Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Segui la storia  |       
Autore: Eneri_Mess    09/11/2022    3 recensioni
Otto anni non sono una vita. Anche se il tempo separa le strade, non è detto che queste non si incrocino di nuovo. Quando però la persona che hai lasciato indietro non è più la stessa, i sensi di colpa sono l’unica radice reale a cui aggrapparsi.
----
«Perché sei tornato?»
Fissò quel ritaglio di realtà, come la fotografia di un ricordo sovrapposta a quello che sarebbe dovuto essere un tetto vuoto. Non lo era. Kacchan era seduto lì, con l’aria di qualcuno in attesa da un tempo indecifrabile, spoglio di emozioni se non di uno sguardo che aveva già deciso come la storia sarebbe andata avanti.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'In the middle of our life'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

On the wrong side of Heaven



 

Capitolo 8




 

Your eyes stare right through me
Ignoring my failed attempts to
Breathe back life into your veins
But I can't start your cold heart beating
You're so far gone, but I'm not leaving
When all I know is you

[Let it die - Starset]



 

Bakugou si fermò ai piedi del palazzo dove Deku lo stava aspettando. Guardò su, verso la cima, e poi al cielo. 

L'aria della mattina era fresca e umida contro le sue braccia e la nuca scoperte. Era uscito sovrappensiero, scordando la felpa in cotone. Era uscito focalizzandosi unicamente su quello che avrebbe chiesto a Izuku. 

La domanda di quel giorno non l’aveva ponderata. Era nata da sé, appena si era destato alla prima vibrazione della sveglia. Come la continuazione di un sogno - di un ricordo che non era mai stato? - poche sillabe, senza voce, erano apparse nella sua mente tra l’intontimento dato dalle ore esigue e un sonno molto profondo.

Si trattava di qualcosa che avrebbe probabilmente fatto male nel mettere a parole. Tuttavia, supponeva che, nella peggiore delle ipotesi - nella peggiore delle risposte - avrebbe ottenuto almeno un punto di partenza necessario. 

Le domande degli ultimi due giorni avevano bussato intorno al muro costruito da Deku; ne avevano saggiato la consistenza, avevano bucato quelli che sembravano mattoni, rivelando invece la leggerezza della carta, facendo emergere le voci bisbiglianti che affollavano la testa di Izuku.

Ciò che intendeva chiedergli quella mattina voleva invece scavare alla radice.

Niente giri, niente compromessi. Era pronto a ricevere il colpo, verbale o fisico, non era importante, lo avrebbe lasciato decidere a Deku.

Voleva solo la verità. 



 

I've been looking for a way
to bring you back to life
And if I could find a way,
then I would bring you back tonight

[Let it die - Starset]



 

Deku dava le spalle al mondo. 

Fu la prima impressione che ebbe Katsuki nell’arrivare sul tetto. Non c’erano grossi impedimenti alla vista o angoli morti, ma lo sguardo di Izuku era rivolto all’orizzonte sbagliato, lontano dall’alba e dall’inizio di quella nuova giornata. 

Il vento non era lieve nello scompigliare capelli e vestiti, nell’infilarsi tra le dita e sospingere leggermente le spalle, maestro in quel suo sussurro giocoso con cui invitava il mondo ad andare avanti. 

A una di queste folate, Bakugou affidò la propria domanda. 

«Mi odi?»

Izuku non accennò di aver ascoltato, ma Katsuki non si ripeté. Aspettò e aspettò ancora, finché il mento di Deku non si abbassò verso la spalla, le labbra dischiuse, il disordine dei ciuffi a nascondere lo sguardo. 

«Un’altra domanda a cui ho già risposto.»

Nell’aura di Deku non c’erano tracce di ironia, nonostante il tono lo sgocciolasse come acqua dalle mani. A Katsuki arrivò l’ondata di disappunto, rovente, dai bordi frastagliati e taglienti. Non arretrò, ma attese ancora. 

Izuku strinse i pugni, ma anche lui non si mosse. Non tentennò in gesti inutili, slavati da quello che gli si agitava sottopelle. 

«Smettila di uscirtene con queste premure agghiaccianti…»

Finalmente lo aveva messo a parole. Lo aveva buttato fuori. Aveva tolto un pezzo dal puzzle, stringendolo tra le mani finché non si era piegato. 

Non gli serviva.

«Non ti seguo.»

Deku alzò la testa, rivelando lo sguardo. Occhi che non cercarono Katsuki, ma sottolinearono l’astio di ogni suono che si fece uscire di bocca nel ripetere frasi che si erano stipate nella sua mente senza il suo consenso. 

«Riprendi fiato. Oggi niente salti. Da quanto non dormi? Cosa hai fatto al labbro?... E te ne stai lì ad aspettare che parli. È un modo per dirmi che sei cambiato?»

