dita e li vide tutti, uno per uno. 

«Ti sei arreso perché non hai superato un test!?»

«Cosa credi che avrei dovuto fare!? Nessuno credeva nel mio sogno!» 

Deku non si allontanò. Non provò più a prendere le distanze, ma si ritrovò quasi a mettere le mani addosso a Bakugou pur di fargli capire quanto facesse male. Se non lo sfiorò, fu solo perché l’ultimo baluardo di ragionevolezza si frappose all’istinto. 

Toccare Katsuki equivaleva a far crollare quei cinque anni in cui si era rimesso in piedi con le sue sole forze. 

«Chiunque mi compativa! Chiunque mi derideva! O tentava di farmi ragionare!»

«Chissene fotte delle comparse, Deku!»

«Mia madre non era una comparsa! Tu non lo eri!» 

La sua voce risuonò pari al tuono che attraversò l’aria. 

Bakugou serrò la mascella, senza smettere di fissarlo. Izuku fece altrettanto, ma a sguardo così sbarrato e colmo di emozioni che il suo viso sembrò trasfigurato, perdendo qualsiasi traccia di chi fosse. 

«Questo non sei tu, Deku…» 

Le parole Katsuki le raccolse e le posò tra loro con un’incredulità infettata da un qualcosa di così marcio e sbagliato che, per un attimo, gli fecero abbassare le spalle - lo fecero sembrare meno Dio e più umano

Non fu uno spegnimento di coscienza o un chiudere la porta ai ricordi. Fu rendersi conto che fossero passati davvero otto anni. Ed erano tutti impressi addosso a loro, nelle pieghe dell’anima dove avevano nascosto gli strappi, invece di ricucirli. Di Deku, in quel momento, non riuscì davvero a vedere cosa fosse rimasto. 

Iniziò a piovere. 

Furono poche gocce, neanche magnanime nell’essere fresche, ma cocenti come acido nel puntinare la pelle di lacrime. 

«Perché non lo vuoi capire…»

Izuku fece un passo indietro e sembrò sfilarsi quella maschera caotica e soffocante che gli pesava sul viso. Distolse lo sguardo e poi si incamminò verso la tettoia che riparava la porta di accesso al tetto. Superò Bakugou con poche sillabe, messe insieme in una sequenza di suoni il cui significato fu la strofa finale di un duetto che non avrebbe concesso il bis. 

«Il Deku che tu conoscevi non esiste più.»



 

I've become so numb
I can't feel you there
Become so tired
So much more aware

[Numb - Linkin Park]



 

* * *



 

Bakugou mise piede sul ballatoio di casa gocciolando pioggia.

Incurante di essere fradicio neanche si fosse buttato in una piscina, recuperò dalle tasche le chiavi, ma si fermò nell’alzare lo sguardo e trovare qualcuno acciambellato sullo zerbino. Un involto di impermeabile, vestiti umidi e uno zaino che sembrava uscito da un risciacquo della lavatrice. 

Katsuki gli diede una pedata, abbastanza per farlo scivolare di lato e svegliarlo. 

«Che diavolo fai qui?» 

Non suonò come avrebbe voluto. La voce gli uscì arrochita, svuotata. Aveva ancora le orecchie infestate dalle ultime parole di Deku. 

Il suo ospite grugnì, passandosi una mano sulla faccia prima di alzarla su di lui con un sorrisetto tutto denti accuminati, sonnolenza e soddisfazione. 

«Sono venuto a prendermi quella birra!» 



 

Ci vollero una doccia piuttosto lunga e una tazza colma di caffè prima che Katsuki concedesse a Kirishima di aprire bocca senza rischiare di essere morso. 

«Quindi posso dormire sul tuo divano…?» 

Bakugou grugnì qualcosa che anche in anni di amicizia non si capì se fosse un sì o un crepa

«Va bene anche il pavimento! Il tappeto del salone è morbidissimo!»

Questa volta Eijirou si beccò un’occhiataccia e seppe di meritarsela. 

«Non mi piacciono le improvvisate» chiarì Bakugou, sbattendo la tazza vuota di caffeina sul tavolo a sottolineare la cosa. 

«Dove starebbe la sorpresa se no…?»

