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Autore: My Pride    18/11/2022    1 recensioni
~ Raccolta Curtain Fic di one-shot incentrate sulla coppia Damian/Jon + Bat&Super family ♥
» 79. With all my life
Le note di Jingle Bells risuonavano a ripetizione negli altoparlanti del centro commerciale e diffondevano quell’aria natalizia che si respirava in ogni punto della città di Gotham, dai piccoli magazzini, negozi di alimentari e ristoranti ai vicoli che circondavano ogni quartiere.
[ Tu appartieni a quelle cose che meravigliano la vita – un sorriso in un campo di grano, un passaggio segreto, un fiore che ha il respiro di mille tramonti ~ Fabrizio Caramagna ]
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bat Family, Damian Wayne, Jonathan Samuel Kent
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Standing beside you Titolo: Standing beside you
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons
Tipologia: One-shot [ 1891
parole fiumidiparole ]
Personaggi: Jonathan Samuel Kent, Conner Kent, Thomas Wayne-Kent, Damian Wayne
Rating: Verde
Genere: Generale, Fluff, Sentimentale
Avvertimenti: What if?, Slash, Hurt/Comfort
Writeptember: 2. Grave danno || 4. Ti ho cercato ovunque || Immagine. Labbra che si sfiorano


SUPER SONS © 2016Peter J. Tomasi/DC. All Rights Reserved.

    «Era qui, Conner! Fino a cinque minuti fa era qui con me!»

    Jon non avrebbe voluto farlo, davvero. Non avrebbe voluto chiamare il fratello in preda al panico e chiedergli di raggiungerlo laggiù ad Hamilton, eppure, quando si era girato due secondi per chiudere la porta della stalla e si era voltato di nuovo verso i campi, si era reso conto che Tommy non c’era. Pensando che il bambino si fosse nascosto, che avesse sfruttato l’occasione per giocare un po’ come succedeva spesso e che lo avrebbe trovato al solito posto dietro al fienile o nascosto nei mucchi di paglia, Jon era andato a cercarlo e accennato di uscire fuori, senza però ricevere alcuna risposta; accigliato, aveva cercato ovunque, persino in casa e dietro la rimessa, accanto all’orto e al pollaio, ma di Tommy non c’era stata traccia e il suo cuore aveva perso un battito.

    Con la fronte imperlata di sudore e l’ansia ad attanagliargli lo stomaco, Jon era corso nei campi per cercarlo, gridando a gran voce il suo nome con la preoccupazione sempre più crescente; aveva persino incrociato alcuni vicini e chiesto loro se avessero visto il figlio, ma i due uomini avevano purtroppo scosso la testa e accennato che fino a quel momento erano rimasti sul trattore e non si erano quindi accorti di nulla, lasciando Jon nello sconforto più totale. Con chilometri e chilometri di campi da setacciare, e un bambino di sei anni e mezzo perso chissà dove, Jon aveva afferrato automaticamente il cellulare e, immerso fra le spighe fino alle ginocchia, aveva fatto l’unica cosa sensata che gli era passata per la testa: chiamare suo fratello.

    Ad occhi altrui sarebbe stata una scelta stupida, qualcosa che non avrebbe minimamente aiutato nella ricerca tenendo conto della distanza che c’era tra Metropolis ed Hamilton, ma nessuno sapeva che Conner era kryptoniano; nella mente di Jon, per quanto preoccupata e disconnessa fosse, la scelta di usare il super udito era stata la cosa più ovvia da fare, nonostante Conner stesse ancora cercando di calmarlo mentre era con lui al telefono. Non poteva credere che Tommy si fosse perso, non riusciva minimamente a spiegarselo; anche se aveva quasi sette anni, era sempre stato attento a non allontanarsi troppo dalla loro proprietà e Jon stesso non lo aveva mai perso di vista, persino quando giocava da solo nei dintorni gli lanciava un’occhiata e lo controllava; capitavano giorni in cui lavorava da casa e poteva concentrarsi molto di più sul figlio, giorni in cui ci pensava Damian o altri giorni ancora in cui Tommy passava del tempo con lui alla clinica, ma mai, fino a quel momento, Jon aveva pensato che Tommy potesse… sparire.

    Si sentiva male al solo pensiero. Immagini su immagini correvano nella sua mente e il macigno che era piombato nel suo cuore stava causando gravi danni alla sua salute, poiché stava cominciando a darsi la colpa di quanto accaduto e a rimproverarsi per non aver prestato maggiore attenzione; la gola gli pungeva e gli bruciava, il fiato nei polmoni sembrava fuoco ad ogni grido che si innalzava mentre correva senza meta alla ricerca, ma di Tommy nessuna traccia è i pensieri stavano cominciando a diventare nefasti, così terrificanti che--

    «Sto arrivando, lo troveremo, okay?»