«Tu rispondi alla mia domanda.» 

«Allora tu apri le orecchie una volta per tutte» ruggì Deku. 

Si voltò, senza più freni, e marciò verso Bakugou. Si arrestò a una distanza che gli permise di sputargli in faccia quello che aveva da dirgli, ma senza rischiare di sfiorarlo, sebbene sembrasse pronto a far cozzare le proprie nocche con i suoi zigomi. 

«Non c’è più Midoriya Izuku! O il Deku che viveva nella tua ombra! Smettila di cercarlo! Smettila di riempirlo di belle parole!» 



 

And you left me more dead
than you'll ever know
When you left me alone

[Let it die - Starset]



 

La voce di Izuku si disperse nell’aria e così parve fare anche quel moto di rabbia, sciogliendosi in qualcosa di più velenoso. Uno di quegli sguardi che riuscì a intaccare perfino Katsuki, facendo acuire la sua fronte aggrottata e guizzare gli angoli degli occhi.

L’astio di Deku si ritirò come una marea. Lasciò la falsità di un’espressione costruita, un tono morbido, lezioso nelle virgole. Occhi che guardarono altrove, pretendendo di cancellare Bakugou dal proprio campo visivo.

«Te l’ho detto, non è rimasto niente. Non provo più ammirazione e meno che mai provo dell’odio. Non c’è più nulla per te qui. Non devi nulla a me né a te stesso.» 

Il pugno arrivò così veloce che Izuku lo sentì prima di rendersi conto del movimento. 

Rischiò di finire in terra, ma Bakugou lo afferrò per la maglietta, portandoselo a un soffio dal viso, i canini snudati come se l’intenzione fosse stata quella di morderlo. 

«Ti avevo avvertito che se mi avessi raccontato stronzate ti avrei picchiato.»

Lo sguardo di Deku lampeggiò, ma si limitò a quello e a ritrarre il viso. Distanza. Non poteva permettere a quel baratro tra di loro di ridursi. Ma non aveva finito. Anche se ormai era caduto, non gliel’avrebbe data vinta. 

«Perché tutto dovrebbe ruotare intorno a te!?» sbottò, odiando di suonare come un naufrago che impreca contro la tempesta. «Pensi di non essere dimenticabile!? Credi di essere così importante nella mia vita da meritarti il mio odio!?» 

Katsuki serrò la mascella, ma non riuscì a ribattere. 

Il pugno in cui aveva serrato la maglietta tremava, mentre l'altro avrebbe voluto abbattersi di nuovo sulla faccia di Deku, ma il ricordo di una scena troppo simile a tante altre, lontane almeno dieci anni, lo fece desistere.

Era ancora quel moccioso furioso per avere una doppia ombra a seguirlo? A guardare a quelle dita tese come se avessero potuto scottarlo?

Solo perché Deku si rifiutava di ascoltarlo e rispondergli, avrebbe dovuto costringerlo?

Era molto più semplice.

Si immerse negli occhi di Izuku e la risposta che cercava la trovò lì. Nitida. Col suo nome scritto nel medesimo colore sanguinante. Eppure, Katsuki sentì il bisogno di ascoltarla vibrare nelle orecchie, avvertire quella doccia rovente di odio, un tempo di una tonalità molto diversa, tiepida e stucchevole, ribaltata nel significato. 

Sentire Deku dirgli Ti odio avrebbe fatto male, ma sarebbe stato un punto di partenza. 



 

I cut you into pieces
Searching for your imperfections
I had plans to make you whole
But all my threads couldn't stop the bleeding
There's nothing left, but I'm not leaving
When all I know is you

[Let it die - Starset]



 

Un rumore attirò la sua attenzione e l’istinto si scambiò di posto con la necessità di sapere.

In un gesto consolidato in anni di lavoro, l’eroe strattonò Deku in modo da portarlo alle proprie spalle rispetto alla possibile minaccia. 

Minaccia che si rivelò essere bionda, con una cicatrice a deturparle l’angolo della bocca.

Gin arrivò con la leggerezza di una piuma che si posa in terra. Priva di rumore, senza movimenti inutili, fissò lo sguardo in chi - Bakugou - si era improvvisato cacciatore. La donna non accettò né rifiutò il ruolo di preda. Una preda imprevista, disturbatrice, che raddrizzò le spalle e osò spostare l’attenzione sull’altro bottino che l’Hero stringeva ancora possessivamente. 

Deku ignorò quel teatro. Immaginò subito il motivo di quell’interruzione. Il suo braccio destro era l’unica a sapere dove rintracciarlo in caso di necessità. 

«Cos’è successo?» 