Risposta sbagliata, ma Kirishima sapeva di starsi arrampicando sugli specchi. Era la seconda volta che il suo tono tentennava. C’era un argomento che pendeva sulle loro teste - Sono preoccupato per te - e che, soltanto sfiorarlo, significava scatenare un umore più nero del tempo fuori. 

«Ok, seeenti… è stata una cosa improvvisa e non pianificata anche per me! Era tanto che non tornavo da queste parti e Tamaki stanotte mi ha chiesto un cambio turno all’ultimo, quindi per due giorni sono libero… circa, ripartirei domani notte! Ti pregoooo!» e unì insieme le mani a preghiera, abbassando umilmente il capo. «Ti faccio la spesa per il disturbo! Sono diventato abbastanza bravo a cucinare un paio delle ricette che mi hai dato! E so fare un ottimo okonomiyaki a detta di FatGum!» 

«Quanto sei rumoroso» borbottò Bakugou, alzandosi da tavola e portando la tazza fino al lavello. 

«… è un sì?» 

«Fai colazione. In silenzio» specificò con un’occhiataccia, mentre andava a sdraiarsi sul divano e recuperava il telecomando della tv, accendendo un canale a caso. 

«Dove tieni le cialde? Non sono nel solito armadietto… ehi, Bakugou?»

Ma l’Hero si era già addormentato. 



 

«Ti rovini la schiena a dormire sul divano.» 

L’aroma del caffè fu piacevole, la voce che lo svegliò non lo fu per niente. 

Katsuki grugnì, il corpo per nulla interessato ad abbandonare il torpore del sonno. Servirono due dita, premute sull’addome - lì dove era stato pugnalato - per farlo scattare e imbestialire. 

«Tu vuoi proprio morire!»

Todoroki restò impassibile. Assiso sul basso tavolino di fronte al divano, una tazza di caffé in mano, occhieggiò l’ex compagno senza nulla di particolare nello sguardo. Bakugou si mise seduto contro la spalliera di malavoglia, passandosi inconsciamente la mano sul taglio ancora incerottato. 

«Cos’è oggi che spuntate come funghi. Che ci fai qui?»

Shouto lo fissò un attimo, inclinando la testa con un’occhiata indagatrice. 

«Sei preoccupato» sentenziò, ricevendo subito un ringhio in risposta insieme alle dita di Katsuki che scattarono nel tentare di conquistare la tazza. Todoroki si ritrasse e gliela allontanò. «Quando usi poche parolacce c’è qualcosa che non va.» 

«Va’ al diavolo!» 

«Mmh…» e nello squadrarlo in cerca di altri indizi - si accorse del palmo con una ferita rimarginata - si portò la tazza alle labbra, prendendone un sorso. 

Bakugou lo fissò come se gli avesse appena pestato il cane, se ne avesse avuto uno. 

«Ohi, quella dovrebbe essere per me!»

«Non l’ho mai detto.»

Il proprietario di casa, ma non evidentemente della propria vita, a giudicare dall’andirivieni che costellava il suo spazio personale, rinunciò al comfort del divano per raggiungere la cucina, masticando imprecazioni e pestando i piedi con forza. 

«Dove cavolo è Testa a punta!?»

«Kirishima è uscito a fare la spesa. Il caffè è finito. Ho recuperato l’ultima cialda dal cassetto delle emergenze.» 

Bakugou fu sul punto di far esplodere qualcosa. Tornò sui propri passi con la stessa intensità e si piantò di fronte al Bastardo a metà, detestandolo come soltanto uno sguardo esasperato poteva fare. Lo odiò soprattutto quando Shouto gli allungò la tazza di caffè con quel minuscolo accenno di sorriso che Katsuki avrebbe volentieri cancellato a pugni. 

«Prego.»

Ma Bakugou gli aveva già dato le spalle, ingollando un sorso. 

«Perché sei venuto a rompere?»

Todoroki si alzò e lo seguì in cucina. 

«È passata tua madre.»

«Ma porca puttana-» Katsuki tossì appena, piantando la tazza sul bancone. «Con che scusa stavolta che ero in casa!? Quella vecchia…» 

«Dice che ha suonato e nessuno le ha aperto. So che Kirishima ha passato la notte in bianco per il viaggio…» nel dirlo, si spostò appoggiandosi con la schiena al piano rialzato, di fianco all’ex compagno di scuola. Trovò lo sguardo di Bakugou, ma intuendo cosa sarebbe seguito, l’altro tornò al resto del caffè. 

