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Autore: My Pride    13/11/2022    1 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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(Not yet) my boy Titolo: (Not yet) my boy
Autore: My Pride
Fandom:
Batman
Tipologia:
One-shot [ 1045 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Buce Wayne, Thomas Kent, Martha Kent, Sorpresa
Rating: Giallo
Genere: Generale, Malinconico
Avvertimenti:
What if?, Hurt/Comfort
Writeptember: 1. Legami || Immagine. X abbraccia un bambin*
 
 

BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    Risate, schiamazzi, bambini che giocavano al parco e lui mano nella mano con suo padre e sua madre, a condividere un momento che credeva non sarebbe arrivato mai.

    Bruce non aveva mai sorriso tanto in vita sua. I suoi genitori erano sempre impegnati ed era raro riuscire a ritagliare un attimo di tempo in loro compagnia ma, quando ci riusciva, per lui erano le giornate migliori del mondo. Lo avevano portato al parco per una passeggiata, avevano persino preso un gelato e lui aveva giocato praticamente per ore insieme a suo padre sulla nave pirata allestita per l’annuale fiera che si svolgeva a Gotham, e Bruce era rimasto colpito dall’idea di sua madre di andare al circo che si era fermato in città per quell’occasione; l’aveva guardata stranito, ma aveva subito sorriso e li aveva trascinati verso il tendone non appena erano arrivati, insistendo di volere i posti migliori per potersi godere lo spettacolo. Ed era stato fantastico.

    I giocolieri, i clown, la donna barbuta che aveva sollevato un peso enorme e lo aveva lasciato nelle mani di un uomo nerboruto che lo aveva fatto oscillare sulle spalle come un bastoncino, il domatore di leoni che aveva portato a spasso quel felino come fosse un cucciolo di gatto e lo spettacolo equestre, e poi c’erano stati i trapezisti, il loro volteggiare in aria come se stessero volando, i salti mortali che compivano e la leggiadria dei loro movimenti ad ogni salto… Bruce era rimasto estasiato e aveva guardato con occhi splendenti il ragazzino che aveva cominciato a gettarsi da un lato all’altro del tendone insieme agli adulti, afferrando le loro mani e roteando con abilità e grazia tali da lasciare incantato Bruce.

    Alla fine della serata, una volta fuori dal tendone, Bruce aveva gettato le braccia al collo di sua madre e poi a quello di suo padre, abbracciandolo stretto e ringraziandoli entrambi per quella serata che avevano passato insieme. Il lavoro da chirurgo di suo padre non gli permetteva sempre di essere presente e Bruce soffriva di quella mancanza, ma quei momenti quegli attimi, erano per lui più di quanto in realtà volesse apertamente ammettere. E a casa passarono altro tempo insieme, ridendo e scherzando davanti al camino, finché la mano delicata di sua madre non si posò sulla sua spalla e lui sollevò una palpebra, rendendosi conto di essersi appisolato sulla poltrona dinanzi al fuoco.

    «Bruce?» chiamò sua madre sottovoce, risvegliandolo lentamente dal suo torpore. «Bruce, tesoro, è ora di andare».

    «Mhn… non posso restare ancora un po’ con voi?»

    «Mi dispiace, amore mio… non è ancora il momento».

    Il sorriso di sua madre era triste, Bruce lo notò attraverso l’orlo delle ciglia e sollevò un po’ il capo, senza capire il perché di quelle parole. «Mamma?»

    «Ti stanno aspettando, figliolo», soggiunse suo padre nel poggiare una mano sull’altra spalla e stringere un po’, e stavolta Bruce si voltò verso di lui, stranito.

    «Papà?»

    «Torna da loro, Bruce… hanno bisogno di te».