Gin non mise alcuna nota di urgenza nella voce, ma ciò che replicò fu sufficiente a scuotere Izuku.

«Hassaikai.» Spostò lo sguardo verso l’orizzonte dove il sole stava lasciando l’ombra della notte. «Confine est.»

Nel tempo che Katsuki impiegò ad assimilare il nome e a cercare qualcosa a cui ricollegarlo, Deku si liberò dalla sua presa, superandolo. 

«Ohi!» 

Izuku lo fissò distratto, lasciando scivolare gli occhi di lato, nel modo in cui avrebbe evitato di guardare qualcuno a cui aveva urtato per sbaglio.

«La finiamo qui.» 

«La finiamo un cazzo!» latrò Bakugou, mettendosi tra Deku e Gin, incurante di darle le spalle. Non avvertì da lei alcuna minaccia, se non quello sguardo in grado di rubargli pezzi di sé senza permesso. «Avevamo un accordo! E tu mi stai raccontando una marea di stronzate!» 

Deku parve sul punto di dare libero sfogo allo stress accumulato in quei tre giorni, ma persisteva un limite che continuava a non voler valicare. Bakugou lo vide e si piantò lì, su quel confine, a mento alto e sguardo di sfida. 

Avanti, sono qui. 

Non me ne vado

La mano di Izuku si mosse, ma per un gesto banale. Recuperò il cellulare dalla tasca dei pantaloncini, abbandonando il contatto visivo. Sbloccò lo schermo e digitò qualcosa, senza dare tempo a Katsuki di reagire. 

Il telefono dell’Hero vibrò rumorosamente. 

«Il tuo numero è rimasto lo stesso.» 

Un sorriso amarissimo si aprì sulle labbra di Deku, finendo mascherato da qualcosa che voleva essere indifferenza.

«Pensavo non mi rispondessi perché l’avessi cambiato.»

Lo guardò apertamente, fregandosene di mostrare una ferita tanto vecchia.

«Vieni all’indirizzo che ti ho mandato. Stasera alle ventitré. Proseguiremo la discussione lì.»

Si fece riscivolare il telefono in tasca, per poi scambiare uno sguardo di intesa con Gin. Con un’ultima occhiata rubata al profilo dell’eroe, la donna si avviò per prima. 

Izuku la seguì, ma senza guardare Katsuki in faccia. Si fermò solo un ultimo istante. 

«Mettiti dei vestiti comodi e a cui non tieni particolarmente. E cerca di essere discreto.» 

«Non dirmi che cazzo fare.»

«Come ti pare…»



 

* * *



 

Bakugou si accorse dello sguardo ostinato di Todoroki su di sé quando spostò l’attenzione dal cellulare. 

Anche se erano appena le otto, avrebbe dovuto mettere in conto di imbattersi nell’Impiastro a metà. La tipica sfiga di abitare ad appena un paio di palazzi di distanza. Aveva messo una pietra sopra  la propria privacy da diverso tempo, ma questo non sminuì la sensazione di essere stato colto in flagrante.

L’eterocromia di Shouto lo inchiodò con un’occhiata consapevole. Di cosa, Katsuki lo ignorò e non indagò, sfilandosi una delle cuffiette wireless dall’orecchio.

«Levati quell’espressione insistente dalla faccia.» 

In risposta, Todoroki frugò nel sacchetto del konbini che aveva con sé e gli lanciò contro il petto un involucro di plastica colorato. 

«Buongiorno. Sei andato a correre?»

Bakugou prestò attenzione soltanto alla merendina incartata. Detestava ammetterlo, ma era una delle sue preferite. Caramello salato. 

«Qualcosa del genere» tagliò corto, dando un morso alla prima forma di colazione che vedeva da quando si era svegliato. Non era ancora tornato a casa dall’incontro con Deku, anche se il suo corpo desiderava riappropriarsi di almeno un altro paio di ore di sonno. Si era fermato invece all’ingresso di un parchetto vicino, sul muretto libero, a contemplare quel messaggio inviatogli da Izuku. 

L’indirizzo indicato non aveva nulla di particolare. Lo aveva inserito su maps e gli era stata restituita la locazione di un punto dentro Wasuno. 

Quello che invece aveva fissato fino a quel momento, sfumando la sua attenzione di sentimenti corrosivi - e che Todoroki doveva aver colto - era il numero di telefono di Deku. Lo stesso di sempre, nonostante tutto. Lo stesso che si era rifiutato di imparare a memoria da adolescente, ma che era certo fosse rimasto quello. 

Un numero che aveva ignorato in tutti quegli anni. 

«Vuoi?»

Todoroki si appoggiò al muretto di fianco a lui, tirando fuori una lattina di caffè. 