    La voce di Conner sbatté contro le pareti del suo cervello con la stessa potenza della risacca, e Jon si passò una mano sul volto, annuendo prima di rendersi conto che il fratello non avrebbe potuto vederlo e accennò quindi un grazie mentre continuava a vagare fra i campi, continuando a chiamare il nome di Tommy. Non riusciva a respirare e stava riconoscendo i sintomi di un attacco di panico, quindi avrebbe dovuto cominciare a calmarsi se voleva aiutare suo figlio. Il sole sarebbe tramontato a breve e Tommy sarebbe rimasto là fuori al freddo, lui avrebbe continuato a cercare insieme a Conner e Damian sarebbe tornato a casa e… oh, Rao. Non aveva nemmeno la forza di immaginare, non poteva permettersi di pensare al loro bambino tutto solo là fuori e come avrebbe potuto prenderla Damian, era tutta colpa sua e non si sarebbe dato pace se fosse successo qualcosa.

    Un boom sonico lo costrinse a coprirsi le orecchie e i vestiti frusciarono ad una folata di vento che fece smuovere anche le fronde, e Jon ebbe giusto un attimo prima di voltarsi ed essere afferrato immediatamente per il viso dalle grosse mani di Conner, che lo fissava intensamente con i suoi occhi terribilmente azzurri.

    «Ehi, Jonno, guardami», cercò di richiamarlo per farlo uscire dal suo stato di torpore. «L’ho trovato, tranquillo, l’ho trovato. Sento il battito del suo cuore non lontano da qui, l’ho avvertito appena sono arrivato ad Hamilton. Ti porto da lui, va bene?»

    Jon non trovò nemmeno la forza di rispondere, gli occhi ingigantiti mentre saliva in spalla al fratello e volavano oltre i campi di grano e verso il bosco, cercando di restare fuori vista il più possibile per non essere scoperti. Non che a Jon importasse davvero, a voler essere sincero. Voleva solo riabbracciare suo figlio e farlo il più in fretta possibile, e per poco non si lanciò dalle spalle di Conner a qualche metro dal terreno quando lo vide seduto su una roccia accanto al fiume, con entrambe le mani premute all’altezza del polpaccio e il viso contratto in una smorfia di dolore; aveva gli occhi gonfi, le guance sporche di lacrime e terriccio e stava tirando su col naso, e non si accorse della loro presenza finché Jon non urlò il suo nome e gli corse in contro, abbracciandolo stretto prima di afferrarlo per le spalle e risalire verso il viso, poggiando la fronte contro la sua.

    «Ti ho cercato ovunque, dov’eri finito?» sussurrò nello stringerlo a sé, sentendo il bambino abbracciargli come poté la schiena.

    «Scusa». Tommy tirò su col naso, stringendo la stoffa tra le dita mentre affondava il viso nel petto del padre. «Non… non volevo allontanarmi così tanto, ma…»

    «Credo di sapere perché».

    Tommy alzò lo sguardo a quella voce, sgranando gli occhi. «Zio Conner? Tu cosa--»

    «Ero solo venuto a trovarvi», si affrettò a dire per non destare sospetti, avvicinandosi a sua volta per puntellarsi sui calcagni e sorridere al nipote nel dare una pacca sulla schiena anche al fratello. «E sono contento di vedere che sei proprio come i tuoi papà, ma la prossima volta cerca di non far venire colpi al tuo vecchio», soggiunse, attirando l’attenzione di entrambi su di sé come se non avessero capito cosa intendesse.

    Conner sorrise ancora e, portandosi un dito alle labbra come ad imporre silenzio, indicò col capo verso gli alberi. Proprio lì, nel sottobosco, fece timidamente capolino la testa di una volpe il cui naso era sollevato nella loro direzione, con la coda che si agitava sul terreno e faceva frusciare tutto il fogliame; dietro di essa comparvero due cuccioli, entrambi con la bocca piena di quelle che avevano l’aria di essere dei sandwiches al prosciutto, e si nascosero in fretta dietro la volpe adulta che, emettendo un suono basso e prolungato, diede loro le spalle prima di sparire.

    «Si era avvicinata alla fattoria, cercava un modo per entrare nel pollaio», cominciò Tommy, facendosi piccolo piccolo fra le braccia del padre. «Ma ho notato la zampa ferita, l’ho seguita perché volevo aiutarla e… ho visto che aveva dei cuccioli. Non mi ha permesso di toccarla, ma le ho lasciato la mia merenda».

    Jon e Conner si guardarono per un lungo istante, ma fu proprio Jon che, dopo aver ravvivato all’indietro i capelli del figlio, gli afferrò delicatamente la gamba per accennare al taglio che aveva. «Sono fiero di te, campione… ma la prossima volta avvertimi, d’accordo?» nel vederlo annuire, continuò: «Come ti sei ferito?»