    La voce di sua madre divenne un brusio sconnesso, la sua figura cominciò a dissolversi davanti ai suoi occhi e quella di suo padre tremolò come una fiammella che cercava di restare viva ma, quando Bruce aprì improvvisamente gli occhi e si portò automaticamente una mano al petto, si rese conto di star osservando il soffitto bianco di una stanza di ospedale. Confuso, si guardò intorno con estrema attenzione e cercò di tirarsi su a sedere, ma sentiva i muscoli deboli e il braccio era collegato ad un macchinario alla sua destra; sentiva una strana sensazione fredda sul torace e solo in un secondo momento si rese conto di avere degli elettrodi su di esso, sbattendo le palpebre sempre più stranito dalla situazione che stava vivendo. Perché era lì? Chi ce lo aveva portato? Più si sforzava di ricordare più la testa gli faceva male, e storse il naso quando provò a muovere una gamba ma una fitta di dolore si disperse in tutto il suo corpo.

    «Padre!»

    Bruce annaspò per un secondo, voltandosi verso la porta nello stesso istante in cui un lampo verde e nero gli si gettò addosso, seguito da voci concitate che si accavallarono le une alle altre e si mescolavano nelle sue orecchie, facendo vorticare i pensieri nella sua testa. Immagini su immagini, la serata di beneficenza e le chiacchiere in famiglia, il piccolo malore al petto che aveva ignorato per tutta la notte e il sorriso che si era sforzato di rivolgere al figlio minore nonostante il dolore, poi l’accenno che sarebbe andato a prendere un po’ d’aria e… da quel punto in poi, i ricordi faticavano a tornare, frammenti diventavano scalini di pietra che si avvicinavano sempre di più, le grida nelle sue orecchie si trasformavano in un pavimento e il malore in una fitta all’altezza del cuore, il respiro mozzato e poi l’oblio. La voce di Jason che gridava di chiamare un’ambulanza, quella di Tim che discuteva animatamente con Dick mentre gli teneva alzata la testa, e poi Damian, Cassandra, Duke e tutti gli altri che cercavano di allontanare gente e farlo respirare… tutto assunse un senso in quell’istante e Bruce ne rimase sconvolto.

    Il dolore, l’affanno, il senso di nausea e vertigine, l’improvvisa debolezza che si era impossessata dei suoi arti superiori e la leggera ansia che aveva provato, i sudori freddi che lo avevano costretto a cercare aria e il momento in cui era svenuto e scivolato giù per le scale… aveva volutamente ignorato i segni di un infarto e aveva rischiato di morire, di lasciare soli i suoi ragazzi, i suoi splendidi figli. Solo adesso capiva il perché del sogno onirico in cui si era ritrovato, quel fantasma di un passato vissuto con i suoi genitori e le parole che gli avevano rivolto, e non poteva fare a meno di credere che, un quel momento, lo avessero davvero aiutato a tornare.

    Al pensiero, Bruce strinse a sé ognuno dei suoi figli, affondando il viso nell’incavo della spalla di Dick mentre li sentiva sussurrare il suo nome e cercare al contempo di stringerlo a loro volta, tremanti e spaventati per il timore di aver rischiato di perderlo.

    A volte i legami potevano fare miracoli. 






_Note inconcludenti dell'autrice
Scritta per il ventitreesimo giorno del #writeptember sul gruppo facebook Hurt/comfort Italia
In realtà ammetto che la storia non sarebbe dovuta essere così, ma si sa come vanno queste cose: i personaggi fanno tutto da soli e quindi niente, una volta tanto faccio soffrire Bruce invece dei soliti ignoti.
Abbiamo quindi Bruce che sperimenta l'aldilà, che crede ancora di essere un bambino e si gode quel momento con i suoi genitori... salvo rendersi poi conto che in realtà è tutta un'illusione creata dalla sua mente e dal momento che sta vivendo, quell'esperienza di pre-morte che lo ha reso incorporeo e che ha fatto sì che il suo cervello creasse quelle immagini che aveva visto. Niente, io amo fare ste cose assurde che ruotano intorno a questo argomento, perdonatemi
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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