Bakugou grugnì, ma accettò l’offerta, salvo che a prendere il primo sorso - di nuovo - fu Shouto. 

«Che programmi hai per oggi?»

«Farmi i cazzi miei.» 

«Papà mi ha chiesto se va tutto bene. L’ospedale ha notificato all’Agenzia il tuo ricovero della settimana scorsa.»

«Eccheccazzo…» sbuffò Katsuki. «È successo fuori dal lavoro, perché diavolo lo hanno avvertito?»

«Non eri ancora in ferie e il giorno dopo saresti dovuto essere di turno, ma ti ho coperto io. Dovrai una birra a Burnin’. Se non ha ficcanasato finora lo devi a lei.» 

Bakugou fissò la lattina che aveva in una mano e la merendina che aveva nell’altra. La fronte corrugata e l’espressione contrita stavolta furono rivolte a se stesso. 

Aveva perso la dimensione di quello che aveva intorno. 

Da quasi due settimane, l’unico pensiero fisso, che si spandeva nella sua mente affogando tutto il resto, era Deku. 

Un pezzettino alla volta, stava abbandonando ciò che si era costruito in quegli anni, solo per correre dietro a un fantasma che aveva creato lui stesso.

Avrebbe potuto dare retta a Izuku e lasciarlo andare. Ognuno sarebbe potuto tornare alla propria vita e- 



 

You're just a soul that blends into the crowd
I hear you so loud no one else hears a sound
You reach out your hand no one else feels a thing
And I'm just a stranger who could be a friend

[Ghost - Jacob Lee]



 

E niente. 

Non era un pensiero che Bakugou riusciva a completare. 

Voltare le spalle a Deku un’altra volta gli faceva scendere nello stomaco un peso opprimente e pieno di spigoli. Pensare di svegliarsi ogni giorno con la consapevolezza che Izuku fosse lì fuori, a pochi chilometri da lui, immerso in una vita che lo aveva trasformato in un guscio spesso e complicato da abbattere, che stava continuando ad avvelenarlo, era un’idea che lo mandava fuori giri. 

Katsuki ne sapeva ancora troppo poco. Alle domande degli ultimi due giorni, soprattutto la prima - Come sei diventato il capo di questo posto? - sapeva di aver ricevuto delle mezze verità. Izuku non gli aveva mentito, ma aveva omesso tutto ciò che poteva risultare scomodo o un appiglio a capire di più. 

Al contrario, quella mattina, la domanda che aveva rivolto a Deku era stata personale, mirata a stabilire da che punto iniziare a tirarlo fuori. Ma se pensava di aver aperto una porta, l’idea che aveva in quel momento era di trovarsi alla base di una scalinata di cui non vedeva la fine.

Fu tirato via dai labirinti della propria mente quando Shouto gli tolse di mano la lattina di caffè e mandò giù l’ultimo sorso. 

«Ehi-» 

Todoroki si alzò appena sulle punte, una mano sulla coscia di Bakugou per bilanciarsi, e annullò la distanza tra loro, prendendosi un bacio. 

Appena uno sfiorarsi, perché Katsuki si tirò indietro con uno scatto. Un’emozione che non aveva mai provato, e che non entrò in nessuna forma conosciuta, lo attraversò come una scarica elettrica, irrigidendolo. 

Il viso di Izuku si sovrappose a quella di Shouto

«Come immaginavo» disse quest’ultimo, facendo un passo indietro. «È davvero importante.» 

Bakugou gli lanciò addosso il resto del dolce smangiucchiato. 

«Ti ammazzo! Che cazzo fai!?» 

Todoroki abbassò gli occhi sul petto, spazzolandosi i vestiti e chinandosi a raccogliere la merendina sfortunata per buttarla. 

«Cerco di capire quello che non mi dici.»

«Forse non te lo dico perché non sono cazzi tuoi!?»

«Lo sono se quello che ti sta succedendo metterà un punto ai nostri extra o qualsiasi cosa fossero» fece presente Shouto con fermezza, tornando davanti a Bakugou e fissandolo apertamente. Non c’era alcun cruccio o delusione sul suo volto. «Vedi di fare chiarezza con te stesso.»

Katsuki guardò altrove, schioccando la lingua. E due. 

«Non dirmi che cazzo fare.» 

«Peccato.» 

Per quanto torva e obliqua, Bakugou tornò a rivolgergli un’occhiata. 

«Volevi qualcosa di più?» 

Todoroki si strinse nelle spalle. 

«Non lo so.»

La sincerità era sempre stata una base solida nelle sue risposte, di questo non si potevano muovere accuse al rampollo di Endeavor. Come altre volte, fece breccia. La rigidità di Bakugou si ammorbidì e Shouto si conquistò la sua totale attenzione.