«Dormi la notte?» 

«Sono in vacanza.» La risposta fu un ringhio così uguale a mille altri da perdere di insistenza e diventare solo un intercalare. «Faccio gli orari che mi pare.»  

«Capisco.»

Senza soffermarsi su quella risposta evasiva, Shouto si allungò a recuperare una borsa poggiata all’estremità del bancone, estraendone una cartellina da ufficio. La mise davanti a Bakugou. 

«Sono venuto principalmente per questi. Sono alcuni documenti da firmare per l’Agenzia.»

Katsuki roteò gli occhi come ogni volta che gli si mettevano davanti delle scartoffie. 

«Devi piantarla di fare la crocerossina e la segretaria.» 

Todoroki si strinse nelle spalle. «Non è un problema.» 

Scuotendo la testa, Bakugou sflilò i fogli e recuperò una penna, pronto a firmare prima di avere voglia di carbonizzarli. Si accorse però della data e lesse meglio l’incipit. 

La rapina del dieci Luglio. 

Bloccò la smania di chiudere la questione subito e si prese un momento a leggere il verbale, trascurando lo sguardo fisso con cui Todoroki lo stava misurando. Tempo una manciata di secondi, forse un minuto, e scarabocchiò la sua firma in calce. 

«Tutto qua?»

Katsuki gli riallungò i fogli, insieme a un’occhiata obliqua. 

«Volevi una firma, che altro c’è?»

«Hai appena confermato di aver inseguito un sospettato che non è risultato nella lista degli indagati e che non sei neanche riuscito a fermare.»

«Già. Invece di farmi perdere tempo a leggere potevi riassumerlo subito» lo rimbeccò sarcastico, buttando i documenti sul bancone quando Shouto non sembrò intenzionato ad afferrarli. 

«Lo hai lasciato andare?»

«Non c’entrava con la rapina, punto.»

«Quindi ti sei sbagliato?» 

C’erano occhiatacce di Dynamight che poche persone potevano sopportare senza uno spiacevole brivido lungo la schiena. 

Todoroki non era mai rimasto particolarmente colpito da quelle sferzate di astio e minacce fuse in un proiettile calibro esplosione - oltre a non temerle, preferiva vedere oltre, allungare la mano e capire

Lo aveva fatto in passato. Si era scottato, la prima volta. La seconda un po’ meno. Ed era andato avanti così, finché non aveva trovato Katsuki dietro quelle minacce - quei muri - che tenevano la gente a distanza. 

Una distanza che Shouto aveva percorso passo dopo passo, incuriosito, intrigato, a tratti ammaliato probabilmente, perché più Bakugou si impegnava per la vetta, più lui detestava restare indietro. Allo stesso tempo, aveva iniziato a desiderare più Katsuki della vittoria stessa. Anche se, in senso sia semantico sia figurato, era come assicurarseli entrambi. 

Insinuare qualcosa come uno sbaglio era il modo giusto di far saltare tutti insieme quegli strati da fullmetal jacket con cui Bakugou reprimeva le emozioni. Tuttavia, il risultato, la maggior parte delle volte, valeva l’azzardo. 

Non quel giorno. 

«Seh. Non era un sospettato. Contento?» 

Todoroki strinse a pugno le dita della mano non in vista, scaricandoci la frustrazione. 

Sperava di ottenere anche la minima informazione - nonostante la voce di Uraraka in testa lo stesse giudicando - ma la guardia di Bakugou era uno scudo più alto e spesso di quanto avesse valutato. 

Per la seconda volta, realizzò soltanto la dimensione di quanto importante e radicato in profondità dovesse essere il problema. Se di un problema si trattava, e non di qualcosa di più sfaccettato. 

Si umettò le labbra, testardo. 

«È una cosa seria. Se la persona che hai inseguito dovesse farsi avanti per sporgere denuncia riceveresti un richiamo e una penale, o peggio.»

Bakugou si scostò con uno Tzé. Si diresse verso il frigo per tenersi occupato e valutare cosa ci fosse da mangiare - senza neanche avere idea di che ore fossero. 