    «Sono… sono caduto», spiegò nel guardare la gamba. «Volevo tornare, ma mi faceva troppo male».

    «Adesso ci pensiamo noi, piccoletto», lo rassicurò Conner nel regalargli un sorriso che ben presto venne ricambiato; Jon si voltò per permettere al figlio di salirgli sulle spalle e tutti e tre ritornato o verso casa in silenzio, con il sole ormai calato all’orizzonte e l’aria fresca della sera che si insinuava nei loro vestiti.

    Erano arrivati alla fattoria nel momento stesso in cui l’auto di Damian si era fermata nel vialetto. Vedendoli, si era subito accigliato e aveva chiesto cosa fosse successo, perché Tommy fosse ferito e cosa ci facesse lì Conner, e alla fine era stato proprio il figlio a dirgli tutto, mortificato per essere sparito senza dire una parola e aver fatto preoccupare tutti; Damian lo aveva rassicurato, gettato uno sguardo ai due Kent e si era poi occupato di ripulire lui stesso la ferita mentre gli sussurrava che era fiero di lui, per quanto lo avesse un po’ rimproverato per essersi allontanato così tanto; una cioccolata calda e un the dopo, con Tommy appisolato sul divano e Conner di ritorno a Metropolis, Damian trovò Jon seduto al bancone della cucina, con la testa incassata nelle spalle e lo sguardo fisso sulla pavimentazione. Respirava pesantemente, con la schiena che si alzava e si abbassava a ritmi irregolari ad ogni boccata d’aria che tirava, e a volte si passava una mano fra i capelli, apparendo fragile come non mai.

    Damian si sentì male nel vederlo così. Era abituato ad un Jon solare, pieno di entusiasmo ed ottimismo sin da quando erano ragazzini; lo aveva visto arrabbiato, triste, a volte frustrato e disilluso, ma… mai così. Come se il senso di colpa lo stesse logorando da dentro e lui non sapesse cosa fare per scacciare quella sensazione dallo stomaco.

    «J», lo chiamò nell’oltrepassare l’arcata della porta, vedendo il compagno sussultare un secondo prima di sollevare lo sguardo su di lui e schizzare letteralmente in piedi, forse per conservare una facciata tranquilla che, in cuor suo, sapeva di aver perso già da un pezzo.

    «Ehi, D». Jon si sforzò di sorridere, massaggiandosi il collo. «Tommy sta dormendo? È stata una giornata molto lunga e--»

    «Stai bene?»

    La domanda lo spiazzò e Jon sgranò gli occhi. «Cosa?»

    «Ti ho chiesto se stai bene».

    «Perché non dovrei? Sto alla grande, sono solo…» Si interruppe e si passò una mano sul viso, intrecciando poco dopo le dita fra i capelli per stringere le ciocche e scuotere la testa, ricominciando a tremare; le spalle erano scosse come se stesse singhiozzando, ma dalla sua bocca non usciva alcun suono. «Per niente», ammise rauco. «M-mi sono distratto solo per un momento, io--»

    Damian annullò la distanza fra loro per cingerlo contro di sé e, incurante della differenza di altezza fra loro, cullò il compagno fra le proprie braccia e gli fece poggiare il capo sul suo petto. «Jonathan, ehi, habibi. Va tutto bene». Gli carezzò i capelli con una mano, consapevole di come potesse sentirsi in quel momento. «Thomas sta bene, tu starai bene».

    Cullato dalle parole di Damian, e dalla bassa nenia che aveva cominciato a sussurrare, Jon si strinse maggiormente contro di lui e si lasciò andare poco a poco, col corpo ancora tremante e la testa che gli scoppiava; su guardarono poi negli occhi, le labbra ad una spanna le une dalle altre, e sigillarono quel momento in un lieve bacio che sapeva di sicurezza e amore.






_Note inconcludenti dell'autrice
Scritta per il ventinovesimo giorno del #writeptember sul gruppo facebook Hurt/comfort Italia
Buttiamo lì un po' di paranoie che non fanno mai male. Ambientata tempo prima di quella in cui Tommy passa del tempo a casa di Bruce, età media 6/7 anni
Finalmente ho ricominciato a postare questa raccolta, la stavo trascurando un pochino nonostante abbia pronti non so quanti capitoli. Mi piacciono queste scene un po' campagnole in cui alla fine non succede niente di male (Tommy ha solo seguito le orme paterne, a ben vedere), anche se Jon è giustamente paranoico perché, beh, è comunque un ragazzino. Menomale che c'è il suo fratellone ancora in pieno possesso dei sui poteri!
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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