«Vorrei non dover correre in piena notte in ospedale perché ti sei fatto pugnalare.» 

Rivolse lo sguardo in basso, all’asfalto, osservando le briciole dolci e le formiche che già le avevano fiutate. Sulle labbra gli si aprì un sorriso agrodolce. 

«Sapere di essere il tuo contatto in caso di emergenza mi fa piacere.»

Katsuki sbuffò, passandosi una mano tra i capelli e sul collo, sentendo una tensione nei muscoli impossibile da sciogliere a parole. Non sarebbero bastate tutte le bestemmie del suo repertorio per aggiustare in maniera indolore quella situazione. 

«È importante» confermò, non sapendo da dove iniziare e ancora restio ad aprirsi. «Riguarda qualcosa prima della Yuuei… ma per ora non voglio parlarne. Quindi smettila di insistere. Non credere di prendermi per sfinimento.» 

Anche se perseverò nell’irradiare una curiosità morbosa, Todoroki si limitò ad annuire. Nonostante fosse solo un frammento di informazione, parve bastargli per quietarsi un poco. 

«Visto che Kirishima è in città, per stasera stiamo organizzando una cena con la classe. Vorrei che venissi.» 

Bakugou passò dall’irritazione a un’espressione spaesata in maniera quasi comica di fronte al repentino cambio di discorso. Tuttavia, i suoi occhi caddero sulla tasca dove teneva il cellulare e la mente ripeté l’indirizzo datogli da Deku. 

«Non posso. Alle undici ho un impegno.»

Ancora una volta, le iridi di Shouto parlarono per i presentimenti che aveva, mentre la sua bocca prendeva un’altra direzione. 

«Ci vediamo intorno alle sette e mezza. Mangiamo presto e dopo potrai andare.» 

Katsuki sospirò sonoramente, scendendo dal muretto con uno slancio. La sua mente era prossima a cedere, tirata in più direzioni dal sonno, da Deku e dall’insistenza di Todoroki. Una parte di lui suggerì di afferrare Shouto per la maglietta e trascinarlo in casa per farlo zittire e sfogarsi, mettendo tutto a tacere. Un’altra parte, infingarda, troncò l’idea sul nascere, perseverando nel riproporgli l’espressione carica di sprezzo di Izuku come una sorta di monito. Vinse il bisogno di dormire.

«Vieni» insistette Shouto facendo un passo in avanti. «Non vediamo tutti gli altri da parecchio. E poi…» 

«Cos’altro c’è?» sbuffò Bakugou, incamminandosi verso casa. 

«Sei tornato scorbutico e chiuso come eri all’inizio del liceo.» 

«Tu un vaffanculo lo vuoi subito.» 

«Ti farà bene stare con gli altri» e Shouto si voltò per andarsene. «Vi passo a prendere alle sette.»

«Ohi, non ho mica detto che accetto!»

«Ci penserà Kirishima a finire di convincerti, io devo andare al lavoro.» 



 

* * *



 

«Io andrei alle Maldive!» 

«Un bel giro per le capitali europee?»

«Servirebbe un mese di ferie per una cosa del genere…» 

«Io non riesco a mettere insieme neanche tre giorni, sigh…» 

«Settimana prossima forse vado a Okinawa!… anche se è per un Team Up, ma magari un bagno riesco a farlo!» 

«Aaah, vorrei essere richiesto come Bakugou! Ricordate quei sei mesi che si è fatto in California per un tirocinio? È stata l’unica volta che ha intasato la chat di gruppo con le foto del viaggio per farci rosicare… Surf, feste e VIP!» 

«Imparate a essere dei protagonisti» grugnì il sopracitato, mandando giù un sorso di birra gelida. 

La classe al completo era stata impossibile da reclutare per quella cena accroccata all’ultimo, ma Ashido, Kaminari e Sero si stavano facendo sentire anche per gli assenti. 

«Possibile che tu stia sprecando tutte queste settimane di ferie per restartene in città? Afa, piogge improvvise, umidità, caaaaldo…» si lamentò Denki come se a patire quella scelta fosse lui stesso. «Una vacanzina da qualche parte al fresco…!» 

Bakugou lo ignorò, provando più interesse per un gyouza. Fu Yaoyorozu a consolare Kaminari con un pat pat sulla schiena. 

«Pensa che tra una settimana torna Kyouka.»

«Oh, sì» si riprese Denki in un attimo, alzando così velocemente le braccia da rischiare di rovesciare qualcosa o colpire qualcuno. «Spero ci porti dei souvenir fighissimi da Londra!» 