«Fammi sapere se qualcuno viene a rompere il cazzo, sarò felice di parlarci

Il Deku che tu conoscevi non esiste più.

Lo sportello subì il suo malumore nell’essere sbattuto. Imprecando tra i denti, Katsuki si massaggiò con le dita una tempia. Quelle fottute parole non avevano smesso un secondo di picconargli il cranio. 

Superò Todoroki e uscì dalla zona cucina, tornando in soggiorno. Si buttò di nuovo sul divano, dando retta a una volontà informe che non sapeva cosa fare se non attorcigliargli lo stomaco. Gli ci vollero quasi tre minuti pieni di silenzio per capire che l’altro eroe era rimasto in cucina, immobile nella stessa posizione. 

«Sei più fastidioso così che quando insisti nel voler sapere le cose.»

Senza muoversi, continuando a dargli la schiena, ancora appoggiata al bancone che divideva i due ambienti, Todoroki raddrizzò le spalle con un respiro pieno. Fissò i pensili scuri, proiettadoci quello che avrebbe voluto fare, ma senza riuscire a mettere insieme una strategia.

«C’è qualcosa di cui non vuoi parlarmi e sono preoccupato.»

Bakugou metabolizzò l’ennesima uscita rompiscatole cercando una posizione più comoda sul divano, prendendosela con un cuscino perché nulla stava andando nel verso giusto.

«Stai sprecando tempo. Non c’è nulla per cui tu debba darti pensiero.» 

Shouto non rispose. Dovette forzarsi a tenere la bocca serrata per non accendere la miccia sbagliata. In otto anni di conoscenza, non era ancora riuscito a capire se ci fosse un modo efficace per avere una conversazione normale con Bakugou. Quali fossero le parole da usare o i gesti per spingerlo a fidarsi. A contare su qualcun altro. 

Ce lo chiederà lui. Verrà lui da noi, quando sentirà di averne bisogno

Non riusciva a far coincidere la propria visione con quella di Uraraka. Quell’attesa lo stava sfibrando. Trovare nuove ferite addosso a Bakugou, quella pigrizia esausta, lo sguardo svestito della solita durezza lo stavano facendo tremare dentro. Aveva l’imperante sensazione di dover afferrare l’ultimo tratto di corda prima che fosse troppo tardi, muovendosi però alla cieca. 

Qualcosa di morbido si abbatté contro la sua nuca, facendolo riemergere dai pensieri. Uno dei cuscini decorativi del divano cadde per terra ai suoi piedi. 

«O vieni a farmi un pompino o te ne vai, hai capito!? Smettila di fare il soprammobile depresso nella mia cucina!»

«E ti farebbe sentire meglio se lo facessi?» replicò Todoroki, ma con un tono molto lontano dal vagliare seriamente la proposta. 

«Avrei uno straccio di buona ragione per sopportarti dentro casa mia.» 

Shouto roteò lo sguardo, rilanciandogli il cuscino. 

«Sei meno incline di me al momento per qualcosa del genere. E a breve tornerà Kirishima. Se non vuoi pensare, andiamo in palestra.» 

La risposta di Bakugou fu un dito medio e riaccendere la tv. 



 

* * *



 

I'm half asleep and half awake
A slave to every breaking day
I feel alone, I feel alone

[Call it what it is - Sleeperstar]



 

«Deku?»

La voce fu sottile, con una sfumatura morbida difficile da cogliere se non la si conosceva. Fu anche un appiglio alla realtà e portò Izuku ad aprire gli occhi, sbattendo le palpebre con ritrosia e un mugugno. Si rigirò su se stesso per sfuggire alla luce sopra la testa e tornare nel buio della coscienza. 

Si rese però conto che lo spazio era esiguo e non particolarmente comodo per dormire. Era su un divano, non nel suo letto. 

L’odore dell’ambiente sbloccò il resto dei sensi, costringendolo a raccogliere i pezzi sparsi di sé e tirarsi su. Era nell’ufficio del magazzino. Posò gli occhi su Gin e sul suo sguardo in attesa, tirato appena ai lati dalla preoccupazione. 

«Cosa-»

Questo non sei tu, Deku…

Si irrigidì e ricordò. 

Bakugou e il tetto. 

Perché hai rinunciato a essere un eroe? 

La pioggia e- 

Niente. Non trovò altro nella propria memoria. 

«Cos’è successo? Non ricordo di essere venuto qui…»

Gin gli mise in mano un bicchiere d’acqua e aspettò che lo bevesse, prima di parlare. 

«Eri in ritardo e sono venuta a cercarti. Ti ho trovato svenuto per strada.»

«Svenuto…?» 

Gin gli prese il bicchiere vuoto dalle mani, per poi fare scivolare le proprie dita sul suo polso, in una carezza piccola e confortante. La cicatrice sulle sue labbra sembrò accompagnare con tristezza le parole con cui gli si rivolse. 

«Da quant’è che non dormi, Deku?»

Da quant’è che non dormi?, ma nelle orecchie del giovane la domanda risuonò con la voce di Bakugou. Scrollò la testa, portandosi la mano libera alla faccia, nascondendoci gli occhi. 

Gin fu paziente e fece per scostarsi, interrompendo il proprio gesto, ma Deku la fermò, ricambiando la presa con irruenza, con qualcosa dal sapore acre. Non lasciarmi.  

«Che ore sono?»

«Quasi le quattro.» 

La testa di Izuku si alzò di scatto, in viso una nuova sfumatura di angoscia e di senso di colpa. 

«Maledizione! Devo andare da Akane!» 

Gin gli impedì di alzarsi. Dalla sua espressione Deku avrebbe dovuto intuire il perché. 

«Anche se facessi in tempo, lei ha già chiamato per disdire tutto. Ha fissato un nuovo appuntamento la settimana prossima. Mi dispiace.»

Izuku perse di iniziativa e si abbandonò contro lo schienale del divano. 

«… merda» si lasciò sfuggire Izuku con voce arresa. Strinse i pugni e se li batté sulle ginocchia, finendo solo col tremare. «Mi sta sfuggendo tutto di mano, dannazione…» 

Con il pollice, piano, Gin ricominciò ad accarezzargli il polso.

«Deku… quanto è profonda questa ferita?»

Quella domanda sarebbe arrivata, prima o poi. 

Izuku deglutì e la fissò solo per un attimo, spostando poi l’attenzione altrove. Per quanto Gin fosse discreta e sapesse leggere le situazioni, e lui si fidasse, quella ferita, come l’aveva chiamata, aveva più l’aspetto di un morso che si era portato via una parte importante. 

Deku aveva imparato a convivere con la mancanza, ma non era preparato a vedersela restituire, a guardarsi indietro come se non fosse successo. Aveva la sensazione che gli fosse stato dato un cerotto con cui medicare una pugnalata al petto. 

Quanto è profonda la ferita che ti ha lasciato Kacchan?

Se lo ripeté solo per sentire come ogni parola affondasse nella serratura che ormai non stava più reggendo l’impatto di quel ritorno. 

Consapevolmente, o forse no, si ritrovò a rannicchiarsi sul divano con le ginocchia al petto e la testa affondata tra le braccia, agognando a un momento in cui tutto smettesse di girare. Niente più tempo che scorresse e gli facesse presente che il giorno dopo lo avrebbe rivisto e affrontato di nuovo, con l’ormai chiara cognizione che Bakugou fosse in grado di scardinare le sue difese. 

Non sarebbe mai dovuto succedere. Non si sarebbero mai più dovuti rivedere. 

«È complicato.» 

Era così semplice, prima, quando eri solo un pensiero freddo e grigio, lasciato a impolverarsi, ad annichilirsi da una parte…

Ancora una volta, le dita di Gin furono un sollievo delicato, un promemoria affettuoso che andarono a cercare le sue mani per ricordargli che esisteva anche altro. 

«Scusami… Non voglio parlarne…» si lasciò sfuggire e fu un sussurro spezzato e gocciolante di delusione e sensi di colpa verso se stesso. 

Lui era rimasto, Kacchan se ne era andato via.

Lui si era rifatto una vita con le unghie e coi denti, mentre Kacchan non aveva fatto altro che seguire la strada che aveva sempre voluto intraprendere.

Lui era cambiato, Kacchan pretendeva di guardargli attraverso e ritirare fuori il passato.