«Certo però che Kaminari ha ragione» si inserì Sero più pacato, allungandosi sul tavolo per recuperare una delle portate. «Passare delle vacanze in città non è per niente il massimo…»

Alle spalle di Katsuki, voltato a recuperare a sua volta uno dei piatti, sia Kirishima sia Todoroki, gesticolando e scuotendo la testa, fecero cenno di abortire l’argomento. 

Nell’osservare la scena al limite del tragicomico, Shinsou si massaggiò una tempia, per poi passarsi una mano sulla faccia. 

«Si può sapere cos’è successo a Bakugou?» sussurrò, tenendo la mano davanti la bocca e lanciando un’occhiata al proprio fianco, dove Uraraka stava osservando la pantomima a propria volta. 

«Non lo sappiamo e non vuole dircelo» fece spallucce lei, offrendogli uno degli antipasti che stavano transitando.

«Sembra… turbato.» 

Ochako accennò un sorriso morbido. 

«È bello che tu te ne sia accorto, anche se non andate particolarmente d’accordo, vero?» 

Hitoshi arrischiò una seconda occhiata a Katsuki - intento a cercare di raggiungere Kaminari dall’altra parte del tavolo mentre Eijirou lo tratteneva ridendo - e fece spallucce. 

«Caratteri incompatibili. Ancora mi chiedo Todoroki cosa ci trovi in lui.» 

Una risatina sommessa da parte della ex compagna di scuola gli fece corrugare la fronte. 

«La gelosia è dura a passare, eh?» 

Fu più il gesto di spostare l’attenzione - e per caso posare lo sguardo su Shouto - a dare la risposta all’eroina. Shinsou non parve neanche accorgersene. 

«Figurati. Non credo esista al mondo qualcuno in grado di sopportare completamente Bakugou. Se non ci sei riuscita tu...» 

Uraraka si schiarì la gola, anche se continuò a parlare abbastanza piano da farsi sentire solo da Hitoshi e a mangiare dando l’idea stessero discorrendo del tempo. 

«Ti assicuro che a letto sa come tenersi strette le persone. Credo sia stato impacciato due volte massimo - e parliamo delle sue prime volte, anni fa. Per il resto è un’esperienza che consiglio, se dovesse capitare.»

Mascherare in un leggero colpo di tosse la birra andata di traverso non fu facile, non con la giovane donna di fianco a lui a tirargli un pizzicotto sul fianco. 

«Lo stai consigliando come la recensione a un ristorante? No, grazie. Passo.» 

«Quindi la cotta per Todoroki al liceo non era una fase…?» ammiccò lei, le guance di un rosa pesca accentuato dall’alcool. 

«... può darsi.» 

«Penso che stia tornando sul mercato… anche se farei passare un po’ di tempo. Dovrà smaltire la mancanza di-» con la testa accennò a Katsuki.  

Shinsou tornò a corrugare la fronte e a prestarle totalmente la propria attenzione, ignorando il cibo. 

«Hanno litigato?» 

Uraraka rise, un po’ troppo forte per passare del tutto inosservata, ma nei posti più in là c’era chi stava dando più spettacolo di lei. 

«A Todoroki piacerebbe litigare. In quel caso, forse, Bakugou si aprirebbe un poco.»

Tornò seria, sfiorando qualcosa che sembrava malinconia mista a preoccupazione. 

«Sta cercando di capire cosa lo impensierisca, ma né lui né Kirishima né io siamo riusciti a tirargli fuori nulla. Solo che è importante.»

«Questo spiegherebbe il turbamento. Vederlo così scostante ti toglie una certezza. È come incontrare Monoma e non sentirlo vantarsi di qualcosa…» 

Toccò a Ochako finire quasi con lo strozzarsi, appoggiandosi alla spalla di Shinsou per ridere e tossire insieme. 

«Ohi.» 

Il soggetto della loro conversazione li beccò in flagranti. Shinsou si irrigidì, mentre Uraraka sventolò una mano a significare Tutto bene

Per buona sorte di Hitoshi, lo sguardo che incrociò con Katsuki fu breve. Kirishima fregò al migliore amico qualcosa dal piatto e l’attenzione del biondo su di loro sfumò. 

Ochako aveva ragione: la gelosia era una bestia sempre in agguato, pronta a rosicchiare il primo frammento di incertezza lasciato scoperto. 

Shinsou sapeva di non detestare davvero Bakugou. Se qualcosa lo impensieriva poteva arrischiarsi a dire che gli dispiacesse - non che al Grande Dio dell’Uccisione Esplosiva sarebbe fregato - ma non poteva neanche ignorare il pungolamento costante che emergeva ogni volta che veniva nominato o si incontravano. Pensare poi a Shouto e Katsuki insieme, o a tutto il parco di possibilità che il solo figurarseli faceva emergere, era frustrante, ma soprattutto amaro. 

Eppure, le parole di Uraraka avevano già messo radici - una confidenza scanzonata quanto da prendere con le pinze, ma avrebbe mentito nel dire che non ci stava già sperando

Sei pessimo, Hitoshi

«Guardalo, è un riccio» mormorò Ochako, riportandolo coi piedi per terra, ancora addossata alla sua spalla, rinnovando una vicinanza e una complicità consolidate negli anni del liceo. «Tutto aculei e parolacce, ma sotto sotto c’è del morbido e vorresti che non gli succedesse mai nulla.» 

«Lo sai che suona come fantascienza?» 

«Ho avuto qualche privilegio per capire cosa c’è sotto quei capelli ispidi.»

«Perché non ha funzionato?» 

Uraraka ci pensò su, roteando il bicchiere con le ultime due dita di birra. 

«Gli voglio bene. A volte mi manca. È stato il primo in diversi aspetti della mia vita, ma non c’era niente di più. Vuoi per i nostri obiettivi, vuoi per come siamo fatti…» 

Si fermò, mandando giù l’ultimo sorso, continuando a meditare sulla domanda. 

«Ora che ci rifletto, non penso di aver mai visto Katsuki impegnarsi seriamente in una relazione. Né con me, né con Todoroki. Non che conosca tutti i retroscena, ma ho riconosciuto alcuni atteggiamenti simili. Non ho idea se ci siano state altre persone…» 

«Pensi che ora ci sia qualcuno?» 

«Potrebbe essere.»

Gli occhi di Uraraka non rifletterono i dubbi nella sua risposta, inseguendo un’insinuazione ancora priva di fondamenta, ma Hitoshi non si spinse oltre. La curiosità c’era, perché era difficile non interessarsi a una supernova in costante esplosione com’era Bakugou Katsuki, capace di catalizzare l’attenzione su di sé anche in mezzo all’apocalisse. 

Tuttavia, Shinsou aveva dei confini di interesse in cui Bakugou non rientrava. Di nuovo, non lo detestava davvero, ma, come anche Ochako aveva già sottolineato, esisteva dell’attrito tra di loro che nessuno dei due aveva trovato voglia o occasione per sanare - questione di Shouto a parte

L’occhiata di Shinsou scivolò presto - di nuovo - da Katsuki alla persona seduta al suo fianco. Tralasciando una vaga rigidezza agli angoli degli occhi, Todoroki sembrava intento a godersi la serata e questo lo fece sorridere.  

«Se avessi una coda staresti scodinzolando, te ne rendi conto?» sghignazzò la giovane eroina seguendo la linea del suo sguardo. «Sono contenta di averti dato una bella notizia, ma cerca di essere più discreto.»

«Non ho- Non sto-» balbettò Shinsou, salvo poi accorgersi dell’espressione maliziosa dell’amica e il chiaro Ti sto prendendo in giro. Mise su il muso e la guardò malissimo. «Che simpatica.» 

In risposta, gli arrivò una manata sulla spalla che gli fece quasi rovesciare il bicchiere.

«Divertiamoci!» gioì Ochako, buttando giù nuova birra. 

La sequenza bastò a Hitoshi per comprendere che avevano appena superato il primo step della sbronza molesta di Uravity. 

«Chi ti riaccompagna a casa?» chiese stancamente.  

«Mina!»

Shinsou guardò in direzione di Ashido, vedendola impegnata in una gara di shot contro Kirishima, con una bottiglia già oltre la metà. Sospirò. 

«Non credo proprio. Dammi le chiavi di casa prima di essere troppo ubriaca e infilartele nel reggiseno come l’ultima volta…» 



 

«Io vado.» 

Quando Bakugou si alzò, il resto della tavolata si ammutolì di colpo e si voltò verso di lui. 

«Coooshaa? Noooo, rweshtaaaah!» esordì melodrammatico Kaminari, con la stessa faccia instupidita di quando ci dava troppo dentro con le scariche elettriche. Anche se fu trattenuto da Yaoyorozu prima di sdraiarsi sul tavolo e mandare tutto all’aria, questo non lo fermò dal lamentarsi ancora. «La gnottee è appewna inisciata!»  

Katsuki lo liquidò con un gesto della mano, per dare poi un calcetto a Todoroki e farsi prestare attenzione. Ne ricavò soltanto una testa ciondolante e un profuso rossore da bevuta su mezza faccia. L’erede di Endeavor sembrava diventato una caramella latte e fragola. 

Bakugou fece schioccare la lingua.  

«Ohi, ci sei? Devi assicurarti che Testa a punta salga sul treno. Prendete un taxi. Recupererai la macchina quando ti sarai fatto passare la sbronza.» 