Era stato un idiota a concedergli il suo tempo. Perché pensava di dover qualcosa a Bakugou? Perché non aveva agito in maniera definitiva quando aveva potuto, estirpando anche l’ultimo ricordo?

Perché non riusciva a cancellarselo da dentro?

«Va bene così, Deku.»

«No… Mi dispiace… Gin, mi dispiace…»

«Lo so, ma non me lo devi. Né a me, né a nessun altro. Prenditi il tempo necessario, penserò io al resto.»



 

* * *



 

I've got troubles
I've got sins
I'm my worst enemy
But I've still got a lot to give

[Sailor’s heart - Zyke]



 

«Ho vintoooo! Ho vintooooo!»

«Smettila di esaltarti!»

«Ma Bakugou, ho vinto contro di te! Come faccio a non esaltarmi!?»

«Strozzati con la cavolo di birra!»

«Ne voglio un’altra per la vittoria!»

«Col cazzo.»

Con il temporale della giornata, l’aria dopo il tramonto si era fatta più respirabile. Seduti ai tavolini esterni di un bar, Kirishima fece fare cin cin alle loro bottiglie, ridendo ancora per aver strappato la partita a bowling all’amico. 

«Non mi prendevo una pausa così da tre mesi! La fuga in piena notte è valsa la pena, mi sento rinato!» continuò il rosso, stiracchiandosi in maniera vistosa e attirando qualche sguardo, nonostante si fossero scelti un posto in disparte ed entrambi avessero indosso quanto servisse a passare del tutto come civili. 

«E sei venuto a rompere l’anima a me.»

Eijirou scelse la via dell’alcool con una lunga sorsata che lo portò a un rutto mascherato all’ultimo. Katsuki non fu magnanimo con l’occhiata disgustata. 

«Non sono capace come Uraraka o Todoroki di girarci intorno, quindi te lo dirò fuori dai denti: sono preoccupato per te amico. Quella telefonata che mi hai fatto, sei sicuro che non ce l’hai con me per qualcosa che ho detto o fatto? Ti giuro che qualsiasi cosa sia successa tra noi non è stata intenzionale! Lasciami rimediare!» 

Bakugou strinse la bottiglia fredda, ma guardò altrove, verso le cime dei palazzi puntinate di luci. Per un attimo fece scorrere lo sguardo, cercando di fare mente locale su dove fosse Wasuno rispetto a loro. 

«Non partire col dramma. Se ho qualcosa da dirti, ti prendo a pugni. E me ne stai facendo venire voglia.» 

«Bakugooou» uggiolò l’altro, stendendosi sul tavolino per tentare di stringerlo, ma ritrovandosi un palmo piantato in faccia con una chiara minaccia. 

«Abbassa la voce, per la miseria! E contieniti!»

«Prendimi un’altra birra! Io la prendo a te!»

«Ma sei scemo?» 

Alla fine Katsuki si rassegnò e fece cenno al cameriere per avere il bis. 

«Todoroki oggi era serissimo quando è passato.» 

Alla menzione, Bakugou ripensò a quella faccia da schiaffi del Bastardo a metà e alle sue velate provocazioni. Lo mandava fuori di testa che dimostrasse quegli atteggiamenti dimessi perché non sapeva cosa fare della propria preoccupazione, quando poi si comportava come un cazzone nel punzecchiarlo. 

«C’è nato con quell’espressione di merda, non sorprenderti.» 

«Voi due…? Insomma, siete ancora… amici di letto?»

Bakugou mandò giù un sorso insieme a un altro pezzetto di pazienza. 

«Hai ottant’anni, Cristo?! Le puttane le chiami cortigiane!? E non sono suo amico.»

Kirishima rise, finendosi la birra e attaccando le patatine in attesa della seconda. 

«Quindi scopate ancora?»

Il naso di Katsuki fremette per uno sbuffo sonoro. 

«Non ultimamente. C’è-» si maledì, mordendosi un angolo del labbro, ma ormai aveva iniziato la frase e non gli era sfuggita l’occhiata attenta che si stava cibando delle sue parole. «C’è qualche questione che devo sistemare. Fine della discussione.» 

«Vaaaa beneeee» capitolò il rosso, lanciandosi in bocca una patatina. «Però quando avrai voglia di buttare fuori tutto chiamami subito, ok?»

«Seh, speraci.» 

«Aaah. Ora che abbiamo parlato di persona mi sento meglio» sospirò Kirishima, fissando la nuova birra tra le mani e poi Bakugou con un sorrisetto. «Anche se il tuo aspetto è uno schifo. Senza offesa.»

«Ti rompo questa in testa appena l’avrò finita» fu la promessa piccata di Dynamight, buttando giù l’ennesimo sorso. 

«Ehi, capita a tutti di avere dei momenti no. Figurati, lavoro con Tamaki, lui vive di momenti no, è come una pietra depressa - gli voglio bene e lo stimo, eh! Però, in confronto tu sei un fiore.»

«Non paragonarmi a quello sfigato e neanche a delle fottute piante!»

«Eddai, hai capito, era per spiegarmi meglio. Se non ti senti in forma o le tue questioni ti tolgono il sonno non c’è niente di male! Le risolverai, in un modo o nell’altro! Magari ti servirà solo di fare esplodere qualcosa e ti sentirai meglio. Metodo alla Bakugou! Testardo come sei… ah, ho detto qualcosa di sbagliato? Che hai?»

Bakugou si riebbe e distolse lo sguardo stupito, portandosi la bottiglia alla bocca ma senza inclinarla. 

Risolverai

Sarebbe andata così? Risolvendo la questione con Deku? Venire a capo degli ultimi otto anni di allontanamenti, rifiuti e silenzi sarebbe stato così facile? Trovare un modo per tornare a prima…? 

No, quel prima, quell’infanzia, quell’inizio di adolescenza non sarebbero più tornati.

Gli occhi di Izuku non avevano nulla del ragazzino spaventato, piagnucolone e che gli stava attaccato alla coda come un cane. C’era la sfida nel suo sguardo, c’era il ribrezzo nello stargli vicino, c’erano delle incrinature che sanguinavano risentimenti nei suoi confronti. Ma nell’insieme, l’eroe avvertiva unicamente l’intenzione di mettere una croce sul passato. 

E a lui non stava bene

Izuku poteva essere cresciuto, ma non era cambiato. 

Droga, affari nei bassifondi e qualsiasi altra merdata erano per Bakugou soltanto la corazza che si era costruito intorno. Ma dentro, ci avrebbe scommesso le mani, era ancora il Deku che conosceva. Potevano fottersi le sue parole e i suoi comportamenti ambigui. 

«Ecco, questo è il solito Bakugou! Quel ghigno che ha capito dove colpire!» 

Katsuki si voltò verso Kirishima, trovandolo con un sorriso così ampio da essere abbagliante, insieme a un traboccare di emozioni appiccicose dai suoi occhi. Orgoglio, fiducia e ammirazione. Fu più forte di Bakugou dargli uno scapaccione per fargli abbassare la cresta. 

Eijirou rise e basta, passandosi le dita tra i capelli. 

«Ti senti un po’ più carico? Sono o non sono il tuo migliore amico?»

«Vedi di non sbavarmi sul divano stanotte.»

«Verrò a farti gli agguati notturni!»

«Provaci e ti ammazzo!» 

 

 

 

To be continued




 

Mi ero scordata che oggi fosse Martedì! Questi giorni di festa servivano, ma mi hanno sballata.

Grazie di aver letto questo capitolo! Ne mancano solo 3 alla fine prima parte, aiuto! 

Il secondo giorno di domande è andato peggio del previsto. Izuku non hai fatto un grande affare… 

Tornano in campo Kirishima e Todoroki, la “siamo preoccupati” Baku Squad. A volte scrivere questi siparietti pensando che Deku non ha vissuto niente di tutto questo mi stringe il cuore ;; che cattiveria che gli ho fatto. Ma viva i What If anche per questo. 

Grazie a chi continua a seguire la storia e per i commenti, mi danno tanta carica. Spero di iniziare a scrivere presto il seguito, che sarà molto più lungo e purtroppo temo non con la stessa cadenza settimanale. Vediamo come riesco *incrocia le dita* 

 

Alla prossima!

(mi trovate su twitter o su ig come @enerimess )

 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: Eneri_Mess