«... domani mi serve… pranzo a casa…» 

«E dove credi di andare ridotto in questo stato schifoso?» 

«Ci penso io.» 

Bakugou alzò lo sguardo su Shinsou, l’unica altra persona dell’intera combriccola, insieme a Yaomomo, ancora in grado di intendere e di volere. Sarebbe sembrato quasi serio, se non fosse stato per Uraraka spalmata contro il suo fianco a biascicare cose tra sé, mezza addormentata. Nonostante questo, Hitoshi rimase composto nel sostenere la propria proposta. 

«Porto in stazione Kirishima, accompagno Uraraka e poi Todoroki, lasciandogli la macchina sotto casa.» 

«E tu come torni?» inquisì Bakugou, poco convinto. 

Shinsou liquidò la cosa facendo spallucce. 

«Come sono arrivato, mezzi e a piedi. Non è un problema.» 

Bakugou non sembrò neanche valutare la cosa. Si chinò su Shouto, schiaffeggiandogli via la mano quando la alzò di istinto, istupidito dall’alcool, e gli frugò in tasca. Un secondo dopo, Shinsou afferrò al volo un mazzo esiguo di chiavi, senza neanche un portachiavi. 

«Non fate tardi. Questo beota» e indicò col mento Kirishima, «domani lavora. Quest’altro» e gli occhi si fissarono su Todoroki, «ha un pranzo in famiglia e dovrà arrivarci quanto meno decente.» Infine, Bakugou fissò Ochako e, Hitoshi ne fu certo, non si accorse di come la sua espressione si fosse smussata. «Mettile i guanti prima di andartene da casa sua» 

È un riccio, tutto aculei e parolacce, ma sotto sotto c’è del morbido. 

«Lo farò.» 

«Baaakuuuchooo dove vaiii?» riattaccò Kaminari, gattonando per circumnavigare il tavolo basso e raggiungerlo. «Rewwwwstah!»

Katsuki stavolta lo considerò uno scarafaggio, scostandosi dal suo tentativo di afferrarlo per una caviglia. Mina e Sero ridacchiarono, cercando anche di inquadrarlo col cellulare. 

«Ho un impegno» si limitò a rispondere Bakugou. 

Denki abbandonò ogni proposito, rovesciandosi sul pavimento a pancia in su per poi fissarlo - per quanto riuscisse a metterlo a fuoco. Sembrò però tornare improvvisamente sobrio.

«E quandoh ce lo fwai conoscere qwesto impegno?» ridacchiò, cercando di fare il gesto delle pistole con le dita, ma con un risultato così ridicolo che fece sospirare persino Shinsou, suo malgrado attratto dalla situazione. 

Momenti del genere, in passato, sarebbero finiti con la faccia di Kaminari che esplodeva molto male. Anche se l’istinto gli disse di alzarsi e aiutarlo, Hitoshi rimase a fissare lo scambio, trovando che ci fosse qualcosa fuori posto nel modo di esprimersi di Bakugou. Non riuscì a capire cosa, ma ne rimase affascinato.

Lo avrebbe capito molto più avanti, ma in quel momento si lasciò sorprendere dalla risposta tanto semplice, quanto carica di fermezza, con cui Katsuki rispose. 

«Un giorno.» 



 

Kamikaze airplanes in the sky
Are we going down or will we fly?
This could be a shipwreck on the shore
Or we could sail away forevermore
This time it's sink or swim
Sink or swim

[Sink or swim - Tyrone Wells]






 

To be continued



 

Se c’è qualche lettore notturno, spero che sia stato un capitolo piacevole! Grazie di aver letto!
È più tardi del solito, sono giornate brutte al lavoro, ma correggere e postare questa storia mi aiuta un sacco. Spero rallegri un po’ anche voi!
Lascio due note prima di eclissarmi: a una certa Todoroki si riferisce a Endeavor come “papà”. Ho pensato che il loro rapporto, nonostante sia ancora lontano dal risultare sanato, si sia almeno un po’ ammorbidito. Sì, complice anche Bakugou, che ha giocato molti dei ruoli che Deku incarna nel canon. Con più parolacce, ovviamente.

La seconda nota è per l’accenno TodoShinsou della seconda parte. È colpa di Shichan, che prima ancora che cominciassi BNHA mi parlava di loro due e io ero convinta che interagissero nella serie UU Non lo fanno, quindi eccoli qui. (La verità è che vedo Shinsou con una predilezione per i Todoroki coff Touya coff

Non ho altro da aggiungere. Deku e Bakugou hanno ancora due capitoli per farsi male. Spero di cominciare presto il seguito, davvero, ho così tanta carne sul fuoco… 

 

Alla prossima!

Nene

 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: Eneri_Mess